Le primarie di se stesso
Poiché si considerava
uomo di dubbi, dubitò di una sua antica diffidenza e
seguì per un paio d'ore lo speciale televisivo dedicato
alle primarie di un noto partito. Ne uscì a pezzi. Forse
avevano ragione loro. Forse, di tanto in tanto, era necessario
andare alla conta chiamando a raccolta l'elettorato. Forse anche
lui avrebbe dovuto fare ricorso alle primarie per dipanare i
suoi grovigli esistenziali.
Perché no? Le primarie di se stesso. Un voto interiore
per colmare i vuoti e misurare i rapporti di forza tra le diverse
anime che avevano sempre vissuto in conflitto.
Chi era lui? Un uomo di famiglia braccato dal tempo? Un artista
sfuggente che prendeva talvolta il sopravvento e navigava nella
creazione? Un pavido? Un antieroe? Un semplice contribuente?
Aveva bisogno di capire la sua vera natura e di imporsi un chiaro
orientamento attraverso la scelta dell'anima leader.
“Sì, primarie!“ decise ad alta voce, e subito
fioccarono le candidature. Movimentisti, sedentaristi, spiritualisti
e materialisti. E poi risparmiatori, scialacquatori, responsabili,
dissennatisti, rockettari, sinfonici, freakettisti, cabarettisti,
intellettuali, pessimisti cronici, euforici, volubilisti…
Decine di candidature e liste dai nomi talvolta improbabili,
ma che ben inquadravano il suo caos interiore frutto probabilmente
di una legge elettorale ispirata al proporzionale puro. Tradotto
in comportamenti di vita, si era concesso tutto e il contrario
di tutto. Adesso s'imponeva una svolta decisionista. Avrebbe
valutato le alternative con razionalità e sentimento,
poi avrebbe espresso nel segreto dell'urna il voto per l'anima
prevalente cui affidare il ruolo guida nella sua esistenza…
Spese ore e giorni in una campagna elettorale sorda e velenosa,
in cui i lati contrastanti del suo carattere si affrontarono
senza esclusione di colpi, fino a quando arrivò il giorno
del voto, preceduto dal doveroso silenzio di riflessione.
Si sedette nella cabina immaginaria del suo divano e valutò
le opzioni. Tra tante candidature nessuna gli sembrava all'altezza.
Doveva aspettarselo. Forse non aveva dubitato abbastanza.
Così decise di astenersi. Era una scelta politica forte,
dopo tutto. A ciascuno uguali opportunità di perseguire
la propria anormalità, pensò prima di archiviare
nel sonno i dati degli exit poll su se stesso che si stavano
già rivelando un flop.
Paolo Pasi
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