Nato nel 1904 da una famiglia di proprietari terrieri dello
Szechuan, una provincia della Cina occidentale, Li Pei Kan,
che poi si farà conoscere con lo pseudonimo di Pa Kin
(Pa Chin o Ba Jin, secondo la traslitterazione), ha attraversato
il secolo più convulso della storia cinese, avendo
assistito in sequenza alla fine dell’impero manciù,
alla prima repubblica, alle scorrerie dei signori della guerra,
al regime nazionalista di Chiang Kaishek, all’invasione
giapponese, alla guerra civile e infine all’avvento
della Repubblica Popolare nel 1949, insanguinata nel 1989
dalla tragedia di piazza Tienanmen, nel corso della quale
l’Esercito Popolare ha sparato addosso al popolo.
Aveva trascorso i primi diciannove anni della propria esistenza
a Chengdu, la capitale dello Szechuan, nella grande dimora
che ospitava i cinquanta membri della famiglia Li, padre,
zii, mogli e concubine, cugini e cugine, e quarantacinque
servitori, governata in modo autocratico e patriarcale dal
nonno. Persi i genitori a dodici anni, ebbe un’adolescenza
infelice e solitaria sotto quello che egli stesso definì
un regime dispotico nella sua trilogia “Torrente”:
Famiglia (il suo romanzo più famoso), Primavera
e Autunno.
Pa
Kin
Giovanissimo ed entusiasta delle idee che venivano dall’Occidente,
aveva aderito al Movimento per una Nuova Cultura, che rifiutava
il confucianesimo a favore della diffusione delle idee illuministe,
la cui nascita si vuole datare nel 1915 e che culminerà
con il Movimento del 4 Maggio 1919, con una serie di scioperi
e di azioni di boicottaggio, in una rivoluzione sociale e
intellettuale che avrebbe cambiato profondamente il volto
della Cina moderna.
Per il giovane si riveleranno fondamentali gli articoli di
Emma Goldman sull’anarchia, un’opera teatrale
intitolata All’alba, che metteva in scena la
vita dei terroristi rivoluzionari russi prima della rivoluzione
del 1905 e, soprattutto, Ai giovani di Pëtr
Kropotkin, che ricorderà con queste parole: «Non
m’immaginavo che potesse esistere un libro del genere.
Era esattamente il mio pensiero, ma espresso con una nettezza,
una precisione di cui io ero affatto incapace. Quelle idee
forti e stimolanti, quello stile pieno di calore infiammarono
il cuore di quel ragazzo quindicenne che io ero.»
Contro i signori
della guerra
La tappa successiva fu quindi, secondo logica, quella che
lo spinse a mettere in pratica le sue idee, aderendo nel 1919
a un gruppo anarchico locale, «La Società dell’Equità»,
partecipando alle manifestazioni studentesche contro i signori
della guerra del posto e distribuendo volantini e stampati
rivoluzionari. I membri del gruppo erano legati da un’amicizia
profonda e questo sentimento avrà un ruolo importante
nella sua vita e sarà esaltato nei suoi romanzi.
Nel 1923, dopo una lotta energica, la famiglia accondiscese
a mandarlo a studiare a Nanchino e poi a Shanghai. Era molto
dotato per lo studio delle lingue straniere, soprattutto dell’inglese,
del francese e del russo, e divenne un adepto dell’esperanto,
lingua sintetica allora molto in voga negli ambienti anarchici.
La sua prima opera importante di scrittura fu la redazione
di un opuscolo intitolato La tragedia di Chicago,
che raccontava quanto era accaduto il 3 maggio 1886 a Haymarket,
e la successiva condanna a morte di cinque militanti anarchici,
figure di primo piano del movimento operaio dell’epoca,
incriminati con prove del tutto false.
Gli anni 1925 e 1926 segnano una fase di grande effervescenza
per il movimento rivoluzionario cinese, fase che culminerà
nell’aprile 1927 con lo sciopero generale di Shanghai,
promosso dal partito comunista e represso nel sangue dopo
il voltafaccia di Chiang Kaishek, il capo del Kuomintang,
il partito nazionalista fino a quel momento alleato dei comunisti.
Nel contesto della doppia appartenenza anche Mao Zedong, a
un certo momento, fece parte del comitato centrale del Kuomintang.
Stretti tra l’incudine e il martello, gli anarchici
erano emarginati ma si rifiutarono di scegliere tra comunisti
e nazionalisti. Fu allora che Pa Kin decise di andare a studiare
in Francia. Nel biennio 1927-28 vivrà a Parigi e nella
cittadina di Château-Thierry, sulla Marna, con brevi
intervalli a Londra. Questi soggiorni in Europa erano abbastanza
normali in quell’epoca e altri studenti, che sarebbero
diventati i capi della Cina trent’anni dopo, come Chou
Enlai e Deng Hsiaoping, l’avevano preceduto nel contesto
del Movimento Studio-Lavoro avviato dal gruppo parigino di
anarchici cinesi nel 1916. Si trattava di offrire agli studenti
la possibilità di andare in Francia e di restarvi il
tempo necessario per completare gli studi grazie al lavoro
procurato sul posto. Per maggiori particolari sul tema, rimando
al mio saggio Aux sources de la révolution chinoise:
les anarchistes, Atelier de Création Libertaire,
1986.
Per parte sua, Pa Kin lascia la Cina per “andare verso
Occidente alla ricerca della verità”, come ebbe
a spiegare in un’intervista a “Le Monde”
(18 maggio 1979), in occasione della sua visita ufficiale
a Parigi, cinquant’anni più tardi, al momento
dell’uscita della traduzione francese con le edizioni
Flammarion/Eibel del suo maggiore romanzo, Famiglia:
«Per questa ragione sono venuto in Francia a mie spese.
Certo, partendo il mio obiettivo era in linea di principio
quello di studiare economia. Nel corso del primo mese di soggiorno
ho studiato anche il francese all’Alliance Française.
Quasi subito, però, sono venuto a sapere che la mia
famiglia era rovinata. Siccome non poteva più mandarmi
il denaro necessario a pagarmi gli studi, ho dovuto interrompere
l’apprendimento della lingua francese. Poi anche la
mia salute cominciò a indebolirsi e un medico mi suggerì
di prendermi un periodo di riposo. Così mi trasferii
a Château-Thierry, in un collegio dove altri giovani
cinesi studiavano anche il francese. Laggiù, come a
Parigi, ero completamente isolato. A Parigi mi bastava sentir
suonare le campane di Notre-Dame per sentirmi solo.
Fu allora, e forse proprio per esprimere quel senso di solitudine,
che misi mano alla penna per scrivere un romanzo. Il campanile
di Notre-Dame suonava ogni ora così a lungo che non
potevo dormire. Così posso proprio dire che ho imparato
a scrivere romanzi in Francia, grazie al mio viaggio in Francia.»
Il “maestro”
Bartolomeo Vanzetti
Nonostante quella «solitudine» era in contatto
con il movimento anarchico, continuava la corrispondenza con
Emma Goldman iniziata nel 1924, incontrava a Londra il compagno
di lei, Alexander Berkman, uno dei primi a denunciare l’impostura
della rivoluzione bolscevica in Russia, partecipava attivamente
alla campagna per salvare Sacco e Vanzetti, i due anarchici
italiani emigrati negli Stati Uniti, condannati e uccisi nel
1927 malgrado una mobilitazione mondiale a loro favore mai
vista prima. Pa Kin scambiò delle lettere con Bartolomeo
Vanzetti e di lui scrisse: «Ho un “maestro”!
Mi ha insegnato l’amore e la generosità».
Intanto continuava a collaborare con le riviste anarchiche
di Shanghai, traduceva in cinese l’opera fondamentale
di Kropotkin, L’Etica (1),
pur convincendosi che la letteratura avrebbe potuto essere
un’arma non solo per combattere le ingiustizie, ma anche
e soprattutto per divulgare l’ideale anarchico molto
meglio degli opuscoli e dei volantini.
Il primo romanzo, Distruzione, fu dunque scritto
a Parigi, ma solo nel 1995 fu tradotto in francese da Angel
Pino e Isabelle Rabut, pubblicato dalle edizioni Bleu de Chine.
In quest’opera descrive la vita dei rivoluzionari nella
Shanghai degli anni venti.
Amore per gli oppressi, odio per gli oppressori, diritto per
chiunque alla felicità, il terrorismo come metodo di
lotta rivoluzionaria: queste sono le principali tematiche
del romanzo.
Egli personalmente si pronuncia contro l’omicidio politico,
perché ritiene che «non esistono altri mezzi
per arrivare all’anarchia se non un movimento di massa
organizzato». Dimostra però comprensione per
i terroristi e addebita all’immobilismo della società
cinese la responsabilità dei loro atti disperati. Questa
prima opera conosce un successo straordinario, soprattutto
tra i giovani cinesi che s’identificano agevolmente
con i principali protagonisti. Comincia così la sua
carriera di scrittore.
I primi venticinque anni della sua vita si possono intitolare
«Il risveglio all’Occidente e all’anarchia»;
i venti successivi «Lo scrittore impegnato».
La miseria delle vittime
Rientrato a Shanghai nel 1929, riprende a collaborare con
la stampa militante e intanto pubblica la prima raccolta di
racconti, tradotta in francese nel 1980 con il titolo Vengeance
dalle edizioni Seghers. Sono storie che evidenziano la miseria
degli individui vittime dell’ingiustizia sociale, che
ci parlano delle tragedie della guerra e di quelle dell’amore.
Nel 1931 esce il suo capolavoro, Famiglia, che trattava
un argomento di scottante attualità: la lotta per affrancare
i giovani e le donne dal vecchio sistema familiare, feudale
e patriarcale.
Prendendo lo spunto da vicende in gran parte autobiografiche,
sapeva di farsi portavoce di coloro che, come lui, erano sfuggiti
dalle «grinfie demoniache del dispotismo familiare [per
non essere] sacrificati sull’altare dei riti ancestrali»:
matrimoni per costrizione, piedi fasciati, suicidi; tale era
la sorte delle vittime di quel sistema.
La rottura e la rivolta, agli occhi di Pa Kin, erano la sola
via di scampo possibile per i giovani: «Ciò mi
obbliga a impugnare la penna e prendere la parola in nome
di coloro che sono morti con il sangue alla bocca e di quelli
che moriranno». Seguono altri due romanzi, La nouvelle
vie e Brouillard, ma intanto incalzano gli eventi
politici.
Nel 1931 il Giappone invade la Manciuria e nel gennaio-febbraio
1932 bombarda Shanghai. Il manoscritto de La nouvelle
vie va perso nell’incendio della tipografia. In
reazione egli scrive Le Rêve sur la mer, una
violenta requisitoria contro l’invasore giapponese e
i suoi complici, i membri dell’«alta società»
cinese, e un elogio della resistenza offerta dalla gente del
popolo e dagli intellettuali rivoluzionari.
Nel 1934 conclude la trilogia “Amour”: Brouillard,
Pluie e Eclair, cui aggiunge un racconto
intitolato Tonnerre. La trilogia descrive la vita
di intellettuali rivoluzionari e del loro lavoro all’interno
di organizzazioni di massa. In una successione di avvenimenti
drammatici, di dialoghi accesi e di monologhi interiori, si
affrontano numerosi temi essenziali: lo scopo della vita umana,
le convinzioni politiche, la tattica rivoluzionaria, l’amicizia,
la lealtà, l’amore.
Ma nonostante il titolo, l’amore non ha una funzione
centrale nello sviluppo dei personaggi. «Più
importante è la loro fede» dice l’autore.
Come quasi tutte le opere narrative di Pa Kin, «Amore»
ha una finalità pedagogica e vuole mostrare ai lettori
come vivere e per questo vuole dare loro un modello da emulare.
Pa Kin considerava questa trilogia la sua opera migliore.
Di diversa opinione, però, erano il pubblico e i critici,
la cui preferenza andava all’altra trilogia “Torrente”,
che comprende il già citato romanzo Famiglia,
oltre a Primavera e Autunno.
In questo stesso periodo dovette prendere posizione nei confronti
del conflitto sino-giapponese che si andava inasprendo. Perseguitato
dalla polizia del regime nazionalista, nel 1934 era stato
costretto all’esilio in Giappone e solo nel luglio 1935
era rientrato in Cina, mentre all’orizzonte si profilava
la dichiarazione di guerra ufficiale del Giappone al governo
cinese e all’interno era al massimo la tensione tra
i nazionalisti di Chiang Kaishek al potere e i comunisti guidati
da Mao Zedong che avevano ripreso slancio dopo l’epopea
della Lunga Marcia.
Denunciato come sabotatore
Pa Kin si trovava di fronte a un dilemma spinoso: da un lato
si era nettamente distinto come un risoluto avversario del
regime nazionalista, sempre più corrotto e fascistizzante,
per l’altro era il partito comunista che aveva preso
la testa del movimento antigiapponese in nome della «difesa
della nazione» e aveva costituito, rivolta agli intellettuali
rivoluzionari, l’Associazione degli scrittori cinesi,
la cui figura di punta era Lu Hsun, il maggiore saggista e
romanziere cinese del Novecento, l’autore del celebre
romanzo La vera storia di Ah Q e altri racconti,
un’allegoria dei difetti del carattere cinese sotto
l’influsso della morale e delle istituzioni tradizionali,
alle prese con l’assalto dei valori di provenienza occidentale.
Poiché Pa Kin si era rifiutato di aderire nel luglio
1935 all’Associazione, fu severamente criticato dai
comunisti che considerarono la sua scelta un tentativo di
«rompere il fronte unito degli scrittori per la resistenza
contro il Giappone».
Denunciato come sabotatore (era l’epoca dei «sabotatori
hitlero-trotzkisti» secondo la terminologia in voga
a Mosca) si salvò grazie a una vigorosa difesa del
diritto di libera scelta di adesione da parte dello stesso
Lu Hsun.
Uno dei principali motivi della mancata adesione di Pa Kin
era il suo sostegno entusiasta della Rivoluzione spagnola.
Il 1936, infatti, si può considerare l’anno di
svolta per la messa in pratica delle idee anarchiche. Pa Kin
appoggiava la posizione della CNT-FAI e la politica di collettivizzazione
in corso soprattutto in Catalogna e in Aragona, rifiutandosi
di entrare nel coro comunista che cantava le lodi della «repubblica»,
la famosa fase di transizione obbligatoria secondo i canoni
classici del marxismo-leninismo.
Dopo la dichiarazione di guerra, però, ufficializzata
il 7 luglio 1937, in seguito all’«incidente del
Ponte Marco Polo» di Pechino, dovette risolversi a sostenere
la «guerra contro l’oppressore» quando l’invasione
giapponese si estese a tutto il territorio cinese. Entrò
dunque nella «Associazione pan-cinese degli artisti
e degli scrittori per la Resistenza contro il nemico»
e i suoi romanzi di questo periodo hanno come sfondo la guerra
cino-giapponese ed esaltano la resistenza contro il nemico.
In uno di questi, Feu, descrive la partecipazione dei giovani
alla battaglia per la difesa di Shanghai della fine del 1937
e, dopo la ritirata dell’esercito cinese, la resistenza
clandestina contro i Giapponesi.
Nel 1945 gli nasce la figlia, Hsiao Lin, e rientra a Shanghai
dove traduce le opere complete di Kropotkin. Il 1946 è
l’anno della pubblicazione di Gelide notti,
il suo miglior romanzo insieme a Famiglia. L’azione
si svolge negli ultimi anni del conflitto e i protagonisti,
Wang Wen Huan e sua moglie, entrambi poco più che trentenni,
sono completamente presi dai propri problemi personali e dalla
lotta per sopravvivere.
Come tanti intellettuali in tempo di guerra, essi vivono in
un’atmosfera malsana di privazioni. Il loro rapporto
non è affatto felice e la madre dell’uomo, molto
possessiva, non fa che peggiorare le cose. Alla fine la donna
ha il coraggio di uscire dal gorgo che rischia d’inghiottirla
e lascia il marito malato, che muore poco dopo la resa giapponese.
Gli anni della guerra civile
Gli anni tra il 1945 e il 1949 sono quelli della guerra civile
in Cina. Il Kuomintang al potere si fascistizza sempre di
più e davanti alla corruzione dilagante il partito
comunista fa la figura di un monumento di integrità
e di ascesi, tanto più che gode di un immagine eroica
per il suo comportamento nel conflitto con il Giappone. Pa
Kin, seppure sempre più isolato sulla scena cinese,
resta in contatto con il movimento anarchico internazione,
poiché nel marzo del 1949, due mesi dopo la presa di
Pechino da parte dei comunisti, continua, firmandosi con il
suo vero nome di Li Pei Kan, a corrispondere con la CRIA (vedi
box, N.d.R.), la Commissione per le Relazioni Internazionali
Anarchiche, con sede a Parigi.
Nell’ottobe 1949 è proclamata la Repubblica Popolare
e Pa Kin si avvicina a poco a poco al nuovo potere: Si apre
così il terzo periodo della sua vita che copre un lasso
di tempo di venticinque anni, che si potrebbe intitolare «Il
popolo ha sempre ragione».
Inizialmente il nuovo regime pratica la politica della mano
tesa e affida allo scrittore ogni sorta di responsabilità
ufficiale nell’ambito della «Associazione degli
Scrittori Cinesi» ma anche come deputato all’Assemblea
Nazionale Popolare.
Il drammaturgo Cao Yu adatta per il teatro il romanzo Famiglia
che sarà messo in scena più volte, mentre si
girano film tratti da Famiglia, Autunno
e Gelide notti.
Nel 1956 il presidente Mao lancia la campagna dei «Cento
fiori» con l’appello: «Che cento fiori sboccino,
che cento scuole gareggino». Pa Kin si schiera subito
tra i suoi critici, pur guardandosi bene dal mettere in discussione
l’egemonia del partito comunista.
L’anno seguente però, Mao attua una nuova stretta:
è una doccia fredda per il romanziere che viene criticato
per la sua temerità; deve fare un’onorevole ammenda
e ammettere gli errori dovuti alla sua origine
feudale e borghese. Nello stesso anno 1957 è anche
costretto a prendere parte alla campagna di denuncia della
«cricca antipartito» degli scrittori Ding Ling,
Chen Dixia e Feng Hsuefeng, un fatto che incrina la sua immagine
agli occhi dei giovani intellettuali critici.
Nonostante questi cedimenti, resta sempre nel mirino del potere.
Le nuove edizioni delle sue opere sono pubblicate solo dopo
una minuziosa revisione. Dalle trame deve fare scomparire
tutto ciò che potrebbe rivelare l’identità
anarchica dei suoi personaggi o semplicemente le loro simpatie
per l’anarchia: i titoli dei libri che leggono, i quadri
appesi alle pareti delle loro abitazioni, le citazioni di
autori anarchici.
Lo confermerà René Etiemble nella prefazione
all’edizione francese di Gelide notti, pubblicata
da Gallimard nel 1977, ricordando il suo incontro con Pa Kin
a Shanghai il 14 giugno 1957: “Gli parlai subito della
sua famosa trilogia ‘Torrente’, un affresco
fortemente critico della tribù patriarcale, e del film
che ne era stato tratto. Il film non gli era piaciuto: i personaggi
ne erano usciti falsati e gli effetti lo avevano deluso.
Quando gli chiesi se ci avrebbe dato presto un quarto episodio
della saga, questa fu la risposta: ‘Dopo la Liberazione
non ho quasi più tempo per lavorare. Ho tradotto i
racconti di Oscar Wilde, Herzen, Tolstoj e altri ancora. Poi
ci sono le riunioni che s’inghiottono intere giornate.
Se tutto va bene, l’idea sarebbe di scrivere l’anno
prossimo un quarto volume che ho in mente da tempo ma mai
realizzato’.”. Etiemble poi prosegue, ritornando
al 1977: «Si deve ritenere che non sia andato tutto
per il meglio, perché il quarto volume, per quanto
ne so, non è mai stato pubblicato e quella conversazione
risale a vent’anni fa».
Protesta contro i burocrati
della letteratura
Se l’ispirazione narrativa pare definitivamente logora,
egli sfrutta comunque un nuovo periodo di minore pressione
per scrivere un discorso dal titolo Coraggio e senso di
responsabilità degli scrittori, una veemente protesta
contro i burocrati della letteratura e un’esortazione
agli scrittori perché dicano la verità e offrano
la propria visione della realtà.
Questa presa di posizione non poteva evitare di dare i suoi
effetti: all’inizio della Rivoluzione Culturale Pa Kin
è attaccato dalle Guardie Rosse e criticato per il
suo passato anarchico e per le sue tendenze borghesi.
Dall’ottobre 1966, per ordine dei «Quattro»
(la famigerata «Banda dei Quattro» composta da
Jang Qing, la moglie di Mao, e dai suoi tre accoliti, Wang
Hongwen, Yao Wenyuan e Zhang Chunqiao), è bruscamente
epurato subito dopo avere presenziato, come vicecapo della
delegazione cinese, ai lavori della Conferenza degli scrittori
afroasiatici svoltasi a Pechino in giugno-luglio. Fino al
gennaio 1970 è costretto a presentarsi ogni giorno
nella sede dell’Associazione degli scrittori di Shanghai,
ma non per fare un’attività intellettuale: «Facevo
lavoretti manuali, servivo alla mensa, scopavo, sturavo i
lavandini e le toilette», come ricorda in un’intervista
all’AFP nel 1978.
Nel 1970 ha sessantasei anni. Yao Wenyuan lo definisce «anarchico
e antesignano dell’anarchia in Cina». Viene bollato
come «culmine dell’accademia reazionaria»
il suo capolavoro Famiglia e inserito nella categoria
delle «erbe velenose». Nella strada principale
di Shanghai compaiono datzebao dal tetto al marciapiede che
lo definiscono «traditore della nazione». Pur
non essendo fatto oggetto di violenze fisiche, gli viene impedito
di ricoverare in ospedale la moglie che muore di cancro nel
1972. È costretto a partecipare a riunioni di «critica
e autocritica davanti alle masse», anche in diretta
alla televisione.
Ha il divieto di scrivere e per due anni è confinato
in campagna, in una «Scuola del 7 maggio», per
«ascoltare i contadini», secondo la terminologia
ufficiale. Ricorda così quei due anni: «Restavo
in piedi, poi mi veniva dato il permesso di sedermi. Quando
mi facevano una domanda, mi alzavo. Spesso mi ingiuriavano,
ma io mantenevo la calma. Molte accuse erano contrarie alla
realtà. Qualche volta mi rifiutavo di accettare la
critica e allora mi accusavano di non essere onesto. Ma se
l’accusa era giusta, io l’accettavo».
La sua situazione, comunque, dopo un po’ migliora grazie
all’intervento del primo ministro Chou Enlai: è
trasferito all’ufficio traduzioni dell’Associazione
degli scrittori di Shanghai, anche se rimane il divieto di
qualsiasi attività sociale.
Traduce dal russo Terre vergini di Turgenev, ma gli
è impossibile scrivere qualcosa di suo e resta sotto
la continua sorveglianza di un autentico inquisitore: «Un
uomo di fiducia della Banda dei Quattro veniva da me spesso,
per verificare che non scrivessi storie per smascherarli».
Nel maggio 1977, una volta epurata la stessa Banda dei Quattro
dopo la morte di Mao avvenuta nell’ottobre 1976, Pa
Kin è ufficialmente riabilitato.
Cultura cinese messa a
mal partito
Arriviamo così alla quarta e ultima parte della sua
vita, che intitoleremo «La serenità ritrovata».
Volente o nolente ridiventa una figura ufficiale del regime,
che cerca di dare di se stesso all’estero un’immagine
dai tratti più «liberali», per far dimenticare
le innominabili e innumerevoli prepotenze della Rivoluzione
Culturale. La cultura cinese, messa a mal partito per anni,
ha bisogno di una figura di prestigio e, quel che più
conta, riconosciuta tale anche all’estero.
Nel giro di sei anni saranno tradotti e pubblicati in francese
quattro dei suoi romanzi, Gelide notti, Il giardino
del riposo, Famiglia e Primavera, come
quattro raccolte di racconti, Vengeance, Les
secrets de Robespierre, L’automne dans le printemps
e La pagode de la longévité.
Purtroppo, oltre al fatto che queste opere escono in ordine
casuale, senza nessuna logica o coerenza tra loro (otto libri,
sette editori e otto traduttori diversi!), Pa Kin è
presentato come uno scrittore impegnato al servizio della
rivoluzione cinese in versione maoista, la sua adesione all’anarchia
passa nel conto profitti e perdite (con l’eccezione
delle prefazioni di René Etiemble e di Marie-José
Lalitte), tanto più che le traduzioni sono tutte effettuate
sui testi delle edizioni cinesi successive al 1958, quelle
espurgate.
Gli stessi traduttori non lo nascondono, come dichiarano la
signora Alezais e il signor Li Chou-hua per Famiglia: «Per
la traduzione di quest’opera pubblicata nel 1931, abbiamo
seguito l’ultima edizione uscita a Pechino nel 1977,
ma siamo in certi casi ricorsi a edizioni precedenti quando
ci sembrava che presentassero variazioni interessanti».
Lo sfondo anarchico non deve essere parso loro una variante
interessante, come meglio si capisce quando proseguono così:
«Esprimiamo la nostra riconoscenza a Michelle Loi, che
ha accettato di rileggere la nostra traduzione e ci ha offerto
consigli preziosi».
Ci si può affidare a Michelle Loi per cancellare del
tutto qualsiasi riferimento anarchico, dato che costei, filocinese
della prima ora, scriveva nel 1974 su «Libération»,
a proposito dell’uscita del libro di Simon Leys Ombres
chinoises (2): «Ma quando
si lavora in “Libé” e per “Libé”,
come si fa a permettere che si dia voce agli aggressori di
tutto ciò che spinge la vera sinistra, la quasi sinistra
e la sinistra della destra (sic!) ad ammirare della
Cina, accettando la responsabilità di mettere sotto
gli occhi del vasto pubblico non informato una caricatura
della Rivoluzione Culturale, uno degli avvenimenti della nostra
epoca più ricchi di senso per tutti?»
Si può anche notare che sul risguardo di copertina
del Giardino del riposo Pa Kin è presentato
come «un compagno di strada del movimento comunista»
e si dice che dopo il 1948 avrebbe fatto definitiva abiura
(ammiriamo tra l’altro l’uso del termine religioso)
dell’anarchia.
Solo Marie-José Lalitte, la traduttrice di Gelide notti,
indica Emma Goldman come «madre spirituale» di
Pa Kin, indicando in nota: «Emma Goldman, 1869-1940,
eminente anarchica americana. Il suo nome non è più
citato nelle riedizioni delle opere di Pa Kin dopo il 1949».
Il Nobel mancato
In ogni modo, grazie all’uscita della traduzione francese
di Famiglia, il nostro ha la possibilità di
rimettere piede in Francia dopo cinquant’anni, nel maggio
1979, alla testa di una delegazione di scrittori e di critici
cinesi. Vi ritorna nuovamente nel settembre 1981, in occasione
del quarantacinquesimo congresso del Pen Club. È al
culmine degli onori. Dal dicembre 1981 presidente dell’Associazione
degli scrittori cinesi, è considerato, dopo la scomparsa
di Mao Dun (marzo 1981) il maggiore romanziere cinese vivente
e il suo nome viene citato più volte, nel corso degli
anni ottanta per l’attribuzione del premio Nobel per
la letteratura che, a tutt’oggi, non è mai stato
conferito a uno scrittore cinese, perché Gao Xinjian
l’ha ricevuto nel 2000 come cittadino francese.
Resta il fatto che dopo avere pubblicato, tra il 1928 e il
1948, venti romanzi, tredici raccolte di racconti e novelle,
cinque libri di viaggio e dodici volumi di saggi, non ha più
scritto niente di narrativa, ma solo qualche operetta di circostanza
e su commissione, fino a quella intrapresa all’inizio
degli anni ottanta, chiusa la vicenda della Rivoluzione Culturale
che l’aveva tanto provato, cioè la redazione
delle sue memorie.
Con il titolo Au gré de ma plume, le memorie
sono uscite in cinque volumi, uno dei quali è stato
tradotto in francese e pubblicato nel 1992 dalle edizioni
Litérature chinoise. Nella prefazione Pa Kin afferma:
«Esprimo pensieri e riflessioni come mi vengono, semplicemente,
senza nessun piano precostituito… Scrivo semplicemente
per esprimere i miei sentimenti. Finito per caso a occuparmi
di letteratura, sono diventato scrittore scrivendo».
Si presenta così come uno di quegli autori che riporta
ciò che vede e che sente direttamente, senza affidarsi
alla fantasia: «La fonte di ogni realizzazione artistica
è davvero la vita, di lì solamente viene l’ispirazione…
Un’opera letteraria rispecchia il modo in cui l’autore
comprende la vita».
Nelle memorie parla ancora dell’origine del suo pseudonimo.
Negli anni venti, giovane militante anarchico a Chengdu, capitale
dello Szechuan, firmava gli articoli con il proprio cognome
e nome, Li Pei Kan. Ma scrivendo il suo primo romanzo, Distruzione,
durante il soggiorno in Francia del 1927-28, pensò
di utilizzare uno pseudonimo per distinguere gli scritti di
militante politico da quelli di romanziere. Comunque, anche
se gli specialisti di letteratura cinese, come Monsterleet
o Hsia, e la sua biografa Olga Lang ritengono che Pa (o Ba)
sia la prima sillaba di Bakunin e Kin l’ultima di Kropotkin,
egli stesso si schermisce sostenendo che Ba era un omaggio
al suo amico Ba Enpo e se Kin faceva davvero riferimento a
Kropotkin, quella non era una scelta politica, ma solo dovuta
al fatto che stava traducendo l’opera postuma dell’anarchico
russo, L’Etica, e Kin era un ideogramma facile
da ricordare. Angel Pino, il più profondo conoscitore
francese dell’opera di Pa Kin, si è dilungato
sull’argomento in un articolo che vuole essere «definitivo»,
pubblicato sul secondo numero della rivista «Études
Chinoises» del 1990, dal titolo Ba Jin, sur l’origine
d’un nom de plume. Per parte mia, io mi convincerei
soltanto se si ritrovasse un testo sull’argomento scritto
da Pa Kin in persona e precedente al 1949…
Centenario suo malgrado
In ogni caso quest’ultimo periodo della sua vita, quello
che si potrebbe intitolare «La serenità ritrovata»
lo vede rivolgere nel 1989 un «Saluto agli studenti
della Primavera del 1989», quella scintilla che ha dato
fuoco a tutta la società civile urbana prima di essere
soffocata nel sangue sotto i cingoli dei carri armati della
piazza Tienamen. Ma da dieci anni, compiendo in dicembre 2004
cento anni, vive da recluso sotto la vigile custodia della
figlia. Il suo testamento politico potrebbe essere l’omaggio
che rivolse a Shen Congwen, deceduto nel 1988, che aveva scelto
il silenzio dopo l’avvento del regime comunista nel
1949, A la mémoire d’un ami, pubblicato
nel 1992 dalle edizioni Mille et Une Nuits, un testo straordinario
sul rifiuto dell’intellettuale davanti al potere.
Centenario suo malgrado, Pa Kin è ridotto da qualche
anno in uno stato vegetativo, piegato dalla vecchiaia e dal
morbo di Parkinson. Su un letto d’ospedale, alimentato
con flebo, non ne può più di questa vita che
non vuole più finire. «La longevità è
una punizione» avrebbe sussurrato. Sì, Pa Kin
reclama l’eutanasia, ultima lezione di coraggio di un
uomo la cui esistenza si è intrecciata con le vicende
del secolo passato, un secolo che ha generato tante speranze
e ha prodotto altrettante delusioni.
Ma non disperiamo per l’avvenire! Le idee anarchiche
restano più che mai attuali. Sta a noi metterle in
pratica.
Jean-Jacques Grandini
traduzione dal francese di Guido Lagomarsino
Lettera
di Pa Kin alla CRIA, 18 marzo 1949:
Caro
compagno,
Ho ricevuto la lettera e te ne ringrazio. Scusami
se ti rispondo in ritardo, ma in questi giorni ero
occupatissimo. Comunque ho spedito otto giorni fa
le mie edizioni di dipinti di Sim e di Castelao sulla
rivoluzione spagnola.
Non mi sono ancora arrivate le pubblicazioni che mi
hai inviato da Parigi. Sono contento che tu me le
abbia mandate.
Ricevo regolarmente il giornale giapponese e anche
la proposta di organizzare un congresso per l’Estremo
Oriente. Ma non credo che un congresso sia possibile
nelle situazione attuale in Asia. In primo luogo non
è possibile andarsene di qui all’estero
senza il benestare del governo e la corrispondenza
destinata al Giappone passa sotto la censura qui e
laggiù.
Purtroppo non di posso dare informazioni sul movimento
anarchico in Cina, giacché, a dire il vero,
un movimento del genere in Cina non esiste. Qui io
sono del tutto solo, opero e faccio la propaganda
solo in quanto scrittore. Curo la redazione delle
Opere complete illustrate di Kropotkin in cinese,
delle quali sono già usciti quattro volumi.
Di quest’opera sono anche l’editore. C’è
un altro compagno che ha tradotto Parole
e che sta traducendo La scienza moderna per me,
ma era un anarchico filo-Kuomintang.
Anche Lu Chien-ho è isolato a Chengdu, ma c’è
suo fratello che non è un compagno, ma un simpatizzante
e conosce il francese. È infaticabile nel lavoro.
Purtroppo, però, pubblica il suo giornale «Pensiero»
come supplemento del quotidiano del Kuomintang di
Chengdu (il cui redattore è suo amico personale),
perciò non è tanto letto. Nel Fukien
e solo là esiste un movimento libertario. Non
è grande ma è un movimento reale. Laggiù
c’è una scuola fondata dai nostri compagni
e una piccola casa editrice che ha pubblicato una
decina di opuscoli in cui si trova l’articolo
sull’anarchia di Malatesta tradotto da Lu e
la prima parte del mio Bakunin.
Del resto ti scriverò un’altra volta.
Con i miei migliori saluti, ti stringo fraternamente
la mano
Li Pei Kan
Dall’archivio
del Centre International de Recherches Anarchistes
di Losanna, Svizzera.
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- Una delle ultime pubblicazioni in italiano de L’etica
di Kropotkin è quella curata da La Fiaccola, Ragusa,
1990.
- Di Simon Leys venne pubblicato, per le edizioni Antistato,
il libro Gli abiti nuovi del presidente Mao, Milano,
1977. Il libro è una cronaca dissacrante della cosiddetta
rivoluzione culturale maoista.
È
uscito, nel mese di settembre 2004, per i tipi dell’editrice
Nutrimenti il volume di Shen Congwen, Il vecchio
e il nuovo, pp. 258,15,00 euro, traduzione
di Lucia Regola.
Shen
Congwen, amico di Pa Kin (vedi l’articolo di Jen-Jacques
Gandini), (1902-1988) nacque a Fenghang, una cittadina
del Hunan occidentale, regione cinese di frontiera.
Dapprima militare, secondo la tradizione familiare,
divenne poi scrittore e fu contrario sia ai nazionalisti
di Chiang Kai-shek sia ai comunisti di Mao Zedong. Quando
i comunisti presero il potere, le sue opere furono bandite
in Cina. Solo le aperture seguite alla morte di Mao
lo riportarono in auge. Sempre apprezzato in Europa
dagli addetti ai lavori e più volte candidato
al premio Nobel per la Letteratura, ha influenzato molti
scrittori cinesi contemporanei che al suo stile si ispirano.
Dieci racconti cinesi da cui emana una luce calda e
chiara. Dieci piccoli capolavori per immergersi in altri
ritmi e in un altro modo di guardare il mondo e la vita.
La Cina lontana degli anni Trenta del secolo scorso,
il conflitto fra tradizione e modernizzazione, tra "vecchio
e nuovo", appunto. Una natura dolce e gioiosa che
si accorda con la profonda serietà di coloro
che conducono in pace i propri amori e i propri affari;
un modo di concepire e vivere la sessualità del
tutto sconosciuto a noi, che non possiamo non dirci
cristiani. Sullo sfondo, i nazionalisti, i comunisti,
i signori della guerra. Dieci racconti morali in cui
è inutile cercare condanne, se non quella contro
la stupidità della violenza.
Nutrimenti:
via Appennini, 46 – 00198 Roma – Tel. 06
8841700 – Fax 06 8840054 – nutrimenti@nutrimenti.net.
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