Torino Corso Marconi
Nell’arco di 100 metri, un manifesto di Alleanza Nazionale
riporta il volto pacioso di un candidato che promette “fatti”.
Anni addietro avremmo immaginato scontri di piazza e molotov,
oggi è evidente che si riferisce al vigore amministrativo.
Da un manifesto della Margherita un candidato, sempre con la
propria immagine in bella vista, garantisce che continuerà
a difendere i consumatori se sarà eletto e dichiara la
sua appartenenza, appunto, ad un’associazione di consumatori.
Da un manifesto di Forza Italia campeggia una signora che loda
il taglio, immaginario, delle tasse e ci assicura che “siamo
sulla strada giusta” indifferente al fatto che la riduzione
della tassazione diretta, che beneficia solo i redditi medio
alti, si accompagna ad una raffica di tasse indirette di portata
maggiore rispetto a quanto il governo ha concesso.
Un cartellone dei DS, quello fatto meglio, si impegna a far
sì che nessuno resti solo e mostra una giovane signora
con in spalla un grazioso bambino diversamente abile. Un inno
ai buoni sentimenti.
L’unico manifesto politicamente netto è quello
della Lega Nord in difesa dei prodotti e del lavoro, non specifica
se italiani o padani, contro la concorrenza sleale dei prodotti
cinesi. È evidente che la Lega cerca di occupare lo spazio
lasciato libero dalla svolta governativa e liberale di Alleanza
Nazionale e di conquistare consensi popolari.
Sintetizzando, la politica parlamentare diventa quello che è
sempre stata: un supermercato dove si possono acquistare, apparentemente
a basso prezzo, prodotti equivalenti fra loro. Non si propagandano
programmi ma slogan o, per usare il linguaggio oggi di moda,
loghi.
IIS Ubertini di Chivasso Assemblea sindacale
Al termine di un’assemblea molto vivace e partecipata
sulla riforma della scuola secondaria superiore, mentre colleghe
e colleghi discutono sulle forme di lotta da mettere in atto
per difendere la scuola pubblica e l’organico, interviene
un insegnante iscritto alla UIL, eccitante come la camomilla,
che fa rilevare che l’occupazione delle scuole, lo sciopero
del biglietto, i blocchi ferroviari, ecc. possono essere pericolosi
e metterci dalla parte del torto, e che a breve avremo l’occasione
di punire il governo per le sue malvagie imprese, votando per
l’opposizione.
Gli facciamo cortesemente notare che un’assemblea sindacale
non è il luogo più adatto per un comizio elettorale
e che è noto a tutti, in primo luogo che l’attuale
riforma non è che una prosecuzione e un aggravamento
della politica scolastica del centro-sinistra e, in secondo
luogo, che un eventuale governo di sinistra che succedesse all’attuale
sarebbe, in mancanza di un forte movimento dei lavoratori e
degli studenti, tentato di dare per scontato ed irreversibile
quanto fatto dal governo attuale per quanto riguarda la scuola
e non solo.
Con mio piacere la gran parte dei colleghi comprende ampiamente
queste argomentazioni che vengono riprese e sviluppate, direttamente
da alcuni colleghi, il giorno seguente in un’assemblea
sugli stessi argomenti all’IIS Bodoni-Paravia di Torino.
Appare evidente ai lavoratori più consapevoli delle questioni
oggi all’ordine del giorno che la fase elettorale, anche
ammesso costringa i partiti parlamentari a mostrarsi disponibili
alle pressioni sociali, rischia di essere un freno a forme di
azione efficaci.
Due mi sembrano gli elementi che è possibile cogliere:
- la politica con la P maiuscola, nonostante le contorsioni
che ci ammannisce il circo equestre elettorale, subisce un
depotenziamento che sembra irreversibile. È un comune
sentire che i partiti parlamentari tendono all’equivalenza
se si ragiona sulle questioni di merito;
- vi è, al contrario, un forte interesse alle questioni
che le persone vivono e queste questioni, per quanto specifiche
e limitate, appaiono, nel senso più alto del termine,
come politiche.
Basta, a questo proposito, pensare alla mobilitazione dei ferrovieri
e dei pendolari che si va sviluppando in questi giorni.
Le modalità dello sciopero, indetto dopo la strage di
Crevalcore il 16 e 17 gennaio, sono, da questo punto di vista,
assolutamente indicative.
Un’assemblea autoconvocata, al di là delle appartenenze
sindacali, è stata velocemente organizzata ed ha avuto
sia la forza di indire uno sciopero che la sapienza tattica,
l’indizione ad opera di un gruppo di Rappresentanti dei
Lavoratori per la Sicurezza su un tema di rilevanza tale da
impedire l’applicazione della legislazione attuale, di
trovare le forme per aggirare la normativa antisciopero.
Nulla di meno spontaneo se con questa parola si vuol dire irriflesso,
nulla di più spontaneo se per spontaneo si indica la
capacità di produrre nuove pratiche e nuove identità.
Il fragoroso silenzio dei sindacati istituzionali – solo
la CUB ed il SULT hanno indetto lo sciopero oltre agli RLS –
ne conferma il rapporto di complicità e di subordinazione
rispetto all’azienda che ne garantisce potere e privilegi
e, soprattutto, dimostra l’impotenza della burocrazia
quando un movimento reale si sviluppa fra i subalterni.
Lo stesso universo dei pendolari, che vede sue forme di interessante
organizzazione a livello locale, siti, mailing list, comitati,
è un esempio di tessuto sociale, per certi versi, tradizionale
e capace, d’altro canto, di rovesciare la condizione di
stress al quale è sottoposto in conflitto aperto ed,
in una qualche misura, vincente.
I pendolari, a differenza della massa indifferenziata degli
automobilisti, consegnati alla loro situazione individuale ed
all’isterismo, costituiscono, infatti, un universo ricco
di relazioni sociali. Sui treni nascono amicizie, amori, dialoghi.
Chiunque abbia condotto questa vita sa bene che le persone costrette
a prendere per anni un certo treno, finiscono per occupare sempre
lo stesso posto, se posto c’è, per intavolare discorsi,
per giocare a carte, per porre in relazione vissuto quotidiano
e lavoro.
I pendolari, come i ferrovieri, pagano di persona il degrado
del trasporto ferroviario, sono un esempio di come l’Innovazione
– chi non ricorda con fastidio lo slogan “Trenitalia
lavora per voi” – si rovesci sugli strati più
deboli attraverso l’aumento dei prezzi, l’inefficienza,
l’abbandono.
Lo scarto fra ideologia mercantile, quell’ideologia per
la quale non siamo più cittadini ma clienti, e vissuto
quotidiano viene collettivamente percepito e vissuto dai pendolari.
Non sono più cittadini che hanno diritto ad un servizio
pubblico e, come clienti, sono trattati come una zavorra da
sacrificare alle ferrovie nuovo modello, appunto, dell’alta
velocità e dell’alta capacità.
Da ciò i blocchi delle linee ferroviarie, lo sciopero
del biglietto, la “disponibilità” delle regioni
coinvolte e di Trenitalia a “venire” incontro alle
rivendicazioni più immediate.
Da ciò, soprattutto, la presa d’atto che la questione
dei trasporti è una questione politica e sociale centrale.
Solo l’azione diretta e collettiva trasforma il disagio
generico, la lamentela, l’astio in politica, in scontro
fra soggetti collettivi, in occasione di ragionare collettivamente
sulle regole del gioco che, volenti o nolenti, giochiamo.
Ancora una volta il politico e il sociale
Immediatamente dopo lo sciopero delle ferrovie è avvenuto
che in Puglia le primarie della sinistra premiassero, a sorpresa
o, almeno, così pare, il candidato del PRC Vendola.
Come è facile immaginare, a mio avviso l’introduzione
nel sistema politico italiano delle primarie non fa che accentuarne
il carattere mercantile ma non è questo il punto che
mi interessa trattare.
Di colpo i media di destra e di sinistra si sono dedicati all’evento.
Un omosessuale comunista ha battuto un moderato presumibilmente
eterosessuale. La destra si è affrettata a dichiarare
che il centrosinistra è ostaggio del PRC, il gruppo dirigente
del PRC ha visto nella vittoria di Vendola la prova della giustezza
del percorso “unitario” intrapreso e l’occasione
per mettere ai margini gli oppositori interni riottosi sulla
via dell’unità a sinistra, i DS hanno manifestato
qualche, comprensibile, mal di pancia per la sconfitta del loro
candidato.
Tutte questioni, per molti, interessanti. A scanso di equivoci,
ammetto che Niki Vendola non mi sta antipatico.
Detto ciò, tutte questioni che giacciono su di un piano
che poco ha a che vedere con lo scontro fra le classi ammesso
che in qualche modo possa essere posto in relazione con la questione
sociale. La stessa attenzione, un po’ morbosa, per le
preferenze sessuali di Niki Vendola è, per molti versi
fuorviante, visto che non mi risulta che la Puglia sia il regno
di una stupida omofobia e che lo stesso Vendola ha diritto a
vedersi riconosciuta un’identità politica generale
che non si risolve nelle sue scelte personali di vita.
Quello che mi ha colpito, non troppo ma mi ha colpito, è
il fatto che la sinistra statalista sembra aver dimenticato
lo scontro in atto nelle ferrovie, per poi tornarvi in occasione
dei blocchi delle linee e dello sciopero del biglietto, per
concentrarsi sullo scenario elettorale.
Una riprova dell’indebolirsi delle sue radici sociali
e del suo concentrarsi nello scontro interno al ceto politico
e, soprattutto, una riprova dell’impraticabilità
di ogni forma di “parlamentarismo rivoluzionario”.
Dal nostro punto di vista, mi pare evidente che quanto sta avvenendo
dimostra che vi è uno spazio enorme per una sinistra
sociale che non è la stessa cosa dell’area libertaria
ma che può aprire spazi interessanti se avremo la forza
e la capacità di praticare il terreno che ci viene lasciato.
Credo, in altri termini, che ogni discorso sull’autorganizzazione,
sulla separatezza rispetto alla politica istituzionale, sull’indipendenza
degli interessi di classi trovi la sua verità pratica
nella capacità delle compagne e dei compagni di cogliere
gli elementi di critica generale dell’esistente che, con
mille limiti e difficoltà, vanno sviluppandosi.
Su quest’ordine di questioni vi è molto da scavare
e da costruire, senza timidezze e senza presunzione.
Cosimo Scarinzi
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