Rivista Anarchica Online


pedagogia libertaria

L'educazione che ribolle

di Maurizio Giannangeli / foto Giulio Spiazzi


Dopo il suo articolo-quadro pubblicato nel numero estivo (“A” 391), il coordinatore per la Lombardia della Rete per l'Educazione Libertaria affronta da vari punti di osservazione le esperienze concrete pedagogiche, dall'educazione familiare alla Montessori, dalle scuole libertarie a...


Tensioni superficiali


Passato è il tempo in cui, saldamente legati da solide forze di coesione, potevamo aspirare, insieme ad altri/e, alla rivoluzione permanente.
Ora, tutt'al più, ci possiamo occupare di “tensioni superficiali” grazie alle quali ciascuno e ciascuna di noi si trova costantemente sottoposto a forze di origine molecolare che lo tengono in superficie all'interno della propria bolla, nella zona di confine fra questa e la contigua. I “tensioattivi” sembrano essere in questo senso il nuovo paradigma politico di cui ci si dovrebbe occupare.
Questo oramai il segno di un tempo, individuale e collettivo, che forse possiamo ancora dire “nostro”. In ogni caso questa mutata condizione disegna uno spazio, sempre diversamente radicato in una questione di forma, del quale ne va della nostra esistenza e in essa della nostra felicità se, come ritengo, pensare lo spazio è innanzitutto abitare radicalmente il “pensiero del fuori” ossia, alla radice, compiere esperienze di autoapprendimento nella vita.
Forse bisognerebbe avere il coraggio di abbandonare il concetto, o meglio l'idea, dell'età evolutiva. Abbracciare l'esperienza concreta che ogni età è letteralmente un tempo che si ha, un tempo di ora. Il che vuole semplicemente dire che ogni età è un tempo che, nel prender forma, genera uno spazio che ricapitola ogni tempo e in questo modo e in quella forma possiede una propria legittima consistenza storicamente determinata in relazione a più mondi o costellazioni.
Nella nostra vita a quattro anni non siamo “minori” come a ottantacinque non siamo “grandi”. L'ultima parte di me è la più giovane, come le piante. In ogni momento, per ogni età, «l'illuminazione profana» vale spesso di più di appassionate indagini approfondite e «[...] riusciamo a penetrare il mistero solo nella misura in cui lo ritroviamo nella vita quotidiana».
Più della filosofia forse la poesia può ancora riuscire ad essere politica.

Granarolo dell'Emilia (Bologna) – Riunione
operativa REL a I Saltafossi

Discorsi ed esperienze in Italia

Da anni in Italia diverse esperienze e discorsi vanno componendo una “galassia educativa” dove la presa in carico dei compiti educativi è appannaggio di soggetti altri rispetto a chi, come la scuola di Stato e le varie scuole private di natura confessionale ad orientamento prevalentemente cattolico, se ne è fatto carico nel nostro paese sino ad oggi.
Si tratta di esperienze e discorsi che fondano la propria “dicibilità” su alcuni presupposti comuni e, al contempo, su alcune diversità così consistenti da renderle di fatto tra loro non assimilabili. È mia intenzione puntare per ora l'attenzione su tre diversi tipi di esperienze: l'educazione familiare (homeschooling e unschooling); l'educazione scolastica di confessione laica ispirata a filosofie e pedagogie strutturate, più un'esperienza che nasce entro un contesto di confessione religiosa; infine, alcune recenti esperienze di educazione libertaria vicine alla realtà della REL (Rete per l'Educazione Libertaria).

L'educazione familiare

L'educazione familiare, chiamata anche Homeschooling (HS), ha il suo centro nella relazione genitori figli/e. In Italia l'HS è una realtà ancora non troppo diffusa ma sicuramente in crescita. Mi sembra di poter dire che in Italia la persona che da più tempo se ne occupa e la promuove sia Erika Di Martino. Madre di 4 figli mai andati a scuola, Di Martino è la fondatrice del network italiano www.educazioneparentale.org e gestisce il sito/blog www.controscuola.it (1). Le esperienze che si raccolgono intorno a questo network vedono nella responsabilità genitoriale l'occasione per la costruzione di relazioni educative, in seno alla singola famiglia come anche a gruppi di famiglie che condividono la scelta dell'educazione familiare, improntate all'apprendimento libero, rispettoso dei tempi e degli interessi dei figli stessi.
Le esperienze di HS in Italia partono dal dato che la Costituzione italiana obbliga i genitori a garantire l'istruzione e l'educazione dei figli senza stabilire un obbligo di iscrizione degli stessi ad una scuola, che sia di Stato o privata. Come recita la testata del sito controscuola.it «la Scuola non è un obbligo!», l'educazione dei figli sì.
I riferimenti sono l'articolo 30 della Costituzione, “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire, educare i figli, nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”, e l'articolo 33 “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione”. Questo il quadro normativo di base che consente in Italia, ad ogni genitore che se ne dimostri in grado, di occuparsi personalmente dell'educazione e dell'istruzione dei propri figli.
Visitando il sito/blog di Erika Di Martino appare subito evidente, in quanto ripetutamente rimarcata, la critica all'istituzione scolastica statale. Già nell'home page si legge: «Stufi del sistema scuola? Allora benvenuti all'Educazione Parentale».
Nel suo libro, Home Schooling. L'educazione parentale in Italia (2), Erika Di Martino rivolge la dedica «a tutte le persone, grandi e piccole, a cui la società ha strappato il guizzo di gioia che si prova nel vedere la vita prendere forma tra le proprie mani, in nome di quella prigione comunemente chiamata scuola». L'accostamento dell'istituzione scolastica ad una istituzione totale quale è il carcere non è proposta come iperbole. Un'intera pagina del blog vi è dedicata (3) e in essa non si risparmiano le critiche ad un sistema che limita la libertà, induce al conformismo, costringe corpi, umilia e denigra sensibilità e coscienze. Al contempo si critica anche la famiglia laddove si rende connivente, più o meno consapevolmente, con un sistema siffatto: «E la famiglia? La mentalità della scuola si è estesa a tutta la società, i genitori tarpano le ali ai loro figli tanto quanto le istituzioni. Quanta libertà ha un bambino a casa? Può decidere cosa fare e quando farlo? Raramente».  Anche la famiglia quindi, attraversata anch'essa da una cultura adultocentrica, decide per il bambino cosa sia giusto fare, come e quando farlo, impone scelte e soluzioni facendo così perdere al bambino la fondamentale esperienza di scegliere liberamente e in autonomia: «Madri e padri non si accontentano di fare i genitori, essi si vedono più come guide, come maestri e non possono lasciare i bambini giocare liberi perché devono continuamente stimolarli ed inquadrarli. Dopo scuola ci sono i compiti da fare, ma tanto fuori dalla casa, il bambino solo, non può uscire. [...] I ragazzi non sanno cosa significhi gestirsi, non sanno cosa comporti occuparsi di loro stessi. Non hanno mai goduto del piacere di farlo».
Del pari si critica anche la società (4) con i suoi modelli culturali orientati al solo benessere materiale, al possesso e al consumo. Sono tali modelli a indurre nella relazione genitori-figli una distorsione nel senso e nel valore degli affetti che rende sempre più difficile il compito educativo dei genitori stessi. In questo quadro si aggiunge danno a danno in una società soprattutto colpevole di produrre un generale abbandono a se stessi di bambini e ragazzi.

Avesa (Verona) – Alla scuola libertaria Kether,
libera scrittura da libera proposta
”Una società allo sbando”

Nel complesso emerge la rappresentazione di una società allo sbando rispetto alla quale urge che qualcuno si erga ad argine. Appare evidente che la scuola di Stato non sia più in grado di assolvere questa funzione. L'istituzione familiare invece, pur con tutte le difficoltà dette, può e anzi deve assumere questo compito: ai giovani abbandonati a se stessi «mancano gli affetti e le relazioni di una famiglia. Quale luogo sarebbe più adatto a questi ragazzi, anzi bambini, se non una casa? La loro casa, intendo. Quella casa che essi hanno ovviamente vissuto troppo poco. Troppo poco per amarla, per conoscerla, per rispettarla. Non distruggi ciò che ami. La casa è quartiere, borgo, vicinato, ma il punto di partenza è il nido. Senza basi non si costruisce nulla».
In tutto ciò non manca una declinazione di come la relazione educativa debba compiersi (5), o meglio cosa debba sforzarsi di realizzare per cercare di cogliere «fino in fondo qual è la vera essenza dell'apprendimento libero».
Erika Di Martino descrive la propria esperienza, per la verità nominandola come unschooling piuttosto che homeschooling (6) nei seguenti termini:

  • l'istruzione non è lo scopo dell'unschooling. Lo scopo della nostra famiglia è quello di vivere insieme armoniosamente, lasciando che ognuno di noi segua le proprie inclinazioni. L'istruzione che ne deriva è concreta, permanente e ricca e ciò è dovuto al fatto che insieme viviamo un'esistenza intensa ed attiva;
  • il nostro scopo è di permettere ai nostri figli di scoprire quali sono le loro passioni e di perseguirle nella propria vita;
  • troppo spesso la scuola e l'istruzione vengono prima della famiglia, della felicità e dei propri interessi. L'istruzione è fondamentale, ma è secondaria all'avere solide e forti radici e fiducia nella propria famiglia.
Elenca poi cinque concetti chiave dell'educazione familiare:
  1. Opportunità: creare un ambiente pieno di opportunità per apprendere cose nuove [...] soprattutto [attraverso] un clima familiare che valorizzi la cultura e il dialogo.
  2. Attenzione: prestare attenzione ai bisogni (richieste dirette e indirette) dei propri figli così come saper riconoscere i segnali (più o meno evidenti) di stanchezza e/o infelicità.
  3. Interesse: questo è il motore della ricerca e dell'apprendimento. Se non si è interessati ad un argomento, ad un gioco o ad un libro difficilmente esso ci trasmetterà delle emozioni e ancor meno permarrà nella nostra mente e nel nostro cuore.
  4. Libertà: i bambini devono avere la possibilità di scegliere come, dove e quando imparare.
  5. Sostegno: la nostra presenza fisica e mentale. Siamo al loro fianco come testimoni di un lungo percorso di crescita.
Infine, alcune considerazioni di Erika Di Martino espresse nel suo recente libro sull'homeschooling meritano di essere qui riprese. Si tratta del tema dell'attaccamento parentale e della questione dello “stile di vita”.

Granarolo dell'Emilia (Bologna) – Una riunione de I Saltafossi

Il distacco dei figli dai genitori

All'inizio dell'introduzione viene esposta una citazione dello psicologo e psicoanalista britannico John Bowlby: «Se il fatto che i bambini piccoli non siano mai completamente o troppo a lungo separati dai loro genitori fosse diventato parte della tradizione, allo stesso modo in cui il sonno regolare e la spremuta d'arancia sono diventate consuetudini nell'allevamento dei piccoli, credo che molti casi di sviluppo nevrotico del carattere sarebbero stati evitati».
Questo aspetto del distacco e della separazione dei figli dai genitori viene ripreso in più parti nel libro come nel blog. Esso è dichiaratamente inteso come dannoso al libero e armonico sviluppo dei figli e, come recita la citazione stessa, ad esso sono spesso attribuite le cause di uno sviluppo psicologico e cognitivo sotto diversi aspetti “disturbato”.
Per quanto riguarda l'homeschooling e l'unschooling l'autrice dichiara: «La verità è che l'unschooling è un'estensione della filosofia dell'attaccamento parentale (attachment parenting) e si basa sulla partecipazione attiva del genitore non in veste di controllore, bensì di coadiuvante». In questo senso tanto l'HS che l'unschooling sembrano partire dal presupposto che per un equilibrato sviluppo dell'essere umano è di primaria importanza crescere in un contesto che favorisca lo stabilizzarsi di un “attaccamento di tipo sicuro”, per riprendere i termini di John Bowlby (7). Tale contesto, tale “base sicura”, per l'homeschooler è il “nido” o “nucleo” familiare; quel luogo primario ove il «neonato [...] programmato per ricevere determinati segnali da parte della madre. Grazie al rapporto che s'instaura tra i due, [...] cresce e diventa un individuo autonomo»; rapporto che l'autrice estende teoricamente in linea di principio sino all'adolescenza. (8)
La famiglia che sceglie l'homeschooling/unschooling per Erika Di Martino è una realtà aperta all'ambiente esterno naturale e sociale, quindi non chiusa su se stessa. Ciò che appare più importante però è che il rapporto madre-figlio sia improntato a protezione, senso di sicurezza, affetto, capacità di ascolto e di aiuto, tutte disposizioni d'animo che la madre, ma anche il padre, dovrà saper comunicare alla propria prole al fine di garantire ad essa un “attaccamento di tipo sicuro” che, per la vita, citando Bowlby, «è una buona polizza assicurativa. Promuove la sicurezza, è emotivamente protettivo e ha una funzione importante nella natura umana» anche per il suo sviluppo maturo. (9)

Stile di vita

Nell'HS e nell'unschooling la figura adulta di riferimento sembra essere ancora la madre, anche se viene riferito che anche il padre può esserlo, e la famiglia appare ancora rappresentata unicamente come “famiglia naturale”. Riguardo quest'ultimo aspetto a me non sembra vengano mai fatti riferimenti alle profonde trasformazioni che l'istituto familiare ha attraversato e sta tuttora attraversando. Nulla viene detto rispetto alla trasformazione dei valori, delle norme, dei modelli sociali e delle relazioni di genere, che fanno oramai parlare, in ambito sociologico, di “famiglie” anziché di famiglia al singolare.10
In ogni caso il principio cardine dell'homeschooling/unschooling è la non delega ad altri, da parte della famiglia, quale essa sia o come la si intenda, dell'educazione dei propri figli: «Ho notato che molte persone fanno figli per poi occuparsene poco o nulla. I genitori d'oggi delegano costantemente i propri figli e lo fanno fin dalla più tenera età. Essi non hanno più quell'istinto volto all'accudimento che avevano i nostri antenati... ». E poco più avanti: «Mi capita di ricevere lettere di genitori che desiderano organizzarsi in gruppi per creare delle vere e proprie scuole appellandosi al diritto di istruire a casa. Vedete subito l'incongruenza se si istruisce a casa allora non si fonda una scuola e viceversa».  L'autrice consiglia chi fosse interessato ad «aprire una scuola “alternativa” [...] di ricercare le varie e valide esperienze italiane di scuole libertarie e democratiche», rispetto alle quali precisa però che, «seppur libere ed alternative [...] non sono esperienze di homeschooling, dato che il bambino viene comunque mandato a scuola».(11)
A conferma, da alcune ricerche emerge che i genitori pongono sempre maggiore attenzione ai percorsi di educazione e di istruzione che vedono coinvolti i loro figli. Tale maggiore attenzione potrebbe essere in parte determinata dal maggiore livello di scolarizzazione dei genitori stessi rispetto ad un recente passato. In ogni caso questa «maggiore attenzione potrebbe determinare nei genitori una minore volontà di delega sulle scelte scolastiche che interessano i propri figli». «In merito a ciò, alcuni autori ritengono che, sempre più, le famiglie considerino le scelte relative all'istruzione e all'educazione dei propri figli una questione privata [...] si è in presenza di una concezione della famiglia sempre più autocentrata e privatizzata che si pone in tendenziale opposizione con i sistemi standardizzati e burocratizzati quali sono, appunto, i sistemi scolastici». (12)
Oltretutto l'educazione familiare porta con sé la consapevolezza che la disposizione adeguata da parte dei genitori nei confronti di figli e figlie si sviluppa più facilmente in un contesto ambientale e culturale che a sua volta la favorisce. L'homeschooling e l'unschooling quindi, detto con molta onestà, non sono esperienze adatte a tutti. È bene che alcuni presupposti siano ben verificati prima di avventurarsi in un'esperienza così impegnativa. (13)
Innanzitutto è bene che entrambi i genitori siano d'accordo e che partecipino ad una comunicazione costante con altri genitori homeschoolers.
Se entrambi i genitori lavorano tutto il giorno non è pensabile fare hoomeschooling. L'educazione familiare necessita di una grande disponibilità di tempo oltre che di un atteggiamento disponibile a seguire i liberi interessi dei propri figli.
Sarebbe anche preferibile che il luogo dove si risiede non sia un contesto urbano o almeno sia prossimo a contesti naturali non troppo compromessi dall'indiscriminato intervento dell'uomo.
Altri elementi di natura culturale sono disseminati nel testo di Erika Di Martino e riguardano svariati aspetti della vita familiare: il rifiuto delle logiche di mercato che spingono al consumo alle quali è bene contrapporre un'attenzione alla semplicità e all'essenziale che bandisca il superfluo spesso indotto dalla comunicazione di massa, l'attenzione ad un'educazione non sessista che rifugga gli stereotipi di genere, una cura dell'ambiente casalingo attenta ai bisogni dei figli al tempo stesso vissuta come condivisione delle attività domestiche, l'attenzione al rispetto dell'ambiente naturale e del vivente, la cura dell'alimentazione... considerazioni sintetizzate nella formula il «nostro modo di vivere», il «nostro stile di vita».
Questi aspetti sono rilevanti in quanto espressione di una insistita assimilazione della scelta dell'educazione familiare con il desiderio di privilegiare e mantenere il proprio “stile di vita”, il proprio “modo di vivere”, garantendo con ciò coerenza alle esperienze di apprendimento dei propri figli. Laddove invece l'inserimento in giovanissima età in un contesto altro e ulteriore a quello familiare potrebbe generare sentimenti di insicurezza e di instabilità e quindi un “attaccamento di tipo insicuro”, ulteriormente accentuato dall'imposto distacco, dannoso alla crescita serena ed equilibrata dei propri figli.
Questi aspetti si intrecciano alla critica mossa alla scuola statale e concorrono a sottolineare l'importanza del legame familiare confermando al contempo quelle trasformazioni dell'istituto familiare stesso che lo vedono tendere all'individualizzazione per ciò che concerne i valori, alla privatizzazione per ciò che concerne le norme e alla pluralizzazione per ciò che riguarda le trasformazioni dei modelli sociali. (14)
Tanto nel web quanto nel libro di Erika di Martino l'educazione familiare viene presentata con frequenti riferimenti alla pedagogia libertaria e all'attivismo pedagogico, da Goodman  a Dewey, da Tolstoj a Kerschensteiner, da Korczak a Montessori, da Neil a Borghi, da Illich a Bernardi, da Holt a Taylor Gatto, sino arrivare ad autori e testi più vicini a noi come quelli di Codello, Monti, Trasatti e Zavalloni.  Questi riferimenti sono integrati anche da riflessioni culturali di natura più spirituale, teosofica o antroposofica, come quelle di Krishnamurti e Steiner.

Homeschooling/unschooling e...

Concludo questa parziale descrizione di alcuni aspetti dell'HS, per come ce li restituisce la persona forse oggi più autorevole in Italia, riportando la notizia che «i ragazzi educati a casa negli Stati Uniti sono all'incirca 2 milioni, mentre sono pressoché 70 mila in Inghilterra, 60 mila in Canada, 3 mila in Francia e 2 mila in Spagna, dati relativi al 2012». (15)
L'anno scorso in Italia, il 7 e 8 giugno, si è tenuto a Rimini il secondo incontro nazionale sull'educazione parentale che ha visto la partecipazione di circa centoventi famiglie rispetto alla cinquantina presenti l'anno precedente. (16)
Va detto che le esperienze di homeschooling in Italia, come nel mondo, non sono affatto omogenee, come è facile immaginare. Qui mi sono limitato a riportare considerazioni e informazioni tratte da una fonte sicuramente autorevole, cercando di rintracciare alcuni nodi e questioni che mi sono apparsi costanti in diverse realtà da me conosciute, elementi utili a chiarire diversità profonde con altre esperienze educative diverse dall'homeschooling nonostante lo sfondo di riferimenti culturali e di principi pedagogici analoghi. (17)

Le scuole Montessori

Esistono contesti scolastici, in Italia e nel mondo, dove bambini/e, ragazzi/e, di diversa provenienza sociale e culturale possono vivere insieme in un ambiente favorevole alla loro crescita libera e spontanea. Queste esperienze stanno tornando ad assumere in Italia una certa rilevanza, forse proprio grazie a quanto si discostano, per metodi e pratiche pedagogico educative, dal modello oramai standardizzato e unificato della scuola di Stato.
Le scuole Montessori sono tra queste un esempio. Dopo un lungo oblio tornano ad avere nuova diffusione e a suscitare interesse, come conferma l'apertura di nuove sedi, non solo materne o elementari, che adottano il metodo che porta il nome della pedagogista e filosofa marchigiana. L'interesse per l'impostazione montessoriana è attestato anche da una rinnovata attenzione editoriale (18) il cui intento divulgativo riguarda tanto la figura quanto il pensiero e l'opera di Maria Montessori.
Non è qui il caso di entrare in profondità nel pensiero pedagogico e nella pratica educativa montessoriana. L'intento è piuttosto quello di cogliere che cosa nella proposta delle scuole Montessori possa ancora oggi intercettare in campo educativo un bisogno socio-politico di educazione che non prescinde dalla possibilità di realizzare, per bambini e ragazzi, nelle scuole di Stato o comunque in scuole parificate, esperienze di autoapprendimento improntate a libertà e spontaneità.

Libertà e spontaneità

Come per altre esperienze presentate in questo articolo anche il progetto educativo montessoriano si fonda sul principio della libera attività dei soggetti in crescita. «La libertà degli scolari nelle loro manifestazioni spontanee» è per Maria Montessori il centro di una corretta esperienza educativa, anzi, come lei stessa dichiara, di un'esperienza sostanzialmente autoeducativa. (19)
Nei primi decenni del Novecento il “bambino” doveva essere innanzitutto “liberato” dall'oppressiva presenza dell'adulto. Riflettendo su cosa si intende per educazione la Montessori afferma: «La definizione che usualmente si dà è quella che attribuisce all'educazione lo scopo di rendere l'individuo capace di fare da sé la sua strada nella vita. Questo comporta da parte della società uno standard di programmi di istruzione generale: e quindi praticamente la necessità di avere delle classi dove siano individui di uno stesso livello mentale, o per lo meno di uno stesso livello di istruzione, ai quali i professori danno delle cognizioni secondo un programma stabilito ed accettato dalla legge. In questo modo non è la vita dell'individuo che è presa in considerazione, ma il programma da svolgere». [...] «Il fatto che l'istruzione di un gruppo di individui proviene dalle istruzioni date da un altro individuo, richiede la necessità che il gruppo di individui sia seduto passivamente ad ascoltare quello che l'istruttore dice, ed a fare poi un lungo lavoro mentale senza aiuto seguendo le istruzioni ricevute». (20) Purtroppo dobbiamo ammettere che ancora oggi questa descrizione dell'esperienza educativa vale per molti contesti ed è parte di un pensiero comune largamente diffuso nella società che accetta ancora che i “gruppi classe” non possano essere composti da bambini e ragazzi di età differenti e che essi vedano mortificate le loro curiosità, le loro inclinazioni, capacità e attitudini, da un'organizzazione delle attività educative e di apprendimento scandita dalla campanella di inizio e fine orario, dalla logica dell'obbligo e del controllo e dalla “valutazione” come premio/punizione.
A differenza di tale modo di intendere l'esperienza di apprendimento «Tutto il movimento moderno della educazione tende a rimuovere questo stato di cose, per sostituirvi un altro concetto fondamentale, quello che l'educazione debba considerarsi come un “aiuto alla vita” che si sta sviluppando [...], se l'educazione è un aiuto alla vita, non è più il programma il centro dell'educazione, ma lo è la vita psichica. Di qui la conseguenza che il lavoro forzato, necessità inclusa nei programmi, deve essere sostituito dal lavoro spontaneo. Ed al criterio di una classe di ascoltatori, si sostituisce l'altro della considerazione alla singola individualità». (21)

Il bambino osservato

Il presupposto a tutto ciò è che il bambino, ma anche il ragazzo, è un essere completo, capace di concentrazione, di astrazione, di ragionamento, di applicazione spesso nel silenzio, di “metodo” appunto: «Non era meraviglioso il fatto che i bambini imparavano; ma era meraviglioso e stupefacente il modo della loro attività». (22)
Dal presupposto che il bambino è capace spontaneamente di atteggiamenti positivi ed è in grado da sé di sviluppare propria creatività e proprie disposizioni morali, unitamente al principio fondamentale della possibilità del “movimento libero”, consegue che, per l'adulto che accompagna il bambino nella sua personale esperienza di autoeducazione, sono di primaria importanza tanto l'osservazione scientifica del comportamento quanto la conseguente creazione di un ambiente e di oggetti adatti a favorire l'autoapprendimento stesso. L'attenta osservazione scientifica del comportamento del bambino porta alla necessità di costruire ambienti e oggetti che consentano ad esso il libero compiersi di «esercizi di vita pratica» come, in altri casi, di attività adatte ad un naturale sviluppo cognitivo. La scuola quindi si costituisce innanzitutto come ambiente ricco di stimoli che “invita” «il bambino ad agire, a compiere un vero lavoro con un reale scopo pratico da raggiungere» grazie ad azioni che trasformano in istruzione «tutti gli atti della “vita pratica”» e contemporaneamente prestandosi, grazie ad adeguati oggetti utili, ad uno spontaneo «sviluppo graduale dell'intelligenza che conduce alla cultura», favorendo sia il movimento libero del soggetto che “abita” l'ambiente sia la possibilità di “sbagliare” liberamente e di potersi autocorreggere in piena autonomia.
In questo contesto l'adulto interverrà il meno possibile (23). L'adulto «non si mette a fare l'insegnante, ma osserva i bambini, scoprendo che sanno scegliere da soli e che si concentrano su ciò che fanno. Nessuno li sgrida e loro si aiutano spontaneamente; mostrano il piacere di rimettere a posto le cose, adorano le attività pratiche [...] ma anche le esperienze sensoriali e le lettere». Per l'osservazione scientifica di bambini e bambine impegnati nelle loro attività e affinché «i bambini mostrino le loro autentiche capacità occorrono maestri non aggressivi, non giudicanti, capaci di dare fiducia [...] di preparare un ambiente [...] ricco di oggetti significativi, rispondenti alle età e alle abilità progressive dei bambini. [...] adulti che osservano prima di intervenire». (24)

L'ambiente che accoglie

Tornando all'ambiente, il bambino/ragazzo non va a sedersi al proprio posto, si “accomoda”. Per essere liberi/e di muoversi occorre eliminare banchi, cattedra e aula, intesa quest'ultima come spazio chiuso ad un esterno interdetto. Bambini e bambine di tre e quattro anni devono poter spostare piccoli e leggerissimi tavoli e sedie per organizzare a loro necessità il proprio spazio dove agire insieme o da soli/e. Devono poter uscire in uno spazio esterno all'edificio scolastico, magari «un terreno coltivabile», in ogni ora del giorno a loro piacimento. Analoghe possibilità devono avere anche i ragazzi più grandi. Insomma, la scuola non è più intesa per i bambini ma è, in tutto e per tutto, la «casa dei bambini» e dei ragazzi: «Un metodo educativo che abbia per base la libertà deve intervenire per aiutare il bambino a conquistarla e deve avere per mira la liberazione da quei legami che ne limitano le manifestazioni spontanee. A mano a mano che il bambino procederà per questa via, le sue manifestazioni spontanee saranno più limpide di verità, rivelatrici della sua natura. Ecco perché la prima forma di intervento educativo deve avere lo scopo di condurre il bambino sulle vie dell'indipendenza». (25)
Infine, una scuola «cooperativa e non competitiva, che consente lo svolgimento di azioni diversificate all'interno di un gruppo», orientata quindi a «quella “società per coesione” (l'espressione è di Montessori) che, via via più consapevole, contraddistingue le scuole libere». (26)
L'aspetto in ogni caso più rivoluzionario della proposta montessoriana, come ci ricorda Grazia Honegger Fresco che ha avuto la fortuna di essere allieva in uno degli ultimi corsi diretti da Maria Montessori (27), è relativo al cambiamento nella relazione adulto-bambino. Quando si realizza l'incontro tra «ogni bambino o bambina, ogni ragazzo o ragazza, e un nuovo tipo di educatore, prudente negli interventi, allenato a sospendere ogni giudizio e ad accettare con empatia, equilibrio e ottimismo le differenze proprie di ogni individuo» (28) si realizza l'occasione di un'esperienza libera di autoeducazione e di autoapprendimento. «Ovunque, questa modalità educativa che rinunzia ad esprimere giudizi, premi e castighi ma predispone con cura spazi di libertà accuratamente organizzati, produce gli stessi effetti: gli inquieti si calmano, i passivi si risvegliano, rivelano comportamenti sociali inaspettati». (29)

Possibili motivi di un ritorno di interesse

Appaiono con evidenza i possibili motivi di interesse che catturano ancora oggi uno specifico bisogno socio-politico in campo educativo. Innanzitutto la necessità di vedere affiancata all'istituzione familiare una istituzione scolastica, dai piccoli di tre anni sino ai licei, in grado di condividere con la prima (30) un comune progetto educativo capace di promuovere libertà di scelta, autoeducazione e autodisciplina intesi come «processo di autonormalizzazione, di liberazione dei poteri sani da stati di coscienza e di comportamento che ne impediscono l'adattamento attivo» (31), offrendo, a garanzia di questo, anche una necessaria e rigorosa formazione degli insegnanti.
A ciò si aggiunge il riconoscimento che tale progetto educativo è anche progetto di una società rinnovata, nel quale il tema della pace è centrale a fronte della venuta dell'”uomo nuovo”. Nella conferenza del 1932 “La pace e l'educazione” Maria Montessori affermava che «per raggiungere la pace nel mondo, occorrono due cose; prima di tutto, un uomo nuovo, l'uomo migliore; e poi, un ambiente che non abbia più limiti innanzi all'infinito desiderio dell'uomo».
«[...] Per unire fraternamente l'umanità intera, occorrerebbe abbattere tutti gli ostacoli, così che gli uomini di tutta la terra fossero come fanciulli che giocano in un solo vasto giardino. Non sono sufficienti leggi e trattati: ma un mondo nuovo pieno di miracoli. Così come miracoloso apparve il bambino quando ci si avvide che egli cerca il lavoro, l'indipendenza, e possiede tesori di entusiasmo e di amore. Un mondo nuovo per un uomo nuovo, ecco l'imperiosa necessità». (32)

Le scuole Montessori oggi

Come detto le scuole Montessori, paradossalmente molto più diffuse nel resto del mondo che da noi, stanno comunque tornando a diffondersi anche in Italia. Forse la stima di 500 scuole che Luciano Mazzetti, presidente dell'Opera Montessori, ha dichiarato nel Settembre 2010 al giornalista della Repubblica che lo intervistava è probabilmente esagerata (33). Sarebbe addirittura superiore ai dati relativi agli anni Trenta che uno studio del CeSMon (Centro di Studi Montessoriani) dell'Università degli Studi Roma 3 riporta in un'indagine sulla diffusione delle scuole Montessori nel mondo pubblicata nel 2009 (34). Questa ricerca evidenzia che in Italia le scuole Montessori, all'epoca della ricerca, erano, per tipologia, prevalentemente Case dei Bambini (68%) poi scuole elementari (19%) e nidi (13%); mentre, per natura giuridica, prevalentemente statali (47%), poi private (27%), paritarie (14%), comunali (14%) e provinciali (2%). Le regioni in cui risultano maggiormente presenti sono il Lazio, la Lombardia e le Marche. (35)
A differenza dell'Italia nel mondo le scuole Montessori non sono solo rivolte all'infanzia. Oltre le “Case dei Bambini”, gli Asili nido e le scuole primarie, esistono scuole di ordine superiore. Attualmente in Italia sono presenti diverse scuole secondarie di primo grado (Milano, Perugia, Roma, Como, Castellanza (VA) e Bolzano) e pochissime scuole secondarie di secondo grado. L'esperienza più nota e di maggior rilievo, che presenta corsi dall'asilo nido a ben cinque indirizzi liceali (36), è quella del Centro Internazionale Montessori di Perugia fondato nel 1950.

”La scuola del gratuito”

Negli ultimi anni sono stati avviati progetti ed esperienze in ambito educativo, anche in contesti ad orientamento confessionale, che si dichiarano debitori di teorie e pratiche pedagogiche che appartengono al patrimonio del movimento libertario.
Si tratta di proposte che nascono entro realtà più ampie nelle quali l'esperienza scolastica è solo un tassello, sebbene ritenuto assai importante. Spesso fondate su una dottrina di riferimento fortemente caratterizzata, laica o religiosa, risultano essere, anche per questo aspetto, esperienze poco assimilabili ai contesti antiautoritari e libertari cui dichiarano di ispirarsi.
Nonostante ciò riporto alcune informazioni su una di queste proposte, La scuola del gratuito (37), per i seguenti motivi: 1. il desiderio di chiarezza riguardo alla dichiarata prossimità con le esperienze di educazione libertaria e democratica (38); 2. il fatto che tale progetto ambisca alla definizione di una legge quadro che modifichi l'attuale realtà della scuola anche di Stato; 3. il rinnovato interesse che in anni recenti proposte analoghe sembrano suscitare anche in ambienti non confessionali.

L'idea e il progetto

L'idea de La scuola del gratuito si sviluppa da una proposta di don Oreste Benzi, La società del gratuito, avviata a metà anni '90 all'interno dell'Associazione Papa Giovanni XXIII (39). Si tratta del progetto di una società nuova, “alternativa” a quella del profitto, al cui centro resta l'uomo, in relazione ad altri uomini e a Dio: «il progetto di una società diversa basata su meccanismi alternativi al profitto, alla legge di mercato e al consumismo, una società il cui centro siano le relazioni di Gratuità tra gli uomini.» [...] «Il principio che dà forma alla società del gratuito è l'alterocentrismo, contrapposto all'egocentrismo della società del profitto». (40)
Il progetto della Scuola del gratuito nasce quindi in questo solco (41). L'incipit dal Manifesto della Scuola del gratuito riassume così: «La scuola del gratuito nasce all'interno di un dibattito più vasto avviato dalla Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII sulla necessità, oggi, di progettare una società diversa basata su meccanismi alternativi al profitto, alla legge di mercato e al consumismo, una società il cui centro siano le relazioni di Gratuità tra gli uomini. Essa origina dal nostro essere cristiani, convinti che in ogni persona si manifesta l'Immagine e l'Amore di Dio creatore e di suo Figlio Gesù Cristo». (42) Data simile premessa il Manifesto, attraversato da riferimenti alla dottrina della Chiesa cristiana che orienta la vita al realizzarsi di «un nuovo mondo che anticipa il Regno di Dio», chiarisce bene le intenzioni e le proporzioni del progetto educativo.
Ricorrono alcuni temi già visti nell'homeschooling o nel progetto montessoriano, come anche, in termini teorici, presenti in esperienze educative libertarie e democratiche.
Il Manifesto indica prima alcuni principi generali. Li elenco riprendendone il senso dal testo presentato dall'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII:

  1. «Siamo convinti che l'educazione non può che essere Gratuità. Educare significa infatti “sviluppare”, “far emergere” dalla persona quelle doti e quelle potenzialità che aspettano di manifestarsi.» In questa prospettiva ogni 'persona' contiene in sé «un progetto originale e prezioso, unico e irripetibile» che la Scuola del gratuito si propone di far crescere e sviluppare;
  2. Il centro dell'atto educativo è la relazione. «Senza relazione infatti l'educazione decade a semplice informazione [istruzione]: obiettivo della scuola divengono [così] i soli contenuti su cui si sviluppano il successo personale e la competizione, strumenti privilegiati del profitto e causa principale di emarginazione».
  3. «All'interno della relazione educativa la scuola esige dalla persona l'impegno a sviluppare tutte le sue potenzialità come premessa e condizione per un processo di valutazione teso a promuovere l'individuo».

A questi principi fanno seguito altre interessanti definizioni sia di modalità e forme della relazione educativa sia dei soggetti che ne prendono parte.

  1. Gli ultimi: «Gli allievi in situazione di difficoltà costituiscono una risorsa. [...], la classe [...] impara a riflettere sui valori, a pensare ai bisogni di ciascuno, a darsi tempi più idonei a tutti per un sapere più profondo. [...] L'integrazione di questi allievi è pertanto obiettivo irrinunciabile della Scuola del Gratuito».
  2. No alla scuola uguale per tutti: «La Scuola del Gratuito è una scuola che si adegua ai bisogni dell'individuo [...] Non esiste più la scuola uguale per tutti ma ciascuno usufruisce di un percorso proprio [...] Non esiste una valutazione uguale per tutti [...] Ciascuno ha diritto ad una valutazione rispettosa della propria identità che sia atto educativo di fiducia e di valorizzazione. [... una] valutazione compartecipata tra i membri della comunità di classe e [...] autovalutazione personale. Non esistono ritmi di lavoro e di apprendimento uguali per tutti. A ciascuno viene riconosciuto il ritmo proprio modellato sui bisogni personali».
  3. Non 'insegnare' quanto 'educare': «L'insegnante è vero educatore. [...] coerente maestro di vita, capace di cogliere e valorizzare i doni e le diversità specifiche [...] non esercita il potere sui suoi allievi, lo condivide, ciò gli conferisce autorevolezza senza essere autoritario».
  4. Il gruppo, la classe: «La classe è luogo di esperienza della gratuità. Si sta assieme e si lavora, educatori ed allievi, [...] per la passione dell'educare e del crescere. La classe è vera comunità di ricerca [...] di accoglienza e di cooperazione».
  5. La lezione: «La “lezione” è il momento di ricerca della comunità di classe. [...] di confronto, di comunicazione attiva e partecipata, di laboratorio, al fine di realizzare un apprendimento cooperativo [...] La lezione non obbliga l'allievo ad apprendere ma lo stimola gratuitamente a dare risposte ai suoi bisogni di scoperta e di vita».
  6. Scuola attiva: «Le attività svolte rispondono all'interesse degli allievi che partecipano alla scelta e alla programmazione delle stesse. [...] sono previsti tempi specifici per lo sviluppo dei rapporti personali e della vita comunitaria».
  7. La famiglia: «La famiglia, ente educativo primario, non è cliente della scuola ma sua stretta collaboratrice nell'educazione. La scuola chiede la partecipazione attiva della famiglia ai progetti educativi e alle scelte metodologiche [...] la famiglia ha diritto di partecipare attivamente al processo di valutazione scolastica dei propri figli».
  8. Consulenti esperti: «[...] strumento importante di relazione e di risoluzione dei nodi educativi, [la] consulenza professionale di esperti nel campo psicopedagogico».
  9. Collaborazione tra educatori: «Gli educatori scolastici [lavorano] in stretta cooperazione [con] spirito di accoglienza e stima reciproca. [...]progettano e verificano [...] strategie educative relative ad ogni allievo [...] disposti a svolgere un lavoro comune di revisione delle cause e delle conseguenze dei propri metodi e comportamenti».
Nell'insieme i punti proposti presentano alcuni temi ricorrenti quali il riconoscimento di ogni singolarità e dei suoi bisogni; la cooperazione e la condivisione delle scelte; la consapevolezza che l'apprendimento non si risolve nell'istruzione, ancor meno nella semplice acquisizione di contenuti preordinati; l'importanza, nell'apprendimento, dell'aspetto metacognitivo; il privilegio di un apprendimento attivo, di una scuola del fare; la cura e l'attenzione all'altro da sé nel privilegio di forme di relazione dialogica improntate al reciproco ascolto; il riconoscimento della differenza come valore; il rifiuto di forme di valutazione giudicanti a favore di processi partecipati di osservazione e di auto osservazione della propria esperienza.



Osimo (Ancona) – La forza di Serendipità.
Un costante lavoro di incontri con i genitori
Pedagogia del gratuito

I singoli punti proposti trovano anche un'ulteriore articolazione in un altro documento su Approfondimenti e indicazioni del manifesto della scuola del gratuito (43) pubblicato sul blog della Pedagogia del gratuito. In verità tale documento ribadisce quanto già espresso nel Manifesto. È interessante però rilevare come il testo abbandoni gli espliciti riferimenti alla dottrina religiosa cui appartiene il progetto per offrirsi in una forma e in un linguaggio propri dei contesti scolastici.
Da questo testo emerge rafforzata l'idea di come la Scuola del gratuito intenda la relazione educativa tra adulto e giovane in crescita, e di come alcune 'scelte' pedagogiche e didattiche siano indispensabili per la sua corretta realizzazione al fine di dare vita ad una più felice esperienza educativa anche nelle scuole statali.
Alcune di queste “scelte” meritano di essere riportate:

  • abolizione dei voti: l'eliminazione dei voti a vantaggio di una “valutazione partecipata” è necessaria al realizzarsi di un'esperienza di autoapprendimento non-competitiva e di una relazione educativa bambino/ragazzo/adulto fondata sulla “gratuità” anziché su premi e punizioni;
  • l'alunno è il programma: la costruzione condivisa di attività vicine alle personali inclinazioni e motivazioni di bambini e ragazzi è indispensabile per una reale valorizzazione degli interessi di studio e di approfondimento di ognuno e per il rafforzarsi di consapevolezza e autonomia. «C'è quindi una programmazione per obiettivi generali e un programma che viene costruito continuamente con gli allievi e per gli allievi, costruito e scelto insieme con un patto formativo ed educativo»;
  • tempi e modi di ciascuno/a: rispetto delle differenze e delle diversità vuole innanzitutto dire rispetto dei differenti modi e tempi di apprendere in un contesto che al tempo stesso è vissuto con spirito cooperativo di appartenenza al gruppo, alla comunità. «Dare tempi adeguati a ciascuno per le prove di verifica: ognuno deve essere messo in grado di dimostrare quello che è capace di fare»;
  • regole condivise: per vivere un'esperienza realmente partecipata occorre che «tutte le decisioni e le regole dovranno essere condivise e partecipate, mai imposte da parte dell'insegnante»;
  • comunità di pratica e di ricerca: l'apprendimento nasce dai problemi che bambini e ragazzi portano e si pongono. Da questo presupposto discende che la “lezione” è «un momento di scoperta e di ricerca e una risposta alle curiosità e ai bisogni degli alunni» vissuta spesso fuori dall'aula. «La lezione non sarà stabilita a priori ma diventerà il momento in cui l'insegnante armonizzerà le richieste e le curiosità degli alunni con gli aspetti irrinunciabili del programma»;
  • famiglia e scuola: il progetto della Scuola del gratuito comporta un coinvolgimento attivo delle famiglie tanto nella definizione del “progetto didattico-educativo” quanto nella partecipazione «al processo di valutazione dei ragazzi [...] attraverso incontri regolari tra insegnanti e genitori».
È la stessa Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII a mostrare apertamente quanto l'intento del progetto sia quello di promuovere «una legge quadro sulla scuola che riguardi tutti i cicli scolastici, imperniata sulla centralità della persona e sulla Gratuità dell'educazione» (44). In effetti le Proposte di linee operative presentate arrivano a toccare temi quali l'articolazione dei programmi; crediti, certificazioni e diplomi; la dimensione dei contesti scolastici; il numero di alunni per classe; la riorganizzazione degli Organi Collegiali; il rapporto con le famiglie e con gli “esperti” esterni; la formazione e l'aggiornamento degli insegnanti; la revisione del sistema di determinazione degli organici. Tutte questioni molto specifiche e soprattutto molto “scolastiche” dove appare evidente lo sforzo di mediazione di un approccio “democratico” entro un impianto ancora istituzionale.
Il linguaggio di questi testi tradisce ancora una visione adultocentrica “democraticamente” convinta che la presenza dell'adulto sia indispensabile al bambino o al giovane. Questi, proprio in quanto minore, deve ancora scoprire quale sia il dono in sé ricevuto e come farlo fruttare per offrirlo al mondo. Proprio per questo l'assenza di una guida da parte dell'adulto pregiudicherebbe, nella giovane vita in crescita, la possibilità di “formarsi”, anche “spiritualmente”, quale “uomo nuovo”, pilastro della prossima Società del gratuito. Un uomo nuovo capace «di passare dall'io al noi, di esprimere la propria originalità» ma capace anche «di camminare insieme, [di partecipare al] vivere comunitario e sociale.» L'obiettivo dichiarato diviene allora «educarli [bambini e adolescenti] come nuovi cittadini alla Società del gratuito e [...] non farli prostrare alla società del profitto» [...] «C'è un bene comune nel quale la persona è inserita. Un corpo sociale che significa questo camminare come popolo. E per questo camminare come popolo la scuola è un luogo determinante importantissimo». (45)
Da tutto ciò si coglie anche il fatto che una comunità educante a orientamento confessionale legittimamente attribuisce all'educazione e all'insegnamento funzioni specifiche a partire dalla dottrina da cui prende le mosse e rimane, in relazione a tale fonte, in un rapporto di riconoscimento di un principio di autorità non discutibile, anche laddove tale comunità dichiarasse di non voler svolgere alcuna funzione dottrinale.
Per quanto riguarda il convegno, La scuola del gratuito. Pedagogia della gratuità per una società più felice, tenutosi il 5 e il 6 ottobre del 2013 a Valdragone (Repubblica di San Marino) è interessante ascoltare gli interventi facilmente reperibili nel web (46): dall'introduzione di Giovanni Paolo Ramonda all'intervento di Ferdinando Ciani su “La pedagogia della Scuola del Gratuito: gli elementi caratterizzanti e le sue esperienze”; dalla relazione di Irene Stella su “L'esperienza delle scuole libertarie: gli studenti come protagonisti” all'intervento di Riziero Zucchi sul ruolo della famiglia “Pedagogia dei Genitori e Pedagogia del Gratuito: dare voce alle famiglie nella scuola”, per arrivare anche al dibattito conclusivo del primo giorno dove gli stessi Irene Stella e Riziero Zucchi polemizzano sulla possibilità reale, per i bambini che frequentano scuole democratiche e libertarie in Europa e nel mondo, che siano gli stessi bambini/ragazzi a decidere se un adulto che si propone loro come “insegnante” educatore sia davvero la persona più adatta ad accompagnarli nella loro esperienza di autoapprendimento. (47)

Che cos'è l'educazione libertaria

Sul sito della Rete per l'Educazione libertaria è possibile leggere e scaricare la proposta di un Manifesto per l'Educazione Libertaria (48) che potrà modificarsi nel tempo e che, per ora, fissa alcuni aspetti che accomunano alcune esperienze autoeducative libertarie nate in Italia. In questo documento si trova descritto cosa si possa intendere per educazione libertaria: «L'educazione libertaria è un insieme di principi ed esperienze unite ad una pratica organizzativa di tipo democratico che riconosce ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze la capacità di decidere individualmente e in gruppo come, quando, che cosa, dove e con chi imparare e la capacità di condividere in modo paritario le scelte che riguardano i loro ambiti organizzativi. L'educazione libertaria fonda la relazione educativa adulto-bambino sul riconoscimento di tali capacità quali mezzi per lo sviluppo dell'autonomia e della libertà di scelta dei bambini. Il contesto da noi privilegiato per la messa in opera di principi e pratiche democratiche così intesi è la scuola.»
Questa possibile definizione indica già alcuni aspetti irrinunciabili:

  • principi ed esperienze sono strettamente collegate ad «una pratica organizzativa di tipo democratico» nella forma della democrazia diretta. Ciò consente ad ogni soggetto di partecipare concretamente alle scelte che riguardano gli «ambiti organizzativi» trovando riconosciuta nel collettivo la propria singolarità individuale;
  • ogni soggetto che prende parte al contesto educativo libertario viene considerato in grado di decidere, in piena autonomia, forme, tempi e modi della propria esperienza di autoapprendimento, sia da solo che insieme ad altri/e;
  • il contesto privilegiato si dice “scuola” e non istituzione scolastica, quindi di fatto esterna a qualsiasi istituzione formale riconosciuta che opera compiti educativi (Famiglia, Scuola e Chiesa).
Il primo aspetto, ossia l'unione indissolubile di principi e organizzazione è centrale. Il realizzarsi di relazioni paritarie, di scelte libere e autonome, di condivisione di regole e di attivazione di pratiche autoeducative non si dà se non grazie ad una forma di vita organizzata, anch'essa condivisa e partecipata, che ne consenta la realizzazione. Nelle esperienze educative libertarie non contano più di tanto i principi astratti quanto la loro concreta esperibilità.
Se il primo punto è ciò che rende possibile sul piano concreto le esperienze di educazione libertaria, il secondo aspetto è quello che di fatto gli attribuisce senso. Non è assolutamente possibile costruire contesti educativi libertari se non si parte dal riconoscimento che ogni essere è in grado da sé di decidere cosa per se stesso ha valore ed interesse. Questo riconoscimento vale per qualsiasi età, genere, cultura, aspetto, carattere, abilità, ecc...
Da questo presupposto discende il fatto che l'esperienza autoeducativa in ambito libertario si fonda sul riconoscimento di ogni singolarità al punto tale da darsi una forma organizzata che consenta ad ognuno e ognuna di autodeterminarsi e di partecipare liberamente alla forma più ampia dell'essere collettivo, dell'essere comunità. Tutto ciò con uno sforzo non da poco in quanto tale forma non si fissa una volta per tutte ma si trasforma e diviene costantemente entro la quotidiana esperienza.

Scuole libertarie e scuole progressiste

Nel merito delle recenti esperienze di educazione libertaria in Italia un'altra considerazione, riguardo a quanto sin qui scritto, può ricevere luce dalle riflessioni di Alexander Neill a proposito del fiorire di scuole dall'aspetto umanitario, innovative e con dichiararti riferimenti al libertarismo, nella Gran Bretagna dei primi anni Venti del secolo scorso. Quel notevole proliferare di scuole non può essere paragonato al più modesto diversificarsi delle esperienze pedagogico educative attualmente in atto in Italia. In ogni caso le riflessioni di Neill appaiono pertinenti al nostro tema e, per certi versi, attuali.
Francesco Codello, nel suo libro La buona educazione, ripercorre il pensiero di Neill in questo modo: «Queste scuole sottolineavano particolarmente il loro aspetto umanitario, la loro filosofia umanistica, ma non si possono considerare fino in fondo e consapevolmente libertarie, anche se avevano tratti di libertarismo. Alexander Neill, in un articolo del 1920, critica queste esperienze proprio nel loro equivoco e nella loro non sufficiente libertà, sostenendo che, in realtà, esse concedono ai ragazzi solo spazi limitati di questa libertà, mascherando di fatto tratti di forme più sottili di autoritarismo, imposta nonostante l'etichetta di scuole progressiste. [... In esse] il bambino, sempre secondo Neill, può esprimere il suo essere in modo limitato e comunque dentro certi schemi precostituiti. Insomma scuole nelle quali ancora troppo forte era l'autorità degli adulti e l'ispirazione filosofica di questi».
Prosegue Codello: «Queste scuole e questi educatori mescolano istanze libertarie, teosofia, pedagogia montessoriana, creando nuove strade, nuove metodologie, nuovi sentimenti e nuove suggestioni, per fondare comunque un mondo nuovo e diverso attraverso l'educazione. Sarà soprattutto Alexander Neill e la sua esperienza di “Summerhill” che segneranno in modo evidente e chiaro le differenze tra un'educazione autenticamente libertaria e una invece genericamente progressista. Neill rigetta non solo la teosofia e il misticismo che l'accompagna, ma anche nei confronti del metodo montessoriano sottolinea la sua diversità, imputando alla Montessori un'impostazione troppo rigida e preordinata che produce solo una libertà comunque vigilata e controllata dall'adulto. La differenza, potremmo dire, sta nell'impostazione di Neill tra l'educazione ad essere e quella progressista come educazione al dover essere. In altre parole la prima è un'educazione che prescinde da un'idea di uomo a priori e si preoccupa della libertà rispetto all'altra che, preoccupandosi invece del dover essere, non fa che trasmettere e imporre un'idea precisa e pre-definita di uomo, occupandosi di formare un uomo nuovo». (49) Rispetto alla seconda impostazione educativa descritta da Codello si potrebbe anche invertire i termini e sostenere che l'educatore o il contesto educativo che si pre-occupa di formare un uomo nuovo, finisce per trasmettere e imporre un'idea precisa e pre-definita di uomo e con ciò a privilegiare il dover-essere rispetto all'essere.

Esperienze non formative bensì politiche

Il brano forse un po' lungo ci serve a chiarire un punto che ritengo importante. Le esperienze di autoeducazione libertaria, comprese quelle attualmente presenti in Italia, prescindono da un intento “formativo”, non puntano alla “formazione” o, quantomeno, non appartengono a quello spirito educativo informato da un'idea precostituita di uomo o di “essere nuovo” cui tendere. Per quanto i soggetti che danno vita a tali esperienze tra bambini, adolescenti e adulti, assumano o si riconoscano in posizioni apertamente critiche e spesso divergenti nei confronti di modelli culturali, economici e sociali dominanti, in genere non sentono il bisogno di articolare una “programma educativo” che disegni, nel contesto che loro stessi autonomamente conducono e costruiscono giorno per giorno, l'obiettivo astratto di un “essere” da formare, anche se vagamente definito, quale compito assegnato alla comunità autoeducante. In queste esperienze non si avverte la necessità di costruire, seppur in forma condivisa, un “modello” di uomo e/o di vita da raggiungere, un punto di arrivo cui l'esperienza autoeducativa debba tendere, nemmeno in termini di generalità o di universalità, figuriamoci di dottrina. Semmai si tratta di lasciare la possibilità a cisacuno/a di esprimere liberamente ciò che al presente è per vivere il comporsi, nella relazione, di un'esperienza di autoeducazione che non si sa dove condurrà.
Seppur attraversate da spirito divergente e deviante le esperienze di educazione libertaria sembrano non fare di tale antagonismo l'espressione principale e il tema centrale del loro stesso esistere. Detto più semplicemente, non sono “progressiste”. Altrimenti detto si rifiutano sia di anticipare la relazione tra chi “abita” il contesto autoeducativo con un obiettivo educativo predefinito, sia di trasformare a posteriori ogni evenienza della relazione in norma generale che, in termini di principio, possa essere estesa ad altre relazioni, ad altri “incontri”, ad altri contesti. Semmai si tratta di privilegiare incidentalità e incontro, fallibilità e reciproco riconoscimento, e, soprattutto, «un'etica che non si basi su un formalismo astratto e universalistico, [... semmai] un'etica contestuale, libera da ipoteche fondazionali e aperta alla provocazione delle emergenze singolari e delle molteplici alterità, umane e nonumane» (50) lasciando al futuro e all'aperto quel che è loro più proprio: l'ignoto.
È così che più le forme di vita, di azione e di pensiero che si compongono nel contesto autorganizzato risultano divergenti da modelli precostituiti o anche semplicemente previsti, meno, coloro che le vivono, sentono la necessità di trasformarle erga omnes in norme valide per ogni contesto, in principi validi per ogni “essere”, in una sorta di “istituzione”. La condizione è perennemente istituente, i soggetti della relazione sono costantemente in tensione all'interno di un processo di individuazione mai definitivamente risolto, neanche in termini teorici.
È quindi certo che non si tratti di «educare al dover essere». Forse nemmeno di «educare ad essere»; a meno di considerare il divenire una “dimensione dell'essere”, per altro non soltanto umano. Forse non si tratta propriamente nemmeno di “educare” quanto di “abitare”, di uno “stare tra” che sia null'altro che un diveniressere in relazione a mondi, a contesti collettivi o ambienti preindividuali di volta in volta differenti e di cui si è “parte” nel riconoscimento reciproco, negandosi qualsiasi forma di dominazione. In questo senso tali vissuti credo possano dirsi, più che formativi, pienamente “politici”.
Francesco Codello ha trovato un'espressione a mio giudizio assai felice laddove, riportando i pensieri di Alexander Neill negli ultimi anni della sua vita, afferma: «L'educazione di “Summerhill” è una scommessa sulle emozioni, sui sentimenti, sulla libertà che educa, è più che una speranza per un futuro migliore». (51) Sì, una scommessa vissuta quotidianamente che vale più di una speranza per un futuro migliore. È in questo senso che le esperienze di educazione libertaria non sono 'progressiste'. Come a dire che il presente, il qui e ora dell'esperienza educativa libertaria, è forma di vita continuamente rinnovata a partire da ciò che profondamente ci attraversa: sentimenti, emozioni, affettività, scoperta, mistero, rischio, sofferenza, appartenenza, apprendimento, piacere, distacco, domanda, prossimità, amicizia, inimicizia, incomprensione, complicità, distanza... in una parola, autoeducazione liberamente vissuta con altri/e disposti a rischiare insieme la propria felicità.

Libertà, autonomia e organizzazione

L'altro punto, già accennato in precedenza, riguarda la relazione particolare che, in assenza di un “progetto di uomo nuovo”, si viene ad instaurare tra esperienza e libertà. Su questo aspetto riporto il giudizio espresso da Michael P. Smith nel suo Educare per la libertà se non altro per la sua estrema chiarezza: «Una delle difficoltà che si incontra nel parlare  di un'educazione libertaria e liberatoria è che oggi praticamente tutti gli insegnanti pensano di essere impegnati in un'educazione che è, in qualche modo, “libera”. Con questo intendono un regime educativo che non eserciti una pressione troppo forte sugli alunni [...], che consenta agli alunni qualche possibilità di scelta e di iniziativa [...], e che vagamente è volto allo sviluppo di ciò che è latente e potenziale nell'alunno. [...] La parola libero, in questo senso, non è che una versione debole dei concetti pedagogici ottocenteschi di crescita e sviluppo [...]. Questo non è affatto ciò che i libertari intendono quando parlano di educazione libera. Essi, prima di tutto, hanno una coscienza più precisa di ciò da cui gli alunni devono essere liberati. [...] In secondo luogo intendono la parola libertà in modo più complesso. In senso lato vogliono che i bambini crescano come persone dotate di una certa indipendenza, con la capacità di scegliersi i propri valori, di impegnarsi effettivamente per i valori che hanno scelto, e anche di rifiutare i valori che non condividono. Un'espressione che descrive adeguatamente questo stato di indipendenza morale è “la proprietà di sé” di Max Stirner [...]. In terzo luogo pensano che crescere in un modo libero non può essere un processo passivo. Non è sufficiente trattare meglio i bambini, in modo più liberale e umano». (52)
Il brano chiarisce bene un altro punto importante, o meglio intreccia in modo da rendere tra loro inestricabili libertà, autonomia e organizzazione. Il nodo di cosa sia la libertà nell'esperienza autoeducativa si rafforza nella consapevolezza che vi è libertà se vi è possibilità di autonomia e vi è possibilità di autonomia se alla relazione che costruiamo insieme si dà una forma organizzata che la consente. Si è liberi nel momento in cui si appartiene insieme ad un'esperienza che, al presente, consente a ciascuno e ciascuna, che sia infante, adolescente o adulto, di crescere e vivere in uno stato di indipendenza morale, con la capacità di scegliere i propri valori, di impegnarsi effettivamente per i valori scelti, e anche di rifiutare i valori non condivisi. È per questo che le esperienze di educazione libertaria, anche in Italia, si costituiscono al di fuori di qualsiasi istituzione formale, che sia la Famiglia, la Scuola o la Chiesa, istituzioni che appartengono al mondo adulto, innegabilmente nate e istituite proprio al fine, nel bene o nel male, di offrire e garantire, dal bambino all'umanità, un indirizzo morale ovviamente ritenuto giusto e corretto. Il riferimento di Smith a Max Stirner in questo senso è pertinente. (53)
Nel contempo è proprio l'intreccio di libertà, autonomia e organizzazione che rende indispensabile la costruzione di contesti educativi in un campo aperto tanto al possibile quanto all'imprevisto, all'organizzato quanto all'impensato, che impediscano, o quanto meno riducano al minimo, qualsiasi forma di dominazione a partire da quella dell'adulto e delle sue istituzioni su bambini e ragazzi.

Caratteristiche comuni dei contesti educativi libertari

Anche nelle esperienze educative libertarie nate in Italia in questi ultimi anni non è tanto il principio astratto della libertà ad essere al centro quanto piuttosto la necessità e l'intimo bisogno di dare vita a pratiche di relazione libere da qualsiasi forma di autorità imposta, da qualsiasi forma di dominazione. Da questo punto di visto persino termini come “educazione” e “pedagogia” risultano in effetti controversi (54), laddove parole come “libertà”, “autonomia” e “organizzazione” risultano più significative.
Nel contesto libertario ciò che è in gioco sono proprio le forme della relazione educativa, il loro corrispondere alla centralità delle esperienze di autoapprendimento il più possibile libere da forme di dominazione, quindi anche, se non soprattutto, liberate dall'imperio delle “necessità” dell'insegnamento proposto dall'adulto.
Di fatto è proprio dal punto di vista dell'organizzazione che, pur nelle differenze che contraddistinguono ogni singola esperienza, sono di fatto rintracciabili caratteristiche comuni che segnano il punto di questo spostamento dall'insegnamento all'autoapprendimento. Queste “caratteristiche fondative” comuni che mirano a garantire questo spostamento sono così riassunte da Francesco Codello (55):

- democrazia diretta nella formulazione delle decisioni riguardanti la vita scolastica
- partecipazione facoltativa alle lezioni
- apertura totale al contesto ambientale come presupposto indispensabile per l'apprendimento attivo e partecipe
- relazione egualitaria tra adulti e bambini/e, ragazzi/e
- valutazione condivisa e non selettiva del percorso di apprendimento
- molteplicità e varietà dei curricula
- gestione non violenta e partecipata dei conflitti
- molteplicità metodologica
- non confessionalità religiosa e/o ideologica
- ruolo di facilitatore dell'insegnante

Ciascuno di questi punti concorre quindi a costruire un contesto che rende ragione di un principio libertario. Soprattutto però, e questo è sicuramente più importante, le caratteristiche fondative qui indicate consentono concretamente il realizzarsi di esperienze di autoapprendimento, per quanti vi si trovano coinvolti, autenticamente libere, autonome e consapevoli.

Alcune esperienze: Kether, I Saltafossi, Mareggen...

Al fine di rendere ragione con degli esempi concreti quali siano particolarità e caratteri delle esperienze di educazione libertaria presenti oggi in Italia riportiamo brevi informazioni tratte dalle stesse presentazioni di alcune di queste realtà.
Kether è la più longeva esperienza di educazione libertaria presente in Italia in quanto «diretta espressione e radicale rielaborazione di Kiskanu, realtà scolastica libertaria che ha operato per sette anni (2004-2011) nel territorio di Verona e che attualmente non esiste più. [...] Kether - piccola scuola libertaria, [...] quotidianamente, dal 2012, sviluppa il suo percorso educativo incidentale sulle colline di Avesa-Verona».
«La Piccola Scuola Libertaria “kether”, nasce a Verona da un gruppo di ragazze/i che vive percorsi di crescita differenziati, volti, al raggiungimento dell'autonomia di studio [...] e, alla [...] creazione di un ambiente sociale spontaneo basato sull'incontro e la valorizzazione naturale delle differenze. [...]
Il cammino di studi viene svolto in ambiente di pluriclasse [...] Gli strumenti didattici [...] sono spuri e molto spesso prodotti direttamente [...]. L'educazione [...] è [...] incidentale, non direttiva, informale/a-formale, auto-gestita, consapevole, autonoma e soprattutto non adultocentrica. [...] “organismo partecipato in costante divenire”, è l'assemblea espressa in ritmi non vincolanti, [...] ogni partecipante l'assemblea ha diritto di voto indipendentemente dall'età, dal “ruolo”, dalla “condizione” naturale, sociale ecc.
Bambine/i, ragazze/i, sono liberi di decidere dell'assunzione, del mantenimento e del licenziamento di accompagnatrici/ori come pure della frequentazione o meno delle stesse/i, delle loro materie proposte [...]. Il piano di studi annuale e d'intero percorso viene deciso assieme ai singoli interessati e costantemente dibattuto ed elaborato. L'eventuale assenza nella frequentazione di una materia viene auto-gestita o su richiesta, accompagnata ad un fine [...] Nella piccola scuola libertaria kether è presente la figura di accompagnatrice/ore di riferimento, scelto da ogni singola bambina/o, ragazza/o [...] non ha funzioni di “maestro”, “professore”, “tutore” e così via [...] La piccola scuola libertaria kether, mette dunque a disposizione cicli di supporto allo studio incentrati sull'interesse e l'autonomia all'auto-apprendimento per una scuola realmente organizzata giorno dopo giorno da bambine/i, ragazze/i, dunque da chi sceglie di puntare sulle proprie motivazioni di crescita [...]. Le bambine/i e le ragazze/i che costruiscono il loro equilibrio-kether di conoscenza, lo fanno sulla base di continue, precise/insondabili, libere scelte». (56)
L'esperienza de I Saltafossi nasce sulle colline intorno a Bologna, a Cadriano, a partire dalle esperienze che in campo educativo da più anni l'Associazione Culturale Merzbau (57) va sperimentando.
Il progetto è attivo per bambini/e e ragazzi/e dai 3 ai 14 anni. Attualmente partecipano al progetto 30 bambini dai 3 ai 12 anni e 5 educatrici/accompagnatrici.
Si tratta di «[...] un progetto educativo ispirato alle pratiche dell'educazione non autoritaria, libertaria e democratica [...] Finalità di questo progetto è sperimentare un modello educativo dinamico che favorisca espressioni e relazioni che si affinano nei bisogni e nelle potenzialità di ogni persona. [...] Riceve ispirazione e impulso dalle esperienze di educazione democratica (democratic education) vive e attive in varie parti del mondo (http://www.eudec.org/home/).»
Dal documento (58) presentato dall'Associazione sono tratte le seguenti specificazioni:

Paradigma pedagogico

  • un contesto educativo basato sulle pratiche dell'educazione libertaria è congeniale ai bisogni dei bambini/e;
  • la scuola è una bottega-laboratorio permanente, che i bambini possono abitare, [...] in cui la relazione fra le persone grandi e piccole è basata sull'ascolto e il rispetto reciproci;
  • la scuola è una fucina dove è possibile sviluppare punti di vista che offrano prospettive e soluzioni molteplici [...];
  • la relazione è al centro del processo educativo;
  • il ruolo dell'adulto è di educatore e accompagnatore ma anche di testimone, coordinatore e ricercatore;
  • la scuola è una piazza aperta e realtà laica aperta a tutti, [...] luogo del sapere condiviso;
  • le famiglie sono attivamente partecipi.
Pratica educativa
  • determinante apporto delle esperienze incidentali nell'apprendimento;
  • lo strumento dell'assemblea per ricercare percorsi, regole e scelte condivise tra adulti e bambini;
  • laboratori e progetti senza suddivisioni per classi e età;
  • flessibile negli orari e nella partecipazione;
  • no ai voti, costruzione di un curriculum individuale;
  • approccio sistemico alle conoscenze.
Mareggen, officina del crescere (59) è una realtà di educazione libertaria che si trova sulle colline alle spalle di Genova dove è stato ristrutturato un rudere «nella frazione Mareggia di Davagna [...] da sempre chiamato dai paesani “Mareggen”». Al suo interno è stata realizzata una “scuola” che gode anche dello spazio naturale esterno. «Il desiderio di mantenere un legame con la realtà territoriale e con la tradizione del posto, ci ha spinti a mantenere il nome Mareggen. Officina del crescere vuole dare l'immagine della scuola come realtà di sperimentazione ed in continuo divenire. La nostra Associazione ritiene [...] fondamentale il benessere e la felicità del bambino [... e] aderisce alla Rete di Educazione Libertaria italiana (REL) e all'European Democratic Education Community (EUDEC) [...]».
A nostro avviso, un'offerta educativa seria deve considerare con attenzione sia il ruolo delle insegnanti, sia l'ambiente di apprendimento, sia il ruolo degli allievi.

Il ruolo delle insegnanti
Il ruolo delle “insegnanti” non è quello di trasmettere nozioni [...] ma quello di accompagnarlo [il bambino n.d.r.] in un percorso di crescita comune. [...]
Il primo aspetto rilevante, pertanto, è il fatto che l'adulto assuma il ruolo di regista preparando un “ambiente educativo” adatto ai piccoli. [...] Il bambino dal momento in cui entra, fino al momento dell'uscita, ha la possibilità di scegliere ciò in cui desidera adoperarsi autonomamente o richiedendo l'aiuto dell'adulto [...] La cura dell'ambiente si declina nella scelta del materiale da offrire [...] sulla base delle proprie conoscenze pedagogiche e dell'osservazione costante dei bambini.
Il secondo aspetto fondamentale è l'autoeducazione, ossia la capacità di interrogarsi sulla bontà del proprio operato educativo, individualmente e in equipe. [...]
Il terzo aspetto è inerente alla pratica educativa quotidiana fatta di gioia e passione nella vita con i bambini, di capacità di giocare, di essere servizievoli [...] di presentare adeguatamente i materiali che hanno a disposizione, di comprendere quando intervenire e quando ritirarsi, di lasciare spazio all'autonomia del bambino, di saper ricercare e sperimentare insieme, di avere calma e pazienza [...].

L'ambiente educativo
L'ambiente ha stimoli sensoriali, psicomotori, grafico-pittorico-plastici, matematici, linguistici, botanici, musicali, geografici, e così via, tutto a portata del bambino. L'adulto a volte ne è il tramite, mostrando l'uso di ogni cosa, a volte lascia la libera sperimentazione permettendo l'elaborazione di ipotesi e soluzioni e di nuovi usi del materiale stesso. Grande importanza viene data alle attività manuali e creative [... che] nascono da una proposta che viene fatta dall'adulto e che può essere accettata o meno dal bambino. Il piccolo sceglie in modo indipendente ciò che desidera fare. Si sviluppa in questo modo non solo un'autonomia motoria legata alla grande libertà di movimento spazio-temporale, ma anche di pensiero.
[...] L'ambiente per essere vivo [...] si modifica: nascono nuovi strumenti, nuove attività, a volte anche imprevedibili perché imprevedibile è l'interesse che nasce in ogni momento dall'incontro. I bambini chiedono di costruire ciò che l'adulto non aveva previsto, [...]. Chi accompagna si fa umile osservatore [...]. Quotidianamente usciamo, accudiamo gli animali portandogli cibo, seminiamo l'orto, raccogliamo la verdura e la frutta e passeggiamo nel bosco. Pattiniamo, andiamo in bicicletta, ci arrampichiamo sugli alberi. La natura è lo spazio vitale dell'essere umano, ci ricarica e ci dà quel senso di appartenenza che nessuna parola è in grado di fornirci [...].

Il bambino
Concepiamo un bambino libero, autonomo, capace di scegliere, gioioso quando apprende e si impegna, un bambino che assorbe tutto quanto vive nell'ambiente, che forma nella quotidianità la propria personalità, sensibile agli atteggiamenti, pensieri ed emozioni di chi lo circonda. [...]
Pensiamo che ogni persona si realizzi attraverso [...] una sua propria strada che se non percorsa può portare all'infelicità. [...] Vi sono intelligenze multiple e ognuno di noi conosce e struttura il mondo circostante attraverso una specifica intelligenza che fa da filtro per le svariate esperienze [...]. L'insegnante ha il compito di capire quale intelligenza caratterizza ogni singolo studente [...]; in questo modo [...] intende consentirgli un apprendimento gioioso per la formazione sana della sua specifica personalità.

Serendipità

Oltre alle esperienze sin qui citate vi sono altri contesti che stanno nascendo o che si sono formati di recente.
Ad Osimo (AN) ha preso avvio una scuola dell'infanzia libertaria e montessoriana, che si chiama Serendipità. Emily e Veronica hanno dato avvio al progetto di «una scuola che permetta agli individui di esprimersi liberamente, di essere ciò che sono, nel tentativo di preservare il più a lungo possibile la loro unicità e irrepetibilità. Tutte le attività didattiche partono da questo principio, che non siamo noi adulti a dover plasmare i bambini, a modificarli per quello che dovrebbero essere, ma aiutarli ad essere quello che loro sono. Compito delle educatrici e degli educatori diventa quello di accompagnare i bambini nella loro crescita, nella maniera meno interventista possibile. [...] Rifiutiamo l'etichetta di insegnanti perché vi è una bella differenza tra l'insegnare e l'apprendere e un apprendimento può dirsi tanto più significativo se parte da una libera scelta frutto di una motivazione personale.»
Il progetto coniuga insieme pedagogia montessoriana, libertaria e antiautoritaria perché «questi tre filoni [...] presentano parecchie zone di connessione: fiducia nel potenziale umano, libera scelta, sostegno all'autonomia e all'autogestione, abolizione del modello adulto-centrico, preservazione della curiosità infantile, educazione sensoriale, stretta connessione con la natura, rispetto dei singoli tempi, importanza dell'ambiente, connessione con il contesto circostante».
Il progetto Serendipità ad Osimo non si configura, in negativo, come semplice «opposizione alla scuola pubblica, ma come una possibilità», in positivo, di offrire un'esperienza educativa con caratteristiche specifiche e particolari: [...] vorremmo costruire un laboratorio permanente di socialità, creatività, crescita, educazione emotiva e culturale. Ci proponiamo con il desiderio di riuscire a creare una sinergia con le scuole del territorio, con la consapevolezza che la verità non risiede in nessun modello educativo». (60)

Urupia, educazione libertaria nel Salento

Concludiamo questa rassegna ricordando che proprio lo scorso settembre ha preso avvio un'esperienza educativa libertaria ad Urupia, una comune libertaria nel Salento, dove per altro si è anche svolto il V° Convegno nazionale della REL.
Anche nel testo di presentazione del progetto della comune libertaria Urupia emergono alcune di quelle caratteristiche comuni ai diversi contesti educativi libertari nominate prima.
Secondo le comunarde di Urupia «un'educazione vera e profonda si sviluppa solo come autoeducazione e si realizza necessariamente nel confronto con l'altroil resto da sè [...] il contesto comunitario è un terreno socialmente fertilissimo per mettersi in gioco, [...] per esplorare, conoscere e sperimentare a contatto sia con gli elementi naturali [...] sia con le numerose possibili attività [...] per un apprendimento reale, pratico, che avviene grazie a un fare, [...] un conoscere che arriva [...] dall'esperienza vissuta e non da quella trasmessa. Un apprendimento [...] incidentale che, in quanto tale, avviene secondo i tempi, le necessità, i modi, le specificità e i desideri di ogni singolo individuo, con la sua diretta e consapevole partecipazione.
Una comunità educante, autoeducante, nella quale solo chi vi prende parte - persona grande o piccola che sia - decide cosa e come vuole fare, [...] dove crescere al di là di programmi già confezionati e obiettivi predeterminati. Non ci sono metodi già istituiti [...l'autoapprendimento si compie] in una relazione paritaria, [...], con un deciso superamento dell'idea di un apprendimento fisso a seconda dell'età e, quindi, abbandonando la divisione per classi.
Le cosiddette “materie” verranno apprese in modo organico, creativo, cercando di eliminare la divisione fittizia tra i vari ambiti del sapere [...] non abbiamo ricette, sappiamo solo di voler imparare insieme ad essere accoglienti e aperti, a non avere preclusioni, a non temere l'ignoto e lo sconosciuto, nel tentativo di sviluppare la curiosità, il piacere e l'autonomia personale imparando anche a leggere, scrivere, far di conto... e molto altro ancora.
L'idea è di partire da settembre 2014 con particolare riferimento ai e alle piccole dai tre anni, ma disponibili ad accogliere anche altre fasce di età [...]
Una comunarda [...] si impegnerà come referente costante sia nello sviluppo sia nella pratica di accompagnamento di bambini e bambine, in collaborazione con un'amica di vecchia data di Urupia [...] questo progetto è aperto non solo al territorio, almeno per quel che riguarda la sua caratteristica di laboratorio sociale e intendiamo gestirlo nel pieno rispetto delle necessità e della sensibilità di ognuno. Confidiamo inoltre di riuscire a creare [...] scambi aperti e pubblici: il desiderio è di allargare ulteriormente, e con un balzo di qualità, la rete di relazioni di cui gode la comune.
[...] crediamo che qualsiasi progetto sociale possa svilupparsi e resistere se può contare sulle forze non solo di chi decide di viverlo quotidianamente, ma anche di chi trova un significato in esso, una motivazione a sentirsene parte. [...] la sostenibilità economica di questo progetto è uno dei punti centrali del percorso di costruzione e una sfida aperta è riuscire a svincolare la partecipazione dal contributo economico dei genitori: come riuscirci è tutto da pensare». (61)

Ultime osservazioni personali

«Tra la bolla di sapone e il suo creatore regna una solidarietà che esclude il resto del mondo.[...] Mentre le bolle si dispongono nello spazio, colui che le ha create è autenticamente fuori di sé – vicino ad esse e in esse. [...] il giocatore che vive l'esperienza si precipita nello spazio aperto e trasforma in una sfera animata la zona situata tra occhio e oggetto. [...] Chi rimane fedele a questa giovane vita nel suo esodo fuori dalla camera di bambino? [...] Esiste, dunque, in ogni circostanza, qualcuno di cui i bambini costituiscono l'estasi quando escono planando nello spazio del possibile e continuano la loro opera? [...] Quale essere-fuori-da-sé sarà, allora, tutto ciò che effettivamente è?» Peter Sloterdijk
«Il bambino lavora su di sé soltanto nella misura in cui lavora fuori di sé – e questa è, appunto, la definizione del gioco.» Giorgio Agamben
La rassegna delle esperienze e dei progetti educativi qui presentati, che condividono da un lato la critica al sistema scolastico nazionale dall'altro un'attenzione alla centralità dell'apprendimento di bambini e ragazzi il più possibile libero dai condizionamenti e dalla direttività degli adulti, non ha certo il valore di approfondito studio comparativo.
Quello che spero sia emerso è che, a partire dai due presupposti appena enunciati, forme, intenzioni e pratiche dei diversi progetti ed esperienze esposti presentano differenze sostanziali che, positivamente, permettono di incontrare bisogni che nella società sono effettivamente anche fortemente diversificati se non, sotto certi aspetti, persino confliggenti.
Per non apparire superficialmente equidistante devo dire che è mia personale convinzione riconoscere nell'esperienze educative libertarie una maggiore concreta corrispondenza a forme di “relazione educativa” realmente autoeducative e di autoapprendimento in grado di ridurre quasi a zero, se non di evitare totalmente, direttività e dominazione adulta; cosa che ritengo di primaria importanza.
Probabilmente è così perché in me vive la convinzione che la locuzione “relazione educativa” è di per sé ridondante.
Non si è ancora riflettuto abbastanza su quanto il significato della parola educare, in relazione alle concrete esperienze di autoapprendimento, possa essere diversamente inteso. Aldilà del suo significato etimologico la parola educare può non essere necessariamente intesa nel senso del trarre, condurre, o portare-fuori-da-sé un'interiorità segreta dell'essere. Un'interiorità segreta anche a se stessa, spesso rappresentata come forza naturale, spontanea e sorgiva, non sempre ben definita, che va tutelata e protetta, aiutata a trovare la via di manifestarsi all'esterno, di venire alla luce del mondo per realizzare il proprio progetto spesso inesorabilmente in conflitto con le forme e le regole che hanno storicamente segnato il mondo esterno, giacché il mondo, storicamente inteso, è “concepito” adulto.
Forse educare potrebbe anche essere inteso in altro modo, con altro movimento. L'esperienza educativa, l'autoeducarsi, potrebbe essere esperienza dello sporgersi su un fuori-da-sé che ci trascende. In questo senso non si dà un'età più idonea di altre per l'autoeducazione e l'autoapprendimento, anzi, non c'è più età se non l'intera vita.
Mi chiedo: non è fuorviante pensare l'educare quale esperienza che consente a ciascuno di noi di aiutare/si a condurre fuori l'altrui o la propria interiorità segreta dell'essere? È possibile invece intendere l'autoeducarsi come un continuo portarsi e sporgersi verso il fuori-da-sé, l'osare dirigersi verso un'esteriorità, verso un ignoto che non ci appartiene, al di qua e al di là di qualsiasi atteggiamento proprietario? Forse si tratta allora di qualcosa di ben diverso dalla manifestazione di una interiore verità di noi stessi, se non nella forma di un'affacciarsi vertiginoso verso ciò che costantemente non siamo. Un'esperienza dell'essere-fuori-da-sé che può anche il potere di non compiersi del soggetto. Uno “stare tra”; felice espressione nata in una piacevole conversazione/incontro con Filippo Trasatti in cui andavamo riflettendo insieme agli amici e alle amiche del centro FOA - Boccaccio di Monza (62) su alcuni caratteri dell'esperienze educative libertarie.
Un operare senza opera, davvero un planare nello spazio del possibile e dell'imprevisto che resti un planare che si sporge su un vuoto, su ciò che viene meno. In questo senso un'estasi, di certo un'attrazione. Chissà che la meravigliosa capacità del bambino di concentrarsi nel ripetere lungamente gesti e azioni fin dai primi anni di vita non sia che l'espressione e il fuoco di questa vertigine verso ciò che egli stesso non è ma lo attraversa e lo chiama a sé. Attrazione che crescendo può spaventarci, persino terrorizzarci. Chissà che l'essere adulto altro non sia che l'esito della rimozione di questa vertigine del fuori, il negare e il negarci al potere di questa attrazione. «Quale essere-fuori-da-sé sarà, allora, tutto ciò che effettivamente è?»

Età della vita

Bisognerebbe avere il coraggio di abbandonare il concetto, o meglio l'idea, dell'età evolutiva. Abbracciare invece l'esperienza concreta che ogni età è letteralmente un'età, un tempo che si ha, un tempo di ora. Il che vuole semplicemente dire che ogni età è appunto un tempo che si ha in quel preciso momento e che, nel prendere forma, genera uno spazio che ricapitola ogni tempo e in questo modo possiede una propria legittima consistenza. Il che vuole dire che nella nostra vita a quattro anni non siamo 'minori', come a ottantacinque non siamo 'maggiori'. L'ultima parte di me è la più giovane, come le piante.

Maurizio Giannangeli

Note

  1. Per poter accedere al Network (www.educazioneparentale.org) è necessario iscriversi e attendere che la propria iscrizione venga accettata e approvata. In seguito per poter navigare è necessario fornire una sottoscrizione. Il sito/blog personale (www.controscuola.it), chiaro e ricco di notizie, è invece immediatamente navigabile.
  2. Erika Di Martino, Home Schoooling. L'educazione parentale in Italia, © 2014 Erika Di Martino. Il libro è acquistabile on line.
  3. http://www.controscuola.it/la-scuola-una-prigione/.
  4. http://www.controscuola.it/la-colpa-e-dei-padri/, http://www.controscuola.it/cambiare-i-paradigmi/.
  5. http://www.controscuola.it/il-nostro-unschooling/.
  6. http://www.controscuola.it/homeschooling-unschooling/. Qui trovate una compiuta descrizione delle differenze tra homeschooling e unschooling. In breve, le famiglie che fanno homeschooling in parte riproducono la scuola in casa ponendo attenzione ai programmi, ai curricula ecc.; i genitori che adottano l'unschooling (il cui 'padre' è John Holt, http://www.johnholtgws.com/) lasciano che i propri figli siano liberi di decidere come, dove, quando e sopratutto cosa imparare.
  7. John Bowlby (1907-1990) psicologo e psicoanalista britannico, studiò soprattutto l'importanza del rapporto tra infante e adulto di riferimento (negli anni '30 e '50 quasi esclusivamente la 'madre naturale' entro un contesto di 'famiglia naturale') e le possibili conseguenze sulla personalità, anche in età adulta, di un'eventuale separazione precoce nei primi anni di vita (dal sesto mese sino ai tre anni per l'essere umano) elaborando la 'teoria dell'attaccamento'. L'editore Bollati Boringhieri ha pubblicato in tre volumi Attaccamento e perdita (1999, 2000). Altri lavori sono stati pubblicati dagli editori Cortina e Giunti. Sull'attaccamento parentale: http://www.attachmentparenting.org/principles/intro.php. Dalla teoria dell'attaccamento si è anche sviluppata una teoria del deficit parentale. Per chi fosse interessato: http://parentaldeficit.it/blog/2014/02/22/dalla-teoria-dellattaccamento-alla-teoria-del-deficit-parentale/.
  8. Erika Di Martino, Op. cit., 2014, pag. 16 e pag. 12 (Da pag. 10 i riferimenti a John Bowlby).
  9. Dall'ultima intervista rilascita da John Bowlby nel 1990, anno della sua morte, al prof. Leonardo Tondo (Professore Associato di Psicologia Generale, Dipartimento di Psicologia, Università di Cagliari) http://www.stateofmind.it/2012/06/john-bowlby-intervista/.
  10. Su tali argomenti vi è svariata letteratura, dalle importanti ricerche di Chiara Saraceno (Sociologia della famiglia, 2007/2013, Coppie e famiglie. Non è questione di natura, 2012, ed altri), a più sintetici studi: Anna Laura Zanatta, Le nuove famiglie, Il Mulino (1997/2008). Con altro sguardo, comunque pertinente e molto interessante: Filippo Trasatti, Contro natura. Omosessualità, Chiesa e biopolitiche, 2008 Elèuthera (http://www.eleuthera.it/scheda_libro.php?idaut=127&idlib=232).
  11. Erika Di Martino, Op. cit., 2014, pag. 8 e pag. 15.
  12. Brunella Fiore, Insegnanti e famiglie: una relazione non conflittuale?, pag.218, in Gli insegnanti italiani: come cambia il modo di fare scuola. Terza indagine dell'Istituto IARD sulle condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana, a cura di Alessandro Cavalli, Gianluca Argentin, 2010 Il Mulino – Studi e ricerche 595.
  13. Erika Di Martino, Op. cit., 2014, da pag. 52 a pag. 57 i due capitoli: Chi può fare Educazione Parentale? e È una scelta che va bene per tutti?.
  14. Anna Laura Zanatta, Op. cit., Il Mulino (1997/2008), pagg. 15-18.
  15. I dati sono riportati dal sito http://www.controscuola.it. Controscuola è anche su facebook: https://www.facebook.com/Controscuola.
  16. http://www.sceltaetica.it/s-cool-secondo-incontro-nazionale-sulleducazione-parentale-in-italia/ A questo link potete trovare diversi interventi svolti all'incontro. Oltre a quello di Erika Di Martino su L'importanza della famiglia, sono visibili l'intervento di due genitrici, Luisa Morici e Sybille Kramer, che raccontano le loro esperienze di educazione familiare in Italia; quello di Maurizio Parodi, dirigente scolastico autore di libri critici contro il sistema scolastico attuale (La scuola fa male, Basta compiti! Non è così che si impara, Gli adulti sono bambini andati a male); l'intervento di Jacqueline Pirtle di origine svizzera, vissuta a N.Y. ora a Torino, che si occupa di naturopatia e guarigione spirituale e ha scelto per i propri figli, insieme al marito, l'educazione familiare; infine l'intervento di Andrea Conti, ricercatore indipendente, fisioterapista e studioso dell'alimentazione della specie umana. Tutti gli interventi sono anche su youtube.
  17. A tale proposito invito a navigare nel web. Vi è davvero una messe di informazioni, di blog, di scambi di opinioni e di discussione molto ricca e nutrita. Mi limito a riportare solo alcuni indirizzi: https://istruzionefamiliare.wordpress.com/tag/homeschooling/, http://buntglas.wordpress.com/homeschooling/, http://www.equazioni.org/index.php/homeschooling/, http://miofiglioascuolanoncelomando.blogspot.it/, http://bimbifeliciacasa.blogspot.it/p/home-schooling-la-nostra-esperienza.html,
  18. Dal 1999 ad oggi sono state nuovamente pubblicate, da diversi editori oltre che dall'Opera Nazionale Montessori, le sue opere più importanti ed anche testi inediti oltre a diversi testi critici a carattere biografico e scientifico. È possibile anche ascoltare sul terzo canale radiofonico della RAI la lettura integrale de La scoperta del bambino, mandata in onda a puntate nel 2012: http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-a0772692-d9a2-4325-8bbb-49306fadb84b.html.
  19. Che il concetto di autoeducazione sia un concetto centrale nella riflessione della Montessori è dichiarato sin dal titolo del libro nel quale svilupperà appieno il suo “Metodo della pedagogia scientifica”: L'autoeducazione nelle scuole elementari, E. Loescher & C. – P. Maglione e Strini, Roma 1916. Questo testo è stato recentemente ristampato da Garzanti editore (2007).
  20. Principi e pratica dell'educazione, in Maria Montessori, Il metodo del bambino e la formazione dell'uomo, 2002 Edizioni Opera Nazionale Montessori, p.111.
  21. Principi e pratica dell'educazione, in Maria Montessori, Op.cit., p.113 (Anche in: http://www.operanazionalemontessori.it/index.php?option=com_content&task=view&id=388).
  22. Maria Montessori, Op.cit., p.9. John Holt svilupperà questo principio arrivando a posizioni più radicali: «In breve, mi sento di affermare che i bambini sono dotati di un sistema di apprendimento che si adatta alla loro condizione e che lo usano con naturalezza e bene sino a quando non interviene l'adulto a sviarli.» John Holt, Come i bambini apprendono, 1972 Forum Editoriale SAS, p.7.
  23. Ad  esempio, l'attività indipendente costituisce circa l'80% del lavoro, mentre l'attività in cui il docente interviene in maniera diretta è circa il 20%. Negli approcci tradizionali le due percentuali sono in genere ribaltate.». Questa osservazione si trova in un documento, Cos'è il metodo Montessori? Una breve introduzione ai suoi principi, scaricabile da: http://www.montessoridesign.it/it/documenti/il_metodo_montessori.php Il documento è un'efficace sintesi di alcuni aspetti che ancora oggi informano le esperienze montessoriane. A tale riguardo può essere anche utile la visione del breve documentario Maria Montessori: itinerari montessoriani da 1 a 11 anni, dove le immagini delle attività di bambini/e sono accompagnate da un commento che si avvale delle parole della celebre educatrice. Visibile in: http://www.raiscuola.rai.it/articoli/maria-montessori-itinerari-montessoriani-da-1-a-11-anni/3894/default.aspx.
  24. Maria montessori raccontata da Grazia Honegger Fresco, scaricabile da: www.csbno.net/documenti/iniziative/bibliografie/8marzo/montessoribiblio.pdf efficace e puntuale documento biografico critico.
  25. Maria Montessori, Il metodo della pedagogia scientifica applicato all'educazione infantile nelle Case dei Bambini, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2000.
  26. Grazia Honegger Fresco, Dalla parte dei bambini. Fare scuola dall'obbligo all'oblio, 2011, l'ancora del mediterraneo editore, pagg. 113-114. In questo testo l'autrice attinge dalla sua lunga esperienza racconti e descrizioni di diverse scuole montessoriane, dalle medie statali di Bressanone e di Bolzano alla primaria statale al tuscolano di Roma.
  27. Su Grazia Honegger Fresco, la sua esperienza e la sua attività di pedagogista: http://www.centronascitamontessori.it/index.php/chi-siamo/16-biografie/24-grazia-honegger-fresco.
  28. Grazia Honegger Fresco, Op. cit., 2011, l'ancora del mediterraneo editore, pagg. 110.
  29. Maria Montessori raccontata da Grazia Honegger Fresco, scaricabile da: www.csbno.net/documenti/iniziative/bibliografie/8marzo/montessoribiblio.pdf.
  30. Le scuole Montessori ravvisano «nel coinvolgimento e nella responsabilizzazione dei genitori un fattore fondamentale del successo della nostra proposta educativa. A questo proposito si suggerisce l'istituzione di corsi di formazione 'essenziale' per genitori, affinché possano conoscere e condividere i principi e i metodi.» Tratto da: Strumenti legislativi e organizzativi per la fattibilità del progetto (pubblico o privato) di una Scuola Media di I grado a indirizzo Montessori, scaricabile dal sito dell'Opera Nazionale Montessori. (http://www.operanazionalemontessori.it/index.php?option=com_content&task=section&id=6&Itemid=34). Da questa pagina è possible anche prendere visione, nel suo complesso, del Progetto culturale pedagogico organizzativo per l'istituzione di una scuola secondaria di primo grado ad indirizzo Montessori, come del Progetto educativo Montessori: 3-11 anni.
  31. Sul concetto di 'normalizzazione', come su tutti gli altri aspetti della proposta delle scuole Montessori si veda ancora il Metodo, il bambino e l'adolescente – Progetto educativo Montessori: 3-11, in: http://www.operanazionalemontessori.it/index.php?option=com_content&task=category&sectionid=6&id=14&Itemid=34.
  32. Tratto da È nato l'uomo nuovo. La terza Dimensione, in Maria Montessori, Il metodo del bambino e la formazione dell'uomo, 2002 Edizioni Opera Nazionale Montessori, p.220-221. Sul tema della pace: Maria Montessori, Educazione e pace, 2004 Edizioni Opera 'Nazionale Montessori. Sul tema dell''uomo nuovo' anche Maria Montessori, Educazione per un mondo nuovo, 2000 Garzanti. Chiaro e sintetico anche il breve testo di Catia Giaconi, La pace come costruzione in Maria Montessori, dove vengono puntualmente indicati i nessi tra «il paradigma della “pace” [e] molti vettori teorici-esperenziali della proposta pedagogica montessoriana come: 1. la ricerca dell'armonia e del “bello”; 2. il senso dell'equilibrio; 3. la cultura del silenzio e della riflessione; 4. il valore dell'amore e della comunicazione affettivo-emotiva». L'autrice rintraccia anche tre costanti nella concezione montessoriana della pace, intesa come concetto positivo di riforma sociale e morale costruttiva: 1. la denuncia dello sbilanciamento a favore del progresso tecnico-scientifico a discapito della formazione morale dell'uomo, da cui discende la necessità di una “nuova morale” a favore di una “società di uomini valorizzati nel loro io e non nell'efficienza delle loro macchine”; 2. il rifiuto del nazionalismo a favore di una interdipendenza fra tutti i popoli della terra come consapevole solidarietà universale e svolgimento di un “piano cosmico” per una “società conviviale” basata sulle realtà di “un Bambino Nuovo” e di una umanità come “Nazione Unica”; 3. la diffusa incomprensione dell'adulto nei riguardi del bambino e nel mancato riconoscimento del suo essere  “Padre e Maestro della terra”. L'autrice ne conclude che per Maria Montessori, nell'ambito della scienza della pace, la “scienza dell'educazione” è centrale, e da tale relazione stretta tra educazione e pace discendono le indicazioni di cosa dovrebbero fare la scuola, la famiglia, ma anche le altre “agenzie formative”. Il breve testo è reperibile dal sito montessoridesign.it (http://www.montessoridesign.it/it/documenti/la_pace_come_costruzione.php). Infine, in relazione ad una visione spirituale del bambino e dell'uomo ricordiamo che Maria Montessori si iscrisse alla Società Teosofica dall'età di 29 anni, come documenta Paola Giovetti nel suo libro Maria Montessori. Una biografia, 2009 Edizioni Mediterranee (http://www.eti-edizioni.it/orizzonti/maria-montessori-una-biografia,2,462). La  stessa Società Teosifica attesta di una relazione stretta tra Montessori e l'ambiente teosofico (http://www.teosofica.org/it/news/una-donna-straordinaria-maria-montessori,3,816).Una presentazione del libro da parte dell'autrice Paola Giovetti è visibile da https://www.youtube.com/watch?v=NBQ5SZatnVs.
  33. http://www.repubblica.it/scuola/2010/09/27/news/scuole_alternative-7463576/.
  34. http://www.montessori.uniroma3.it/categoria/attivit%C3%A0-di-ricerca/diffusione-delle-scuole-montessori-nel-mondo.
  35. Sulle scuole Montessori in Italia e nel mondo vedi anche un articolo del 2007 sul quotidiano La Repubblica: http://www.repubblica.it/2006/09/sezioni/scuola_e_universita/servizi/montessori-studio-americano/montessori-bilancio/montessori-bilancio.html.
  36. http://www.centrointernazionalemontessori.com/pages/.
  37. Informazioni sulla Scuola del gratuito sono disponibili nel web da http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/convegno-2013/cose-la-scuola-del-gratuito.
  38. La notizia del convegno La scuola del gratuito – Pedagogia della carità per una società più felice - 5/6 ottobre 2013 Valdragone (San Marino) è stata riportata da Paolo Guiducci il 3 ottobre 2013 in un articolo sul quotidiano L'Avvenire. Il giornalista così conclude: «Una scuola senza voti, la ricchezza della diversità,   il gusto di conoscere. Le intuizioni di don Benzi tradotte in un  modello pedagogico per una scuola del gratuito, in realtà hanno  dei “genitori” illustri. [...] esperienze del genere si registrano alla “Summerhill” in Gran Bretagna, alla “Kapriole” di Friburgo (Germania), “Hadera” in Israele o “Kiskanu” a Verona. Irene Stella (relatrice al convegno insieme a studiosi come Riziero Zucchi, Università di Torino; Leonardo Becchetti, Università di Roma Tor Vergata; e Andrea Canevaro, Università di Bologna) e autore del libro “Liberi di imparare” sintetizza così lo spirito di queste scuole: «Il migliore adulto che un bambino può diventare è se stesso». Per la lettura completa dell'articolo: http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/la-scuola-del-gratuito-ne-voti-ne-bocciature.aspx Alcune delle esperienze riportate come «“genitori” illustri» sono, che io sappia, sicuramente laiche ed autenticamente libertarie; come “Kiskanu-Kether” per restare in Italia, o la più nota “Summerhill” di Alexander Neill.
  39. Sulla vocazione e lo spirito dell'Associazione e su don Oreste Benzi: http://www.apg23.org/la-comunita.
  40. Nel breve testo leggibile al link http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/societa-del-gratuito don Oreste Benzi esprime i concetti chiave della sua proposta per una Società del gratuito. Gratuità e dono non sono qui intesi nel senso di una critica all'utilitarismo e al modello di sviluppo economicista come ad esempio in certa sociologia francese (es. MAUSS – Mouvement anti-utilitariste dans les sciences sociales - http://www.revuedumauss.com/); men che meno hanno la ben che minima parentela con pratiche e culture antagoniste e devianti note ai lettori di questa rivista. Nel progetto preso in esame la centralità dell'uomo in relazione ai suoi simili e al mondo, come il rapporto economia-carità, sono considerati parte di un disegno escatologico che informa un filone teorico, ma anche di azione sociale, che attraversa buona parte del mondo cristiano 'di base' come quello di istituzioni importanti come la Caritas. In questa corrente si collocano anche i progetti della Società e della Scuola del gratuito. Al riguardo si trovano sul web diversi materiali, tra i quali gli atti del convegno Fede, economia e società del gratuito, 11 novembre 2013, Diocesi di Faenza. La relazione svolta dal Card. Agostino Vallini in quel convegno così esordisce: «Il tema che fa da titolo a questo Convegno, si ispira al salmo 85 [“Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno” Sal 85,11] e ci prospetta un ideale altissimo che, diciamolo subito, avrà pieno compimento soltanto nell'escatologia, cioè alla fine del mondo in Dio. Nel cammino della storia a noi è chiesto di avvicinarci ad esso, di tendere ad esso, cooperando con retta intenzione, con le nostre deboli forze umane.» Per altri interventi al convegno: http://www.youtube.com/watch?v=O1A3bqlPWgA.
  41. Un testo che brevemente illustra cosa sia la Scuola del gratuito con il link al Manifesto è in: http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/convegno-2013/cose-la-scuola-del-gratuito. Esiste anche un intero blog sul progetto: http://scuoladelgratuito.wordpress.com/about/.
    Il Manifesto completo si trova in: http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/manifesto-della-scuola-del-gratuito.
  42. Una versione del Manifesto leggermente rivisitata, che ne modera i riferimenti alla dottrina cristiana, si trova in: http://scuoladelgratuito.wordpress.com/about/. Non si comprende quale dei due documenti sia quello originale. In ogni caso è interessante cogliere le differenze probabilmente determinate dal fatto che il sito dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII si rivolge ad un lettore più orientato dottrinalmente di quanto non sia invece il pubblico del blog.
  43. http://scuoladelgratuito.wordpress.com/manifesto/approfondimenti-e-indicazioni-del-manifesto-della-scuola-del-gratuito/.
  44. Ancora in: http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/manifesto-della-scuola-del-gratuito. Sulle posizioni dell'Associazione riguardo ai cambiamenti introdotti nella scuola di Stato dal riordino dei cicli scolastici: http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/la-riforma-della-scuola.
  45. Dall'introduzione di Paolo Ramonda (Educare la gratuità: educare è prima di tutto creare una relazione) al convegno La scuola del gratuito – Pedagogia della carità per una società più felice - 5/6 ottobre 2013 http://www.youtube.com/watch?v=nWPhUKh-Bd8&index=1&list=PLQwb7oxrkzOOwGWnrBdGSTsKZPi3rtDAi.
  46. http://www.youtube.com/watch?v=nWPhUKh-Bd8&list=PLQwb7oxrkzOOwGWnrBdGSTsKZPi3rtDAi.
  47. Giovanni Paolo Ramonda è il responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Irene Stella partecipa in Italia alle attività della Rete per l'Educazione Libertaria (REL) e in Europa a quelle dell'European Democratic Education Community (EUDEC). Insegna matematica ed è coautrice con Francesco Codello del libro Liberi di imparare (2011, Terra Nuova ed.); Riziero Zucchi è docente all'Università di Torino (http://www.pedagogiadeigenitori.info/?page_id=35). Il loro breve scambio polemico è a 30':05'' del Dibattito. Ferdinando Ciani è insegnante e ha pubblicato diversi libri sulla scuola e sull'educazione. Tra questi: Ferdinando Ciani, A scuola senza profitto. Pedagogia della gratuità per una società più felice, 2008 Sempre comunicazione ed.
  48. http://www.educazionelibertaria.org/istituto-scuole-democratiche/manifesto-per-leducazione-libertaria/.
  49. Francesco Codello, La buona educazione. Esperienza libertarie e teorie anarchiche in Europa da Godwin a Neill, 2005 Franco Angeli, pp. 622-623.
  50. Filippo Trasatti, L'identità anarchica, tra purezza e ibridazione, in A rivista anarchica n. 368 febbraio 2012, recensione al libro Pensare altrimenti. Anarchismo e filosofia radicale del novecento, a cura di Salvo Vaccaro, 2011 Elèuthera. Il testo si trova anche sul web: http://www.arivista.org/?nr=368&pag=51.htm.
  51. Francesco Codello, Op. cit., 2005 Franco Angeli, p. 674.
  52. Michael P. Smith, Educare per la libertà, 1990 Elèuthera, pp. 106-107.
  53. Smith dedica nel suo libro alcune pagine al pensiero di Max Stirner in relazione alla questione educativa nelle quali evidenzia come il contributo fondamentale di Stirner sia stato quello di dichiarare che «la base della libertà è una volontà libera. Per educare alla libertà si deve quindi rispettare la libera volontà dell'individuo e contribuire a svilupparla e rafforzarla. [...] dunque, i libertari sono alla ricerca di pratiche che massimizzino le opportunità del bambino di sviluppare attraverso l'esercizio la sua volontà e che minimizzino le opportunità in cui la volontà di altri si sostituisca a quella del bambino. [...] lo scopo principale è quello di incoraggiare lo sviluppo della volontà, bisogna allora cambiare completamente l'approccio, insistendo sull'iniziativa da parte del discente, sulla sua capacità di scelta» Michael P. Smith, Op. cit., 1990 Elèuthera, pp. 116-117. Su Max Stirner anche: Max Stirner: l'educazione come liberazione totale, in Francesco Codello, Op. cit., 2005 Franco Angeli, pp.71-82.
  54. Sulla critica all'educazionismo vedi il prezioso articolo curato da Filippo Trasatti, pubblicato su A rivista anarchica n.391 Estate 2014, Contro l'educazionismo. Ovvero critica dell'educazione in quanto tale, che riporta stralci dal libro di Yves Bonnardel, La Domination adulte. L'articolo così si conclude: «L'abolizione del dominio degli adulti passa necessariamente attraverso la critica del concetto di educazione, richiede la decostruzione dell'ideologia pedagogica che la sostiene e la messa a nudo della brutale realtà dei rapporti sociali tra adulti e minori che sono mascherate dalle connotazioni positive (in quanto conseguenti all'ordine adulto) della parola “educazione”.».
  55. L'elenco è di Francesco Codello ed è tratto da: Per una pedagogia libertaria, in: Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria, 2014 Elèuthera, p. 09-10 Un prezioso approfondimento su queste caratteristiche comuni a molte esperienze di educazione libertaria si trova in: Francesco Codello, L'educazione libertaria alla prova dei fatti, in: L'anarchismo oggi. Un pensiero necessario, a cura di Luciano Lanza, 2013 Mimesis Libertaria 2014, p. 47-65.
  56. Il testo completo su: http://www.kether.it/.
  57. http://associazionemerzbau.wordpress.com/about/.
  58. Il documento completo su: http://associazionemerzbau.wordpress.com/33-2/.
  59. Il progetto educativo di Mareggen, officine del crescere: http://mareggen.jimdo.com/il-progetto-educativo/.
  60. Sull'esperienza Serendipità di Osimo: http://lilliput-osimo.blogspot.it/, http://www.anconatoday.it/cronaca/progetto-serendipita-intervista-emily-mignanelli-ancona-2013.htmlhttp://snacksofmarketing.wordpress.com/tag/scuola-libertaria/.
  61. Il testo completo su: http://urupia.wordpress.com/2014/02/04/la-chiameremo-scuola/.
  62. L'audio della conversazione/incontro in: http://scuolalibertariabrianza.noblogs.org/post/tag/filippo-trasatti/.

Lo scorso anno ci siamo occupati di pedagogia libertaria, pubblicando, tra l'altro:
A partire dalle esperienze concrete di Maurizio Giannangeli (in “A” 386 febbraio 2014);
Il vento sulla pista di Gianni Milano (in “A” 389 maggio 2014);
Contro l'educazionismo. Ovvero critica dell'educazione in quanto tale di Yves Bonnardel, a cura di Filippo Trasatti (in “A” 391 estate 2014);
Incidentalità/progetto. Note sul tema spinoso e poco compreso dell'educazione libertaria di Giulio Spiazzi (in “A” 391 estate 2014);
L'educazione che ribolle di Maurizio Giannangeli (in “A” 391 estate 2014);
Noi della REL di Giulio Spiazzi (in “A” 392 ottobre 2014);
Una scuola in comune di Thea Venturelli (in “A” 393 novembre 2014).