Rivista Anarchica Online




Nella copertina di “A” 98 (febbraio 1982) campeggia una falce e martello con accanto la scritta: socialismo di stato = dittatura sul proletariato. E vicino ci sono indicate delle date: Kronstadt 1921, Berlino 1953, Budapest 1956, Praga 1968, Varsavia 1981... E dentro un lucido scritto di Giampietro “Nico” Berti analizza il “gulag imperfetto” (come recita il titolo) rappresentato dal caso Polonia. Se si pensa a quanto appariva allora sui mass-media e anche sulle pubblicazioni dell'estrema sinistra, la cesura è (quasi) totale. Da parte nostra c'è la continuità di pensiero e di storia con il primo dibattito tra marxismo e anarchismo, tra comunismo autoritario e libertario; con il contributo alla nascita del movimento internazionale operaio e contadino. Dall'altra il generale Jaruzelsky, capo della Polonia comunista, in continuità storica con Lenin, Trotsky, Stalin e la tradizione bolscevica. L'analisi di Berti affonda il coltello della critica nel “corpus” stesso del pensiero marxista-leninista e non lascia spazio ad ambiguità. Neppure sul fronte della Chiesa cattolica e di Solidarnosc. Solo il movimento anarchico può assumere questa posizione con credibilità e rigore: la credibilità costruita in decenni di opposizione senza se e senza ma al leninismo e allo stalinismo, a partire dai fatti della Russia del 1917.
Paolo Finzi si occupa di questioni sindacali, legate alle nuove norme operative della triplice sindacale CGIL-CISL-UIL, tendenti a sempre più ostacolare e limitare l'espressione di forme autonome di sindacalismo di base.
Cinque “cronache sovversive” danno conto di altrettanti momenti di lotta, cultura e repressione, in Italia e all'estero.
Il solito gabbiano, diventato simbolo della campagna in solidarietà con l'anarchica livornese Monica Giorgi, apre la pubblicazione di una sua lettera dal carcere di Reggio Emilia. “Quando i signori della guerra”: inizia così. E finisce, dottamente, con queste parole: “La cicuta di Socrate surclassa gli intrighi affannati del disperato Critone per far evadere il filosofo”.
Quattro pagine di grande interesse e attualità sono quelle firmate da Luce Fabbri, ottantenne militante e pensatrice anarchica, figlia di cotanto padre (Luigi Fabbri). Il tema è quello della democrazia, che non va difesa in sé – sostiene la Fabbri – ma come punto di partenza (se si preferisce, come condizione favorevole) per sviluppi – rivoluzionari o no, secondo i momenti – in senso libertario. Già allora, 37 anni fa appunto, Luce indicava come possibile e non “obbligata” la scelta rivoluzionaria, nella fissità del “senso libertario”. Questo sì, irrinunciabile.Questioni complesse, dibattito sempre aperto.
Inghilterra, popoli nativi, recensioni, un lungo saggio di Dimitri Roussopoulos sulla questione nazionale precedono la solita ultima rubrica di “A”, allora come oggi: quella della posta, con tre lettere che permettono di conoscere altre opinioni, in breve.
Infine l'elenco delle sottoscrizioni, con altri comunicati, sigilla il numero. Leggendole, ci rendiamo conto quanto pesassero, 37 anni fa, quelle provenienti dall'estero e in particolare dagli Stati Uniti e dal Canada. Si trattava di nostri emigrati, perlopiù anziani e anziane, che dopo una dura vita di lavoro godevano di un certo benessere e inviavano in Italia, con costanza, una parte dei loro risparmi. Le e li ricordiamo collettivamente, con gratitudine, tantopiù ora che tutte e tutti loro – quella generazione di immigrati in Nord America fino agli anni ’20 dello scorso secolo – sono morti e sepolti.
Come i due più famosi di loro, Nicola Sacco e Barolomeo Vanzetti, le cui ultime lettere prima della morte sulla sedia elettrica trovate anche in due pagine del nostro libro appena uscito che non ci sono poteri buoni. Il pensiero (anche) anarchico di Fabrizio De André.
Il cantautore genovese le aveva ampiamente sottolineate, segno che lo avevano colpito. E tra le 25 riproduzioni anastatiche che impreziosiscono il nostro volume, non è un caso che due riguardino proprio i due nostri compagni assassinati, resi ulteriormente noti dalla ballata di Joan Baez e dal film di Giuliano Montaldo.