Setola
di Maiale
Setola di Maiale: un nome buffo, ruvido, che solletica e punge
l'attenzione e non si dimentica facilmente. Avevo sentito
che con questo nome collettivo un gruppo aperto e instabile
di musicisti era riuscito a organizzare la registrazione di
proprie libere improvvisazioni (in solo e in differenti formazioni
e situazioni) e anche di composizioni sonore più strutturate,
operando nella più totale libertà creativa e gestionale.
Bene o male tutta la faccenda è tenuta in piedi dall'ostinazione
di Stefano Giust, che continua a suonare ed organizzare concerti
e scambi riuscendo così a trasformare nel tempo di una manciata
di anni questa non-organizzazione in un bel catalogo di materiali,
ricco di una cinquantina di titoli diffusi secondo la più
estrema accezione di "autogestione" -non da tutti condivisa
però- e cioè assolutamente al di fuori del giro commerciale
dei negozi. Queste musiche, va detto subito, non sono in vendita:
sembra quindi che l'unico modo per ascoltarle sia il contatto
diretto, magari approfittando delle rarissime occasioni in
cui questi musicisti riescono ad incontrarsi ed esibirsi dal
vivo.
Setola di Maiale non è l'unico gruppo di musicisti/improvvisatori
in Italia che ha scelto la via dell'autogestione totale per
difendersi da contaminazioni culturali ed ideologiche nefaste:
è ovvio che ce ne sono anche altri, ma non sono riuscito a
contattarli (dico per ora, almeno). Ecco un problema, mio
come di molti altri: come fare a sapere che certe musiche
esistono, che certe persone suonano, che certi eventi accadono?
La mancanza di contatti diretti con Setola (e con Snowdonia
e Fringes, di cui scriverò più avanti) è stata risolta grazie
ad alcuni interventi scritti sulle musiche sotterranee pubblicati
da Blow Up, una ex-fanzine toscana cresciuta e diventata una
regolare rivista mensile distribuita nelle edicole. Essa si
occupa (con le grosse dosi di entusiasmo tipiche delle fanzine
e senza dare segni espliciti di asservimento) di una gamma
di musiche esagerata, che va da certo mainstream rock ai demotapes
casalinghi, con una attenzione particolare alla galassia delle
etichette indipendenti. Sono un paio di centinaia di recensioni
e segnalazioni ogni mese e, va detto, non tutte superficiali.
Blow Up spesso pubblica nomi ed indirizzi per prendere i contatti
diretti con i musicisti: è una bella cosa, in questi mesi
ne ho approfittato e mi sono dato da fare con il telefono,
la posta elettronica e quella tradizionale. Del resto, avevo
fatto esattamente così anche vent'anni fa: dietro alla copertina
di "Stations" dei Crass c'era stampato il loro indirizzo,
allora avevo scritto una lettera sperando che ci fosse sul
serio qualcuno dall'altra parte, sperando soprattutto che
non fosse un altro stupido scherzo, una presa in giro come
tante. Quella volta ha funzionato. Anche stavolta non è andata
male.
Stefano Giust vive vicino a Pordenone e pesta sui tamburi
e sopra altri oggetti con lo scopo di tirarne fuori il rumore
della propria fantasia. Mica impresa facile: e infatti pesta
duro, Stefano, e pesta "strano" (adesso si usa dire "in maniera
non ortodossa", è un'espressione che in giro piace e che tutto
sommato è corretta e non scontenta nessuno).
Pestava durissimo e strano anche in passato, col trio chitarra/basso/batteria
Le Bambine, lontani anni luce dai Cream e dai Police e anche
dai Fugazi, un album "Carni a metà prezzo" nel '93 tremendo
ed inclassificabile (esercizio per i vivisezionatori: elencare
nel più breve tempo possibile almeno cinquanta influenze,
e solo nel primo brano del disco).
Insomma, un giorno gli ho scritto, curioso di ascoltare il
suono delle setole del maiale. Ho ricevuto pochi giorni dopo
un pacco gigantesco: un sacco di materiale che tuttora -dopo
tre mesi- non sono riuscito ad ascoltare completamente...
Nota a margine: perché mentire? Moglie a parte, devo condividere
lo spazio vitale/sonoro di casa con le nostre due figlie,
e non posso certo costringere due bambine di sette e otto
anni alle asperità della musica improvvisata senza il rischio
reale di un intervento del telefono azzurro!
Chiusa parentesi. Gli ho telefonato poi, a Stefano, chiedendogli
se faceva davvero sul serio, ma sapevo già la risposta e ci
siamo messi a ridere tutt'e due. Abbiamo parlato di cose serie
come l'apertura mentale -sempre ridendo- e di cose non meno
serie come i nostri esperimenti sonori giovanili in cantina
e le nostre doppie vite (entrambi condividiamo il destino
di impiegati-per-forza, e facciamo fatica a staccare del tutto
i contatti con il mondo di Utopia...).
La prima cosa che mi ha colpito, e che è stata una costante
negli ascolti dei lavori di Stefano, è la sua altalenanza
o forse la sua indecisione tra una certa attitudine seria
e il divertimento più spontaneo e fragoroso. Mi sembra anche
che sia consapevole delle proprie abilità strumentistiche
e che ne faccia un saggio uso, senza cortocircuitare con la
testa e sconfinare nel virtuosismo fine a sè stesso. In altre
parole non dimostra paura di esporsi, e meno che meno di prendersi
in giro.
Per realizzare "Ripercuotere", un doppio cd di solo-drumming,
ha ritagliato una selezione da una maratona di dieci ore di
improvvisazione libera notturna che lo ha visto unico protagonista.
I titoli dei diversi frammenti riconducono all'effettiva ispirazione
del momento, oppure glieli ha appiccicati in seguito (ma lui
non dice quali, lasciando decidere noi). Dopo lo sberleffo,
l'autore si ricompone dichiarando che questo è un tribute
album dedicato ai batteristi e percussionisti che si sono
dedicati all'esplorazione del suono...
Nel cd "Musiche delle circostanze" Stefano ha raccolto semi-improvvisazioni
realizzate con campionature di vibrafono e xilofono, che vi
potrei descrivere come più vicine a una sorta di Steve Reich
punk ed incazzato (o febbricitante, meglio) che ai Double
Image. Un atteggiamento tutt'altro che virtuosistico, ve l'assicuro,
nonostante la patina di compostezza ed il rigorosissimo packaging
della confezione (caratteristica del resto comune all'intera
produzione dell'etichetta: copertine e catalogo hanno un'impostazione
grafica essenziale e decisamente sul serioso).
Tornando a Stefano Giust l'eclettico, il suo "Margini di riciclo"
è invece realizzato con un comune impianto stereo casalingo,
assemblando e sovrapponendo (o meglio, riciclando) pezzetti
di suono provenienti dalle varie sorgenti tradizionali (radio,
registratore, giradischi) agendo sul selettore dell'amplificatore.
Tra le note di copertina Stefano confessa: "...È stato divertente
per me cercare di liberare questo strumento dall'idea che
lo vuole asettico e sterile, capace cioè della sola riproduzione
di musica precomposta, e per questo non-creativo...", e ci
invita esplicitamente a ripetere l'esperienza.
E, continuando a rovistare nel catalogo, ecco il 2cd "Gbur"
(ho letto da qualche parte, probabilmente su Blow Up, che
significa "cafone" in polacco) che raccoglie improvvisazioni
di sei musicisti tra cui Ivan Pilat dell'Orbitale Trio e Dominik
Gawara, polacco trapiantato a Torino e unico indiziato come
autore del titolo, anche lui iperattivo in giri di registrazioni
e sessions sotterranee. È musica che va dappertutto perché
non c'è una sola direzione da percorrere.
Per altre cose non saprei al momento dare indicazioni: come
è stato detto grande parte di queste registrazioni è stata
fatta senza altro scopo che per documentazione personale,
e sospetto che il loro significato e senso d'esistenza risieda
in quel momento di illuminazione che si è accesa nella testa
degli autori nell'istante stesso in cui questi suoni sono
nati.
Sono musiche libere per nascita e struttura, per convincimento
e (perché no?) per maleducazione. Se vi piacciono le cose
carine ed addomesticate, tenetevi ben lontani da questi suoni,
da questi rumori. Via da questa zona oscura e libera. Alcune
copie dell'album delle Bambine sono disponibili (offerta libera)
nella lista di Musica per A.
Contatti:
Setola di Maiale c/o Stefano Giust, via del Porto 7/19 33080
Porcia PN.
e-mail: debecom@tin.it.
Lingam
Del giro di Setola di Maiale qualche tempo fa è andata in
orbita la scheggia impazzita di nome Lingam. Il trio ha la
propria base tra Venezia e Padova, e nella più bella tradizione
setolense, non si fa intrappolare nè come struttura/gruppo
(esistono anche i Lingam 2, più elastici come formazione e
più orientati all'improvvisazione) nè in stereotipi di genere:
un immaginario archivista avrebbe del filo da torcere nel
catalogare il loro cd: non è jazz, non è musica d'avanguardia,
non è rock...
Su un giornale qualcuno ha scritto che suonano del "progressive
anarchico": niente male come idea, non l'avevo mai sentita
una cosa così e mi piacerebbe tornarci sopra, una volta o
l'altra...
I tre sono Michele Brieda (tastiere varie ed aggeggi elettronici),
Giorgio Brugnone (basso, già di passaggio veloce su queste
pagine qualche anno fa con i compagni di viaggio Spirosfera,
un gruppo interessante ma sfortunato) e Sergio Cacherano Staropoli
(chitarre ed altro).
Il cd dei Lingam "Musica per un film immaginario" (pubblicato
in collaborazione con la ReR inglese, e spero che questo possa
favorirne la circolazione) è un buon compromesso tra cose
composte e cose improvvisate, e si presta ottimamente alla
vivisezione dei kritici, i quali per descriverla hanno decretato
che questa musica è influenzata da Art Bears (i primi) ed
Henry Cow dell'ultimo periodo, Magma, King Crimson, dal Fred
Frith del periodo Ralph e... Troppo, decisamente troppo. E
sbagliato, decisamente sbagliato: Lingam suona come Lingam,
ed è tutta musica nuova.
Curiosi, oltre che i suoni, sono gli abbinamenti/mescolamenti
con i testi: sforbiciamenti di Samuel Beckett e Jacques Prevert,
Louise Petts dei B-Shops for the Poor, Arthur Rimbaud e T.
S. Eliot citati con gusto ed un certo rispetto, e che anzi
si arricchiscono della complessità dell'intreccio sonoro.
Un album da scoprire con fame di suono, e che potrebbe aiutare
la cicatrizzazione delle ferite lasciate dagli scomparsi rockrumoristi
Gi-Napajo e Detriti, anche se seppellirne il ricordo è impresa
impossibile.
Contatti:
Lingam c/o Michele Brieda, via Monte Cervino 10 30030 Cazzago
di Pianiga VE.
Fringes
Certe musiche non sono adatte al clamore, non richiedono
applausi, nè consenso, nè denaro per esistere. Certe musiche
non si lasciano ascoltare da tutti, non funzionano alla radio
nè alla tv nè nei giornali patinati. Certe musiche non hanno
funzione di sonnifero sociale.
Fringes è un'altra zona per nulla illuminata dal sole della
fama e della fortuna commerciale. Storia vecchia, direte voi:
il buio è la solita sfiga degli indipendenti. Non è vero:
qui non ci si lamenta perché non c'è il pubblico, perché non
ci sono gli spazi, perché nessuno dà soldi. Qui non ci si
lamenta e basta. Per tutte queste musiche e per tutte queste
persone si è trattato di una scelta precisa: questione di
carattere, di ragionamenti e di gusti.
Giuseppe Ielasi vive a Monza, ed ama da sempre l'immersione
in certe sonorità non proprio facili: ama tuffarsi nel suono
della sua chitarra riuscendo a modificarlo, a stravolgerlo,
a farlo inabissare e volare in alto. Non l'ho mai incontrato
di persona, Giuseppe però tempo fa l'avevo sentito suonare
in una cassetta che qualcuno mi ha passato (forse Sergio Amadori
del Circa) e mi ritrovo in un gruppo di discussione via e-mail
in cui c'è anche il suo recapito nella lista dei destinatari
dei messaggi. Avevo già sentito parlare di lui come chitarrista
"strano", e anche sapevo della sua attività di organizzatore
di concerti (sempre orientati sulla lunghezza d'onda dei suoi
gusti musicali): Fringes è sia il nome dell'etichetta discografica
da lui fondata che il nome collettivo delle performances,
appunto i Fringes Festival, che ogni tanto riescono a sciogliere
lo smog che si respira a Milano e dintorni.
Come dicevo poco fa, non c'è giro di soldi, né si fa tutto
questo per arricchirsi. I concerti sono rari e le occasioni
per suonare insieme si inventano nelle stanze di casa; i cd
si stampano in poche copie non perché si desidera offrire
ragione di vita a qualche amico collezionista quanto perché
piccolo è il numero delle persone che si riescono verosimilmente
a raggiungere.
Dal catalogo di Fringes segnalo tre titoli, diversissimi come
direzione sonora ma tutti ugualmente interessanti e stimolanti.
Sono anche oggetti bellissimi da vedere e da toccare, realizzazioni
grafiche inconsuete, davvero un buon mix tra semplicità e
ricercatezza.
Il primo cd raccoglie alcune improvvisazioni registrate nel
salotto di casa Ielasi a cui hanno partecipato, oltre al padrone
di casa, altri tre improvvisatori: Renato Rinaldi, Domenico
Sciajno e Gino Robair. Era il 15 maggio del 1998 e questa
data è finita nel titolo dell'album. Un po' oscuro come lavoro,
nuvoloso e quasi incombente come il cielo che si raggruma
prima del temporale. Non è stato facile per me arrivare alla
fine, lo ammetto: Ielasi 1 Pandin 0. Ma loro erano in quattro
e picchiavano sodo.
Il secondo è La macchina che moltiplica A per tre ed
è opera del gruppo Melgun: composizioni più strutturate ma
ancora lontane dall'essere imprigionate in una qualsiasi forma
sonora conosciuta. A tratti sembra la registrazione di una
specie di performance teatrale (e bisogna lavorare di fantasia
per riuscire a tenere il passo con queste storie veloci e
sfuggenti), altre sezioni strumentali sono invece più descrittive
ed emotive.
Il terzo e più recente cd offre la testimonianza che i contrabbassi
sanno volare: Broken bridge di Domenico Sciajno è contemporaneamente
difficile ed avvincente, ostico ed affascinante. Dei tre cd
è quello che mi ha colpito ed emozionato maggiormente, ma
forse è perché amo il contrabbasso in maniera particolare,
e Domenico dà prova in questo suo lavoro tutto in solitudine
di grande talento e sensibilità.
Come per le realizzazioni di Setola, mi è difficile descrivere
tutto questo in termini tradizionali: anche queste sono musiche
nate senza lo scopo di essere catturate, spesso senza il presupposto
di essere diffuse e non certo per essere commercializzate.
Il significato di tutto questo? A me vengono in mente i vecchi
esploratori, che osavano sfidare non tanto le terre sconosciute
quanto la mentalità comune: il lavoro di Fringes è appunto
una sfida nello spostare lontano il confine della musica conosciuta,
i musicisti armati di creatività, fantasia ed incoscienza.
Quella di Giuseppe, di Domenico e di tutti gli altri improvvisatori
è una guerra neanche tanto immaginaria contro le barriere
mentali ed il pregiudizio, una guerra che va combattuta ogni
giorno per non affogare nel silenzio o, peggio, nell'oceano
della musica da consumare.
Alcune copie di questi cd sono disponibili nella lista di
Musica per A.
Contatti: Fringes c/o Giuseppe Ielasi,
via A. Volta 6 20052 Monza MI.
e-mail: giielasi@tin.it.
Snowdonia
I cd di Snowdonia sono un altro caso a parte perché delle
più note scatolette con dentro i consueti pezzetti rotondi
di plastica d'argento che contengono musica digitale condividono
solo le forme geometriche: dentro c'è cibo difficile per le
orecchie. Cibo che non è sempre digeribile, oppure socialmente
accettabile; d'altra parte un "normalissimo" menu standard
offerto da McDonald offende 13 religioni e il 61% della popolazione
mondiale... (fonte: Colors, 1994).
Torniamo alla musica: ogni tanto (e questa è una di quelle
volte) si incontrano certi musicisti strani che danno vita
ed energia a quel mondo a parte che tantissimi giornalisti
musicali, incapaci di sintonizzarsi oppure poco disposti ad
usare le orecchie e il cuore, hanno chiamato antimusica, musica/contro,
non-musica... o non hanno definito affatto, semplicemente
lasciandola fuori delle pagine ufficiali della musica ufficiale
e facendo finta che non esista.
Snowdonia è un nome conosciuto nei nostri giri marginali fin
dai tempi delle fanzine combattenti degli anni Ottanta: era
appunto un osservatorio cartaceo sul sottobosco musicale indipendente
durato una manciata di numeri, nato da un'idea e tenuto in
vita dalla testardaggine di Marco Pustianaz.
Dopo un po' di tempo e qualche sbandamento, il progetto è
stato preso in mano da Cinzia La Fauci, che ha trasferito
la base operativa di Snowdonia da Torino a Messina e ha saputo
trasformare la fanzine in etichetta discografica mantenendone
inalterato l'amore sconfinato per le musiche piccine, diverse,
strane, sottili.
Snowdonia è diversa da Setola e da Fringes, sia come terreno
di gioco (ci si muove in territori sonori più pop-olari e
spesso-ma-non-necessariamente secondo forme musicali più semplici
all'ascolto) che come strategie di diffusione (i titoli di
Snowdonia sono distribuiti tramite Audioglobe di Firenze,
hanno quindi una diffusione commerciale che però, come potrete
rendervi conto tra poco, non compromette in alcun modo l'integrità
artistica/politica/creativa di ciascuna realizzazione).
Appena un paio di righe fa parlavo di gioco, e penso sia questa
una delle caratteristiche fondamentali di Snowdonia: nonostante
il supporto tecnologico digitale e serioso, la mentalità e
l'atteggiamento comune dei musicisti snowdoniani sembra quello
dei ragazzini che registrano le loro cassette in camera da
letto, frullando tutte le influenze e quello che entra nelle
orecchie e sognando di inventare la canzone perfetta.
Gli snowdoniani sono anonimi ed irriconoscibili a prima vista,
si nascondono ovunque e prediligono i margini e le zone d'ombra
della scena rock italiana. Sembra quasi che aspettino il colpo
di culo o il superenalotto, come è successo all'anonimo snowdoniano
Giustino di Gregorio che ha visto ristampato il suo "Sprut"
(originariamente stampato in casa in sole 500 copie, una faticaccia
a confezionarle e diffonderle...) dall'etichetta iper-trendy
Tzadik.
Un'altra caratteristica di Snowdonia sono le compilation internazionali
a tema: dentro c'è di tutto, letteralmente e musicalmente
parlando, e non scherzo.
Prendiamo la raccolta "Snowdoniani baccelloni invadono Megaton
4", fantascientifica già nel titolo e nelle dimensioni, due
cd stracarichi di musica pop jazz lounge lasciata marcire
al sole, quindi immaginatevi il risultato. Elenco solo qualche
italiano tra i partecipanti: il collettivo Timet e gli Anatrofobia
(che di solito si muovono in ambienti, come dire, più ben
vestiti, più seri, più jazz, e che qui lasciano scoprire di
sè lati sonori nascosti e curiosi), i Parts (rock industriale,
si potrebbe dire, ma è un'etichetta che gli va stretta), il
rumorista inascoltabile Daniele Brusaschetto (ho sentito che
le sue performances fanno con il pubblico lo stesso effetto
che l'Autan fa con le zanzare, ma forse è una cattiveria gratuita)...
E segnalo un'altra e più recente raccolta, "Atomic milk throwers",
nelle intenzioni "una porno compilation" che offre nella stessa
confezione racconti biostimolatori e ritagli grafici di riviste
del settore oltre che un cd con dentro in ordine sparso Starfuckers
e Day and Taxi (il superserioso trio di Christoph Gallio),
Maisie e Chris Carter (quello dei Throbbing Gristle), Trespassers
W e Gianni Gebbia, Arto Lindsay e lo Scavenger Quartet. Vale
a dire una miscela inaudita di quanto più concettualmente
distante possa esistere sulla faccia del mondo sonoro contemporaneo.
Dimenticavo: ecco un'altra caratteristica di Snowdonia. Le
collaborazioni con altre piccole etichette discografiche,
una cosa che succede poco di frequente e anzi è pratica decisamente
controcorrente. Un esempio concreto: frutto di collaborazione
tra Snowdonia e la microscopica indie milanese Bar La Muerte
è l'album delle Allun, sono tutte ragazze e sono la cosa più
intelligente che gli anticorpi mentali della specie umana
abbiano generato per contrastare l'abominio delle Spice Girls
e delle donne rock ufficiali. Sono coraggiose, le Allun, e
sinceramente terribili. E, meglio di tutto, non assomigliano
a nessuno. Bisogna farsi coraggio ed ascoltare, e basta.
Snowdonia ha offerto alcune copie della pornoraccolta "Atomic
milk throwers" ed altri titoli sparsi dal proprio catalogo
come sostegno alla nostra rivista (vedi Musica per A).
Contatti:
Snowdonia c/o Cinzia La Fauci, via Cherubini 84 98124 Messina.
e-mail: snowdonia@ctonline.it.
Marco Pandin
oFFFest
21ottobre2000
Milano
Centro Sociale Leoncavallo
via Watteau
Come sempre in ambito underground
c'è qualche pazzo furioso che produce dischi semplicemente
per passione, solo per pura dedizione alla musica intesa
come espressione artistica. Perdono quattrini ma continuano
pugnaci in queste loro folli attitudini. oFFFEST è una
specie di rassegna di questa mandria di pazzi furiosi,
e la novità è che ve li potrete beccare tutti in una
sola sera al centro sociale Leoncavallo.
Ecco cosa dicono di loro stessi: "oFFFest è un meeting
di musica indipendente, autorganizzato dalle realtà
(etichette, fanzine, radio etc...) che supportano la
musica underground in Italia. L'obiettivo di questo
festival è incontrarsi, far nascere nuove collaborazioni,
ascoltare buona musica, scambiare dischi e alla fine
fare un po' il punto della situazione sulla musica underground
in Italia. E magari vendere anche qualche disco o fanzine...Ogni
partecipante "ufficiale" sarà presente con un banchetto.
Gli show saranno suddivisi in tre palchi, con musiche
che vanno dall' indie pop alla sperimentazione più oltraggiosa."
Il programma dei concerti, per ora è più o meno suddiviso
così:
PALCO A - Salone.
Dalle h19:15 : Francesco Cusa 666, Cardosanto, Gatto
Ciliegia, Faccions, Starfuckers, Laundrette.
PALCO B - Baretto .
Dalle h19:00: Dono Celeste, Candies, Slacker Monday,
Allun, Madrigali Magri, Nando Meet Corrosion.
PALCO C - Downtown.
Dalle h17:30: Spazio Improvvisazione, Gbur, Ielasi/Rinaldi/Bosetti,
Ricci/Sanna/Andreini, Lo Dev Alm, Alessandro Raina,
Larsen Lombriki.
I partecipanti con banchetto saranno rappresentati dalle
etichette, dalle trasmissioni radio che si occupano
del "settore" e dalle immarcescibili fanzine.
Le etichette sono : A la coque, Bar la Muerte, Bassesfere,
Beware, Burp Pubblications, Cane Andaluso/Microsolco,
Disasters by choice, E:Elettro, Etnagigante, Free Land,
Frigorifero, Fringes, Gammapop, Halley, Homesleep, Lessness,
Mizmaze, Rotor Audio Club, Santeria/Audioglobe, Setola
di Maiale, Snowdonia, Stereosupremo, Surface, Valium,
Vurt, Wallace Records, Zzz.
Le fanzine sono: Aktivirus, Cemento e Vetro, Cyberzone,
Equilibrio precario, Freak out, Itself, Kane, Mood,
MusicBoom, Pecora Nera, Rawart, Rock It.
Le trasmissioni radio: Alternitalia, Good Morning Captain,
Espansuoni, Novaradio, Violent & Funky, Tropici e meridiani,
Tweez, Radio Alternative.0Inutile dire che il programma
potrà essere soggetto a mutamenti, per info più aggiornate
scrivete in posta elettronica all'indirizzo mirko@wallacerecords.com,
oppure telefonate (o inviate un fax) allo 02-90967683.
Potete anche navigare nel sito: www.wallacerecords.com/offfest/index.html.
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