Rivista Anarchica Online


 

 

Gli anarchici e la violenza

L'anarchismo, quando è autentico, si basa sul principio altruistico di Kropotkin : "Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te." Quindi è assurdo immaginare un anarchico che sia portato ad uccidere un essere umano a meno che non si tratti di una guerra che coinvolga tutti i cittadini di un paese. Dobbiamo però riconoscere che da parte di molti anarchici, che non fanno mai male a nessuno, c'è una tendenza a solidarizzare con individui che si qualificano anarchici per dare una giustificazione morale alle loro malefatte. Pur troppo nel movimento (come in tutti i movimenti) vi sono persone per bene sulle quali è scattata la trappola del prestigio di cui godono i violenti in questo basso mondo, così come sui comunisti é scattata la trappola dello stalinismo. Ve li immaginate dei Kropotkin, dei Bakunin, dei Malatesta che si mettono a seminare dei cestini pieni di esplosivo nei supermercati o perdono tempo e dignità nell'esaltare gl'individui che costituiscono spesso la manovalanza di politici corrotti o psichicamente anormali? Ed anche é bene guardarsi da persone, comunque si qualifichino, che sono morbosamente attratte da politici che esprimono qualche nostalgia per i responsabili della atrocità commesse nel secolo scorso ma che, per fortuna, non hanno la capacità organizzativa di saper trascinare torme di esseri ridotti all'incoscienza. Nel suo Amleto, Shakespeare, fa dire al non del tutto equilibrato protagonista della famosa tragedia che rimanere onesto, per il mondo come è fatto, è dato ad un uomo sopra diecimila." Per certo non è tanto strano che esistano tanti uomini di cultura che pubblicano libri e scrivono sui giornali trovando il mondo di giustificare certi terroristi e certi malfattori politici italiani e stranieri ricorrendo agli argomenti usati dai retori e dagli psichiatri. Se anche loro non difettassero di qualità positive farebbero in modo che il terrorista politico o religioso non penserebbe più di essere ammirato come un eroe; ma sarebbe vincolato dal pensiero di poter essere considerato un infermo di mente. Tra l'altro, da noi, il criminale sa di poter contare sulla benevolenza di un popolo che non ritiene giusto che la legge sia eguale per tutti. Molti che si occupano di giustizia dedicano la parte migliore del loro tempo, anziché alla ricerca di misure atte a prevenire i reati, al benessere dei criminali. Ricorrono a qualunque argomento. Ad esempio, non molto tempo fa nell'irrogare una condanna ridicola, praticamente annullata delle attenuanti, per un grave reato commesso da un politico, i giudici spiegarono la loro particolare generosità con "l'irreprensibile condotta processuale" dell'imputato. (Chissà? Forse non aveva preso i giudici a pernacchie). Qualcuno si chiederà per quale motivo ci si deve preoccupare delle azioni dei falsi anarchici e non degli atti di violenza commessi da uomini che professano, o fingono di professare, principi di altro genere; la ragione è stata enunciata al principio di questo scritto. Inoltre chi è anarchico, proprio perché è tale, non obbedisce alla volontà di conventicole, di segretari e funzionari di partito e simili. Dato che ha una vigile coscienza individuale non ha bisogno che gli venga insegnato come debba comportarsi nei riguardi dei propri simili. Il principio che lo guida non ammette deviazioni, come avviene per i cristiani che beneficiano di note voli deviazioni come accade in Irlanda, come accade negli USA dove parecchi medici abortisti sono stati assassinati dai cattolici ai quali la casta malefica che ne condiziona il comportamento non contorcesse il suo principio secondo il quale non si deve fare ad altri ciò che non vorrebbe fosse fatto a se stesso. Senza condizionamenti esterni non solo certi religiosi sarebbero incapaci di uccidere, ma neppure di odiare. Non solo, ma la coscienza impedirebbe loro di usare le proprie idee come mezzo per ottenere privilegi e migliorare il proprio benessere a spese altrui. Gli uomini che non appartengono alla maggioranza indicata dal principe Amleto, ma alla minoranza alla quale appartiene il principe Kropotkin, si rendono conto che, dato che ogni uomo ha la sua visione del mondo, può esternare le proprie per presentare se stesso, mai per propagarle e comunque per usarle allo scopo di affermare i propri interessi particolari o di gruppo.

Alessandro Brenda
(Genova)

 

Il Carcere RIMOSSO

È come tornare da capo! I discorsi paiono sempre gli stessi, da anni si ripetono e, forse, analizzando bene le cose, si potrebbe scoprire che i periodi di discussione corrispondono, in tempi diversi, alle stesse stagioni! La società non ha ancora assunto appieno una responsabilità fondamentale per la sua crescita, per la sua stessa valorizzazione: non ha rivendicato il carcere! Lo costruisce, prima ancora ne crea le condizioni di necessità, lo modella in modo grezzo, perché grezza, violenta, è la considerazione che ha degli uomini e delle donne che vi sono rinchiusi. Dovrebbe impegnarsi in una appassionata ricerca con il massimo sforzo, senza cercare applausi, ed invece rincorre le voci urlate delle varie emergenze, delle varie corporazioni di addetti ai lavori che, immancabilmente, hanno qualcosa da dire lasciando vivi i dubbi sulla reale consistenza delle novità. Non accusateci di voler essere i primi della classe se parliamo: desideriamo solo esserci! Vogliamo agire nell'assenza, vogliamo tenerci stretti i nostri legami, non pesare su di loro, dimostrare che siamo ancora in grado di rilanciare la speranza, anche in azzardo. È un peccato provarci? O più laicamente: è sbagliato? Per riuscire a far ciò dobbiamo continuare a credere che non esiste un destino inesorabile, dobbiamo porre sul tappeto i temi che per noi sono belli, fondamentali, necessari. Sentiamo parlare di nuovo regolamento penitenziario, di aumento delle ore di colloquio mensile e aumento dei minuti delle telefonate, di legge 419, di trasferimento della competenza sanitaria nelle carceri dal MINISTERO Dl GRAZIA E GIUSTIZIA a quello della SANITA. Sentiamo parlare della necessità di aumentare notevolmente il numero del personale civile, degli educatori degli assistenti. Siamo in attesa di vedere, di verificare. Per adesso guardiamo ciò che c'è... Un giorno - 24 ore, una settimana - 168 ore: in 7 giorni- una sola ora di colloquio! Crediamo che nessuno possa negare l'impressione che crea il confronto tra questi numeri. Racchiudiamo tutto in quei 6a minuti: entri in quelle sale ed è già tempo di salutare con un "A presto". Torni e ti senti esausto, felice e stanco, insomma un misto di emozioni. Le mogli, i genitori, ti mandano il loro amore in un pacco, il cui per massimo è di 5 kg e ci chiediamo spesso con quale logica vengono limitati a 4 i pacchi, anche quando il mese è composto da 5 settimane. È un problema di sicurezza o è un infierire su! desiderio dei familiari di regalare una sensazione di intimità con un semplice piatto cucinato a Gasa o una camicia stirata? Una telefonata avviene solo ogni 15 giorni e solo se nella settimana precedente non hai avuto colloqui; dura 6 minuti, 6 miseri minuti (pagati da noi, non si tema), in cui la voce delle figlie, delle mogli, dei genitori crea felicità, ma toglie il fiato per la tensione. "Stai bene, papà?" è la frase che apre nel cervello tante caselle che si intrecciano, si scontrano, si confondono. È già una voce estranea ti avvisa che devi salutare. I parenti tendono a nascondere eventuali malanni, hanno paura di creare preoccupazioni, ansie, tensioni. Quando ci si incontra ci si guarda cercando di capire se chi si ha di fronte è dimagrito, se gli occhi sono stanchi. Loro ti chiedono come si mangia, se puoi farlo con qualcuno, come è l'assistenza medica, se ci sono gli specialisti. La sanità in carcere è un optional: tanti medicinali spesso mancano, ma in compenso se ne prescrivono molti, con conseguente uso. Le visite avvengono di fronte al personale militare, senza alcuna discrezione, e gli specialisti si vedono dopo giorni e giorni. Una volta trasferiti, la cartella personale vi segue priva di radiografie e degli esiti delle analisi. È naturalmente nulla si fa per proporre o accettare terapie con medicine alternative, omeopatiche. Vi riempiono di antinfiammatori, antistaminici, sedativi, tranquillanti. Molti medici ancora si chiedono se sia giusto trasferire le competenze alle ASL: spaventa così tanto "provare"? Far conoscere il carcere, trattarlo finalmente come luogo interno alla società, aprirlo, renderlo trasparente anche attraverso la medicina, l'analisi delle patologie caratteristiche di questi luoghi, rendere uguali le garanzie, i diritti alla salute e alla cura, riconoscendo la nostra cittadinanza. Tutto ciò deve avvenire contemporaneamente all'aumento della presenza e dell'operato del personale civile, a cui non si dovrebbe solo chiedere di dare un voto, di giudicare le personalità degli individui, ma anche di comprenderle tenendo conto che esse si sviluppano, si migliorano, se hanno la possibilità di mantenere vivi e costanti i legami con la famiglia, con la terra, se hanno la possibilità di far vivere la speranza con lo studio, il lavoro, una vita, interna al carcere, rispettosa della dignità. Attenzione quindi alla divisione in circuiti differenziati! Attenzione alla riproposta del cosiddetto "carcere duro", alla formazione di nuove sezioni EIV (Elevato Indice di Vigilanza). Forse sarebbe il caso di spiegare alla gente che cosa vogliono dire queste cose. Il carcere duro, o regime governato dall'art.41 bis, nega la possibilità di cucinare, limita gli acquisti alimentari, limita drasticamente il numero di capi di abbigliamento, nega ogni possibilità di lavoro, il diritto alla difesa ridotto a causa dell'uso delle video-conferenze durante i processi concede una sola ora di colloquio, con i vetri, al mese niente telefonate... E se si telefona, la conversazione deve avvenire tra carcere e carcere, vale a dire che i familiari sono costretti a recarsi all'interno di un Istituto penitenziario vicino a casa ed utilizzare il telefono lì presente. Molti si rifiutano di sottoporre i propri cari a una simile vessazione e ci si spieghi come si può non capirli. Si chiarisca perché continuano i trasferimenti dei detenuti, imputati o definitivi, anche a più di 1200 Km di distanza dalla famiglia, contrariamente a quanto stabilito dall'art. 28 e dall'art.42 dell'ordinamento penitenziario. Così è offeso il diritto al mantenimento delle relazioni familiari, il diritto di amare e di essere amati, è attaccato il lavoro degli avvocati difensori. Ho cercato Palmi sulla cartina, ho trovato il puntino, in fondo, ho osservato la distanza da Bergamo. La città dei Mille! Mi sono guardato intorno, ho contato decine di casi simili, durati ANNI. Non sempre le scuole sono presenti nelle carceri, non vi sono corsi di formazione professionale, l'uso dei computer ha avuto nuove limitazioni e l'impegno di tanti professori è ridimensionato. Il lavoro, diritto e valore sociale, non è certo offerto diffusamente ed è capitato che un mese di attività come portavitto fosse pagato L 57.000 nette, e che non si ottenesse nessun chiarimento alla richiesta di verifica del contratto di lavoro. Il detenuto che chiede di sospendere la sua opera per stanchezza, per una corretta rotazione del posto di lavoro (tutti ne hanno bisogno) o perché valuta ingiusta la mercede, può essere punito dalla Direzione: per due mesi niente colloqui e telefonate supplementari ! Le informazioni non escono dalle galere, il "pianeta" resta sconosciuto e per continuare su questa strada dissestata si chiedono nuovi carceri, sempre più esclusi, lontani dalla città, privati del senso di appartenenza alla società civile. La civiltà degli uomini non deve negare la conoscenza, la comunicazione tra individui, non deve intervenire solo quando le organizzazioni per i diritti umani denunciano gravi e frequenti irregolarità, abusi. Io ritengo che non debba spaventare, offendere, ne illudere, l'affermare che è opportuno e legittimo sognare, agire per un tempo in cui la caduta dei limiti sia reale, continuamente messa all'ordine del giorno: PER UNA VERA E SINCERA CULTURA DELLE LIBERTA'.
Palmi, 19/6/2000

Fabio Canavesi
(carcere di Palermo)

Andrea Perrone
(carcere di Voghera)

Carmelo Musumeci
(carcere di Novara)

Sono un militare di carriera

Ho letto l'articolo di Franco Pasello sulla vostra rivista on-line "A" 259, dicembre 1999/gennaio 2000) dal titolo "Una vittoria? Direi di si". Concordo pienamente su quanto riportato nel testo e devo ringraziarvi per avermi fatto conoscere cose di cui non ero a conoscenza. La politica, le varie ipocrisie governative e partitiche, la lobby della chiesa e di tutte le religioni di stato, la lobby economica, la lobby militare e chi più ne ha ne metta. Fin qui niente di strano, anzi devo dire che sogno spesso anch'io e i miei sogni sono più utopici dei vostri. Io sono un militare di carriera, una scelta operata in un momento della mia vita dove non mi ponevo tanti perché e tanti per come, l'ho fatta e forse perché vivendoci non mi pongo il problema politico della cosa. I miei problemi sono diversi rispetto al problema. Io mi chiedo da un po' di tempo a questa parte dove andranno a finire le forze armate quando la componente di leva non ci sarà più. Dove andrà a finire l'impegno di tanti di questi lunghi anni per la sua abolizione quando il risultato sarà raggiunto. Un problema si presenta sempre sotto vari aspetti e risolverne una parte non è risolvere il problema. Senza controllo democratico le forze armate sono un pericolo per la democrazia. Un assenza di bilanciamento dei poteri, metterà le forze armate nelle mani di pochi elementi, voi cosa pensate di fare? Il vostro impegno finisce qui o continua?

Giuseppe Pescaioli
doipe@tin.it

 

 

 

I comunisti mangiano i bambini... e le su' mamme

La scioccante lettura di Dal totalitarismo al cannibalismo di Jean-Jaques Gandini (A, n. 265 estate 2000) ha suscitato in me notevoli perplessità, inducendomi a una serie di considerazioni che vorrei sottoporre all'attenzione dei lettori. Premetto che utilizzo il termine "perplessità" per rispetto dell'estensore dell'articolo e soprattutto della redazione di "A", ma sinceramente, se dovessi esprimermi con maggiore rudezza, qualificherei le conclusioni contenute nell'articolo con termini sicuramente meno neutri. Indubbiamente l'argomento e le informazioni dell'articolo in questione paiono sconvolgenti per una qualsiasi coscienza occidentale, e la perentorietà con la quale si danno per scontati avvenimenti altrimenti incredibili, non sembra lasciare adito ad alcun dubbio. Va inoltre riconosciuta al compagno Gandini, noto ed esperto sinologo, quella serietà documentaria ed espositiva senza la quale il brano in questione non andrebbe neanche preso in considerazione ma liquidato come il vaneggiamento delirante di un anacronistico "anticomunista viscerale". Eppure quanto ci racconta Gandini, nonostante la sua sconvolgente drammaticità, non riesce ad assumere quel grado di credibilità, o meglio ancora, di plausibilità, che è indispensabile quando si lancia un attacco frontale a un avvenimento così importante quale fu la rivoluzione culturale cinese degli anni sessanta. Innanzitutto penso si debba entrare nel merito del tono complessivo dell'articolo, perché mi pare evidente che quando il furore ideologico prevale sulla volontà di offrire una obiettiva ricostruzione dei fatti, tale furore purtroppo non aggiunge nulla al valore della denuncia ma addirittura le toglie consistenza. Per un qualsiasi libertario la critica dell'autoritarismo marxista e di tutte le forme con le quali questo si è storicamente espresso, è quasi un dovere morale, a patto che le categorie del ragionamento non vengano sopraffatte da quelle della visceralità. In secondo luogo, e questa considerazione mi sembra più importante, nel pezzo in questione si è volutamente inteso usare una dose eccessiva di understatement nell'illustrare la pratica del cannibalismo in alcune zone rurali della Cina. Appare evidente, e ce lo dice lo stesso Gandini, che questa forma di cannibalismo non è assiomaticamente ascrivibile a finalità di potere o agli strumenti canonici della "lotta di classe". Del resto basta leggere il bellissimo romanzo Sorgo Rosso sulla lotta civile e la rivoluzione comunista che interessarono la Cina negli anni trenta per accorgersi come il cannibalismo, reale e metaforico, era una costante nell'esperienza quotidiana di un paese divorato dalla fame e dalle carestie. Pertanto non sottolineare gli aspetti sociali, culturali e antropologici di un fenomeno così distante e avulso dalla mentalità del lettore occidentale, pone tale lettore nella sostanziale impossibilità di usare un filtro critico rispetto a quanto sta leggendo. Di più, lo si costringe a subire un atto decisamente autoritario di cui è responsabile non solo l'estensore del pezzo ma, in ultima analisi, anche la redazione. Voglio infine sottoporre all'attenzione dei lettori un'ultima considerazione. Non ho gli elementi per giudicare se il dissidente Zheng Yi sia una persona attendibile e se davvero, come ci dice, ha percorso in lungo e in largo la Cina interrogando i testimoni dei fatti narrati. Comunque, così me lo descrive Gandini, e non ho nessun motivo per non credere al compagno francese. Non posso fare a meno però di interrogarmi sui motivi che avrebbero spinto le attuali autorità comuniste cinesi a fornire a un dissidente residente negli Stati Uniti tanti elementi sui misfatti agghiaccianti compiuti dal loro partito in anni non troppo lontani. Dato che non credo che gli attuali dirigenti cinesi siano diventati "buoni", trovo solo due possibili risposte: o Zheng Yi ha consapevolmente costruito una bufala su notizie inventate, oppure non è altro che un inconsapevole strumento di una delle fazioni che da anni si stanno contendendo l'egemonia del PCC e l'eredità di quello che resta del mito di Mao.

Massimo Ortalli
(Imola)

Caro Francesco Berti, sbagli...

Si intravede nel futuro per quanto si conosce del passato. La tesi risale al salvatore della democrazia attica, il veggente mistico cretese Epimenide.
Pur abbandonato il percorso della mistica, posta la riflessione politicasotto il primato della ragione, l'intuizione di Epimenide resta non menovera e valida per lo sviluppo della riflessione sulla scienza politica. Ecco perché è importante capire come mai Malatesta vedesse nel governo Mussolini una riedizione dei governi autoritari di Crispi e di Pelloux; sbagliando, secondo Francesco Berti ( "A" 265, estate 2000), e conseguentemente sbagliato il giudizio di Malatesta sulla democrazia borghese, ritenuta non migliore del totalitarismo fascista. Ma sbagliava veramente Malatesta, o non piuttosto, per un processo involutivo, i nostri modelli culturali agiscono come fattori di accecamento? Quanta informazione contiene, per esempio, un concetto sul quale F. Berti, fa molto affidamento esplicativo: stato totalitario? Espressione in virtù della quale nazifascismi e bo scevismi si agguagliano. Di più: i secondi diventano, nella favola di una certa pubblicistica accademica eccessivamente accreditata, gli antecedenti, le cause.
Per capirlo vediamo di partire dai due nomi pronunciati da Malatesta a indicare i padri storici di Mussolini: Crispi e Pelloux. Due nomi, ma che presi a sé contengono una quantità di informazione in te mini di conoscenza delle dinamiche della lotta politica decisamente parenti. I due nomi diventano significativi soltanto se si comprende perché furono i capi di un tentativo di reazione antiliberale che abortì. Cioè perché mancarono l'obbie tivo che invece riuscì a Mussolin. E la cui riuscita invalida il giudizio di un certo Malatesta in una certa congiuntura sor ca, per il quale il disegno politico del nvo tiranno sarà sconfitto come lo furono quelli di Pelloux e di Crispi.
Attraverso il passato egli deduce un futuro che non si realizzerà. Dov'è l'errore rispetto alla conoscenza del passato che impedisce a Malatesta di vedere nel futuro? Per capirlo, veniamo al nostro presente politico. Alla personalità che più lo sta plasma do: il cavaliere di Arcore.
Silvio Berlusconi per raggiungere il potere alla svolta degli anni 90, dopo la liquidazione del socialismo craxiano, ha creato una geniale e impossibile coalizione, a partire dalla complessa e faticata coalizione polit co-economica che aveva costruito intorno alle sue reti televisive, sì megafono del craxismo, ma a un tempo spazio per l'affermazione di una imprenditoria minore fin là tagliata fuori dai grandi media. Alla sconfitta del craxismo, questo ceto di medio piccoli imprenditori diventa la rete dalla quale sorge Forza Italia: un vero scattoà di immaginazione politica, ma che non porterebbe Berlusconi molto lontano, se non catturasse l'ex Movimento Sociale.
Un grosso pesce, ma che rischia di isolare Berlusconi, escluderlo da ogni possibile strategia vincente. E qui l'uomo di Arcore, con uno scatto di immaginazione politica straordinario, e misura anche dell'insipienza dei suoi antagonisti, cattura la Lega di Bossi, costruendo una coalizione che è maggioritaria nel paese. Infatti arriva a sorpresa al potere, ma non ha il placet e del grande capitale e del Vaticano. Di più: i suoi luogotenenti sono affamati e non lo nascondono. Previti proclama: "Non faremo prigionieri." La vittoria ha mandato fuori di testa i vincitori, che bloccano i contributi patteggiati dallo stato con la FIAT, comprano i deputati bossiani, non tengono conto del Vaticano. La coalizione si frantuma e Berlusconi perde il potere, ma l'uomo è tosto. Impara la lezione: che non conta niente vincere le elezioni, se non si è riconosciuti come legittimati alla vittoria da quelli che la politologia definisce: poteri forti, luogo per nulla astratto, ragionando del quale il defunto banchiere Cuccia affermava: i voti si pesano e non si contano.
E la cosa è non meno vera per i voti politici che per quelli economici (azioni). E infatti, nella mecca della democrazia liberale: gli USA, pur avendo il consenso della maggioranza, l'antagonista repubblicano di Busch nella corsa alle presidenziali, pur potendo vincere contro il concorre te democratico Gore a mani basse, non è riuscito a passare, perché l'oligarchia repubblicana non lo ha avallato.
I voti si pesano. Incominciamo a vedere che la democrazia ha delle regole, ma non sono quelle che predicano i suoi corifei. Fu in base a quelle regole altre che Mussolini vinse: quelle regole altre dei voti pesati (truccati), ragionando sui quali Malatesta la veceva un po' diversa da come oggi la si racconta sul sistema elettorale. Che è cosa ottima, conquista da difendere, ma mai ad occhi chiusi. Tornando al nostro cavaliere di Arcore, anche lui come Francesco Beri un po' conf so circa il gioco elettorale, quando ha scoperto come veramente funziona, uomo non da poco, tenace nel suo disegno, ha ripreso a costruire la sua coalizione vincente, ma questa volta mettendo la mordacchia sui riti neopagani al socio Bossi: che ha incominciato a rilasciare dichiarazioni adoranti il papa polacco: anch'egli vero nazionalista e grande anticomunista.
Parallelamente ha mandato Fini a piangere nei lager e ha cercato di legittimarlo spedendolo in Israele. Un lavorio complesso, mirato al papa, alla forte minoranza ebraica, e a un tempo grandi riverenze al capitalismo storico.
Berlusconi ha imparato dalla lezione che gli impartì il coriaceo bolognese: che i diessini avrebbero dovuto tenere come una reliquia, e invece hanno spedito fuori gioco a Bruxellese, facendo come quel marito che per fare dispetto alla moglie che lo cornificava si evirò. Berlusconi ha insomma ricostruito la sua coalizione anche sugli errori degli avversari.
La conquista del potere politico passa sempre per la costruzione di coalizioni che dervono spesso accorpare elementi di natura eterog nei, come appunto Bossi e Fini. In politica la contraddizione deve consentire. E infatti abbiamo visto in Italia l'impossibile affermazione del cattocomunismo, la più grande operazione di trasformismo, che ha stritolato Craxi, salvo poi crollare, ma per fattori esterni: la fine del bolscevismo, che infatti ha poi travolto anche Craxi, di fatto già impantanato, e che poi è stato liquidato dalla coalizione cattocomunista, i cui relitti tengono oggi lo stato, sul quale avanza Berlusconi.
Veniamo ora alla vittoria mussoliniana. Anch'essa fu il risultato di una coalizio, e costruita con molta più abilità tattica, intellige za politica, passione del potere di quelli dispeigati da Berlusconi: che non sono stati poca cosa.
La colalizione che in due anni (1920-22) Mussolini costruì ha del prodizioso, perché accorpò, assimilò sotto la sua egemonia elementi fin là ritenuti inassimilabili: il Vaticano e la Massoneria, il capitalismo e le organizzazioni cattoliche. La sua coalizione conteneva elementi ben più contradditori di quella costruita da Berlusconi e a differenza di Berlusconi non aveva capitali propri, grandi mezzi di informazione e un nucleo di pesone fidate. Infatti fu sempre battuto e messo in minoranza nei pochi conclavi fascisti (si veda in proposito la ricostruzione dell'ascesa del fascismo fatta da Angelo Tasca: un grande scritto storico).
A Malatesta la debolezza abissale di Mussolini era manifestamente evidente. Come lo era a Giolitti, lo era al re, lo era a D'Annunzio, lo era a Nitti. Tutti suoi antagonisti con un vantaggio apparentemente in colmabile su lui. Ebbene, egli seppe usare magistralmente la propria debolezza per giocare i suoi antagonisti, e soprattutto accreditarsi presso il Vaticano, che accettò il fascismo, ne determinò in modo decisivo l'ascesa, proprio perché la coalizione politica che portò Mussolini al potere, attraverso la caricatura della Marcia su Roma, era disperatamente subalterna alla decisioni dell'elettorato cattolico.
E infatti il primo governo Mussolini: quello che va fino all'assassioni Matteotti (termisus ad quem della nascita dell'antifascismo) diede alla chiesa il salvataggio delle banche cattomliche: tutte indebitate e prissime al colasso, e introdusse l'educazione religiosa nelle scuole eleme tari. Passi che avrebbero portato allo scontro nella sua coalizione, se Mussolini, con grande senso tattico, non avesse premuto su due registri: la paura del comunismo (che Berlusconi continua a gestire) e un clima di violenza diffuso.(...)
Ma con il delitto Matteotti Mussolini si autocondannava inesorabilmente, perché altro è ucciderte agitatori sindalacali (era fare un favore ai capitalisti), preti evangelici (era fare un doppio favore al Vaticano: lo liberava da presenze imbarazzanti e preparava materiale per future santificazioni ), altro uccuidere un deputato. Uccidendo Matteotti Mussolini violava il tabù che fonda tutta la dottrina liberale: l'inviolabilità del parlamento: e come luogo e come persone. E infatti i Croce i Giolitti passano all'antifascismo aperto e dichiarato.
La parte liberale gli è contro, ma Mussolini non cade perché i suoi oppositori di sinistra: i popolari di don Sturzo e i socialisti, con la parte radicale del liberalismo si inventa la farsa inutile e grottesca dell'Aventino.
Invece di sfiduciarlo e dare al Re l'intimazione di rinnovare il governo, l'opposizione si fraziona, agita la piazza; cade cioè in un gioco demagogico sterile, come da sùbito vide Giolitti. Ma nella sua estrema debolezza Mussolini diventa il prigioniero di quell'Italia tenacemente antiliberale e antiparlamentare che non aveva mai accettato la fine del papare.
Il concordato del 29 è la conseguenza del sostegno decisivo della passività clericale, che di fratto diventa il sostegno decisivo senza il quale Mussolini non potrebbe pronunciare nel gennaio del 25 la sua tetra arringa su Montercitorio un bivacco di camice nere.(...)
La separazione dei poteri e la decisione di metterli in conflitto tra di loro discende da questa visione pessimistica. Dividere lo stato, ridurne l'ampiezza, renderlo inefficiente, perché dallo stato è in agguato qualcosa che minaccia in permamenza la società. Ecco che cosa sapeva anche Malatesta e l'anarchia, che appunto per questo si propose la liquidazione definitiva dello stato, passando dalla democrazia rappresentativa alla democrazia diretta. Ma la città-stato greca era retta a democrazia diretta e degenerò. Il problema stato non ha soluzioni assolute: almeno, fino a oggi, non siamo riusciti a scorgerne, ma dire che la soluzione di Malatesta sia ingenua, proprio non me la sento.
Il passaggio rivoluzionario non ha dato esiti positivi, ma la reazione era già in agguato: con Pelloux, con Crispi. Forze criminali, bande di saccheggiatori: quelli che Mani Pulite ci ha fatto intravvedere negli affari Rovelli-Sir e Gardini Enimont, sono sempre in agguato. E spesso sono ex onesti, persone partite in buona fede, a volte prede di loro fantasmi mentali, come appunto i Crispi e i Pelloux,ma che aprono a saccheggiatori e banditi.
Ma intanto la necessità di far dimenticare il lavoro immondo del Vaticano nell'ascesa del fascismo e la sua estrema difesa: fino alla fine il cardinale di Milano Schuster cercò di salvare Mussolini, perché il potere, la persona che lo incarna, va tutelata. Dio lo ha segnato. Questo c'è nella dottrina della Chiesa, come nell'Islam. Il potere è uno strumento divino. Da questa convinzione è disceso il livello estremamente basso dedl pensiero antagonista. Il sostanziale blocco conoscitivo che la cultura della seconda metà del XX secolo ha realizzato ad oscurare la natura intruinsecamente criminale dell'esercizio del potere.
La stessa determinazione contro la pena di morte da parte della chiesa cattolica fa parte di questo processo di oscuramento, attraverso la dottrina del perdono.
Inevitabilmente il sapere politico è decaduta a mera conoscenza accademica, riflessione su simboli vuoti, come appunto il miraggio di Francesco Berti su ideali democratiche magnifiche sorti progressive, che il più grande poeta dell'Italia Unita, Giacomo Leopardi irride in più di un suo luogo.
E infatti Leopardi si studia poco: ha ancòra troppo da dirci. Come troppo ha da dirci sul potere Gaetano Mosca, ma molto anche ci ha detto quello che è di certo il solo grande pensatore anarchico di questo secolo: Pierre Clastres, tutto il resto è robetta per rassicurare in una realtà che di rassicurante ha niente; come ben vedeva Malatesta: in lingua italiana la più alta espressione della grande stagione anarchica ottocentesca. Egli per un lungo tratto della sua vita felicemente si situò nella concreta speranza che la stagione liberlaborghese degli stati potesse essere travolta, poi vide il fascismo, che venne non per responsabilità sue.
Un po' di responsabilità al più le possiamo spalmare sui socialisti e sui liberali, ma senza il nucleo forte del cattolicesimo clericale, le squadracce fasciste e la zavorra nazionalista sarebbe durata appunto secondo la profezia di Malatesta: ma che vissuto in un mondo laico non poteva arrivare a scorgere il profondo cuore di tenebra in paziente attesa dall'altra sponda del Tevere. Ecco che cosa egli non vide, ergo sbagliò per eccesso di ottimismo. A maggior gloria dell'anno Giubilare, scrissi.

Piero Flecchia
(Torino)

 

Imola CLERICALE?

LETTERA APERTA ALL'AMMINISTRAZIONE COMUNALE

Fuori discussione che la Chiesa possa far beato chi meglio ritenga. Non sta a noi giudicare se un reazionario e antisemita quale fu Mastai Ferretti meriti o meno l innalzamento agli altari.
Ci preme invece rimarcare quanto sia indecoroso che le autorit‡ laiche della nostra citt‡ si rendano partecipi, inviando una delegazione ufficiale, di un atto profondamente offensivo nei confronti di chi ha dovuto subire, nel passato e non solo, le intimidazioni e le repressioni del peggiore clericalismo.
La beatificazione di Pio IX ripropone l anacronistica condanna, gi‡ espressa nel Sillabo, della separazione fra societ‡ civile e potere ecclesiastico. La presenza a Roma di autorevoli rappresentanti del Comune viene ad appoggiare un progetto inaccetta=bile di riscrittura della storia.
Chi fu nemico di ogni forma di libert‡ di pensiero non merita l omggio dei rappresentanti della cittadinanza imolese.

Gruppi Anarchici Imolesi_
Imola, 31.8.2000

I nostri fondi neri

Sottoscrizioni.
N. Fava (Rovereto), 4.000; Santino (Milano), 10.000; Alfredo Villani (Chieti), 20.000; Carmelo Fais (Ardauli), 30.000; Giancarlo Chinnici (Nova Milanese) per il centenario di Gaetano Bresci, 10.000; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Goliardo Fiaschi e Luce Fabbri, 2.000.000; Paolo Sabatini (Firenze), 15.000; Marianna Montaruli e Beniamino Vizzini, del Circolo d'Arte "Félix Féneon" (Ruvo di Puglia), 30.000; Patrizio Biagi (Milano), 100.000; Bruno Vannini (Surrey Hills - Australia), 135.036; Isidro Da Rocha Pinto (Cereglio), 10.000; Vittoria Farinelli (Ancona) in memoria del fratello Luciano, 50.000; Fernanda Bonivento (Ancona) in memoria del suo compagno Luciano Farinelli, 50.000; Italo Quattrocchi (Firenze), 50.000; Antonio Ciano (Gaeta), 20.000; Gabriella Zigon (Sesto San Giovanni), 62.000; Lorenzo Cervetti (Genova), 20.000; Mariano Brustio (Pernate), 50.000; Alessandro Becchis (La Loggia), 50.000; a/m Mauro Decortes, Pasquale Messina (Milano), 50.000; Giuseppe Lusciano (Castellammare di Stabia), 29.000; Massimiliano Anzellotti (Chieti), 20.000; Stefano Quinto (Maserada sul Piave), 50.000; Valentina Ronchi (Milano), 10.000; Piero Bertero (Cavallermaggiore), 50.000; Fantasio Piscopo (Milano), 20.000; Gianoberto Gallieri (Ferrara), 50.000; a mezzo Mirko Rizzi (Lodi) ricavato cena del 29 Luglio 2000 organizzata dal Club dei figli di Mammone, 295.000; a/m Gino Agnese (Genova), ricavato cena fra compagni in sede il 10 giugno, 200.000; a/m Flavio Paltenghi, Milena e Paolo Soldati (Clermont Ferrand - Francia), 120.000; a/m Flavio Paltenghi, Lele Regusci (Pregassona - Svizzera), 120.000; Carolina Tobia (Rensslaer - USA) ricordando il suo Galileo nel 7° anniversario della sua scomparsa, 400.800; a/m Dario Salvadori, Fabio (La Spezia) ricordando Fabrizio De André, 15.000; a/m Dario Salvadori, Roberta (La Spezia), 5.000; a/m Dario Salvadori, Miranda (La Spezia), 5.000; Agostino Perrini (Brescia), 40.000; Ugo Fortini (Signa) ricordando la mia compagna Milena Maré, 100.000; M. Masina (Castelmaggiore) "sostenitore orgoglioso", 40.000; Ein Walther (Muenster - Germania), 50.000; G. Balducc (Imola), 10.000; G.L. Santini (Sant'Angelo Lodigiano) "Un pensiero per Gaetano Bresci", 50.000; Gruppi Anarchici Imolesi ricordando Luce Fabbri, 100.000; Massimo e Cristina (Imola) ricordando Luce Fabbri, 100.000.
Totale lire 4.645.836.

Abbonamenti sostenitori.
Alessandro Marutti (Cologno Monzese), 150.000; Alessandro Milazzo (Linguaglossa), 150.000; Loriano Zorzella (Verona), 150.000; Roberto Pietrella (Roma), 200.000.
Totale lire 650.000.