La notizia è del giornale di
qualche settimana fa. Un non meglio identificato gruppo di ricercatori
britannici avrebbe scoperto che farsi la barba quotidianamente
garantisce una maggiore durata di vita. La ricerca, condotta
su un campione di un non meglio precisato numero di persone,
evidenzierebbe una correlazione pari al 70% in più dei
decessi per ictus tra chi non si rade almeno una volta al giorno
e chi invece lo fa, e del 30% in più quanto ai decessi
per infarto.
Lì per lì decido immediatamente di cominciare
a radermi due volte al giorno, liberalizzando al contempo la
ormai desueta pratica di una dieta a base di birra e salsicce,
rassicurando così le mie coronarie, con la garanzia della
protezione di schiuma e bilama, che la loro durata poteva ben
sperare di assestarsi fino intorno al compimento dei miei novantanni,
pur se immerse in una deliziosa e continua trasgressione lipo-alcolica.
Proseguendo la lettura, viene data una possibile spiegazione
della scientifica scoperta: sembra che, poiché chi di
rado si rade denota unincuria generalizzata a tutte le
abitudini di vita, il dato sarebbe rafforzato nella correlazione
in quanto sintomo di circostanze concorrenti alla diminuzione
della speranza di vita. Ovvero infrequenti rasature non sarebbero
altro che lo specchio da barbiere di unanima dedita allabuso
di alcolici e trigliceridi, e a unalimentazione disordinata
e sbagliata, e insomma a uno stile di vita a dir poco accidioso.
E questo, grazie, lo sapevamo già. Casso la mia delibera
appena nata e continuo a leggere. Le sorprese, o scoperte,
non sono finite.
I lungimiranti ricercatori di Sua Maestà la Regina Elisabetta
hanno perfino preso in considerazione la possibilità
che chi non si rade ogni giorno faccia ciò per il banale
motivo che di barba gliene cresce poca e lentamente. E, certo,
la correlazione vale altresì per costoro, facenti parte
anchessi del campione analizzato. La spiegazione è
semplice: basta postulare una predisposizione genetico-ormonale
che provocherebbe oltre ovviamente alla scarsa proliferazione
pilifera quellincuria indotta e ineluttabile conducente
a morte prematura gli uomini glabri, nonostante tutti i loro
sforzi di tenere in ordine la stanza da letto e di praticare
la dieta mediterranea, la posizione del missionario, la sveglia
al canto del gallo, e il voto ai conservatori.
Ogni delibera è vana. Io sono tra quei dannati, proprietari
del gene accidioso. Mi torna in mente il mio unico zio materno,
molto più glabro di me, morto di Alzheimer. La correlazione
ha margini di estensione micidiali. Sono spacciato.
Larticolo si chiude con lannotazione che chi non
si rade affatto giacché la barba se la fa crescere, non
sarebbe coinvolto nella correlazione. Non ci viene detto il
perché, anche se un lettore attento lo può evincere
dallipotesi genetica. Né ci viene detto su che
campione quantitativo sia stato condotto lesame. Né
le modalità della ricerca stessa. Forse quei luminari
avranno indagato sulle abitudini di persone già defunte,
raccogliendo le testimonianze orali di parenti e conoscenti.
O avranno invaso i reparti di terapia intensiva degli ospedali
di Sua Maestà, intervistando i degenti e redigendone
una tricografia in articulo mortis. O avranno piazzato
per oltre cinquantanni telecamere nascoste dietro gli
specchi del bagno di migliaia di famiglie britanniche per verificarne
le frequenze di rasatura dei componenti maschi, purificando
i dati con leliminazione di spremiture di brufoli e sputacchi
di colluttorio. Che gran mistero è la scienza.
Mi sovviene, come principio ispiratore più probabile
di tale ricerca, una formula scaramantica goliardica: tres
quaterque, testiculis tactis, pilo detracto usque ad sanguinem,
omnia mala fugata sunt (tre volte e ancora quattro, toccandosi
i testicoli, e strappatovi un pelo alla radice, tutti i mali
scompaiono). Forse gli scienziati, correlando le proprie
teste coi testiculis tactis, hanno ricevuto lilluminazione
della rasatura taumaturgica o della barba salvifica, verificando
poi in vivo (o in morto: non sappiamo) la bontà di tale
paradigma, secondo i preziosi criteri statistici per i quali
dellintero pollo che mangi tu è come se ne avessi
mangiato mezzo anchio.
Correlazioni così, ne può fare chiunque. A volte
sono linverso delle profezie che si autorealizzano. Pii
desideri che si vorrebbero veder realizzati. Io pure, in età
giovanile, avevo ipotizzato, chissà perché, che
la mia quotidiana assunzione di antistaminici per prevenire
i disturbi del raffreddore poteva essere brillantemente correlata
col fatto che non sarei mai morto di tumore. E sono certo che
se avessi avuto il tempo e i mezzi per condurre la ricerca,
avrei certamente dimostrato, restringendo o allargando il campione
alla bisogna e a mio piacimento, la validità dellipotesi.
Pensate: in tempi non sospetti collegavo la reazione istaminica
del sistema immunitario alla proliferazione di cellule tumorali.
Sono un genio: perché mio padre non me lha mai
detto?
Provateci anche voi. Potete correlare la salsa di pomodoro allernia
del disco o luso della maglia interna alla riduzione del
visus. La masturbazione alla cecità e alla tabe dorsale
è già stata correlata da precettori e prelati.
Novelli Newton! Perché limitarsi a usare la mela e la
testa per dimostrare solo la gravitazione? Con tutta la frutta
e le parti del corpo che abbiamo sotto mano potremo dare finalmente
risposta ai più insondabili misteri delluniverso.
Correlate, dunque, senza timore! In questa notte in cui tutte
le vacche sono nere, se troviamo una vacca bianca affermiamo
pure che la notte è bianca. Nessuno ce ne farà
un torto. Riceveremo il Nobel non per la poesia, ma per la medicina.
E forse anche, chissà, il titolo di baronetto dalle mani
di Sua Maestà. Come i Beatles.
Carlo E. Menga
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