Dopo che la Corte Costituzionale ha
ritenuto ammissibile il quesito referendario presentato la scorsa
estate da Rifondazione Comunista, sinistra CGIL, Verdi ed altri
per lestensione dellapplicabilità dellart.
18 Stat. Lav. (Statuto dei Lavoratori, N.d.R.)
ai lavoratori di aziende che occupano meno di 15 dipendenti,
subito si è sviluppato allinterno di tutto il mondo
del lavoro un acceso dibattito sullopportunità
o meno di partecipare alla consultazione ovvero di contribuire,
seppur criticamente, alla battaglia per il sì.
LUnione Sindacale Italiana si è caratterizzata
allinterno del sindacalismo di base per avere immediatamente
denunciato come lappuntamento referendario abbia assunto
fin dallinizio più i caratteri del confronto politico-istituzionale
che non quelli del confronto lavoristico-sindacale. Quanto segue
è un contributo alla discussione che si è sviluppato
allinterno di tutto il sindacalismo di base.
Il quadro di riferimento: Esiste ancora un ordinamento
giuridico del lavoro?
Il progressivo smantellamento del sistema di tutele collegate
al rapporto di lavoro si è accompagnato in questi anni
ad una lenta ma inesorabile erosione delle tutele poste a presidio
del pericolo di perdere il posto di lavoro o, più semplicemente,
per far fronte alla mancanza di lavoro.
Invero, il tema della tutela del lavoro come dimostra
il quasi dimenticato caso FIAT è strettamente
connesso con il sistema degli ammortizzatori sociali (Cassa
integrazione guadagni ordinaria CIG e straordinaria
CIGS , contratti di solidarietà, procedure
di ricollocamento facilitato per i lavoratori posti in mobilità,
indennità economiche di mobilità e di disoccupazione,
prepensionamenti, ecc.).
Nel contempo, lattuale politica del lavoro europea, recepita
nel Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia proposto
dal Governo, ha quale presupposto la necessità di un
riequilibrio dei rapporti di potere tra datore di lavoro e lavoratore,
da ricercare non più allinterno dellordinamento
giuridico del lavoro, ma nel più complessivo contesto
del mercato del lavoro.
Il risultato è che limprenditoria nazionale sta
approfittando della congiuntura economica, non solo per liberarsi
della manodopera in esubero, ma anche per ripresentarsi sul
mercato con personale inquadrato in contratti sempre più
precari e flessibili, che vanno conquistandosi piena legittimazione
nel nuovo ordinamento giuridico del lavoro.
In questo senso va letta lapprovazione della prima legge
delega, avvenuta il 5/2/2003, relativa ad una parte del Disegno
di legge presentato al Senato dal Presidente del Consiglio dei
Ministri e dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali
15 novembre 2001, n. 848, in materia di misure per loccupabilità
nel mercato del lavoro, collocamento pubblico, intermediazione
di manodopera, incentivi alloccupazione, ammortizzatori
sociali, flessibilità e formazione, part-time, tipologie
contrattuali innovative, orario di lavoro e arbitrato, che costituisce
il manifesto programmatico del governo per la riforma integrale
dellordinamento giuridico del lavoro.
Nei prossimi mesi sarà varata la seconda legge delega
relativa alla riforma dellart. 18 Stat. Lav., agli ammortizzatori
sociali e ad altro, mentre i decreti attuativi delle prime dieci
deleghe andranno in vigore entro la prossima estate. Con detti
strumenti legislativi il Governo persegue lobiettivo della
crescita occupazionale a tutti i costi, smantellando i residui
presidi giuridici (non solo lart. 18 Stat. Lav.) posti
a tutela del rapporto di lavoro subordinato e aprendo la strada
per il varo del nuovo Statuto dei Lavori. Come si
può, infatti, leggere nella relazione di accompagnamento
al Disegno di legge sopra citato, Il Governo ritiene
che lattuale ordinamento giuridico del lavoro si limiti
a realizzare la protezione del lavoratore in quanto titolare
di una posizione lavorativa, garantendo agli insiders
una posizione di privilegio a scapito degli outsiders.
Per il Governo, lart. 18 più o meno esteso
è un freno per loccupabilità (potenziale
occupazione non garantita) e va combattuto per creare nuove
opportunità di lavoro così come il referendum
sarà unoccasione in più per dividere i lavoratori
fra garantiti e più o meno precari e fra occupati e coloro
che cercano unoccupazione.
La demagogia diventa così strumento per il Governo non
per estendere i diritti a 360° per tutti i lavoratori, ma
per privare di tali tutele gli attuali beneficiari, magari introducendo
listituto del leasing di manodopera o il lavoro
intermittente altrimenti detto a chiamata, il lavoro
a prestazioni ripartite ovvero forme di parasubordinazione
che faranno impallidire per la loro flessibilità assoluta
i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.)
o il moderno caporalato organizzato dalle cooperative.
Alla luce di quanto sopra, ben si comprende quanto segue.
Il contratto di lavoro a carattere
subordinato e a tempo indeterminato ha perso il suo carattere
di centralità, perdendo il primato sulle altre tipologie
contrattuali di cui fino a pochi anni costituiva il paradigma.
Conseguentemente anche la qualificazione
contrattuale del rapporto di lavoro ha perso progressivamente
il suo carattere di indisponibilità cosicché la
sua veste giuridica viene sempre più decisa discrezionalmente
dal datore di lavoro, prevalendo sulla situazione fattuale,
superata dalla mera accettazione da parte del lavoratore della
specifica forma contrattuale imposta dai rapporti di forza.
Nel prossimo futuro saranno sempre
di più le categorie di lavoratori esclusi dal sistema
di tutele, concepito principalmente a sostegno della cd. rigidità
del rapporto di lavoro.
La battaglia per lestensione
dellart. 18 non deve, pertanto, fermarsi alla tutela della
categoria dei lavoratori con contratti a tempo indeterminato,
ma investire tutte le forme di lavoro subordinato. In altri
termini la consultazione referendaria ha come primo limite quello
di avere riguardo solo per i lavoratori con contratto di lavoro
subordinato ed a tempo indeterminato, senza tenere conto in
alcun modo né di coloro che sono titolari di contratti
a tempo determinato o parasubordinato (co.co.co.) né
di coloro che sono soci-lavoratori di cooperative né
tantomeno di coloro che sono vincolati al padronato dalle mille
forme che la fantasia dello sfruttamento ha inventato per ingabbiare
i diritti dei lavoratori.
Al contrario, lobiettivo
politico perseguito da CGIL CISL e UIL in questi ultimi
anni è stato quello di tutelare, in modo pressoché
esclusivo, da una parte alcuni privilegi giuridici in favore
di poche categorie di lavoratori e dallaltra le forme
parassitarie integrative della retribuzione derivanti
dagli ammortizzatori di reddito (ex ammortizzatori sociali).
Il risultato è stato devastante perché ha contribuito
a rompere anche gli ultimi principi di solidarietà che
legavano la classe lavoratrice, impedendo addirittura la comunicazione
intercategoriale orizzontale, di genere e generazionale
allinterno della stessa così da creare una
lotta di tutti contro tutti (giovani contro anziani, uomini
contro donne, italiani contro stranieri, garantiti contro precari,
ecc.)
In questo quadro politico-sociale, decidere di impegnare il
mondo del lavoro in una battaglia istituzionale, obbliga tutto
il sindacalismo di base, e con esso anche lUnione Sindacale
Italiana, a valutare molto attentamente i pro ed i contro di
questa scelta.
I pro
1. Tutto il sindacalismo di base deve tenere conto
che la lotta per lestensione dellart. 18 ha i caratteri
del forte contenuto simbolico-emotivo.
2. È una lotta dallobiettivo pratico, reale
ed immediatamente comprensibile dove le alternative sono di
una semplicità elementare: o sì o no.
3. È una lotta facile da spiegare ai lavoratori
perché non è riformista né tantomeno rivoluzionaria,
ma solo restaurativa, è cioè un ritorno
alla normativa precedente alla legge n.108/90, che aveva introdotto
il limite superiore ai quindici dipendenti per lapplicabilità
dellart. 18.
4. In considerazione della sua concretezza, tale lotta
può diventare un momento di omogeneizzazione della classe
lavoratrice e del sindacalismo di base dando unità dintenti
per nuovi e più qualificati obiettivi, proponendo pratiche
di lotta e modelli organizzativi utili per future rivendicazioni.
5. È un occasione-pretesto di sensibilizzazione
della classe lavoratrice che potrebbe determinare effetti a
catena. Per esempio: dalla lotta a difesa dellart. 18
si è passati oggi allobiettivo della sua estensione
alle piccole aziende e domani si potrebbe concepire una tutela
più allargata a tutti i lavoratori più o meno
precari.
6. È unoccasione per uscire dal radicalismo
verbale e rilanciare il conflitto di classe, attraverso una
mobilitazione diffusa anche fra i giovani lavoratori
e quelli non garantiti per un obiettivo praticabile e
raggiungibile in una prospettiva rivendicativa più avanzata.
7. Sul piano politico-istituzionale, è altamente
improbabile che questa legislatura possa concepire una riforma
del diritto del lavoro, che non sia quella voluta dal governo
per istituzionalizzare precariato, flessibilità ed assistenzialismo
sociale in cambio di lavoro. Conseguentemente è più
opportuno partecipare ad una battaglia per lestensione
di diritti, ancorché parziali, piuttosto che aspettare,
come propongono DS, Margherita ed altri, riforme organiche il
cui varo è reso impossibile dalle attuali condizioni
politiche.
I contro
1. La dissoluzione dellordinamento giuridico del
lavoro, proprio perché trova la sua ragion dessere
nei rapporti di forza economico-sociali che stanno isolando
e quasi annientando la classe lavoratrice, non può essere
fermata impostando una strategia politico-sindacale incentrata
sulla difesa dello status quo ante e cioè finalizzata
al recupero di relitti dello stato sociale (vedi esperienza
Fiat) o di restaurazione di una normativa introdotta nel complice
silenzio di tutte le organizzazioni sindacali e politiche che
nel 1990 accettarono o addirittura vollero la flessibilità
dellart. 18.
2. È necessario, invece, avere una progettualità
alternativa di trasformazione radicale della società
(sindacalismo rivoluzionario) o quantomeno la consapevolezza
di avere come obiettivo una riforma organica dellordinamento
giuridico del lavoro (sindacalismo riformista). Non ha senso
incentrare la propria pratica politico-sindacale sullestensione
dellart. 18 e lasciar passare le nuove riforme sul lavoro
a chiamata, sul leasing di mano dopera, sulla legittimazione
del caporalato e sul ricorso indiscriminato al lavoro interinale
che fondano il progetto del nuovo Statuto non più dei
lavoratori ma dei lavori, proposto dal governo nel Libro
bianco.
3. Tutti i lavoratori libertari, pur riconoscendo limportanza
politico-simbolica della battaglia per lestensione dellart.
18, non debbono confondere il riformismo, che è sinonimo
di cambiamento graduale organico, e tantomeno il radicalismo
sindacale, con le battaglie della sinistra della CGIL e di Rifondazione
Comunista, che non sono battaglie riformiste, ma conservatrici
o addirittura restauratrici, che non tengono conto del terremoto
economico-sociale al quale assistiamo, che vede il mercato come
unico arbitro delle sorti dei lavoratori sempre più defraudati
di quel sistema di tutele che fungeva da contrappeso al disequilibrio
naturale tra datore di lavoro e lavoratori.
Conclusioni
Al di là della lotta per
lestensione dellart. 18, le avanguardie sindacali
e i soggetti politici più avanzati del movimento dei
lavoratori debbono porsi il duplice obiettivo di ritardare e
rendere sempre più gravosi, per la controparte padronale,
in termini economici e politici i processi di
espulsione-esternalizzazione-precarizzazione delle masse lavoratrici
e contemporaneamente di risocializzare la solidarietà.
Laumentato rischio di esclusione
sociale strutturale di sempre più ampi settori di lavoratori
despecializzati e intercambiabili impone ai lavoratori stessi,
alle avanguardie sindacali e ai gruppi sociali e politici di
riferimento di ripensare al dovere di solidarietà non
solo come obbligo istituzionale assegnato in via esclusiva allo
Stato. La solidarietà sociale deve perdere il suo carattere
istituzionale, acquisendo quello del mutuo appoggio collettivo,
attivo e permanente da realizzarsi non solo con politiche contrattuali
mutualistico-assicurative omogenee per tutte le categorie, ma
anche con interventi autorganizzati di costituzione di casse
permanenti di solidarietà e di organizzazione di forme
di lavoro autogestito per coloro che non trovano spazio nel
mercato del lavoro.
È oggettivamente inopportuna
la scelta di Rifondazione Comunista e della sinistra della CGIL
di impegnare il movimento dei lavoratori e le avanguardie sindacali
in una battaglia come quella per lestensione dellart.
18 che ha i caratteri della rivendicazione partitico-istituzionale
e restauratrice. Questa battaglia, se sarà intrapresa
in modo superficiale, contribuirà solo a sviluppare quel
sistema della delega tanto deleterio per il mondo del lavoro
e che sembra costituire lunica pratica politico-sindacale,
ridotta allapposizione di un sì o di un no e ciò
senza mai proporre una discussione articolata su un nuovo modello
sociale e contrattuale e continuando ad adottare un modello
di organizzazione sindacale che limita la sua azione a quella
di ente erogatore di servizi e di favori e sempre meno di tutele
e proposte di riforme.
Se è vero, come è
vero, che la tutela del lavoro si sposta sempre più dallordinamento
giuridico del lavoro al mercato, anche la ricerca di tutela
deve spostarsi dallambito istituzionale e normativo a
quello del conflitto sociale.
Ladesione indiscriminata
e poco ragionata ai comitati per il sì e alla lotta per
lestensione dellart. 18 può portare ad una
contrazione delle lotte, disperdendo le energie organizzative
e conflittuali dei lavoratori su di un obiettivo sostanzialmente
istituzionale e neanche lontanamente riformista e tantomeno
rivoluzionario.
LUSI, per contro, che rivendica
il sindacalismo rivoluzionario inteso come pratica graduale
di trasformazione radicale della società, non può
appiattirsi su obiettivi partitico-istituzionali, livellandosi
in basso attraverso unomogeneizzazione fittizia delle
lotte e perdendo in tal modo la sua identità politica
ed organizzativa, ma si rifiuta anche di stare alla finestra
avendo invece quale obiettivo quello di radicalizzare le lotte
e non di frustrarle.
Per concludere operativamente
partecipiamo attivamente e criticamente
al dibattito e al movimento che si è sviluppato sul tema
dellestensione dellart. 18;
non investiamo, se non parzialmente,
le nostre energie in una lotta restauratrice;
impegniamoci a rilanciare il conflitto
sociale, partendo magari dalla mobilitazione referendaria, ma
allargando i nostri obiettivi ad una riforma radicale del diritto
del lavoro che contrasti la controriforma allo Statuto dei lavoratori
proposta dal governo e dal suo famigerato Libro bianco;
sviluppiamo la solidarietà
interna a tutta la classe lavoratrice, riallacciando i legami
tra uomini e donne, giovani e anziani, lavoratori occupati e
in cerca di occupazione, garantiti e precari, italiani e stranieri.
Contribuiamo alla creazione di
un forte sindacato libertario, autogestionario, antagonista
e autenticamente di base, che rappresenti le sempre più
diffuse aspettative di difesa sociale ma anche di trasformazione
radicale della società basata su sfruttamento capitalista,
repressione militare e potere totalitario.
Sergio Onesti
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