Non sarò certo io a negare allavvocato
Previti (dico avvocato perché chiamarlo onorevole
mi sembrerebbe francamente eccessivo, almeno dal punto di vista
delletimologia) il diritto di proclamarsi innocente e
di attribuire la sua condanna alla particolare malevolenza di
chi la ha pronunciata. È una pratica diffusa tra quanti
si trovano nella sua condizione e, del resto, sono anni che
la magistratura italiana si è giocata, per così
dire, lautorevolezza in cambio dellautorità.
Avrete notato anche voi come la certezza del diritto, in questo
allegro paese, sia sempre stata sottoposta a un certo numero
di condizioni abbastanza indebite e converrete certo sul fatto
che un tribunale e una procura che hanno in carniere, tra gli
altri, il caso Sofri, restano avvolti da una sorta di nebbia
che nessun invito a resistere, resistere, resistere potrà
mai dissipare.
Motivare le proprie invettive
Libero dunque il noto avvocato di dire dei suoi giudici tutto
il male che crede e liberi, naturalmente, i suoi amici e sostenitori
di dargli manforte. È vero che in un paese ben ordinato
il capo del governo dovrebbe astenersi dal definire golpisti
e criminali i giudici che hanno condannato un amico
suo, ma nessuno ha mai sostenuto che il nostro sia un paese
ben ordinato e il concetto di separazione dei poteri resta comunque
al di là della portata intellettuale di chi attualmente
riveste la carica.
La cosa, tuttavia, non esclude il dovere, o semplicemente lopportunità,
di motivare le proprie invettive. In fondo, di fronte a una
sostanziosa sentenza di condanna, non ci si può limitare
a dichiararsi a gran voce innocenti e pretendere di essere creduti
sulla parola (anche se disporre del pieno controllo dei media
aiuta parecchio). Qualsiasi protesta ha bisogno di una base
argomentativa adeguata e tutti capiamo che la posizione di Previti
sarebbe molto più solida se i suoi zelatori riuscissero
a illustrare con chiarezza allopinione pubblica i motivi
per cui pensano che i magistrati ce labbiano tanto con
lui.
Purtroppo, da questo punto di vista, sembra che i nemici del
tribunale di Milano, ministro guardasigilli in testa, siano
proprio, come si dice, in braghe di tela. Non sanno far altro
che ripetere che quei magistrati, con la loro persecuzione,
altro non si propongono che di ribaltare il verdetto delle urne,
restituendo ai partiti di sinistra per via giudiziaria quel
diritto a governare che il popolo sovrano gli ha liberamente
negato. È un teorema che, come avrete notato, Berlusconi
e i suoi non si stancano di ripetere: vi ci si aggrappano, di
fatto, con una tenacia che sfiora lossessione. E capirete
che un argomento del genere, a due anni dalle elezioni, di fronte
a unopposizione come quella che ci ritroviamo, debole,
divisa e rissosa, palesemente terrorizzata allidea di
contendere il governo ai suoi avversari e già disposta,
comunque, a concedere loro, se non il ripristino pieno dellimmunità
parlamentare, almeno la non procedibilità contro le alte
cariche dello stato, lascia il tempo che trova. Se effettivamente
la magistratura si prefiggesse di far cadere il governo e se
essa fosse davvero alle dipendenze di Rutelli, Fassino e Cofferati,
costoro sarebbero i primi a bloccarla.
Indifferenti ai problemi della giustizia
In ogni caso, la questione andrebbe affrontata, una volta per
tutte, nella sua complessità. Previti e Berlusconi saranno
anche due imputati eccellenti, ma le loro vicende, con rispetto
parlando, non esauriscono luniverso giudiziario. E se
è vero che gli esponenti della maggioranza sono sempre
pronti a insorgere in massa quando in giudizio finisce qualcuno
di loro, a cominciare dal Capo e dai suoi sodali, è anche
vero che si sono sempre mostrati piuttosto indifferenti di fronte
ai problemi di ordinaria amministrazione della giustizia. A
quella magistratura che hanno appena finito di coprire di insulti
sono pronti a restituire la piena fiducia quando si occupa di
qualcun altro.
Non ci riferiamo tanto al giubilo (un po invidioso) che
costoro hanno condiviso con lintero mondo politico in
occasione della recente assoluzione in appello del senatore
Andreotti. Pensiamo piuttosto alla tenacia con cui si sono sempre
opposti, a rischio di fare uno sgarbo persino al papa, a qualsiasi
proposta di concedere non diciamo unamnistia o un indulto,
ma persino un risicatissimo indultino, un gesto qualsiasi di
buona volontà, ai tanti poveracci che, per sentenza di
quegli stessi giudici, affollano linferno delle nostre
carceri. Garanzie, immunità e piede libero, costoro li
richiedono esclusivamente per sé. E la contraddizione
implicita in questo atteggiamento li lascia del tutto indifferenti,
perché la legalità, dal loro punto di vista, è
cosa che riguarda sempre e soltanto gli altri. Per cui, quella
tanto ostentata contrapposizione alla magistratura finisce per
rivelarsi per quello che è: una serie di scontri al vertice
per il potere, una lotta squallida, in cui chi davvero si preoccupa
della giustizia farebbe meglio, nonostante ogni ovvia tentazione,
a non schierarsi.
Carlo Oliva
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