A Se non fosse che sono così emozionato di
incontrarla, e se non fosse un po troppo scontato, la
inviterei a un simposio.
B Ne sarei felice, purché fosse inteso davvero
al modo antico: discutere e nello stesso tempo allietare tutti
i sensi.
Temo che in questa Milano non potrò offrirle niente
di simile, se vuole potremmo accontentarci di unosteria.
Non la disprezzo affatto, andiamo. Ma, mi dica, perché
la emoziona tanto incontrarmi?
Beh in un certo senso la considero un maestro e, badi bene,
ho lasciato la minuscola per non irritarla.
Se la cosa le fa piacere, non vedo perché dovrei impedirglielo.
Purché sappia che io rifiuto in questo senso gli allievi.
Ma se ha insegnato tutta la vita?
Ho cercato di insegnare a non prendermi e a non prendersi troppo
sul serio, a emanciparsi dalla condizione di allievi che, glielo
ricordo, deriva da allevare; beh io non voglio allevare nessuno,
né figli, né tantomeno allievi. Magari un gatto
e un cane sì.
Mi fa venire in mente il cane che si morde la coda: lei
parla e intanto cerca di convincere chi lascolta a non
prendere sul serio i suoi discorsi. Ma è davvero possibile?
Non si contraddice così?
E lei non si contraddice mai?
Mai intenzionalmente almeno.
Beh sappia almeno quanto è pericolosa questa posizione;
per me la base del pensiero, chiamiamolo critico (benché
forse sarebbe meglio chiamarlo libero e creativo), è
la capacità di vedere il limite delle proprie idee. Quando
non lo si vede, bisogna insospettirsi. Leducazione dovrebbe
avere fondamentalmente questo compito.
Nientaltro? Non cè qualcosa di positivo
a cui vale la pena di educare? Non ci sono contenuti validi
che possano essere la base delleducazione di un individuo?
Innumerevoli. Certamente ma nessuno in modo cogente e definitivo.
Mi spiego meglio. Conoscere può essere una gioia, ma
non può diventare una costrizione, in nessun caso. Non
cè un criterio di valore in assoluto che imponga
a ogni uomo o donna ciò che è giusto, doveroso,
inevitabile conoscere. Ciascuno dovrebbe prendersi la responsabilità
di ciò che val la pena di conoscere, senza ricorrere
a canoni e tantomeno a esperti che ci dicono che cosa fare della
nostra vita.
Ma consideri un bambino, un ragazzo. Un allievo, che so,
di 15 anni non conosce ad esempio la ricchezza della nostra
tradizione filosofica o musicale. Prende ciò che trova
nel contesto in cui vive. Allora non è meglio un criterio,
piuttosto che nessun criterio? Non è che questo relativismo
ci conduce allindifferenza, per cui tutto va bene? La
Bonarda che sta bevendo non è uguale a un Brunello di
Montalcino.
Provo a spiegarlo in un altro modo. Intanto, mi scusi, questo
vino è pessimo, ed è lei che mi ha condotto qui.
Comunque in primo luogo il relativismo, se non viene assolutizzato,
non è una bestia nera come lo si dipinge: è uno
degli strumenti per immunizzarsi dagli assoluti. In secondo
luogo certamente esistono criteri di scelta, ciascuno di noi
li usa continuamente, ma vanno dichiarati sin dal principio
e non sottratti al principio della scelta. Può darsi
che un quindicenne apprezzi più Eminem dellArte
della fuga di Bach, ma è precisamente compito mio, mostrargli
che il mio criterio di scelta, che non è assoluto, può
condurre a scoperte e a un piacere effettivo della conoscenza.
Insomma mostro con la mia passione per Bach la strada che ho
seguito, i miei criteri di scelta, ma non voglio imporli allaltro.
Io penso che la gente debba essere lasciata libera di scegliere
la propria strada e di sbagliare, come faccio anchio continuamente.
È la paura dellerrore che conduce al dogmatismo.
Invece sbagliare è qualcosa che permette di distinguere
esseri umani da automi.
È importante certamente lidea di associare
la passione alla conoscenza, ma secondo lei non si dovrebbe
porre nessun criterio rilevante tra le diverse forme di conoscenza,
tra i diversi saperi?
Pensi alla scienza, ammesso che esista qualcosa che può
essere denominato in tal modo al singolare. Che cosa produce
di fatto lidea che una certa forma di conoscenza sia superiore,
in un qualche senso, alle altre?
Dovremmo almeno motivare perché la si considera superiore,
ad esempio, perché produce effetti reali.
Vuol dirmi che altre forme di conoscenza non producono effetti
reali? Una chiacchierata tra amici, lascolto dei Winterreise
di Schubert, lamore per unaltra persona non producono
effetti reali?
Certamente sì. Ma penso che il punto sia se esiste
una forma di conoscenza che sia intersoggettivamente più
valida e che dunque debba essere preferita sotto certi aspetti
e dunque anche insegnata.
Se una tale forma esiste, devessere deciso collettivamente,
ma non dallalto delle cattedre. Tutto questo ha come conseguenza
di sottrarre alle persone il potere reale di decidere e di affidarle
nelle mani di esperti che li rendono sempre più dipendenti.
Ma queste cose le dice meglio di me il mio amico Chomsky, anche
se non concordiamo affatto sullimmagine della scienza.
Dunque lei non proporrebbe mai in nessun caso degli argomenti
da studiare, poniamo in una scuola?
Se insiste, le proporrò il programma della mia scuola,
e la chiamerò Scuola Scettica Sperimentale. La materia
fondamentale sarebbe il teatro.
(A si gratta la testa perplesso).
Vede il teatro è una forma di conoscenza preziosa che
ci permette di indossare le idee che esprimiamo, di metterle
in discussione (di drammatizzarle), di inserirle in una scena
e poi di spogliarcene. Si sa poi che gli attori mettono in dubbio
una certa idea di verità e soprattutto hanno il vantaggio
di farlo in pubblico. Infine studiando il teatro si impara la
capacità di raccontare e il racconto è uno strumento
di mediazione tra persone, linguaggi, culture diverse.
(A eccitato da questo programma, con la tentazione di prendere
appunti).
Laltra materia fondamentale è la lingua anzi le
lingue, il più possibile e in una forma viva. Il plurilinguismo
effettivo ci permette di vedere meglio dallinterno altre
culture. Tutti dovrebbero crescere plurilingue.
E le grandi opere?
Io credo che le lingue possano diventare, oltre che strumento
di pluralismo, uno strumento di comprensione delle grandi opere.
Ma ciascuno devessere lasciato libero di seguire la propria
strada. Bisogna proporre alternative, campi di ricerca, miti,
letture, ma come assaggi, un po come un sommelier impara
a distinguere assaggiando e non ingurgitando. Qui non bisogna
distinguere tra le grandi opere della tradizione letteraria
e le opere scientifiche. È tutta una questione di traduzione.
E badi che tutto questo non ha molto a che vedere con linterdisciplinarietà.
Capisco. Cè ancora posto per qualcosa nella
sua scuola?
Direi che ci sono ancora al massimo tre materie.
(A ormai conquistato). Brucio dimpazienza
Una materia fondamentale è lo humour che insegna a non
prendersi troppo sul serio. Unaltra è larte
che è poi la creatività in tutte le sue forme,
dalla scultura alla scienza. E infine la materia forse più
importante di tutte.
Mi lasci indovinare: la filosofia?
Certo che no. Io la chiamerei: larte di smascherare i
maestri. Ma forse poi non è così lontana dalla
vera filosofia. Ora basta però, mi conduca altrove a
bere qualcosa di meglio.
I due si avviano verso casa di altri amici e continuano
a parlare raccontandosi storie, assolutamente private, che non
possono essere qui riportate.
Filippo Trasatti
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