La celebre acqua di Evian ha preso un
sapore amaro allinizio di giugno di questanno. Sulla
sponda francese del lago Lemano migliaia di uomini in armi si
sono schierati a difesa dei capi degli 8 governi autonominatisi
leader planetari. Il G8, lo scorso anno relegato tra le foreste
canadesi, questanno è tornato in Europa. La volta
precedente, quando si svolse nel nostro paese, è impressa
indelebilmente nella memoria dei tanti che sulle strade e le
piazze di Genova subirono la violenza feroce di un potere che
rispose con la repressione alla marea montante di un movimento
che ne contestava a fondo la legittimità. In molti, partendo
alla volta della Francia, con gli zaini pieni di limoni, avevamo
la consapevolezza che i potenti avrebbero risposto con la forza
alle contestazioni del movimento no-global o, per dirla con
i compagni francesi, antimondializzatore.
Il copione anche stavolta non è stato tradito. Come da
ormai consolidata abitudine la sospensione del trattato di Schengen
sulla libera circolazione delle persone entro i confini dellUnione
Europea è partita sin dal 22 maggio. Ancora una volta
le frontiere dEuropa aperte ai capitali ed alle merci
si sono chiuse di fronte agli uomini ed alle donne. È
la chiusura quotidiana che sperimentano le migliaia e migliaia
di migranti che si affacciano alle sponde della «libera»
Europa, quella delle «radici illuministiche» del
preambolo della bozza costituzionale di Giscard DEstaing,
ed è la chiusura «eccezionale» che sperimentano
i ribelli alla globalizzazione capitalista in occasione di ogni
vertice di potenti. In molti non hanno potuto raggiungere la
Francia perché sulla lista nera consegnata alla polizia
francese da quella italiana. Per finire nella lista dei «reprobi»
basta poco: anche la semplice partecipazione ad altre manifestazioni
no-global in Italia o in Europa è motivo sufficiente
al respingimento. Chi scrive, partita da Torino in camper con
altri compagni, ha avuto fortuna: dopo un estenuante controllo
di oltre unora allimbocco dellautostrada del
Frejus ed un breve fermo alla frontiera da parte dei flic doganali
doltralpe, è riuscita a raggiungere senza intoppi
Annemasse, la cittadina francese dove si era data appuntamento
larea anarchica e libertaria facente riferimento alla
Convergenza Anticapitalista Antiautoritaria contro il G8 (Claaac
G8).
Gli 8 accerchiati
Le varie iniziative contro il G8 dalle manifestazioni ai blocchi,
dai sit-in alle azioni contro supermercati e distributori di
benzina, dalle azioni nonviolente alle parate musicali dei sambisti
pink e silver, si sono succedute dal 29 maggio al 3 giugno tra
la località francese di Annemasse e le elvetiche Losanna
e Ginevra. Un territorio molto vasto è stato investito
dalla presenza di piazza del movimento perché la zona
rossa, la zona vietata ai manifestanti, era ancor più
vasta ed inaccessibile del solito. Ciò non ha impedito
a migliaia e migliaia di manifestanti di circondare gli 8 capi
di governo asserragliati ad Evian in una gabbia dorata che ne
mostrava sin troppo efficacemente la ferocia.
Il movimento antiglobalizzatore è tornato protagonista
dimostrando che, lungi dallo scomparire sotto le strette repressive
così come dal soffocare nella melma delle compatibilità
istituzionali, diviene sempre più vitale.
La strategia adottata dalla polizia francese e da quella elvetica
è stata certamente meno dura di quella adottata nel luglio
del 2001 nelle strade genovesi dalle forze del disordine nostrane,
tuttavia anche stavolta per un pelo non cè scappato
il morto. Martin, un inglese residente a Barcellona, stava tentando
di intralciare il passaggio delle delegazioni dirette ad Evian
sullautostrada dAubonne, presso Losanna, calandosi
con una fune da un viadotto autostradale. Il solerte intervento
della polizia che ha tagliato la corda che lo reggeva gli ha
fatto fare un volo di 20 metri sullasfalto procurandogli
gravi ferite. Unaltra attivista è stata salvata
dallintervento di alcuni compagni che si sono aggrappati
alla fune spezzata impedendole di cadere a sua volta.
Si è trattato di un vero e proprio tentativo di omicidio.
A questepisodio fa da puntuale contrappunto luso
massiccio di gas, pallottole di gomma e granate assordanti impiegate
in modo pesante contro i manifestanti impegnati in blocchi od
anche semplici manifestazioni non autorizzate per le strade
di Annemasse come in quelle di Losanna e Ginevra. Numerosissimi
sono stati gli intossicati dal famigerato gas CS, i feriti dalle
pallottole di gomma o dagli stessi candelotti lacrimogeni sparati
ad altezza duomo.
Tanto per non smentire il fatto che ai giorni nostri quello
dellinformazione è uno degli snodi cruciali intorno
ai quali i potenti costruiscono il consenso alle proprie malefatte
non è mancato neppure lassalto poliziesco, fortunatamente
assai meno brutale di quello genovese, al media center piazzato
allUsine di Ginevra. Alcuni attivisti sono stati comunque
feriti durante lingresso dei poliziotti, tutti in borghese
con fascia «police» al braccio.
Brutalità poliziesca
Nonostante la brutalità poliziesca sia stata, sebbene
meno eclatante di quella genovese, ben più grave dei
danneggiamenti alle cose operati da alcuni degli oppositori
al G8, lattenzione mediatica nel nostro paese si è
concentrata quasi esclusivamente su questi episodi oscurando
limponente manifestazione trasfrontaliera tra la Francia
e la Svizzera. È interessante invece rilevare che la
TV svizzera, pur insistendo sulle nottate di fuoco di Ginevra
e Losanna, abbia dedicato lunghi ed approfonditi servizi agli
abusi delle forze dellordine mandando in onda anche filmati
realizzati da attivisti di Indymedia compreso il video in cui
si mostra la polizia elvetica nellatto di tagliare la
corda che reggeva Martin.
Domenica 1° giugno, giorno di apertura del G8, oltre centomila
persone hanno raggiunto la frontiera franco-elvetica tra Annemasse
e Ginevra. Due cortei, uno partito in territorio francese e
laltro in Svizzera si sono incontrati ed hanno poi bloccato
a lungo lautostrada.
Una partecipazione tanto forte era tuttaltro che scontata
nel clima di tensione artatamente costruito dai media e dalla
polizia. Una scommessa ancora una volta vinta da un movimento
che portava in piazza i grandi temi delle lotte di questi mesi:
lopposizione alla guerra ed al militarismo, il movimento
sociale francese sulle pensioni, il tema della libera circolazione
dei migranti, il rifiuto della mercificazione dellacqua
e della salute, le lotte ambientaliste e quelle contro le politiche
securitarie.
Gli anarchici raccolti nella Convergenza Anticapitalista ed
Antiautoritaria (Claaac G8) hanno dato vita ad un blocco Nero
e Rosso che ha raccolto intorno alle 10.000 persone partite
da Annemasse dove era ubicato il Villaggio anticapitalista ed
antiguerra (Vaag), luogo di riferimento delle iniziative dellanarchismo
sociale e spazio autogestito per dibattiti, feste, coordinamento
delle varie attività.
Anche il mio gruppo partito da Torino venerdì 30 maggio
arriva al Vaag nel primo pomeriggio del 31, la vigilia della
grande manifestazione del 1° giugno. Ci aspettava un caldo
dinferno ed un campeggio bene organizzato ove regnava
un clima di grande partecipazione: un po ovunque vi erano
discussioni più o meno formali ed assemblee per programmare
le varie azioni per il giorno dopo. I compagni della Federazione
Francofona tengono uno spazio informativo con la stampa anarchica
proprio accanto al tendone della Claaac e ci accolgono fraternamente.
Apprendiamo che nella mattinata di quello stesso giorno la polizia
aveva gasato un corteo di compagni, partiti dal Vaag, che contestavano
uniniziativa del Partito Socialista francese che, dimenticato
rapidamente il proprio ruolo di governo, teneva una conferenza
contro il G8 allo Chateau Rouge. Nel pomeriggio parte una manifestazione
di solidarietà con Bruno, un compagno arrestato il giorno
prima a Ginevra.
Intorno alle cinque noi e gli altri compagni della FAI partecipiamo
allassemblea della Claaac. Il clima è teso e vi
è preoccupazione: si sa che le forze istituzionali non
gradiscono la nostra presenza. La Claaac, pur optando per una
manifestazione pacifica, comunicativa ma determinata ha scelto
il rispetto per altre diverse tattiche di lotta, una scelta
poco gradita ai moderati che ambiscono al ruolo di polizia del
movimento.
La mattina dopo un gruppo partirà allalba per un
blocco stradale a S. Cergues e, nonostante luso massiccio
di gas, riuscirà a tenere la barricata sino alle prime
ore del pomeriggio.
Gente ai balconi e in strada
Il blocco Nero e Rosso si muove alle 8 dal Villaggio. Piazziamo
lo striscione della FAI e andiamo. Nel frattempo il nostro drappello
si è ingrossato: sono giunti compagni dallEmilia,
dal Friuli, dalla Lombardia e dal Piemonte. Arrivano le prime
notizie degli attacchi a distributori, macchine e supermercati
nella notte precedente a Ginevra. Abbiamo tutti sul braccio
i numeri del legal team. Ed ecco i primi canti, gli slogan.
Alle 10 confluiamo nel corteo: il nostro spezzone sfila subito
dopo i sindacati di base ed i lavoratori in sciopero che aprono
la manifestazione, i gruppi no-global più moderati ed
i partiti stanno dietro. Percorriamo le strade di Annemasse
dove la gente è sia ai balconi che in strada e saluta,
osserva, agita bandiere dalle finestre. Solo pochi locali sono
chiusi e barricati. Una pompa di benzina viene impacchettata
con della plastica nera.
Dopo una marcia lunga ed estenuante si arriva alla frontiera:
risuonano forti gli slogan contro i confini, gli stati, per
la libertà di circolazione. Il corteo prosegue per Ginevra
dove si congiunge con la manifestazione partita dalla Svizzera.
Insieme si valica nuovamente la frontiera.
Il corteo della Claaac non si scioglie e torna al Villaggio
in corteo percorrendo a lungo lautostrada che rimarrà
bloccata per ore. Siamo esausti ma lieti. Una giornata di lotta
in cui le ragioni ed i temi dellanarchismo sociale hanno
trovato uno spazio comunicativo efficace.
Il tentativo di depotenziare la presenza delegittimante del
movimento no-global, riducendola ad un problema di ordine pubblico
è ancora una volta fallito: le ragioni di unopposizione
che trova sempre maggior consenso si sono incarnate in decine
di migliaia di persone che sono entrate in contatto vivo con
il territorio in cui erano asserragliati gli 8 costruendo canali
comunicativi diretti ed efficaci.
Le componenti libertarie ed anticapitaliste del movimento no-global
hanno sempre sostenuto che lo stato ed il capitalismo sono irriformabili,
che non vi sono ricette che consentano un «addolcimento»
dei meccanismi di sfruttamento, dominazione, spoliazione del
pianeta e dei suoi abitanti che vanno sotto il nome di democrazia
e libero mercato. Le possibilità di crescita e sviluppo
del movimento dipendono dalla capacità di sviluppare
una critica ed una prassi radicali capaci di risostanziare «laltro
mondo possibile» che auspichiamo. Per far ciò occorre
fuggire la tentazione di ridursi a mero movimento di opinione,
anima bella di una sinistra istituzionale che ha perso per strada
persino lattitudine riformista. Ma è nel contempo
necessario tessere reti comunicative vaste ed efficaci.
Sappiamo bene che gettare sabbia nel loro motore è innanzitutto
opera quotidiana, capillare di radicalità e radicamento
nei nostri territori ma sappiamo anche che i grandi appuntamenti
hanno un grande valore simbolico perché mettono a nudo
il re ed i suoi servi.
Sfilando per le strade di Annemasse e Ginevra, tra un selva
di bandiere rosse e nere, attraversando più volte le
frontiere che dividono gli esseri umani, gli 8 «grandi»
sono apparsi come lemblema squallido del mondo contro
cui ci battiamo. Ogni giorno, in ogni luogo. Perché,
padroni di nulla, servi di nessuno andiamo allarrembaggio
del nostro futuro. Un futuro in cui non cè posto
per il re ed i suoi servi.
Maria
Matteo
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