Notizie da Utopia
Il socialismo moderno
comincia con lUtopia
Karl Kautsky
Fa le tante utopie con le quali comincia, secondo Karl Kautsky,
il socialismo moderno, cè sicuramente quella di
William Morris. Socialista, anarchico, architetto e cultore
della tradizione artigianale minacciata dal «progresso»
della tecnologia industriale, esponente della scuola preraffaellita,
creatore di comunità artistiche che avrebbero influenzato
lo sviluppo delle arti e della cultura in Inghilterra, William
Morris, uno dei tanti scrittori di utopie del diciannovesimo
secolo, ha composto una delle più belle, e più
anarchiche, descrizioni di una società futura, quello
straordinario News from Nowhere che ha rappresentato,
soprattutto nei paesi anglosassoni, un caposaldo e un precursore
della letteratura «fantascientifica» che tanto sviluppo
avrà nel ventesimo secolo (William Morris, Notizie
da Nessun Luogo, Genova, Silva, 1970, ma uscito anche nel
1922 con il titolo La Terra Promessa, per la Casa Editrice
Sociale di Milano e con la prefazione di Luigi Fabbri).
Arte e
impegno sociale
Nato nel 1834 da agiata famiglia borghese, compiuti gli studi
ad Oxford, la sua prima formazione culturale fu orientata al
recupero di un «ritorno al gotico» su ragioni sociali
di colore libertario, con particolare attenzione alle antiche
libere associazioni corporative dei lavoratori. Esponente del
movimento preraffaellita, amico dei pittori Edward Burne-Jones
e Dante Gabriel Rossetti, sostenitore della tesi che «unarte
fatta dal popolo per il popolo è felicità per
chi la crea e per chi ne usa», seppe poi coniugare questa
sua aspirazione artistica, concretizzatasi nel notissimo laboratorio
artigiano di arte applicata e arredamento «Arts and Crafts»,
con un forte impegno sociale fatto di conferenze, comizi, scritti
e iniziative di agitazione a fianco delle vittime del duro sistema
industriale dellInghilterra dellottocento. Nel 1885
fondò la «Lega Socialista» dal chiaro sapore
anarchico e ne diresse il giornale The Commonweal, ove
esprimeva appassionatamente le sue teorie sulla possibilità
di una emancipazione popolare capace di attuarsi anche attraverso
gli strumenti della libera arte. Lultima sua fatica fu
la creazione di un laboratorio per la stampa e la legatura a
mano dei libri, che lo tenne impegnato fino alla morte, avvenuta
in povertà nel 1896.
Questo suo romanzo è un riassunto di ardite e originali
concezioni sociali, un esercizio ideale che si inserisce nel
ricco filone della letteratura utopistica sviluppatasi in Europa
dopo la Rivoluzione francese, allorché la caduta della
monarchia (se era caduto il re di Francia tutto era ormai possibile)
consentiva alle menti più aperte e fantasiose di immaginare
società future, perfette, felici e ispirate ai principi
di libertà, fraternità e uguaglianza. A differenza
però di molti «colleghi», come Cabet, Bellamy,
Fourier, la società che ha in mente Morris non è
affatto una struttura chiusa e predeterminata, nella quale tutto
è già deciso e il sistema di regole prospettato
prevede un fermo controllo autoritario, ma piuttosto una società
aperta, passibile di sviluppi e progressi, nella quale nessuno
esercita o può esercitare autorità, e dove la
felicità e la serenità del singolo si riflettono
nella felicità e nella serenità della intera comunità.
Una vera utopia libertaria dunque, con aspetti magari ingenui
(del resto presenti in tutte le utopie del diciannovesimo secolo)
ma dove è possibile vivere una situazione profondamente
«anarchica», dove le istituzioni coercitive sono
un ricordo del passato e lunica autorità rimasta
è quella nata, spontaneamente, dal lavoro liberato. Lavoro
liberato che diventa creazione artistica e vita naturale, in
perfetta sintonia con lesigenza primaria delluomo
nuovo, non più schiavo e vittima di bisogni indotti,
ma capace di costruire, nellattività fisica e intellettuale,
il proprio compimento. E tutto fortemente condizionato dallinfluenza
del senso estetico (al quale Morris teneva particolarmente)
che diventa la conditio sine qua non per la liberazione
del singolo e della comunità.
Londra,
XXI secolo
La trama è quanto mai semplice. William Guest, militante
libertario, rientrato a casa dopo una accesa discussione coi
compagni sulle prospettive della futura rivoluzione sociale,
vive uno strano momento di sospensione fra sogno e realtà,
durante il quale si trova trasportato nella Londra del XXI secolo.
Qui, confuso e incuriosito, conosce il barcaiolo Dick e il vecchio
bibliotecario Hammond, che gli illustrano le caratteristiche,
straordinarie per lanarchico William, di quella loro nuova
società, dalla quale sono definitivamente e concordemente
banditi lo sfruttamento capitalistico e le istituzioni autoritarie.
In questo viaggio materiale e spirituale, attraverso un «mondo
nuovo» pacifico e sereno, particolarmente toccanti sono
le pagine nelle quali è descritta una Londra immaginaria,
senza più i grandi stabilimenti industriali e le cattedrali
del capitalismo, ripulita dai fumi, dalla sporcizia e dalle
tenebre della società del profitto, immersa e inserita
in una campagna rigogliosa e attraversata da un Tamigi divenuto
un serafico luogo di delizia. Consapevole del propri «limiti»
e delle proprie preferenze in campo artistico e sociale, Morris
pur essendo perfino puntiglioso sui temi che più gli
stanno a cuore (arte, artigianato, lavoro dei campi, urbanistica,
tutela del paesaggio, naturale bontà delluomo),
sorvola spesso su altri aspetti di questa società futura.
Evitando infatti, volutamente, di prospettare un sistema chiuso
e predeterminato, molto viene lasciato nel vago, per permettere
al lettore di stabilire una specie di relazione interattiva
con il racconto. Una originale forma di rispetto, quindi, che
permette di capire, più di tante altre cose, lapproccio
esistenziale profondamente libertario di Morris.
Liberazione assoluta
o incubo totalitario
Di William Morris tratta diffusamente, nel suo fondamentale
studio sulla letteratura utopistica, Maria Luisa Berneri (M.
L. Berneri, Viaggio attraverso Utopia, Carrara, Movimento
Anarchico Italiano, 1981) figlia di Camillo e Giovanna Caleffi
morta nel 1949 a Londra a soli 29 anni. Di questa opera, particolarmente
interessante ed esaustiva, indispensabile per comprendere la
ricchezza e la eterogeneità del mondo delle fantastiche
costruzioni di società future, riporto qui le prime,
intense pagine dellintroduzione, nelle quali il fenomeno
della letteratura utopistica viene considerato nel duplice aspetto
della liberazione assoluta e dellincubo totalitario. Quellincubo
totalitario che il ventesimo secolo vede più volte avverarsi
e che George Woodcock, nella sua presentazione a Maria Luisa
Berneri, così evoca ed esorcizza: «Oggi gli incubi
ci circondano, le Utopie del passato prendono forma attorno
a noi e noi comprendiamo finalmente che laffascinante
aspetto di questi modelli deve necessariamente diventare una
raccapricciante prigione, se non è basato saldamente
e sicuramente sulle fondamenta della libertà individuale,
come nel caso di quella brillante eccezione che fu Notizie
da Nessun Luogo».
Massimo Ortalli
Non avete
più
nessuna prigione?
di William Morris
Daccordo, rispose Dick ci sono dei libri
ottimi su quel periodo e ne ho letti alcuni. Ma non vedo affatto
tutti questi grandi progressi del XIX secolo di cui parlate;
dopo tutto gli uomini del Medioevo agivano secondo la loro coscienza
come, del resto, è provato dalla vostra stessa osservazione,
molto esatta, sul loro Dio, ed erano anche disposti a subire
di persona quello che infliggevano agli altri. Gli uomini del
XIX secolo, invece, erano degli ipocriti che sbandieravano propositi
umanitari e, non appena potevano, torturavano ed imprigionavano;
la loro unica giustificazione era che le loro vittime erano
esattamente ciò che essi stessi, i torturatori e carcerieri,
li avevano costretti a diventare. È orribile!
Ma forse dissi ignoravano che cosa fossero
in realtà le prigioni.
Dick sembrò seccato e persino irritato:
Questo aumenta la loro colpa, visto che sia voi che io,
dopo tanti anni sappiamo benissimo che cosa fossero. Suvvia,
Vicino, non potevano certo ignorare quale vergogna sia per un
paese anche la migliore delle prigioni; e sapevano benissimo
che le loro erano, allincirca, le peggiori possibili.
Ma voi dissi non avete più nessuna
prigione?
Avevo appena finito di parlare che mi resi conto del mio errore,
perché Dick arrossì ed aggrottò le sopracciglia
ed il vecchio parve sorpreso ed addolorato. Dick esclamò
subito, con collera, sforzandosi di mantenere la calma:
Suvvia, come potete avere il coraggio di fare una simile
domanda? Non vi ho forse detto che tutti noi sappiamo benissimo,
sulla testimonianza di libri degni di fede e con laiuto
di un po di immaginazione che cosa è in pratica
una prigione? Non siete stato proprio voi a farmi notare più
volte laria felice che ha la gente per strada? Come potete
pensare che abbiano questaria felice sapendo che dei loro
simili sono chiusi in una prigione? E se ci fosse qualcuno che
è imprigionato non sarebbe possibile nasconderlo, come
può accadere con un omicidio involontario in cui non
ci sono né premeditazione né concorso da parte
di un certo numero di persone che a sangue freddo prendano le
parti del colpevole, come avviene invece quando si tratta di
imprigionare qualcuno. Prigioni? Ma no, no, no..!
Si interruppe e, ritrovata la calma, mi disse con gentilezza.
Scusatemi! non cera motivo che mi eccitassi tanto,
visto che le prigioni non esistono più. Temo che mi giudicherete
molto male; come potevo pretendere che, provenendo da paesi
lontani, foste a conoscenza di queste cose? Temo di avervi offeso.
Era vero, ma il suo sfogo era stato così generoso che
la mia simpatia per lui aumentò.
Non
possediamo
alcun governo
di William Morris
Adesso dissi vorrei farvi alcune domande
alle quali, forse non vi sarà facile rispondere e che
presenteranno alcune difficoltà, ma è da un po
che penso siano necessarie. Che tipo di governo avete? La repubblica
ha trionfato? O siete giunti a quella forma di dittatura che
alcuni sostenevano profeticamente nel XIX secolo dover essere
la fine inevitabile della democrazia? Non credo che siano delle
domande assurde, visto che avete trasformato il Parlamento in
un mercato di letame. E dovè il vostro Parlamento
allora?
Il vecchio rise allegramente e disse:
Suvvia, il letame non è poi la forma peggiore
della corruzione! Ne nasce la fertilità, mentre da quellaltra
specie di corruzione, di cui le mura del Parlamento proteggevano
un tempo i maggiori rappresentanti, non derivava che povertà.
Devo dirvi, caro Ospite, che il nostro Parlamento avrebbe davvero
delle grosse difficoltà a sedere in un posto qualsiasi,
perché è tutto il popolo ad esserlo.
Non capisco.
Lo immaginavo. Vi scandalizzerò subito dicendovi
che non possediamo più, sotto nessuna forma, ciò
che un uomo proveniente come voi da un altro pianeta potrebbe
definire un governo.
Mi scandalizzate meno del previsto perché ho una
certa esperienza di che cosa sono i governi. Ma, ditemi, come
funziona la cosa e come ci siete arrivati?
È vero che per procedere nellesistenza è
necessario stabilire alcune regole a proposito delle quali potreste
ora tempestarmi di domande ed è altrettanto vero che
non sempre tutti sono daccordo sui dettagli di queste
regole, ma è poi proprio necessario un complicato sistema
di governo, con un esercito, una marina ed una polizia per obbligarci
a sottostare alla volontà della maggioranza dei nostri
uguali? È come pensare che ci sia bisogno di tutto ciò
per obbligarmi a comprendere che la nostra testa e questo muro
non possono occupare contemporaneamente la stessa porzione di
spazio. Avete bisogno di altre spiegazioni?
Temo di sì.
Il vecchio Hammond si sistemò meglio sulla propria poltrona
con unaria molto divertita e mi venne il dubbio inquietante
di dover ascoltare di lì a poco una lunga dissertazione
tecnica. Sospirai e stetti ad aspettare.
Credo disse che non vi siano ignoti i metodi
di governo in uso nei vecchi tempi malvagi.
Credo di conoscerli risposi.
Quale era il governo in quellepoca? Era davvero
il Parlamento, o una parte qualsiasi del Parlamento?
No.
Il Parlamento non era forse, da un lato, una specie di
Comitato di Vigilanza incaricato di sorvegliare che gli interessi
delle classi dominanti non fossero mai lesi e, dallaltra,
una specie di specchio per le allodole destinato a dare al popolo
lillusione di partecipare in parte alla gestione dei propri
affari?
Direi che questo è quanto rivela la storia.
E quando era che il popolo gestiva i propri affari?
Per quanto ne so, talvolta riusciva a costringere il
Parlamento a legalizzare un mutamento già avvenuto di
fatto.
Ed è tutto?
Credo di sì. So che se il popolo faceva il benché
minimo tentativo di attaccare la vera causa dei suoi mali, la
legge interveniva per proclamare che si trattava di ribellione,
di sedizione e di non so che altro, al fine di poter assassinare
o torturare i capi di quei tentativi.
E se allora il Parlamento non era il governo, se il popolo
non era il governo, chi mai era il governo?
Voi sapete dirmelo?
Credo di non sbagliare di molto rispose
sostenendo che il governo erano i tribunali appoggiati dal potere
esecutivo, i quali detenevano la forza bruta che il popolo ingannato
permetteva venisse usata per i loro scopi personali e cioè:
lesercito, la marina e la polizia.
Non
abbiamo
una legge penale
di William Morris
E se ho capito bene, avete abolito anche le leggi civili.
È esatto?
Si sono abolite da sole, amico mio. Come vi ho detto,
i tribunali civili erano mantenuti con lunico scopo di
difendere la proprietà privata; nessuno infatti ha mai
preteso di poter obbligare la gente a comportarsi onestamente,
facendo uso della forza. Con la scomparsa della proprietà
privata sono naturalmente scomparse tutte le leggi e tutti i
delitti che ne derivavano. Il comandamento: Non rubare
è diventato: Lavora allo scopo di essere felice.
Forse che il rispetto di questo comandamento prevede luso
della forza?
Daccordo; ma gli atti di violenza? Il fatto che
esistano (e non potete negarlo) non rende forse necessaria lesistenza
di una legge penale?
Nel senso che intendete voi, non abbiamo neppure più
una legge penale. Esaminiamo il problema da vicino, per scoprire
da dove provengano gli atti di violenza. Un tempo, erano quasi
tutti frutto delle leggi sulla proprietà privata le quali
impedivano a tutti, tranne un piccolo gruppo di privilegiati,
di soddisfare i propri bisogni naturali e nascevano dalle costrizioni
generali imposte da queste leggi. Ma oggi tutte queste cause
sono scomparse. Un certo numero di atti di violenza era inoltre
dovuto alla perversione artificiale dei desideri sessuali che
suscitava delle gelosie assurde insieme con numerose altre conseguenze
negative.
In realtà alla base di queste cera lidea,
sancita legalmente, che la donna fosse di proprietà delluomo,
marito, padre, fratello che fosse. Anche questa idea è
scomparsa insieme con la proprietà privata. Le stesse
idiozie sul disonore della donna che, al di fuori
dei legami legali, avesse seguito le sue tendenze naturali erano
solo delle convenzioni basate sulle leggi che tutelavano la
proprietà privata. Unaltra causa di violenza, strettamente
legata alla precedente, era la tirannia familiare che, un tempo,
è servita di argomento per tanti romanzi e racconti e
che nasceva anchessa dallesistenza della proprietà
privata. Oggi tutto ciò è scomparso completamente,
poiché la famiglia vive unita non da obblighi sociali
o legali, ma dallamicizia e dallaffetto reciproci
e tutti sono padroni di andare o venire liberamente. Anche il
nostro concetto di onore e la nostra opinione pubblica sono
completamente cambiati; ingannare gli altri non è più,
e speriamo per sempre, la via migliore per ottenere la gloria.
Tutti sono liberi di dar prova delle proprie capacità
e gli altri li incoraggiano. Così è scomparsa
linvidia piena di astio che i poeti giustamente consideravano
essere in stretto rapporto con lodio; essa provocava molte
miserie e molti rancori che, nelle persone suscettibili e predisposte,
cioè quelle energiche ed attive, sfociavano frequentemente
in atti di violenza.
Brani tratti da: William Morris, Notizie da nessun luogo,
S. Atto - Teramo, 1970.
La limitatezza
della nostra fantasia
di Maria Luisa Berneri
La nostra è unepoca di compromessi, di mezze
misure, di male minore. I visionari vengon derisi o disprezzati
e gli uomini pratici governano la nostra vita.
Non cerchiamo più soluzioni radicali ai mali della
società, ma miglioramenti; non cerchiamo più
di abolire la guerra, ma di evitarla per un periodo di qualche
anno; non cerchiamo di abolire il crimine, ma ci accontentiamo
di riforme penali; non tentiamo di abolire la fame, ma fondiamo
organizzazioni mondiali di carità. In unepoca
in cui luomo è tanto attirato da ciò che
è realizzabile e suscettibile di immediata realizzazione,
potrebbe essere salutare esercizio rivolgerci agli uomini
che han sognato Utopie, che hanno respinto tutto ciò
che non corrispondeva al loro ideale di perfezione.
Spesso ci sentiamo umili quando leggiamo di questi Stati e
i di queste città ideali, perché comprendiamo
la modestia delle nostre rivendicazioni e la limitatezza della
nostra fantasia. Zenone predicava linternazionalismo,
Platone riconosceva luguaglianza tra uomini e donne,
Tommaso Moro percepiva chiaramente il rapporto tra povertà
e crimine che viene negato persino ai giorni nostri. Allinizio
del XVII secolo, Campanella auspicava la giornata lavorativa
di quattro ore e il predicatore tedesco Andreä parlava
di lavoro gradevole e proponeva un sistema di educazione che
potrebbe servire da modello ancora oggi.
Troveremo la condanna della proprietà privata, il denaro
ed il salario considerati immorali o irrazionali, la solidarietà
umana accettata come cosa ovvia. Tutte queste idee che potrebbero
essere ritenute temerarie oggi, vennero avanzate allora con
una sicurezza che dimostra come, nonostante non venissero
in genere accettate, nondimeno fossero immediatamente comprese.
Alla fine del XVII e nel XVIII secolo, ritroviamo idee ancor
più sorprendenti e audaci riguardo alla religione,
ai rapporti sessuali, alla natura del governo e della legge.
Siamo talmente abituati a pensare che i movimenti progressisti
abbiano avuto inizio col XIX secolo, che ci stupiamo di vedere
che la degenerazione del pensiero utopico comincia proprio
allora. Le utopie, in genere, diventano timorose; la proprietà
privata e il denaro vengono spesso giudicati necessari; gli
uomini devono considerarsi felici a lavorare otto ore al giorno
e non cè nemmeno da pensare alla possibilità
che il loro lavoro sia attraente. Le donne son sottoposte
alla tutela dei loro mariti e i figli a quella del padre.
Ma prima che le utopie venissero contaminate dallo spirito
realista del nostro tempo, esse fiorirono con
una varietà ed una ricchezza che ci fanno dubitare
nella validità della nostra pretesa di aver ottenuto
qualche avanzamento nel progresso sociale.
Ciò non significa che tutte le utopie siano state rivoluzionarie
e progressiste: la maggior parte di esse hanno avuto queste
due qualità, ma poche sono state completamente rivoluzionarie.
Gli scrittori utopistici furono rivoluzionari quando auspicavano
una comunità di beni al tempo in cui la proprietà
privata era ritenuta sacra, il diritto per ogni individuo
di sfamarsi quando i mendicanti venivano impiccati, la parità
delle donne quando queste erano considerate poco più
che schiave, la dignità del lavoro manuale quando esso
veniva ritenuto ed era reso unoccupazione degradante,
il diritto di ogni bambino ad una infanzia felice e ad una
buona istruzione quando questo era riservato ai figli dei
nobili e dei ricchi. Tutto ciò ha contribuito a rendere
la parola Utopia sinonimo di una forma felice
e desiderabile di società. Utopia, a questo riguardo,
rappresenta il bisogno degli uomini alla felicità,
il loro segreto desiderio dellEtà dellOro,
o, come altri limmaginavano, del Paradiso perduto.
Tratto da: Maria Luisa Berneri, Viaggio attraverso Utopia,
Pistoia, 1981.
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