Le spedizioni
Quattro sono i punti cardinali e quattro i personaggi importanti
che si addentrarono in Patagonia alla fine del secolo passato.
Dal nord giunse il Generale Julio Argentino Roca, a capo di
un esercito; dal sud lanarchico Errico Malatesta, insieme
ad altri due compagni di idee; dallest, duecento emigranti
gallesi che, in cerca di una nuova vita, giunsero a bordo di
una nave chiamata Mimosa, una sorta di Mayflower per la regione
del Chubut; infine dallovest, attraverso terre araucane,
il francese Orllie Antoine de Tounens, nobiluomo di provincia
caduto in rovina, in cerca di uno scettro e di una corona.
La Patagonia fu dunque invasa, rispettivamente, da un militare,
futuro Presidente dellArgentina; da un re da operetta;
da un anarchico in fuga dal governo italiano; e, infine, da
coloni, il cui capo, Lewis Jones, seguiva una vaga ideologia
socialista di tendenza fabiana. Ciascuno di essi aveva in mente
un certo modello di organizzazione collettiva: ai coloni corrispondeva
lidea di Comunità; allautoproclamatosi Re
di Araucania e di Patagonia lidea di Impero; al Generale
Roca lidea di uno Stato-nazione e, infine, agli anarchici
la Rivoluzione Mondiale.
Ciascuna di queste spedizioni patagoniche si lasciò dietro
tracce storiche, emblematiche, spirituali e, addirittura, gastronomiche;
tracce che, a eccezione dellincursione statal-militare,
svanirono progressivamente nelloblio e che, per gli argentini
di oggi, risultano del tutto inconsistenti, costituendo, al
massimo, qualche curioso aneddoto. Queste vestigia storiche
si trovano sepolte appena sotto la superficie: sopravvivono
debolmente nelle leggende popolari della regione o nelle strane
dicerie che, a volte, qualcuno richiama alla memoria. Ma questo
è esattamente ciò che deve essere: lo Stato si
occupa di promuovere il ricordo delle gesta compiute in nome
dellunificazione del territorio e di imprimerle nei programmi
istituzionali diffusi nelle scuole e nelle università.
Gli altri possono affidarsi soltanto alla pietà storica
che si trasmette di bocca in bocca, a queste terrene concavità
che proteggono la storia sociale di un popolo. In qualche caso,
una sola persona al mondo è in grado di ricordare ciò
che è accaduto.
A metà del XIX secolo, la Patagonia era sinonimo di territori
sconosciuti, venti furiosi, spazi giganteschi, semi-popolati
e mai misurati nella loro vastità; sinonimo di terra
degli indios, Toltechi e Araucani. Circolavano ancora le improbabili
leggende sullesistenza di El Dorado, la città doro
che affannosamente cercarono i conquistadores spagnoli, questa
volta in uno degli ultimi territori inesplorati del Sud America.
Distante dalla lunghissima costa, dove, di volta in volta, si
erano insediati esploratori, balenieri o fornitori di quei pochi
porti lì situati, linterno della Patagonia era
terra di nessuno, ovvero: di indigeni; era La Terra,
così come la chiamavano gli Araucani, suoi primi abitanti.
Soltanto alcuni pionieri e i sempiterni straccivendoli che commerciavano
con gli indios, conoscevano alcuni dei suoi sentieri interni.
Nel XIX secolo, chi davvero governava la Patagonia era il vento,
le cui veementi burrasche raggiungevano, nei momenti di splendore,
i centoventi chilometri orari. Terminata la giornata, il silenzio
trasparente e la notte australe, come specchi simmetrici, si
fondevano soavemente. Patagonia era una parola scritta in una
mappa vuota, che i governanti argentini, sollevati recentemente
dallimpegno di una lunga guerra civile, sorvegliavano
da Buenos Aires con ansia e ingordigia, preoccupati di eventuali
recriminazioni da parte cilena o europea.
Coloni e soldati
Alcuni gallesi fuggivano dallintolleranza religiosa;
tutti, senza eccezione, dagli inglesi. Nel 1865, i coloni sbarcarono
nel Golfo Nuovo e si addentrarono lungo la valle del Río
Chubut. Lottarono contro gli elementi, ambientali e atmosferici,
e fondarono villaggi lungo il fiume: Madryn, Rawson, Gayman,
Trevelyn. Per anni, i loro vicini abituali non furono dunque
gli argentini, ma gli indios toltechi, che, scrocconi di natura,
chiedevano loro continuamente da mangiare e qualsiasi tipo di
oggetto. Lo scambio avveniva in linguaggi intraducibili a Buenos
Aires: gallese e tolteco.
Poco dopo essere arrivati, morì il primo dei coloni,
che fu sepolto in un cimitero consacrato dietro la cappella
protestante. Questo cimitero, ormai colmo, fu chiuso verso il
1930. Ciononostante, lultimo a morire degli emigranti
originari fu seppellito ugualmente nel primo cimitero, riaperto
esclusivamente per questultimo, tra i primi. Poco a poco,
i gallesi si americanizzarono e, col tempo, la valle del Río
Chubut cominciò ad essere condivisa anche da altre correnti
migratorie, inclusi gli stessi argentini.
Anni dopo, nel 1878, il governo argentino diede inizio alloccupazione
finale della Patagonia, attraverso una subdola operazione militare,
chiamata ufficialmente la conquista del deserto,
ovvero la subordinazione allo Stato argentino degli originari
possessori della terra. Per farla finita con il problema
degli indios, fu inviato un esercito, a capo del quale
vi era lallora Ministro di Guerra Julio A. Roca, il cui
mandato consisteva nelloltrepassare la linea di frontiera
con gli indios, stabilita decine di anni prima attraverso una
serie di fortini, e sconfiggere quindi definitivamente le varie
tribù ranqueles, pehuenches, pampas, mapuches e huiliches.
Si trattava di 6000 soldati organizzati in 5 divisioni, contro
2.000 combattenti indigeni dispersi per il territorio. Ovvero,
fucili e telegrafi contro lance e boleadoras. (1)
Il 25 di maggio del 1879, quando limpulso bellico di questesercito
aveva già lasciato terra bruciata dietro di sé
e posto ormai fine al potere dellultimo comando
indigeno, il Generale Roca decretò, presso le rive del
Río Negro, la conclusione della spedizione. Erano morti
1.300 indios, ne erano stati catturati 10.500, e 55 milioni
di ettari erano stati annessi al territorio dello stato argentino.
Poco dopo, in quei territori fu fondata una città che
mantiene ancora oggi il suo originale toponimo militare: Fuerte
General Roca. Il successivo destino del Comandante fu quindi
la politica, attraverso la quale, nei decenni seguenti, acquisì
la fama di grande arbitro: militare o politico,
Julio A. Roca rimase sempre un Uomo di Stato.
Ad ogni modo, loccupazione definitiva della Patagonia
comportò altri dieci anni di scontri con gli indigeni
stanziati più a sud.
Il Re
Ventanni prima, venendo dal Cile, un uomo solitario che
sogna un impero tutto suo, attraversa dallest la Cordigliera
delle Ande. Ha trentacinque anni. È stato procuratore
a Périgueux e, avido lettore di libri di geografia e
di viaggi di esploratori, decide di andare in Sud America per
tentare la sorte e per conquistare nuove terre. Nel 1858 sbarca
nel porto di Coquimbo, in Cile. Nei due anni seguenti, prima
ancora di metter piede nei territori dove vivevano allora gli
Araucani ignari delle intenzioni stataliste del governo
cileno , si dota già di una bandiera, di un blasone
e di una costituzione per il suo futuro regno. Nel 1860, si
addentra quindi nei territori araucani, insieme a due commercianti
francesi, che solevano trafficare perline e coltivare cattive
abitudini con gli indios, e ai quali promette la carica di futuri
ministri del suo regno. Lentamente, in groppa a un mulo, giunge
infine alla terra che egli stesso si era promesso.
Il 17 di novembre del 1860, dopo aver ottenuto un timido, quanto
ambiguo appoggio da parte dei capi indigeni, Orllie Antoine
emette un decreto dichiarandosi Re dellAraucania. Subito
dopo, invia una comunicazione postale diretta al Presidente
del Cile, Manuel Montt, annunciandogli la buona nuova; notizia
che il governo cileno decide di ignorare totalmente. Un re senza
esercito, infatti, non costituisce un problema, per quanto egli
sostituisca il suo cognome, Tounens, col primo numero romano.
Tre giorni dopo, con un altro decreto, annette al suo regno
lintera Patagonia argentina, che battezza con il nome
di Nuova Francia. La prima avventura araucana di
Orllie Antoine termina quindi brutalmente nel gennaio del 1862,
quando, tradito da due delle sue irrispettose guide cilene,
viene catturato da un distaccamento militare. A quei tempi,
infatti, il governo del nuovo presidente José Joaquín
Pérez considerava con una certa preoccupazione la possibilità
di una sommossa tra gli indigeni, alimentata e guidata da un
fissato francese. Due anni di patetico regno e di arringhe agli
indios si disfano quindi lentamente in una prigione cilena,
dove Orllie rimane rinchiuso per nove mesi. Viene quindi giudicato
e condannato alla reclusione nel Manicomio di Santiago di Cile,
umiliazione da cui è risparmiato grazie allopportuno
intervento del Console di Francia a Valparaíso, che ottiene
il suo rimpatrio in Francia.
Antoine I era stato detronizzato. Durante il suo esilio
francese, dal 1862 al 1869, viene quindi fatto oggetto di scherzi
o di curiosità; ma egli è davvero tenace nelle
sue intenzioni: costretto in Francia, pubblica un giornale,
divulga un manifesto, esaspera il senato francese con una petizione
dopo laltra.
Nel 1869, sbarca infine nella costa argentina della Patagonia,
a San Antonio, e, dopo aver attraversato la pampa, sbuca nuovamente
tra le tribù araucane cilene. Uno dei suoi accompagnatori
si chiamava Eleuterio Mendoza, che meriterebbe certo essere
il nome di un anarchico. Ricercato però dallesercito
cileno, attraversa nuovamente la cordigliera, ma nel senso opposto,
e giunge quindi al porto di Bahía Blanca, quasi nello
stesso luogo dove aveva intrapreso la riconquista dei suoi territori.
Si era nel luglio del 1871.
Da Bahía Blanca, si dirige dunque a Buenos Aires, dove
viene intervistato da diversi giornali. Tra questi, La
Tribuna, organo politico del roquismo, che
si sorprende ironicamente del fatto che il governo argentino
non gli abbia riservato la dovuta accoglienza dato il
suo alto rango. Nellaprile del 1874, tenta per la
terza volta di raggiungere i suoi sudditi. Da Buenos Aires viaggia,
nella nave Pampita, fino a Bahía Blanca, dove
viene riconosciuto, arrestato ed espulso rapidamente in Francia.
A partire da qui, Orllie visse in una corte di menzogne, attorniato
da ministri senza potere e da avventurieri vari, che inauguravano
le sedute della corte cantando a piene voci linno dellImpero.
Concedeva titoli nobiliari e vendeva monete coniate di un regno
inesistente, di valore esclusivamente numismatico, non essendo
accettate neppure allinterno della sua falsa corte come
moneta di scambio. Curioso: quando si trovava tra i sentieri
degli araucani, soltanto lantico metodo del baratto gli
permise sopravvivere.
Infine, perseguitato dai suoi creditori, si rifugiò nella
regione di Dordogna, dove riuscì a guadagnarsi il pane
quotidiano lavorando come venditore pubblico di lampade nel
Municipio di Tourtoirac. Così, fino al 19 di settembre
del 1878, quando il Re di Araucania e di Patagonia fu chiamato
a visitare un regno superiore.
Orllie
Antoine de Tounens (re di Araucania)
Lanarchico
Errico Malatesta nasce il 14 di dicembre del 1853, a Santa
Maria Capua Vetere, una città di presidio. I suoi genitori
erano modesti proprietari terrieri, di idee liberali. Alletà
di quattordici anni, scrive una lettera, insolente e minacciosa,
diretta al Re Vittorio Emanuele II. La polizia prende molto
sul serio tale corrispondenza: Malatesta viene arrestato e riesce
a stento a mettersi in salvo. Il presagio di suo padre, in quelloccasione,
non è certo dei più incoraggianti: Povero
figlio mio, mi spiace dovertelo dire, ma di questo passo finirai
per essere impiccato.
Non appena saputo dellinsurrezione a Parigi del 1871,
aderisce alle idee dellInternazionale e, diciassettenne,
si reca in Svizzera per conoscere Michail Bakunin. Da quel momento
diventa uno dei rivoluzionari più conosciuti del suo
tempo. Pubblica il giornale La Questione Sociale,
prima a Firenze, tra il 1883 e il 1884, quindi a Buenos Aires
(1885-1886) e, infine, a New York, dal 1899 al 1900. Durante
la sua vita, costituisce gruppi di compagni, sindacati e gestisce
varie pubblicazioni, è a capo di insurrezioni, scrive
alcuni brevi libri e, soprattutto, riesce a mantenere unita
la famiglia anarchica, salvandola dalle sue tendenze
centrifughe. Nel tempo, pubblica anche i giornali LAssociazione,
LAgitazione, Volontà, Umanità
Nova e Pensiero e Volontà.
Malatesta passò trentacinque anni della sua vita in esilio,
diffondendo lidea in Spagna, Francia, Svizzera,
Inghilterra, Portogallo, Egitto, Romania, Austria-Ungheria,
Belgio, Olanda, Stati Uniti, Cuba e Argentina. Nel 1874 finì
in carcere per la prima volta, per avere guidato uninsurrezione
in Puglia. Tre anni dopo, a capo di una banda di anarchici,
Malatesta occupò il comune di Letino, dove, in presenza
dei contadini, destituì il Re Vittorio Emanuele e ordinò
di bruciare i registri fiscali della regione. Insieme alla stessa
banda, si diresse quindi verso il paese di Gallo, dove fecero
abolire la misura attraverso cui si stimava limposta sul
macinato. Per questo Malatesta fu nuovamente processato e condannato
a tre anni di prigione, dei quali ne scontò soltanto
uno. Ma ebbe poi occasione di rifarsi, passando
diverse volte per le carceri.
Nel 1885, grazie al nome che si era ormai fatto negli ambienti
anarchici, riuscì a evitare un ordine di arresto impartitogli
da Firenze introducendosi in una nave, nascosto in una cassa
che conteneva anche una macchina per cucire. Giunse così
in Argentina, munito di un comune passaporto da clandestino.
Una volta arrivato a Buenos Aires, si mise in contatto con gli
anarchici italiani, riuniti nel Círculo Comunista Anárquico
e, quasi immediatamente, riprese la pubblicazione de La
Questione Sociale, distribuita gratuitamente e della quale
uscirono quattordici numeri. In questa città lavorò
inizialmente, insieme al compagno Natta, come meccanico elettricista,
in unofficina di sua proprietà che poi fallì;
quindi si occupò della produzione di vino. Rimase in
Argentina fino al 1889.
Durante tutta la sua vita, per metà passata tra carcere,
esilio e arresti domiciliari, Malatesta si distinse per il suo
senso pratico e per le sue capacità organizzative e propagandistiche.
Non fu mai un sognatore: rimase sempre convinto che la volontà
umana era più importante della inevitabilità
storica della rivoluzione e che nessuna formula utopistica
poteva sostituirsi allanalisi precisa delle congiunture
storiche. E, tuttavia, anche lui finì per addentrarsi
in Patagonia.
Errico
Malatesta
Geografia spirituale
Bussole, teodoliti e astrolabi sono oggetti indispensabili
a cartografi ed esploratori; e, pure, a proprietari terreni
e governanti. Ciononostante, la terra è stata anche luogo
di carovane nomadi, di spedizioni perdute, di vagabondaggi,
diaspore, odissee ed esodi. Lo spazio fisico non costituisce
un dato materiale costante: al contrario, è una sorta
di argilla costantemente attraversata e modificata dalle diverse
leggi che regolano gli spostamenti delluomo nello spazio;
leggi, la cui giurisdizione è determinata tanto dallo
sforzo e dallimmaginazione, quanto dalla sorte e dalle
resistenze della natura. Allinterno di queste quattro
condizioni, si fanno strada sia le spedizioni di uomini solitari,
sia quelle di truppe organizzate.
Così come alcuni prevedono il proprio destino su un portolano
o scrutando la rosa dei venti, altri avvistano la propria rotta
tra i manifesti o nelle voci diffuse nelle città. Tra
gli uomini e lo spazio esistono segrete corrispondenze, che
il cartografo farebbe bene a tener presente: paralleli insospettati
e capricciosi meridiani. Dove potrebbe mai essere ubicata la
sezione aurea, il numero doro dei pittori
rinascimentali, che possa aiutare a determinare le proporzioni
di un atlante spirituale? Laria di famiglia che spira
tra uomini e territori appartiene allordine degli elementi
la cui corrispondenza può essere elevata al rango di
principio cosmogonico. Potremmo definire questa corrispondenza
cartografica con il nome di geografia spirituale.
Si tratta di una scienza che, senza rinunciare alla storia e
alleconomia, permette di scorgere e ritrovare i passi
perduti, i sentieri dimenticati, le rotte ormai inutilizzate
e, soprattutto, di una scienza che intreccia gli atlanti immaginari
(letterari, utopici, leggendari) ai drammi biografici.
Limmaginazione si sovrappone alla materia e la condiziona;
sia di esempio la toponimia in Patagonia, che manifesta da sé
la straripante creatività linguistica di esploratori
e pionieri: la vena umoristica e il delirio si uniscono allelemento
agiografico e alla simbologia statale.
Nelle mappe di geografia spirituale non ricerchiamo energie
cosmiche, né nuovi orizzonti turistici; piuttosto, la
materia emozionale che un attento storiografo dovrebbe sempre
riscattare dalle macerie, dai documenti e dai racconti orali.
Un bravo cartografo deve imparare a diffidare delle misurazioni
precise, poiché a ogni spazio fisico corrisponde un atlante
simbolico. Questa geografia parallela potrebbe costituire la
psiche della cartografia, così come lelemento
spirituale di ogni nazione. A ciascun paese corrispondono
territori leggendari, dei quali sarebbe totalmente inutile determinare
in maniera positivista i meridiani e i paralleli. Il Brasile
dispone dellAmazzonia; lAfrica del Nord, del suo
Sahara; la Russia, della Siberia; lIndia, dellHimalaya;
il Canada, dello Yukon. LArgentina possiede la sua Patagonia.
E a ciascuna di queste regioni leggendarie, corrispondono tipologie
caratteriali ben definite: la figura dellesiliato,
alla Siberia; il tuareg, al deserto; lalpinista, allHimalaya;
il garimpeiro allAmazzonia; il cercatore doro,
allo Yukon e, infine, il pioniere, alla Patagonia. La città
non concede questo genere di visti alla vocazione dei suoi abitanti;
offre giusto quei tesserini necessari al buon funzionamento
della circolazione urbana. Di più: la globalizzazione
mediatica, finanziaria e tecnologica, ha fatto sì che
tutte le grandi città del mondo si ricalchino oggi reciprocamente.
Uomini come Malatesta, Orllie Antoine o come i coloni gallesi,
cercavano conferma allidea secondo cui nelle grandi distese
territoriali vi si trova la libertà. Ma non una libertà
di tipo metafisico. Qui è necessario creare dal nulla
linventario di una geometria imperfetta: mancano catasti,
frontiere, pietre miliari, piazzeforti, segnaletica. La natura
non è però propizia alla libertà geografica
perfetta, che è gelida. Incoraggiare il lirismo
della libertà nelle spedizioni, piuttosto che l
idea nostalgica dei pionieri e di altri uomini di
frontiera, risulta infatti sterile, poiché, se questi
esempi servono davvero a qualcosa, è soltanto per indurci
a riflettere sullimpulso centripeto degli ultimi centanni,
ovvero sulla progressiva incapacità delluomo di
anelare e immaginare libertà. Al contrario, la preferenza
per luoghi leggendari dindole acefala ovvero, privi
di un ordine gerarchico a presidiarne i territori , libera
il nostro sguardo affinché questo possa scorgere la crepa
in ogni armatura, la sbavatura nellelmo, la smorfia grottesca
che qualsiasi testa incoronata infine possiede.
Certe superfici del pianeta sono legate intimamente tra loro,
per quel conservare meandri, accessi e paesaggi in cui nessun
uomo ancora ha messo piede. Tuttavia, i veri nemici delle terre
vergini non sono tanto i primi uomini che vi accedono, quanto
piuttosto lo Stato. Lesploratore è sempre stato
un Anticipatore del Verbo: nomina i fiumi, classifica la flora
e battezza i confini; è però poi lagrimensore,
notaio statale, a misurare, calcolare e diagrammare il terreno.
Ma gli esploratori, i misantropi, i reprobi, arrivano comunque
prima.
La Patagonia, anche attualmente, manca di una storia; dispone
solamente di storie, che il sistema pedagogico nazionale
evita accuratamente di evocare e che possono essere riscattate
soltanto dai mormorii che il vento porta via con sé.
La storia di Malatesta è solo una tra le tante. Le dimensioni
di una cartografia popolata da storie devono essere stabilite
a misura duomo, prendendo in considerazione il modo in
cui la geografia di un luogo determinato esercita una certa
influenza sul destino di coloro che vi si addentrano; ma non
tanto come condizione topografica o economica, quanto piuttosto
come agente stimolante per lattivazione di
certe mansioni, o come impulso risolutivo nei confronti
di forze spirituali in tensione.
Il dramma personale e lambiente naturale in cui esso si
svolge, formano i due bracci del compasso attraverso cui è
tracciato larco spirituale di questa geografia parallela.
Il
generale Julio A. Roca
Oro e anarchia
I recinti di filo spinato e i decreti per la creazione di governatorati
costituiscono linevitabile conseguenza dellanteriore,
caotico, popolamento pioniere di un territorio. Dopo, molto
più tardi, si cominciano a sfruttare le ricchezze naturali
della regione. Questi luoghi ameni, infatti, prima di apparire
nei rilevamenti statistici e negli atlanti fiscali di un paese,
offrono una sola ricchezza, che, sin dallantichità,
attrae a sé veri e propri sciami di uomini sfavoriti
dalla ruota della fortuna. Ancor più della fame o della
ricerca di nuove opportunità, ancor più
dellesodo obbligato, per una guerra civile, o a causa
di persecuzione religiosa, ciò che sin dai tempi antichi
ha davvero determinato le migrazioni umane, sono i metalli.
Una storia del nomadismo ci potrebbe mostrare la mappa degli
spostamenti di fabbri e metallurgici, dallEtà del
Ferro in poi.
A nord del Canada, e così nel sud dellArgentina,
loro rimase per secoli nascosto, come in letargo, ma chi
ricerca la Città dei Cesari prima o poi ne incontra inevitabilmente
le detritiche rovine. A ogni modo, la storia delle grandi città
sviluppatesi grazie allo sfruttamento di ununica risorsa,
è la stessa storia delleffimera febbre delloro.
Queste città vengono costruite, vanno in decadenza, sono
abbandonate e, infine, dimenticate. Samarcanda, Petra, Timbuctù,
Potosì, Nantuckett, Iquique, Manaos. Villaggi-accampamenti,
villaggi di passaggio, villaggi fattorie, villaggi fantasma.
Nel 1882, alcuni coloni gallesi avevano scoperto loro
presso le rive del Chubut, nella Valle del Tecka. La notizia
giunse mesi dopo a Buenos Aires. Ma, in realtà, presso
il Chubut si era trovata soltanto pirite, un metallo splendente
ma di nessun valore, il cosiddetto oro dei tonti.
Non si ebbe il tempo di organizzare una vera e propria fuga
di avventurieri verso la Patagonia, ma vi fu lo stesso molta
gente che prestò ascolto a tali storie.
Tre anni dopo, venne dichiarata la presenza di oro, in quantità
accettabili, nel Capo Virgenes del Territorio di Santa Cruz,
molto più a sud rispetto al Chubut. Malatesta, profugo
anarchico, si entusiasma per la notizia e, insieme a due compagni,
inizia a costruire castelli in aria. Loro: Errico Malatesta
viaggiò verso lestremo sud della Patagonia, dietro
a un tale palindromo. Che cosa mai ci facevano tre anarchici
a setacciare la Patagonia in cerca di oro? Malatesta aveva capeggiato
un paio di insurrezioni, poi fallite, in Italia, a causa delle
quali fu obbligato, per la distruzione di nomine fiscali e di
simboli municipali, a fuggire in esilio. Giunto a Buenos Aires,
aveva tentato, inizialmente, di incoraggiare allazione
sindacale, ma con scarsi risultati. Era ancora giovane, parlava
a malapena il castigliano, si trovava confinato in un porto
lontano ed essendo ancora sconsigliabile un suo ritorno in Europa,
probabilmente pensò che non aveva nulla da perdere nellandare
in Patagonia alla ricerca del suo peculiare El Dorado, per lonesto
scopo di finanziare, con i lingotti patagonici, unimponente
rivoluzione mondiale.
Limmaginazione dei rivoluzionari è solita spingerli
verso splendide aurore, così come a progetti spropositati
e persino alla catastrofe. Le avventure aurifere del XIX secolo
attirarono numerosi utopisti e carbonari: non pochi di coloro
che fuggivano in seguito alla fallita rivoluzione francese del
1848, accorsero in California attratti dalla febbre delloro.
Ma la febbre dei tre anarchici durò un soffio: la spedizione
terminò, infatti, in un vicolo cieco. I giacimenti auriferi
erano per la maggior parte sotto il controllo di una compagnia
sfruttatrice, di notte la temperatura si abbassava fino ai 14
gradi sotto zero, vi erano poche speranze di trovare unaltra
zona altrettanto ricca, e giunse quindi il momento in cui i
tre anarchici si stancarono infine di sopravvivere dando caccia
alle nutrie marine. Sette mesi dopo essere arrivati, nel bel
mezzo dellinverno, gli anarchici decisero di abbandonare
la zona in seguito ad avventure per nulla promettenti: morirono
quasi di fame e dovettero essere messi in salvo da una nave,
come naufraghi, e fatti sbarcare infine nel villaggio di Carmen
de Patagones, in provincia di Buenos Aires.
Una volta arrivato a Buenos Aires, Malatesta si dedicò
ad attività propagandistiche, mentre uno degli altri
due falliti aspiranti minatori si occupò della falsificazione
di denaro. Questi mesi passati nel sud della Patagonia costituirono,
in realtà, un eccentrico episodio nella vita di un rivoluzionario
che, per lo più, si comportò in maniera sempre
piuttosto sensata.
Quando Malatesta, mezzo morto di fame, tornò a Buenos
Aires, tenne subito conferenze in italiano nella Libreria Internazionale
di E. Piette, nel Circolo di studi Sociali e nella sala congressi
del Club Vorwärts. Nel 1886 collaborò a organizzare
il primo sindacato argentino moderno, quello dei fornai (2),
preparando loro lo statuto. Nel 1888, partecipò al primo
sciopero di fornai del paese, che durò dieci giorni e
finì in un trionfo. Un anno dopo, infine, ritornò
in Europa dove più avanti, dopo aver passato innumerevoli
giorni di carcere in molti paesi, sarà a capo del movimento
anarchico italiano. Quando morì, nel 1932, erano già
diversi anni che si trovava agli arresti domiciliari impostigli
da Mussolini.
La febbre
A volte, la geografia tira dei brutti scherzi agli statisti:
loro delle Yukon si trova a pochi chilometri dallAlaska,
territorio nordamericano. Ma i ricchi, in un modo o nellaltro,
vengono poi sempre ricompensati: decenni dopo si scoprì
la presenza in Alaska di oro nero. E prima ancora i russi
si erano arricchiti con la carne di balena e con le pelli di
grandi roditori e di cervidi. In cambio, alla plebaglia, ai
pezzenti, ai paria e al proletariato, non rimane altro che ricorrere
alla scommessa e allillusione. Non di rado, ciò
conduce al vaneggiamento: loro e la febbre sono difatti
siamesi inscindibili. La febbre delloro, pellicola
del comunista Charlie Chaplin sulla corsa alloro nello
Yukon, e il libro dellanarchico B. Traven (Rett Marut),
Il tesoro della Sierra Madre, dal quale è tratto
il film di John Houston, costituiscono due desolanti analisi
delle conseguenze che comporta questa droga di polvere. Molti
di quelli che peregrinarono in direzione dello Yukon, morirono
di fame già durante la traversata verso il gelido nord
e quelli che invece vi ci arrivarono, dovettero infine ritornare
alle antiche attività di caccia e di commercio di pelli.
In Patagonia, loro raccolto era appena sufficiente per
sopravvivere ed estrarlo comportava un lavoro estenuante. In
fondo, anche loro trovato nelle zone aurifere può
essere considerato un oro dei tonti: nella storia
centenaria della febbre delloro, infatti, soltanto pochi
riuscirono davvero ad arricchirsi. La maggior parte trovava
solo quelle pepite sufficienti a vivere oziosamente qualche
giorno, per poi dover tornare a setacciare le acque del fiume.
Lunico posto in Patagonia dove si trovò oro in
abbondanza, fu lisola della Terra del Fuoco. Lì,
tra il 1880 e il 1890, lo stravagante rumeno Julius Popper estrasse
una buona quantità di oro, si dotò di un esercito,
coniò moneta e francobolli, fino a che una morte prematura
gli evitò linevitabile scontro con il governo argentino.
A Santa Cruz, lunico filone davvero valido è in
realtà costituito dal bestiame ovino. Ma il vello non
è doro.
E poi, alla fine dei conti, nei forni anche limpasto di
farina sindora nel farsi pane.
In carattere tipografico
Ciascuna spedizione ebbe il suo cronista personale. Al generale
Roca si dedica tutta la storia ufficiale, in particolare i bollettini
di guerra della campagna militare inviati a Buenos Aires. Il
suo partito politico disponeva di un proprio giornale, La
Tribuna. Al giorno doggi, il nome del generale Roca
si ripete in tutti gli accessi a una delle strade più
importanti di Buenos Aires e il suo volto illumina il biglietto
da 100 pesos, la più alta valuta argentina. Ciò
non dovrebbe sorprendere: la toponimia del territorio, così
come larte statuaria urbana e leffigie grafica ufficiale,
sono privilegi riservati allo stato. Tuttavia, limmagine
monetaria costituisce, perlomeno, una gloria effimera: in Argentina,
infatti, linflazione è solita consumare assai celermente
il valore della moneta.
Malatesta lasciò una breve testimonianza (3) e, più
tardi, il suo biografo, Luigi Fabbri, ne racconterà lavventura
aurifera in un capitolo della biografia dedicata al rivoluzionario
italiano. (4)
Il Re Orllie Antoine I, invece, si vide obbligato a essere il
redattore delle proprie stesse gesta: in un libro in francese
intitolato Orllie Antoine I, roi dAraucanie et de Patagonie.
Son avènement au trône. Relation ècrite
par lui même, (5) possiamo ritrovare, ingigantita,
la storia dei fatti riguardanti il suo fiasco imperiale. Cinquantanni
dopo, il possidente Armando Braun Menéndez sarà
il primo a occuparsi di recuperare e correggere in un libro
la grottesca storia del Re e, più tardi, qualcuno ne
farà invece un film. (6) Inoltre, nel tempo trascorso
tra il suo primo ritorno in Francia e il suo secondo viaggio
in Patagonia, Orllie Antoine pubblicò a intermittenza
un giornale a Marsiglia, La Corona di Acciaio, destinato
a difendere la sua causa e che costituiva una specie di bollettino
ufficiale di un regno inesistente.
Lewis Jones, in gallese, scrisse invece la storia dei coloni,
Una Nueva Gales en América del Sud, tradotta in
castigliano verso gli anni 60. Ma, prima ancora, fondò
il giornale I Dravod (La Verità), pubblicato
nel Chubut in gallese, cronaca giornaliera dellesperienza
dei coloni.
Pur anche dimenticate le biografie, i giornali faziosi e le
testimonianze, tuttavia queste leggende continuano a persistere
in altre forme, secondo altri stili. È risaputo, infatti,
che tra i tavoli nei bar circolano sempre una serie di aneddoti
curiosi su personaggi ed eventi a malapena conosciuti. Tutto
ciò finisce di norma col costituire semplicemente una
condivisione sociale delle dicerie, anche se, a
volte, si trasforma pure in sostanza letteraria, materia prima
di certi scrittori. Roberto Arlt, per esempio, deve aver ascoltato
la storia della spedizione fallita di Malatesta, in uno dei
tanti bar della capitale. È rinomata, del resto, la sua
simpatia per lanarchismo.
Malatesta, che, ormai anziano, era conosciuto come il Lenin
dItalia, non seppe dunque mai, né avrebbe
certo potuto sapere, che il suo aneddoto biografico sarebbe
stato più tardi inserito in un romanzo intitolato Los
Siete Locos, trasfigurato nella forma di un personaggio
che si propone di finanziare la rivoluzione mondiale attraverso
una catena di postriboli.
Tragedia
Nel 1921, la Patagonia costituirà lo scenario di uno
dei più noti drammi della storia anarchica. Questepisodio
tragico garantì laccesso alla regione nellatlante
storico della rivoluzione. Negli scioperi e nelle insurrezioni
che avvennero allora nel Territorio di Santa Cruz, morirono
infatti più di mille lavoratori. Ad ogni modo, ancor
oggi la Patagonia attrae limmaginazione anarchica. Osvaldo
Bayer, cronista delle gesta anarchiche del 1920 e del 1921,
(7) reclamò nel 1996 lindipendenza della Patagonia,
(8) proposta che gli assicurò lavversione da parte
del Senato Nazionale, dove fu minacciato e dichiarato persona
non gradita.
A ben pensarci, è però del tutto logico che si
riscontrino anarchici in tutte le audacie febbrili della storia.
In quella della Febbre dellOro essi sono presenti. La
terra promessa è sempre Terra Nova, ma i precursori che
vi giungono, presto scoprono che il loro cammino si è
svolto troppo rapidamente, che si sono spinti eccessivamente
in là e che già è tardi per tornare indietro
sui propri passi. Ironicamente, gli anarchici, quando ancora
costituivano un pericolo, incappavano generalmente nel carcere
di Usuahia, istituzione che procurò alla Terra del Fuoco
linfamante nomea di Siberia Argentina, lIsola
fredda del Diavolo. (9)
Effetti
Il 2 aprile del 1982 lesercito argentino diede inizio
improvvisamente alla conquista dellunica porzione di territorio
patagonico che, centanni prima, era rimasto al di fuori
delle sue possibilità. Appena cominciata la Guerra delle
Malvinas, la collettività gallese del Chubut prese immediatamente
le parti della causa argentina. Ciò che motivò
questa preferenza politica e soggettiva, non furono solamente
le tre generazioni ormai nate in terra di Patagonia. I gallesi,
infatti, ancora ben ricordavano lantica oppressione che
il Galles dovette subire da parte degli inglesi, i quali arrivarono
addirittura a proibire luso pubblico dei nomi propri scritti
in gallese; condizione di cui essi si poterono riappropriare
solo una volta giunti in Argentina.
A loro volta, i modesti gruppi anarchici locali costituirono
insieme uno dei pochissimi gruppi allinterno della sinistra
a manifestare contro la guerra.
In quel tempo, nello stesso momento in cui la flotta inglese
navigava verso lAtlantico del sud, una piccola nave attraversò
La Manica in direzione delle Isole del Canale, che si trovavano
sotto la sovranità inglese. Allalba, lerede
del Regno di Araucania e di Patagonia, insieme al suo scarso
seguito, piantò la bandiera del Regno nella spiaggia
della Isola di Guernsey. Il re francese in esilio aveva deciso
di protestare contro lintenzione inglese di appropriarsi
delle sue Illes Malouinas, che considerava appendice
insulare del suo enorme, sebbene proibito, regno.
Molto tempo prima, il 10 maggio del 1886, il Presidente Julio
Argentino Roca si diresse camminando, insieme a tutti i suoi
ministri e seguito dalla scorta militare, verso il Congresso
della Nazione. Poco prima di affidare il comando al suo cognato
Miguel Juàrez Celman, si apprestava a inaugurare il XXVI
periodo di sessioni del Parlamento Argentino. Da lì,
avrebbe quindi rivolto al paese il ricorrente e tradizionale
messaggio. Allora, il Congresso operava in un edificio che era
stato di proprietà della famiglia Balcarce e che, dopo,
diverrà sede del Banco Hipotecario Nacional. Erano le
tre di pomeriggio. In quel momento un anarchico chiamato, paradossalmente,
(10) Ignacio Monjes, emerse dalla folla e si avventò
su Roca, colpendolo al volto con una pietra. Mentre Roca cadeva
a terra, Carlos Pellegrini, suo ministro di guerra e futuro
presidente, colpì e immobilizzò laggressore.
La ferita era lieve e già durante il Congresso furono
somministrate al Presidente le prime cure da parte del ministro
della salute, Eduardo Wilde. Tralasciando i cerimoniali, Roca
diresse ugualmente il suo messaggio al paese. La scena fu immortalata
in un quadro che ancor oggi può essere contemplato nel
Salón de los Pasos Perdidos del Congresso. Ignacio Monjes
passerà dieci anni della sua vita in carcere.
Sessantanni dopo, Laureano Riera Díaz, ultimo dirigente
anarchico del sindacato dei fornai, parte, dopo aver perso la
carica di dirigente, insieme con altri compagni di idee alla
volta di Barcellona. Era il 1936 e in Catalogna non erano solo
i fornai ad essere anarchici: lintera città era
disseminata di bandiere rossonere.
Gastronomia
Coloro che saddentrano in un territorio sconosciuto devono
sottostare a una prova ulteriore, una delle più fondamentali:
la prova della fame. Troppe volte mangiare e sopravvivere diventano
verbi omonimi. Il cibo, a eccezione dellesercito organizzato
di Roca, non era infatti garantito né ai pionieri, né
al re senza corona, né, infine, ai tre anarchici. Di
ognuna delle quattro spedizioni in Patagonia, è opportuno
distinguere la specifica prassi gastronomica, che, in fin dei
conti, costituirà lunica forma di alimentazione
durevole.
Di imperi antichi e di linguaggi un tempo diffusi in aree estese,
oggi perdurano soltanto rovine e incomprensibili scritture.
E, tuttavia, le consuetudini culinarie di queste civiltà
sopravvissero senzaltro nelle successive riorganizzazioni
geopolitiche e nella popolazione, pur avendo questa nel frattempo
cambiato le proprie divinità, la propria tecnologia e
il proprio alfabeto.
La relazione tra la cultura gastronomica e il territorio in
cui essa si produce, è determinata dalla quantità
di specie animali e vegetali che, al momento della creazione,
gli è toccata in sorte. Dipende anche dal clima, favorevole
o meno, e dalla volontà di apprendistato e di adattamento
di un popolo. Ma per coloro che si mettono in cammino la sopravvivenza
dipende certo più dalle provviste a disposizione, dalla
bontà degli estranei e dalla sorte.
Indubbiamente, i coloni gallesi vissero di ciò che seminarono
e raccolsero nella regione del Chubut, così come Orllie
Antoine e i tre anarchici, durante il tragitto, si videro sicuramente
obbligati in qualche occasione a ricorrere alla caccia e alla
pesca, saziandosi quindi con bistecche di guanaco e porzioni
di picana di struzzo. (11) Tuttavia, senzaltro
ognuno di essi diede anche un impulso innovativo in materia
gastronomica.
Artemio Gramajo, aiutante di campo del Generale Roca durante
lincursione in Patagonia, inventò per il suo comandante
lunico piatto attualmente riconosciuto come autenticamente
argentino nei più raffinati ristoranti parigini: il Revuelto
Gramajo, così chiamato in onore del suo ideatore.
Mentre i soldati erano costretti a masticare la propria razione
giornaliera di charqui, carne secca con cui si nutriva
la truppa, Roca si leccava i baffi, entro i dovuti limiti, di
fronte a un piatto sopraffino. Il revuelto gramajo, miscuglio
di patate fritte, uovo, cipolla, aglio, prosciutto, piselli
e spezie, è, a tuttoggi, un piatto assai gradito
da bambini e adolescenti argentini.
La colonia gallese del Chubut tramanda ancora alle generazioni
successive la ricetta della Torta Gallese. Originalmente riservata
alla festa di matrimonio, la torta gallese, di consistenza dura
e ripiena di frutta secca, è una delle tipiche offerte
turistiche della regione. Quando una coppia gallese si sposava,
mangiava solamente una piccola porzione di torta, per conservarne
il resto in una confezione ermeticamente chiusa che veniva riaperta
in occasione dei seguenti anniversari, come prova della forza
e della persistenza del vincolo amoroso. È una dieta
possibile per innamorati, ma decisamente insufficiente per un
re. Gustave Laviarde DAlsena era uno dei luogotenenti
di Orllie Antoine I, ed era anche suo cugino di secondo grado.
Designato come successore, alla morte del fondatore della dinastia
impugnò lo scettro col nome di Aquiles I. Già
da prima, si attribuiva altri titoli nobiliari conferitigli
dal Re di Patagonia, come, per esempio, quelli di Principe degli
Araucani e Duca di Kialeú. Nonostante si arrogasse numerosi
titoli nobiliari di un impossibile regno doltremare, Aquiles
I non mise mai piede fuori da Parigi. Nel suo esilio
parigino, distante dalle sfruttabili ricchezze del suo regno,
e mentre si ostinava a denunciare lusurpazione da parte
del governo cileno dei suoi territori, il nuovo monarca si vide
costretto a terminare i suoi giorni come ospite stipendiato
da Le Chat Noir, un cabaret di moda a Parigi verso la
fine dell800, dove svolgeva la funzione di numero sensazionale
per i clienti. Quando mori, nel 1902, aveva regnato per ben
un quarto di secolo su un territorio la cui mappa veniva consultata
soltanto da una setta e al cui centro era segnalata unicamente
Mapú, la frazione indigena scelta dal suo
predecessore come città capitale del regno.
Nel 1889, Errico Malatesta abbandona lArgentina, lasciandosi
dietro il combattivo Sindacato dei Fornai che egli stesso aveva
contribuito a organizzare. Oltre al pane, nelle panetterie argentine
si vendono anche quei prodotti di pasticceria con cui usualmente
fanno colazione gli abitanti di Buenos Aires: le brioche,
di gusto dolce, cotte in forno, e composte di farina, lievito
e burro. Alcune di esse sono di origine europea, ma prodotte
in Argentina hanno assunto forme peculiari e soprannomi allusivamente
blasfemi. Forse, la storia dellinvenzione di una delle
più note tra queste brioche, la mezza luna,
può illuminare sul significato sarcastico dei nomi scelti.
Quando, nel 1529, Vienna fu assediata lungamente dallesercito
turco, i pasticcieri locali, per animare lavvilito umore
della popolazione, presero lemblema degli assedianti,
la mezza luna che sventolava nelle bandiere dellaccampamento
nemico, e, sotto forma di dolce, lo infornarono. Il popolo si
riuniva quindi attorno alle mura della città e si esibiva,
di fronte agli irritati soldati turchi, nellatto del masticare
il loro sacro simbolo. Bestemmia e gastronomia.
A loro volta, questi prodotti di pasticceria argentina possiedono
nomi come cannoni, bombe, guardie,
palle di frate, sospiri di monaca e
sacramenti, per farsi beffe, rispettivamente, dellesercito,
della polizia e della chiesa. Vi sarà forse stata una
segreta cospirazione da parte dei panettieri anarchici per assegnare
nomi blasfemi ai loro prodotti? In effetti, è il caso
di pensarlo: il legame tra parola e cibo pare sempre stretto
attorno a questioni ideologiche. Il sindacato dei fornai fu
guidato, per vari decenni, da dirigenti anarchici.
Le abitudini alimentari che ognuna delle quattro spedizioni
si lasciò dietro, furono il risultato della nostalgia
(la Torta Gallese), del fallimento (la vivanda settimanale ne
Le Chat Noir), dellurgenza (il Revuelto Gramajo)
e della volontà di protesta (le Brioche).
Ma ormai è passato tanto tempo e gli abitanti attuali
di Buenos Aires non riconoscono più nei nomi di prodotti
che così spesso consumano nelle loro colazioni, quellinquietante
richiamo: daltra parte, raramente riflettiamo sul vincolo
tra nome e forma, tra parola e cosa, e ancor meno pensiamo alla
relazione tra lorigine politico-linguistica e le abitudini
alimentari. Le parole tendono a ossidarsi nelluso quotidiano
e ciò che un tempo poteva costituire scandalo, oggi è
pura consuetudine.
Da parte sua, lanarchismo argentino è rimasto stretto
nei limiti di una minima presenza politica e la sua udibilità
è davvero scarsa. E, tuttavia, ogni volta che mangiamo
una brioche, il suono di ciò che in altri tempi fu sedizioso
sarcasmo popolare, riecheggia ancora tra i denti.
Christian Ferrer
(Traduzione dal castigliano di Susanna Fresko)
Note:
1. Laccio con palle di cuoio per atterrare il bestiame
(NdT).
2. In realtà, esisteva già un sindacato
dei tipografi a partire dal decennio attorno al 1870,
sebbene fosse ordinato secondo modalità più
classiche, alla maniera delle organizzazioni corporative
che offrivano mutua assistenza e formazioni professionali.
3. Il documento fu pubblicato come prologo al libro
di Max Nettlau, Errico Malatesta. La vida de un anarquista,
Buenos Aires, Ed. La Protesta, 1923.
4. Malatesta, Buenos Aires, 1954.
5. Pubblicato a Parigi nel 1863. Prima di morire, Orllie
tornerà nuovamente a redigere un documento a
favore del suo regno, Araucanie, pubblicato a
Burdeos nel 1878.
6. El reino de Auracanía y Patagonia,
EMECE Editores, colección Buen Aire,
Buenos Aires, 1936. È davvero curioso che Braun
Menéndez, membro di una delle tre famiglie più
ricche della Patagonia, abbia raccontato la storia del
re povero. Per quanto riguarda la pellicola, intitolata
Il film del Re, essa esordi nel 1986 e fu diretta
da Carlos Sorín, sulla base di una sceneggiatura
da lui stesso scritta in collaborazione con Jorge Goldemberg.
7. La Patagonia rebelde. 4 volúmenes.
Edición revisada y aumentada, Ed. Planeta, Buenos
Aires, 1982-2000. Ledizione originale si intitolava
Los vengadores de la Patagonia tragica, sempre
in quattro volumi, i primi tre dei quali furono pubblicati
dalla casa editrice Galerna, a Buenos Aires, tra il
1974 e il 1975, mentre il quarto, e ultimo, in Germania
nel 1978, quando Bayer si trovava già in esilio.
Da questo libro fu tratto nel 1974 un film, la cui visione,
durante quegli anni, venne proibita: La Patagonia
rebelde, diretta da Héctor Olivera, con sceneggiatura
di Bayer e Olivera.
8. In unintervista realizzata nelleffimera
sezione Patagonia del quotidiano Pagina/12.
9. Il carcere rimase attivo sino alla fine degli anni
50. Lanarchico più famoso lì
confinato fu Simón Radowitzky, che aveva ucciso
il Capo di Polizia Colonello Ramón Falcón
e che si rese protagonista di due fughe fallite. Molti
altri rimasero rinchiusi per anni in quel luogo. Tra
questi, vi era anche un prigioniero impazzito, conosciuto
come Il Re delle Finanze, che realizzava
rocambolesche e immaginarie speculazioni finanziarie
che gli rendevano direttamente in cella migliaia di
dollari ogni giorno, per il divertimento dei turisti
occasionali.
La storia della via crucis dellanarchico Radowitzky
fu narrata da Osvaldo Bayer nel suo libro Los anarquistas
expropiadores, Ed. Galerna, Buenos Aires, 1975.
La storia della pianificazione delle due fughe di Radowitzky,
raccontata da Juan Arcàngel Roscigna, è
stata invece recentemente rappresentata in un filmato,
in Uruguay, raccolto in un documentario intitolato Acratas.
10. Lautore si riferisce al cognome dellanarchico,
Monjes, che, in castigliano, significa monaco,
frate (NdT).
11. Si tratta di due piatti tradizionali della Patagonia,
sebbene attualmente siano proibite sia la caccia al
guanaco, camelide sudamericano, sia quella allo struzzo,
con il petto del quale si prepara appunto la picana.
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