Rivista Anarchica Online



a cura di Marco Pandin

 

Jerrinez

Il suono che esce da questo cd sa di sporco, segno esplicito che hanno fretta. Penso che non sia tanto una necessità di arrivare con urgenza a qualcuno o di far arrivare presto un qualche segnale: sembra abbiano fretta di liberare spazi, di tirare fuori tutto velocemente dal cuore e dalla testa per evitare che tutte quelle loro parole musica ragionamenti sensazioni e sogni si aggroviglino, o peggio perdano consistenza, o peggio ancora prendano addosso la polvere grigia dell’abitudine e dell’indifferenza. Hanno fretta e sono giovani, i Jerrinez, e da una cantina di due metri e mezzo per tre escono a farsi le ossa nei giri piccoli e precari: centri sociali, pub, feste, dove capita. O magari non è così, non è dove capita ma è una scelta precisa, una rivendicazione: ci si sceglie un orizzonte e lo si tiene stretto tra le mani. Col tempo, a forza di suonare le loro ossa si sono fatte più dure, e così pure i loro sguardi e i loro accordi.
C’è in giro una fotografia recente del gruppo, come le precedenti in forma di autoproduzione, che offre una mescolanza ruvida e battagliera di rock e rumore che non ha una direzione precisa se non quella di inseguire l’incubo per riuscire a mettergli le mani attorno al collo e lasciargli i segni addosso. Il titolo del cd è “La corte”, in copertina una strada vuota, bianco e nero, il loro nome in rosso. Otto pezzi, non dura molto, ve lo dicevo già all’inizio che hanno fretta. Se vi piacciono i “bei dischi” questo non è un “bel disco”: i pezzi sono strumentali strani e grossolani, sono piuttosto immediati e sembrano poco studiati e strutturati, qualcuno è degenerato in una canzone insonne con dentro un testo che più che cantato è gridato. Non è un “bel disco” perché dentro non ci sono le cose che normalmente piacciono alla gente: dentro ci sono suoni e urla stridenti che ridefiniscono distanze, metri, esperienze, illusioni, gusti e rimettono in discussione anche il tempo che passa. Scavando dentro a ciascun pezzo ci si possono trovare tracce significative di Fugazi e Sonic Youth, testimonianza di ascolti ripetuti e di una certa sedimentazione nel cuore. Questi affioramenti di nomi vecchi, aggiungo, potrebbero significare un sentirsi estranei da quello che succede per forza dentro la musica contemporanea per ventenni imposta dalla cultura ufficiale.

L’attitudine generica che traspare dall’ascolto potrebbe ficcarli nell’ipotetica fossa comune filopsichedelica con venature blues a stelle e strisce così spesso raccontati dalle riviste specializzate italiane, ma io amo annusare l’aria e l’odore è e resta inconfondibilmente quello delle cantine milanesi, cosa che alle mie orecchie non costituisce affatto nota di demerito. Potevano scegliere MTV oppure aggregarsi ad un qualsiasi assessorato, invece no. Continuate a suonare, ragazzi. Continuate a pestare e a gridare forte, continuate a scegliere e non a farvi scegliere, continuate a immaginare e a sognare.
Contatti: www.jerrinez.it. Numerose copie di “La corte” sono disponibili a sostegno di A in cambio di un’offerta libera.

PS: una sorpresa piacevole: ogni tanto dentro il cd si sente Guido Mazzon, mitica tromba militante che nessuno sbirro è mai riuscito ad imprigionare, che ha lo stesso cognome del batterista.

Marco Pandin
stella_nera@tin.it


“Duemila papaveri rossi”
2 cd con libretto

I due cd contengono 37 canzoni di Fabrizio de André
interpretate da musicisti e gruppi indipendenti.
Una iniziativa a sostegno di "A" delle Edizioni stella*nera.

Una copia 15 euro

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Paola Sabbatani e Roberto Bartoli
“Non posso riposare”
cd+dvd

Un cd e un dvd, dodici canzoni da ascoltare e un documentario realizzato da
Mario Bartoli e Giangiacomo De Stefano (Va.C.A. Vari Cervelli Associati).
Una co-produzione Editrice Bruno Alpini, Aparte e stella*nera.

Una copia cd+dvd 15 euro

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