Drammaturgo, autore di elaborazioni e adattamenti per il
teatro, docente, Mauricio Kartun, nato a Buenos Aires nel 1946,
e attivo in teatro dagli inizi degli anni 70, è fra
gli autori latino americani presenti in Italia per la manifestazione
"Oltrebabele Euramerica" (vedi n°248), allinterno
della quale, fra gli altri è stato tradotto il suo testo
teatrale "Sacco e Vanzetti". La vicenda in questa
versione argentina rivive in un grande affresco che si compone
però anche di brevi ma intensi momenti che hanno il pregio
di restituire il clima emotivo, i sentimenti e lumanità
dei personaggi.
Chiacchierando con Mauricio, ho scoperto un appassionato
ricercatore della tradizione anarchica nel suo paese, attento
soprattutto a tutte quelle manifestazioni di cultura anarchica
come ha precisato più volte, che significa cultura della
solidarietà, condivisione di valori e prospettive, di
una pratica quotidiana alternativa al modus vivendi vigente.
Come nasce il testo Sacco e Vanzetti, nellArgentina
della fine degli anni 80?
Possiamo dire che Sacco e Vanzetti come testo e poi
come spettacolo teatrale è andato ben oltre alle aspettative
e anche a quelli che erano gli obiettivi di partenza. Il progetto
Sacco e Vanzetti nasce dalla volontà di un impresario
di rendere in qualche modo omaggio alla memoria di suo nonno
anarchico, così un bel giorno convoca una compagnia teatrale,
un regista sensibile a questo tipo di tematiche, Jaime Kogan,
e questi poi contatta me, per la vicinanza ideologica allargomento
da trattare. Io non avevo al momento una conoscenza approfondita
della vicenda, in precedenza me nero occupato marginalmente,
quando ho studiato la storia di Severino Di Giovanni, lanarchico
italiano fucilato a Buenos Aires, di cui mi sono occupato a
lungo e sul quale, prima o poi scriverò unopera teatrale.
Analizzando la vita di Severino Di Giovanni, ero venuto
a conoscenza del fatto che uno dei suoi primi attentati è
stato contro un tabacchificio, nel quartiere di Buenos Aires
conosciuto come Once, che aveva sfruttato a fini commerciali
la storia di Sacco e Vanzetti; aveva messo sul mercato, infatti
una marca di sigarette destinata alla classe operaia argentina
col nome dei due anarchici assassinati, contando sul sentimento
di simpatia e di solidarietà degli operai nei loro confronti.
È per la preparazione del testo teatrale che ho cominciato
allora a occuparmi di Sacco e Vanzetti in modo molto più
analitico, e allinizio mi sono concentrato sullo studio delle
opere che avevano già trattato il tema, e principalmente
la sceneggiatura del film di Giuliano Montaldo e il testo teatrale
di Roli e Vincenzoni. Non lavoravo da solo, potevo contare sulla
collaborazione del regista e di suo figlio, Diego Kogan, che
cercavano materiale insieme a me. A Buenos Aires ci sono due
centri che raccolgono documenti sul movimento anarchico: cè
la bella biblioteca "Josè Ingenieros", che
ha realizzato un lavoro di raccolta e di catalogazione di documenti
davvero sorprendente, pur nelle difficoltà economiche,
e laltra biblioteca è quella della FORA, che funziona
nella calle Brasil. Consultando queste due biblioteche abbiamo
trovato del materiale assai più interessante, a mio giudizio
di quello scelto e usato dai precedenti autori del dramma e
del film. Anche per quanto riguarda gli stessi atti del processo,
io trovavo più importanti alcuni passaggi rispetto ad
altri scelti dagli autori italiani. Ma si sa che in unopera
basata su documenti reali, ognuno sceglie i frammenti più
funzionali al suo discorso; le mie - nostre esigenze erano evidentemente
diverse da quelle degli altri autori. Così ci siamo concentrati
anche su un altro tipo di materiale, nuovo rispetto al film
e al precedente dramma teatrale, cioè, oltre agli atti
processuali e gli interrogatori, le lettere di Vanzetti, di
gran valore dal punto di vista storico e letterario e quelle
di Sacco, una straordinaria testimonianza umana, fondamentale
per me nella costruzione di personaggi veri, destinati, cioè
ad essere interpretati in teatro, su un palcoscenico in rapporto
diretto col pubblico.
Quanto è durato il lavoro di documentazione e poi
di scrittura del testo?
È stato un lavoro per certi versi simile a quello del
restauratore di un quadro antico, si lavorava per frammenti
e il tessuto del testo si compone proprio di piccole o grandi
"schegge". È stato un lavoro appassionante
e coinvolgente di circa tre mesi, nei quali eravamo letteralmente
immersi nella materia. Io mettevo insieme questi frammenti in
un disegno organico e il resto delléquipe mi apportava
continuamente materiale nuovo. È stato interessante anche
voler ricostruire la cultura di Sacco e Vanzetti, il loro dialetto,
il folklore delle loro zone dorigine, i canti anarchici italiani,
ma poi quando abbiamo cominciato a lavorare con gli attori,
ci siamo resi conto che il testo era lunghissimo e allora la
scrittura è andata modificandosi. Abbiamo capito subito
che non potevamo lavorare con gli attori in modo tradizionale,
cioè affrontare scena per scena, svolgendo ogni argomento
dal suo inizio fino alla sua chiusura, per cui certe situazioni
non sono deliberatamente concluse, ma anzi si fondono con altre,
creando un linguaggio scenico molto particolare, il tutto in
funzione di un certo ritmo. Potevamo contare su una compagnia
di attori molto interessanti e di grande esperienza; i due protagonisti
erano due grandi attori argentini, Vìctor Laplace e Lorenzo
Quintero ma notevole è stata linterpretazione anche
dei coprotagonisti e della compagnia nel suo complesso.
Ora parlami dello spettacolo.
Lo spettacolo ha debuttato in una grande sala della Calle Corriente,
cioè in un teatro del circuito commerciale di 1200 posti,
nel 1989. Il regista però, prima del debutto vero e proprio
ha voluto che si facessero 4 recite in anteprima, a ingresso
libero; la stampa sarebbe stata invitata appena alla quinta
rappresentazione. Linteresse del pubblico è stato davvero
sorprendente; cerano lunghe code già dalle dieci del
mattino per ritirare lentrata; anche se lo spettacolo è
gratuito, normalmente non cè questo tipo di risposta
a Buenos Aires; la critica, poi, incuriosita dal fenomeno non
ha aspettato la quinta replica. Lentusiasmo del pubblico ci
ha sorpresi molto, la gente partecipava attivamente allo svolgersi
delle scene, cerano commenti a voce alta, prese di posizione
persino ingenue, non cera replica in cui non si sentisse gridare
dalla platea: Viva lanarchia! Qualche anno dopo, in occasione
di unaltra ricerca, mi sono incontrato con alcuni militanti,
che mi hanno confessato di aver organizzato dei turni di presenza
in sala per gridare Viva lanarchia! Cosa che non vuol dire
che tutta quella partecipazione di pubblico fosse preparata,
bensì che i militanti anarchici avevano approfittato
di quellincredibile coinvolgimento del pubblico per ricordare
a tutte quelle persone lì riunite che il movimento anarchico
era ancora vivo, là in mezzo a loro.
Certo, io ho parlato di coinvolgimento incredibile, e in
un primo momento può stupire come questa vicenda potesse
suscitare tanta partecipazione in un pubblico argentino, nel
1989, ma in realtà è evidente che nella rappresentazione
del processo, nella negazione della libertà di pensiero
e della giustizia, il pubblico argentino ritrovava anche se
stesso.
Alla fine della stagione teatrale, il produttore e uno dei
protagonisti non potevano riprendere lo spettacolo lanno seguente
per impegni professionali presi in precedenza; il successo dello
spettacolo è andato oltre ogni aspettativa. Allora il
resto della compagnia si è riunito in cooperativa per
rimettere in scena Sacco e Vanzetti; per tutti noi quella
era stata unesperienza estremamente coinvolgente e non volevamo
rinunciare alla possibilità di riviverla. Non ci eravamo
trovati di fronte a un pubblico così "mobilitato",
neanche quando si faceva teatro politico negli anni 70. Non
cera ragione apparente che spiegasse il successo, ma evidentemente,
come dicevo, cera una ragione profonda. Lo spettacolo si rappresentò
anche fuori Buenos Aires, a Mendoza e a Tucumàn. A Tucumàn
è successo che si rappresentò proprio in periodo
di votazioni; doveva essere eletto il governatore di quella
regione. Quando è stato eletto Bussi, ex militare, repressore
durante la dittatura, il suo primo atto ufficiale è stato
proprio quello di togliere dal cartellone della "Comedia
Tucumana", finanziata dal governatorato, Sacco e Vanzetti.
È abbastanza emblematico.
Nel 1997 il testo è stato messo in scena dal gruppo
"El Galpòn" di Montevideo, uno dei gruppi più
rappresentativi del teatro di denuncia dellAmerica Latina.

Ecco, che rapporto hai o hai avuto col teatro politico?
Io ho cominciato a fare teatro proprio in un gruppo di teatro
politico, negli anni 70; era la compagnia "Cumpa"
e la nostra era una dramaturgia de urgencia. Ma abbiamo
fatto solo tre spettacoli, perché nel frattempo è
arrivata la dittatura. Per tutta la sua durata io ho scritto
un tipo di teatro che potremmo definire metaforico; sono tornato
decisamente ad un teatro di orientamento ideologico con Pericones,
un testo in cui mi premeva anche rompere con i cliché
di certo teatro politico, che personalmente non apprezzo. Mi
da fastidio soprattutto la comodità di un teatro politico,
che in realtà si accontenta di far aderire al suo discorso
chi già ha la sua stessa idea. Ciò non ha valore,
è pigrizia, non cè creatività né
sentimento. Invece sono interessanti gli sviluppi, le dinamiche;
io ho voluto creare dei personaggi che sono anche vittime a
momenti delle loro contraddizioni, ad esempio.
Raccontami qualche tua esperienza come docente.
Oltre che nella capitale, insegno drammaturgia e creazione
collettiva anche allUniversità di Tandil, una città
a circa 300 km da Buenos Aires, e lì sto lavorando ad
un progetto insieme a tre mie assistenti, che sono tre attrici,
con le quali ho deciso di scrivere e poi di mettere in scena
uno spettacolo sulle vicende storiche, e in particolare sulle
lotte anarchiche in quella città. La zona di Tandil è
zona di cave di pietra e allinizio del secolo questattività
si sviluppa enormemente grazie alla ferrovia, che permette di
esportare il prodotto del luogo. I padroni delle cave si trovano
così in breve tempo ad essere a corto di personale e
siccome non ci si improvvisa operai scavatori, nel senso che
non è un mestiere che si impara dalloggi al domani,
decidono di andare a cercarli in Europa. Fanno arrivare dallItalia
famiglie intere, sistemandole in una colonia creata appositamente
nellaltipiano vicino alla città, gli operai vengono
pagati con una moneta interna, detta pleca, che si poteva
spendere nellunico negozio della colonia, che naturalmente
era dei padroni delle cave. Per molti anni questa gente è
stata sfruttata in modo tremendo, eppure avevano lasciato lItalia
perché, nonostante tutto, qui veniva almeno garantita
la loro sopravvivenza. Nelle colonie cerano italiani e montenegrini;
gli italiani vivevano naturalmente secondo le loro tradizioni
e lideologia predominante era quella anarchica. Cominciano
presto ad organizzarsi e a chiedere di essere pagati meglio.
Anche allinterno della colonia si sviluppa una lotta interna
fra lanarcosindacalismo e lala rivoluzionaria, alla fine prevale
lanarcosindacalismo e si chiede ai padroni di triplicare la
paga. Al loro rifiuto, cè uno sciopero che durerà
a lungo perché gli operai delle cave si garantiscono
la sopravvivenza cambiando mestiere e arrangiandosi come contadini,
offrendosi per il raccolto delle patate, ecc. Alcuni creano
una comunità che riesce ad essere autosufficiente per
un anno e mezzo. I padroni si trovano così costretti
a far venire altre famiglie dallEuropa, di nuovo dallItalia,
dal Montenegro, ma anche dalla Spagna, dalla zona di Siviglia.
Questa nuova gente arriva col treno durante lo sciopero e a
50 km da Tandil, il treno deve fermarsi perché cè
una donna sui binari; a quel punto, approfittando del treno
fermo, arrivano gli operai che parlano ai nuovi venuti e spiegano
la situazione e i motivi dello sciopero. Quando la polizia riesce
a far allontanare gli operai, dopo un breve tragitto il treno
è costretto a fermarsi di nuovo, perché cè
di nuovo una donna sui binari, e dopo qualche chilometro unaltra
e unaltra ancora insieme agli operai in sciopero. Per fare
gli ultimi 4 km ci hanno messo due giorni, e poi, una volta
a Tandil, i nuovi operai appena arrivati dallEuropa, si sono
dichiarati anche loro in sciopero, così i padroni delle
cave si sono trovati col vecchio e nuovo personale fermo e hanno
dovuto cedere alle loro richieste. Per diverso tempo, i lavoratori
delle cave di pietra sono stati la categoria operaia meglio
pagata in Argentina.
Ecco, questa è la storia che vogliamo raccontare
in uno spettacolo; questo è il contesto che si svilupperà
in un lungo racconto, fatto, rivissuto da tre donne, che rievocano
questi fatti per il tempo di preparazione di una polenta. Sono
tre donne anarchiche molto diverse fra loro: la prima, che è
realmente esistita, è una oratrice che è andata
di villaggio in villaggio arringando la gente, una persona carismatica
e appassionata, la seconda è una donna per la quale lanarchia
è soprattutto lo stile di vita della sua famiglia, una
serie di principi ma anche una pratica quotidiana, e la terza,
quella più scettica, è una donna combattuta e
in crisi: vorrebbe fuggire dalla lotta, dallideale anarchico
perché è stato la causa delle persecuzioni, della
morte del fratello assassinato, della prigionia del padre. Finché
poi arriva a dare un senso al suo personale dolore e a capire
la necessità di unidea che affermi che lessere umano
vicino a te, è un fratello e non un uomo da sfruttare.
Lideale anarchico in questo senso è stato anche la possibilità
di aver fiducia in qualcuno e di costruire qualcosa insieme
a lui. Penso alla nostra vita attuale, alle nostre città
disumane, allantagonismo come sistema, cè un enorme
bisogno di un ideale di fratellanza e solidarietà, cè
bisogno di non aver paura dellaltro. Cè invece diffidenza,
invidia; se io occupo uno spazio devo vivere sapendo che cè
già qualcun altro lì pronto a portarmelo via,
così devo vivere guardingo, sempre allerta. Lidea anarchica
intende spezzare questorrenda sensazione delluomo "lupo"
delluomo. Anarchia come possibilità, necessità
umana, è uno spazio in cui luomo non domina sulluomo.
È unalternativa totale.
Fernanda Hrelia

Illustrazione di Francesco Berti
Sacco
& Vanzetti
(Frammento)
BARTOLOMEO:
Quando ritorni?
LUIGIA: Quando sarà tutto finito. (Al padre) Gli
ho detto che voi non volevate che lo lasciassi lì.
(A Bartolomeo) Se esci ti porto con me. Se no mi porterò
le ceneri a casa. (Al padre) Non ha detto niente. Deve
arrivare il perdono, gli dissi. Deve arrivare. Per la
grazia di Dio.
BARTOLOMEO: Per quella delle mie ragioni.
LUIGIA: Unaltra volta. Non hai scritto altro in tutti
questi anni.
BARTOLOMEO: È la mia fede.
LUIGIA: La mia fede, disse. E vennero quegli uomini. (Cominciano
a preparare Bartolomeo per lesecuzione. Nellaltra cella
stanno facendo lo stesso con Nicola. Rosa è al
suo fianco)
ROSA: (A Nicola. Contratta) Bisogna parlare con quel ragazzo,
Nicola! A me non fa caso!
NICOLA: (Calmo) Che sappia che non ho smesso di nominarlo.
Neanche nellultimo secondo. Che lo sappia.
ROSA: (Nega trattenendo le lacrime) Se non è quella
che viene sarà fra due settimane, ormai ha le vacanze
da scuola.
NICOLA: Che lo sappia. Che lo ricordi sempre.
LUIGIA: La mia fede. La mia fede, disse. (A Bartolomeo)
No! La tua fede è quella in cui sei nato! È
quella di papà e mamma! È la mia. Bartolomeo,
per lultima volta: riceverai il prete.
BARTOLOMEO: È inutile. Cosa gli posso dire. Cosa
mi dirà lui.
LUIGIA: La verità. Sono innocente. Ma cosa vi ha
fatto questa terra maledetta? Neanche Nicola ha voluto
confessarsi.
ROSA: Torneremo Nicola. In terza. Come siamo venuti. Uscirai
da qui e torneremo. Quando arriveremo a Torremaggiore
penso di salire in cima alla collina, guardare da questa
parte e gridare allAmerica fino a rimanere rauca: Io
ti maledico!
NICOLA: Ti amo Rosina. Ti amo.
ROSA: Grideremo. Griderai con me da quella collina.
NICOLA: Abbraccia forte i figli. Un bacio ad ognuno. Sei
così bella.
ROSA: Bella mi ha detto. Sei così bella.
NICOLA: Che non perdano la lingua.
ROSA: Ricordati la canzone, Dante. Che in essa stanno
tutte le parole che un uomo deve sapere.
NICOLA: Libertà. Terra. Pace. Speranza.
(traduzione
dallo spagnolo di Antonella Cancellier)
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