Anche i gay festeggiano il giubileo.
A modo loro.
di Michele Pisicchio
All'inizio di luglio si terrà a
Roma la Giornata mondiale dell'orgoglio omosessuale. Le polemiche
si sono già scatenate.
La rivolta di Stonewall, New York 1969,
come dice Giovanni dall'Orto in un suo vecchio saggio, è già
una ricorrenza, quella del centenario della nascita del movimento
di opinione per la liberazione e per i diritti delle persone
omosessuali.
Nel 1869 in Prussia ad opera di un ungherese, Benkert (che,
tra l'altro, coniò il termine omosessualità), e nel regno di
Hannover con Ulrichs, uomo di legge e giornalista, nonché appassionato
di studi di biologia e di scienza, inizia il tentativo di sganciare
il tema dell'omosessualità dall'ambito della giurisprudenza
punitiva, della religione e della morale.
Nel 1897 con la fondazione e le pubblicazioni del Comitato Scientifico
Umanitario, il movimento si estende ben presto in Germania,
in Inghilterra, in Olanda, negli Stati Uniti. Tutto l'inizio
secolo è impegnato nell'approfondimento scientifico e psicologico
e nei tentativi di far passare nelle legislazioni dei singoli
paesi la petizione lanciata nel 1897, i cui temi di base erano
condurre gli organi legislativi ad abolire dal codice penale
le leggi antigay, informare l'opinione pubblica sull'omosessualità,
interessare lo stesso omosessuale alla lotta per i propri diritti.
Tra processi, condanne e repressioni giunge, tra il 1933 e il
'35, ad essere annientato tanto dal nazismo e dal fascismo,
quanto dallo stalinismo.
Orgoglio omosessuale
Stonewall segna un nuovo inizio e una nuova fase nelle battaglie
per i diritti omosessuali, in quanto abbandona sostanzialmente
una posizione di difesa scientifica e psicologica delle diverse
identità sessuali per affermare tout court il diritto di essere
diversi e felici in quanto tali. Nasce cioè l'orgoglio omosessuale.
Ma c'è da chiedersi come mai i temi che si affrontano ancora
oggi sembrano essere rimasti immutati, a più di un secolo di
distanza, dalla petizione del 1897.
La risoluzione del Parlamento Europeo, Strasburgo 1994, e tutti
i disegni di legge che seguono nei singoli paesi, che peraltro
giacciono inapprovati, pur affermando il concetto dei pari diritti
e della pari dignità, sembra averne addirittura ridimensionato
gli obiettivi avendo incentrato l'interesse sulle coppie di
fatto, sulle unioni civili, quasi a non osare mettere in discussione
l'inviolabilità e la sacralità della famiglia, seppure "diversa",
modificata o rinnovata che sia, né il suo ruolo di omologazione
e controllo sociale, e indiscusso modello economico mitigatore
delle tensioni sociali e di supporto a problemi quali ad esempio
disoccupazione e sanità.
Le 10.000, 20.000 persone in piazza (Roma, Bologna o Napoli
degli anni passati) sono senza dubbio un segnale significativo,
ma non basta ad individuare un "movimento" che a tutt'oggi è
costituito dalle poche organizzazioni esistenti solo nelle grandi
concentrazioni urbane e che peraltro vivono gravi momenti di
differenziazione e spaccature tra loro.
La scelta della manifestazione a Roma di quest'anno ad esempio,
è stata una decisione autoritaria e autoreferenziale e, anche
se cerca di bilanciare una posizione di moderatismo che a volte
rischia di confondersi col perbenismo, in effetti non scaturisce
da un confronto leale e serio tra le componenti associative,
e fatalmente fa scadere l'interesse più sull'affermazione di
leadership che sui contenuti. Isole si creano nelle stesse minoranze
(gay, lesbiche, trans, bisex, transgender - nuovo ridicolo americanismo
biogenetico quest'ultimo) ricreando al loro interno quella contrapposizione
tra le mille facce delle identità sessuali, che sono tante quanti
sono gli individui, riproponendo fatalmente e inconsapevolmente
(spero) modelli totalitari.
Mentre la maggior parte delle persone continua ad aggregarsi
attorno a momenti ludico ricreativi, a mio avviso di scarso
e dubbio valore culturale che sanno di lobby e di pubblicità
commerciale, legati a clichés di retroguardia, agli stereotipi
delle sfilate e dei travestimenti ormai non più trasgressivi,
conferme per i "normali benpensanti" di quel modello che è garanzia
per le loro paure e per la conservazione delle disuguaglianze,
lasciando e delegando ai pochi l'impegno politico e sociale.
Senza contare poi nella grande eterogeneità tutti coloro che
per posizione politica di destra o per agiata condizione economica
scindono la propria condizione di emarginazione dai grandi temi
del razzismo e della xenofobia, e delle pari opportunità per
tutti gli individui.
Ancora oggi, tanti omosessuali sono capaci di essere se stessi
solo nei propri letti, nei ghetti depensanti delle discoteche
o spersonalizzanti delle dark-room, nei parchi di notte, nei
"tradimenti" segreti delle proprie mogli. La visibilità contro
ogni farisea democrazia, ogni falsa accettazione della diversità
e l'ipocrisia del perbenismo, essere se stessi, omosessuali
e orgogliosi di esserlo in ufficio, a casa, a scuola, al bar,
alla partita, in palestra, in fabbrica, al mercato è ancora
oggi assai lontana dall'essere patrimonio collettivo e normale
condizione esistenziale. Parlate di pari dignità sociale indipendentemente
dall'identità sessuale nella scuola ad esempio: ci sarà sempre
più di un Fini ad affermare che non vorrebbe mai che il proprio
figliolo abbia un finocchio come insegnante, ed i colleghi non
lo diranno apertamente, ma la loro opinione e i loro comportamenti,
anche professionali, non vi si discosteranno di molto, alla
faccia di diritto alla cittadinanza, di cultura della libertà
individuale, programmazioni, interdisciplinarietà e lavoro d'equipe.
Gli integralismi religiosi
Causa del perpetuarsi della violenza sulle persone omosessuali,
oltre ad essere l'ipocrisia democratica e la cultura del disinteresse
da una parte, il disimpegno e le iniziative consumistiche dall'altra,
sono gli integralismi religiosi monoteistici, che se ne fanno
un dovere e che perseguono l'obiettivo repressivo con una tenacia
che sarebbe degna di miglior causa (fame e malattia nel mondo,
guerre, sfruttamento dei bambini, distruzione degli ecosistemi,
ecc.). Non è detto che un gay sia ebreo, cattolico o musulmano,
ma certamente tra questi in enorme numero sono gli omosessuali,
eppure pochi sono quelli impegnati nelle battaglie per i diritti
civili - e spesso a costo di laceranti crisi esistenziali. Ricordiamo
solo a titolo di esempio l'ultimo rogo (vero, purtroppo) consumato
dall'inquisizione: Alfredo Orman-do, Roma, piazza san Pietro
1997. Non è un caso che razzisti, ex fascisti ed ex democristiani
si siano appellati alla chiesa di Roma per evitare lo "spiacevole
inconveniente" della manifestazione prevista a Roma in quest'anno
di Giubileo.
E la chiesa prontamente, anche se nell'ombra, ha sguinzagliato
i suoi adepti (ppi, cdu, fi, an e quant'altri) per far approvare
nelle singole circoscrizioni romane delle risoluzioni di non
disponibilità da leggi speciali "in puro stile cileno" con la
scusa dell'ordine pubblico. Non si sa perciò a tutt'oggi se
questa manifestazione ci sarà, anche perché i tempi per la sua
preparazione d'ordine logistico, per le migliaia di partecipanti
previsti da tutto il mondo, diventano sempre più stretti, certo
è che pesante sarebbe il bilancio per la facciata democratica
dei politici italiani governanti la città e il paese.
Ma certo è anche che mai come in questo momento è data al movimento
l'opportunità di uscire dalle strettoie di un pensiero chiuso
su se stesso e dalle ininfluenti ed immutate eco delle ricorrenze,
per inaugurare una nuova fase libertaria del diritto e della
gioia di ogni persona di essere se stessa.
Michele Pisicchio
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