Lo scisma confessionale tra protestanti e cattolici ebbe gravissimi
riflessi politici e militari. Dal 31 ottobre del 1517, cioè
da quando Lutero affisse le sue 95 Tesi sulla porta del Duomo
di Wittenberg, le guerre europee prendono spesso l'avvio come
guerre di religione e soltanto dopo un po' mostrano la loro
natura di lotta per l'egemonia politica e militare. Anche il
babbo di Cristina di Svezia, Gustavo Adolfo, guidò un
esercito di protestanti contro la Lega Cattolica e, in coerenza
con quanto stabilito a Upsala nel 1597 che vi sarebbe
stata condanna penale per chi deviava dal luteranesimo
non ci pensava su due volte a giustiziare cattolici svedesi.
Al tempo vigeva il principio secondo il quale al popolo era
automaticamente attribuita la fede confessionale scelta dal
re e se, dunque, sua figlia Cristina, che a diciotto anni è
già sul trono, è in odor di conversione, sembra
che stia per saltare il fosso da un momento all'altro, beh,
si tratta di un caso politicamente rilevante. La Guerra dei
Trent'anni è appena finita. Ci mancano solo i dubbi di
Cristina per farla ricominciare. Rischiano di lasciarci la pelle
in parecchi.
La pelle ce la lascia, invece, Cartesio. Il noto filosofo, infatti,
senza troppo entusiasmo ha finito con l'accettare l'invito della
regina Cristina di Svezia che lo voleva alla sua corte, pronto
a insegnarle la sua filosofia e i segreti della natura in orari
impossibili. Rettitudine morale luterana, educazione militaresca,
consapevolezza di quanto il sacrificio tempri l'animo garantendone
le conoscenze volevano ch'ella si svegliasse sistematicamente
alle quattro e che convocasse il filosofo, per le prime lezioni,
alle cinque, giusto dopo qualche esercizio fisico e spirituale
nelle fresche mattinate della Stoccolma invernale. Cartesio,
che amava dormire e poltrire fra le coltri fino a tardi, ci
andò poche volte, ma a sufficienza, come dicono le cronache
più accreditate, per buscarsi un'influenza, presto degenerata
in polmonite e causa inequivocabile, l'11 febbraio del 1650,
della sua morte. Era partito da Amsterdam il 5 settembre dell'anno
precedente. In cinque mesi c'era rimasto secco.
Anche perché allo scopo avevano provveduto due robuste
dosi di arsenico. Questa seconda storia della morte di Cartesio
è narrata in un bel libretto del medico e storico tedesco
Eike Pies, che s'intitola Il delitto Cartesio (Sellerio,
Palermo 1999). In esso, l'autore rende nota una documentazione
inedita sufficiente ad accreditare l'ipotesi che il filosofo
francese sia stato ammazzato. Pies stava facendo ricerche su
un proprio antenato che visse all'epoca dei fatti, quando gli
è saltata fuori, casualmente, la lettera di un amico
medico alla corte di Cristina di Svezia. In questa lettera,
che era stata passata al vaglio della censura reale, si ribadiva
la tesi ufficiale della morte per polmonite, ma, al contempo,
si registrava tutto il calvario del filosofo, giorno per giorno,
sintomo per sintomo. E i sintomi, per chi sapeva qualcosa di
medicina, erano quelli, tipici, dell'avvelenamento da arsenico.
Al contempo, Pies individua sia il movente che il potenziale
assassino. Nella stessa ambasciata francese dove abitava Cartesio,
infatti, era venuto ad abitare il monaco agostiniano François
Viogué, che si fregiava del titolo di "missionario
apostolico nelle terre del nord" e incaricato segretamente
dal Vaticano di trattare la conversione al cattolicesimo della
regina. Che Cartesio desse più di un fastidio ai cattolici
è testimoniato sia dal fatto che, anni prima, era riuscito
a scampare ad un processo soltanto grazie ad amici potenti e
sia dal fatto che, anni dopo, tutte le sue opere furono messe
all'Indice dei libri proibiti. Erano anni in cui, peraltro,
bastava formulare un abbozzo di fisica antiaristotelica per
essere condannati a morte. L'ipotesi che Cartesio sia stato
fatto eliminare dalla Chiesa cattolica per non intralciare la
conversione della regina è ben fondata. Che il delitto
abbia poi pagato è dimostrato dal fatto che Cristina,
quattro anni dopo, si converte davvero: ma per la buona
pace degli svedesi abdica, va a Roma, diventa l'amante
del cardinale Dezio Azzolino, si iscrive all'accademia dei Lincei,
ispira l'Arcadia e ne fa abbastanza da meritarsi la reincarnazione
in un fumettone cinematografico, nel 1933, sotto le spoglie
di Greta Garbo.
"Ecumenico" sta per generale, universale, deriva dal
greco dove era usato per designare tutta la terra abitata ed
abitabile. La Chiesa cattolica ha sempre definito ecumenici
quei concilii cui partecipavano tutti i vescovi cattolici del
mondo. Sulla legittimità di definirsi ecumenici i patriarchi
di Costantinopoli hanno litigato per secoli con i Papi di Roma
e, nel tentativo di non calare le braghe, questi ultimi, a est,
hanno dovuto fronteggiare più di uno scisma. Il significato
attribuito oggi alla parola è pertanto metaforico. L'ecumenismo
è roba tutta loro e non concerne in alcun modo le altre
Chiese.
Si comprende così perché, perfino in questi nostri
giorni tanto apparentemente esenti da lotte relative al potere
temporale delle chiese, il cardinale Ratzinger ricordi l'assoluta
centralità della Chiesa Cattolica come sola dispensatrice
in Terra della "piena salvezza". All'oibò incredulo
ed offeso dei protestanti, Ratzinger risponde che ritiene la
"pretesa" dei suoi "amici luterani" assurda,
perché, a suo parere, le chiese protestanti al
plurale svilente , sarebbero soltanto "strutture
sorte da casualità storiche".
E qui, a mio avviso, rischia. Quantomeno un'accusa di eresia.
Se i protestanti sono il frutto del caso, è implicito
che i cattolici, invece, siano frutto di una necessità.
Necessità che, in casa cattolica, non s'identifica né
con l'abolizione delle classi e il comunismo universale né
con il determinismo materialista che avrebbe agognato Laplace,
ma con la Provvidenza. Provvidenza, tuttavia, a responsabilità
limitata, perché alla sua lungimirante capacità
regolativa, ogni tanto scappa qualcosa. Come la riforma luterana,
o come la lettera di quel medico che, in pratica, rivela che
Cartesio è stato assassinato.
Felice Accame
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