La tematica del diritto d'autore non
è certo di semplice trattazione, specie dal punto di
vista della normativa che regola questa materia. Tuttavia essa
merita, oggi più che mai, se non una comprensione puntuale
(appannaggio dei soli specialisti), perlomeno la conoscenza
diffusa dei principi di base che la determinano, in quanto essa
riguarda molto da vicino la possibilità e le forme della
libera produzione e diffusione del sapere, del pensiero e dell'arte.
Tra chi si è occupato di copyright non mancano pensatori
storici del pensiero libertario. Leggiamo, ad esempio, questo
breve passaggio dell'anarchico americano Benjamin R. Tucker:
"Poiché il Signore, nella sua saggezza, o il Diavolo
nella sua malizia, ha disposto le cose in modo che il lavoro
dell'inventore o dell'autore sia in natura svantaggiato, l'uomo,
nella sua potenza, ha proposto di supplire con un espediente
artificiale che non si limita ad annullare lo svantaggio, ma
che conferisce all'autore un vantaggio di cui attualmente non
gode nessun altro lavoratore - un vantaggio, per di più,
che in pratica non va all'inventore o all'autore, ma al promotore,
all'editore o alla grande impresa."
Con queste parole, scritte più di un secolo fa, Tucker
metteva in luce una delle contraddizioni più evidenti
insite nella regolamentazione del diritto d'autore, alla fine
dell'800 come all'inizio del terzo millennio: più che
consentire agli autori di vivere del proprio lavoro, la legislazione
sul copyright garantisce cospicui profitti allo Stato ed alle
multinazionali, a tutto svantaggio della libera circolazione
delle idee e delle invenzioni, e dune dell'innovazione e del
progresso. Questo approccio critico al diritto d'autore è,
peraltro, tutt'altro che nuovo o isolato.
Frutto di norme antiquate, scritte quando le videocamere, le
fotocopiatrici, i computer o tantomeno Internet non erano nemmeno
nei sogni dei più fantasiosi utopisti, la legislazione
sul copyright ha finito, infatti, per favorire quasi unicamente
le grandi imprese editoriali, discografiche e del software.
In altre parole, l'insieme di norme congegnato per giovare agli
autori (consentendo loro di vedersi riconosciuto il frutto del
proprio lavoro) ed alla società nel suo complesso, diviene
terreno di conquista dei grandi potentati economici, che anche
attraverso di esso hanno formato o consolidato (e mantengono)
gli odierni monopoli (basti pensare all'industria informatica,
farmaceutica, al dibattito sulla brevettazione degli organismi
geneticamente modificati, alle battaglie legali per limitare
la diffusione della musica in Internet ecc.).
Un regalo alle multinazionali
La legislazione italiana in materia di diritto d'autore (legge
633 del 1941) non fa eccezione, se non per essere particolarmente
retriva, il che risulta perfettamente plausibile se si pensa
al periodo in cui fu concepita. Ciò nonostante essa è
stata oggetto di un recente inasprimento, grazie alle numerose
modifiche introdotte dalla legge 18 agosto 2000, n. 248.
La nuova legge, entrata in vigore il 19 settembre scorso (ed
approvata a larghissima maggioranza), può essere infatti
considerata un vero e proprio regalo alle multinazionali del
software, della musica e dell'editoria, che non hanno infatti
mancato di manifestare la propria piena soddisfazione.
Senza nessuna pretesa di esaustività, andiamo a vedere,
molto sinteticamente, alcune delle principali novità
del testo approvato, allo scopo di evidenziare qualche spunto
per la riflessione e l'approfondimento.
In primo luogo, nell'art. 171 bis della legge, viene sostituita
la dizione "scopo di lucro" con quella di "trarne
profitto", quale elemento costitutivo del reato di duplicazione
abusiva. In altri termini viene punito non solo il comportamento
di chi riproduce software al fine di rivenderlo, ma il comportamento
in quanto tale, in virtù del risparmio di spesa che se
ne ricava.
Si noti che per riproduzione va intesa anche quella che avviene
via Internet. Scaricare un programma da Internet senza la necessaria
licenza, o creare dei link a opere riprodotte illecitamente,
rientra infatti nella fattispecie di reato prevista dal 171
bis.
Inoltre, la punizione per questo tipo di reato passa da civile
a penale, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Non si pensi che l'assurdo inasprimento delle pene (di cui l'articolo
citato è, purtroppo, solo uno dei numerosi esempi contenuti
nella nuova legge), accompagnato dall'estensione del loro ambito
di applicazione, sia un dispositivo finalizzato a difendere
gli autori da chi trae immeritatamente vantaggi dal loro lavoro.
È bene ricordare che (basta guardare un qualsiasi CD-Rom
per rendersene conto) la proprietà intellettuale non
è riconosciuta agli autori, bensì all'azienda
produttrice (il copyright su Windows, ad esempio, è proprietà
della Microsoft, non delle centinaia di programmatori che l'hanno
effettivamente progettato e realizzato).
Il "giro di vite" risponde invece ai desideri dalle
multinazionali del software (ma non solo), che lo hanno caldeggiato
dopo avere ampiamente tollerato per lunghi anni la "pirateria",
che ha consentito la straordinaria diffusione di software impostisi
come standard di fatto, quali Microsoft Office.
È importante sottolineare che, in nome della lotta alla
pirateria, in questo modo viene sanzionato penalmente anche
lo scambio, a puro scopo scientifico o hobbistico, di informazioni
tecniche sul funzionamento del software e la realizzazione di
strumenti in grado di modificarlo, piuttosto di limitarsi a
punire solo chi trae da queste attività un ingiusto introito.
Il messaggio delle multinazionali risulta dunque fin troppo
chiaro: giù le mani dalla conoscenza tecnica, limitatevi
a consumare!
Tutti schedati
Un secondo elemento particolarmente preoccupante introdotto
dalla nuova legge è costituito dalla straordinaria operazione
di schedatura (registrazione presso la questura, da rinnovarsi
annualmente) di tutti coloro i quali, per le ragioni più
varie, producono, duplicano, riproducono, vendono, noleggiano
o cedono a scopo di lucro i supporti (nastri, dischi, videocassette,
CD), o semplicemente detengono tale materiale ai fini dello
svolgimento delle suddette attività.
Se a questo aggiungiamo la perseguibilità d'ufficio dei
fatti di duplicazione abusiva, l'introduzione di un regime di
pentitismo (tale per cui si premia con riduzioni della pena
chi, coinvolto in fatti illeciti, consente alle autorità
il sequestro di materiale, anche solo presumibilmente, abusivo),
l'istituzione di nuove funzioni di vigilanza attribuite all'Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni ed alla SIAE (relativamente
alle attività di riproduzione, duplicazione, proiezione
cinematografica, distribuzione, vendita, noleggio dei supporti,
compresa l'attività delle copisterie), il potenziamento
straordinario dei poteri della SIAE (sulla quale andrebbe aperto
un capitolo a parte), ne ricaviamo un quadro da "legislazione
d'emergenza" che, a ben vedere, pare assolutamente esagerato.
Il tutto non a difesa dell'autore vittima di impietosi "pirati",
ma piuttosto in nome della assai meno nobile volontà
dei grandi potentati economici e dell'informazione di stabilire
chi comanda nel territorio, ancora orgogliosamente libero, della
nuova frontiera elettronica.
Giuseppe Vergani
giuzip@infinito.it
Per approfondire:
http://www.alcei.it
http://www.interlex.it
A. Mingardi - G. Piombini (a cura di), Copia pure. Il diritto
di copiare nei saggi dell'anarchico Benjamin R. Tucker,
Millelire Stampa Alternativa, 2000.
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