Con questo numero si concludono i primi 30 anni di vita di
"A".
Il primo numero - lo ricordiamo - uscì nel febbraio 1971,
dopo una gestazione durata qualche mese. Venne infatti concepito
nel corso del 1970, all'indomani della strage di piazza Fontana
e dell'assassinio del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli,
nel pieno della campagna di controinformazione sulla repressione.
Nel gruppo redazionale iniziale c'erano anarchici milanesi (militanti
del circolo "Ponte della Ghisolfa", lo stesso di Pinelli)
ed un anarchico romano: gran parte dei componenti di quel manipolo
iniziale sono tuttora attivi in campo libertario.
L'esigenza sentita dai promotori di "A"
di dar vita ad una nuova pubblicazione anarchica, con la redazione
a Milano anche se di respiro più vasto, coincideva con
la crescita che il movimento anarchico aveva vissuto a partire
dal '68: crescita di simpatie, di influenza sociale, di interesse
storico e culturale. C'era tutto un fermento, in quegli anni,
e non solo in campo anarchico. Fu in quel clima che si decise
di pubblicare almeno 3 numeri di "A": se i compagni
l'avessero accolta positivamente, riconoscendola come uno strumento
utile e quindi impegnandosi anche a diffonderla, bene. Se no,
dopo 3 numeri, esauriti i fondi raccolti, si sarebbero interrotte
le pubblicazioni.
Andò bene. La rivista si affiancò alle poche pubblicazioni
esistenti (il settimanale Umanità Nova, il quindicinale
L'Internazionale, il piccolo Seme Anarchico, la
vetusta Adunata dei Refrattari che arrivava mensilmente
dagli Stati Uniti), con una grafica ed un'impostazione redazionale
del tutto nuovi in campo anarchico, ritagliandosi uno spazio
preciso. Fu accolta con simpatia anche dai vecchi compagni
quelli che avevano combattuto contro il regime fascista in carcere,
al confino, in esilio e iniziò così quell'avventura
editoriale che tuttora continua.
Nel corso di questi 3 decenni (e 268 numeri) la nostra rivista
si è progressivamente modificata, così come profondamente
si è trasformato il contesto circostante. Immutata è
rimasta la volontà di rappresentare uno strumento critico,
di informazione e soprattutto di riflessione. Certo, rispetto
alla rivista prevalentemente di propaganda e di agitazione dei
primi anni '70, oggi "A" è profondamente diversa.
I tempi sono cambiati e per fortuna e mai abbastanza
anche noi siamo cambiati.
Ma le ragioni di fondo che spinsero trent'anni fa un gruppo
di compagni di Pinelli a far nascere questo periodico che hai
tra le mani (o sul monitor del tuo computer, se stai consultando
la versione on-line) sono sempre le stesse. E le ritroveremo
nella presentazione del n. 538 di "A", quando nel
febbraio 2031 concluderemo il secondo trentennio di "A".
Per chi ci segue con simpatia è un augurio, per noi è
un impegno.
Soldi. Quattro anni dopo la sua morte, il compagno Valerio
Isca (Calatafimi 1898 - New York 1996) si è rifatto vivo
con noi. Dagli Stati Uniti i suoi curatori testamentari ci hanno
inviato un bell'assegno di 7.000 dollari (lire 15.860.800),
da lui destinato alla nostra rivista. Un analogo assegno è
stato inviato al Centro Studi Libertari di Milano. Per noi,
è una bella botta, se pensiamo che la rivista costa circa
100 milioni all'anno, che lo scorso anno il bilancio si era
chiuso con oltre 20 milioni di deficit e che la rivista ha sempre
più pagine mentre il prezzo è fermo da anni a
5.000 lire.
Sul prossimo numero daremo conto dei dati essenziali del bilancio,
che tradizionalmente si chiude a fine novembre e viene inviato
ai diffusori ed ai sostenitori di "A". Anche grazie
a quest'ultima donazione, comunque, si presenta fin d'ora molto
meno preoccupante che nel recente passato.
Precisazione. Per una dimenticanza, sullo scorso numero
è saltata l'indicazione della fonte e del traduttore
della lunga intervista con lo psicoanalista brasiliano Roberto
Freire. A tradurla dalla rivista libertaria portoghese Utopia
è stato Gianni Alioti: grazie!
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