Agli inizi del '900 Massa Lombarda
è un centro caratterizzato da una forte presenza
anarchica, come testimoniano le rumorose sottoscrizioni
e gli abbonamenti alla stampa libertaria dell'epoca ("l'Aurora"
di Ravenna, il quotidiano nazionale "Umanità
Nova" e il settimanale imolese "Sorgiamo!").
Tra le figure di spicco si possono ricordare Giuseppe Bedeschi,
Angelo Mirri, Giovanni Zanotti, Luigi Amadei, Ferdinando
Bassi (in seguito tutti ferocemente perseguitati dal fascismo).
Agitatori irriducibili, gli anarchici di Massa promuovono
lotte sindacali e tumulti con un ampio raggio d'azione nella
"bassa", da Conselice fino ad Argenta e Molinella.
Durante la "Settimana Rossa" (giugno 1914), sulla
piazza centrale del paese viene innalzato l'albero della
libertà con appese le bandiere nere dell'anarchia
e scritte inneggianti la rivoluzione sociale. Durante il
"Biennio Rosso", va ricordata la presenza decisiva
dei massesi nei tumulti di Bagnara nel maggio '19 per la
liberazione dei compagni detenuti nella caserma locale.
Nel '20 viene a Massa per un comizio anche Errico Malatesta
(leader anarchico, considerato dalle forze dell'ordine come
il più pericoloso rivoluzionario italiano), accolto
da una folla numerosa e dalla fanfara cittadina.
La presenza degli anarchici, oltre che nella politica, si
avverte anche in altre sfere della vita cittadina: nel tempo
libero, sono una consuetudine le "Veglie nere",
feste danzanti molto frequentate con le quali il gruppo
anarchico si finanzia e distribuisce materiale. Inoltre,
sempre gli anarchici sono tra i promotori della nascita
della Cooperativa Facchini, dove tra i soci-lavoratori troviamo
Filippo Pernisa. Nato nel 1878, già alla fine del
secolo il suo nome compare sulla stampa anarchica, di cui
diventa diffusore e corrispondente. Sindacalista della Lega
Facchini (aderente all'Unione Sindacale Italiana, il sindacato
rivoluzionario che si contrappone alla riformista C.G.L.),
la sua azione si estende fino alla Toscana e alla Liguria.
È inoltre amico del famoso dirigente sindacalista
Armando Borghi, anarchico di Castelbolognese, tanto da offrirgli
rifugio in casa propria nell'11 in quanto ricercato dalla
polizia per le agitazioni contro la guerra di Libia. Del
resto anche la moglie di Pernisa, Ginevra Dalle Vacche,
è anarchica, ed ama ripetere le poesie e le canzoni
di Pietro Gori (l'autore tra l'altro di "Addio Lugano
bella"). Borghi descrive Pernisa come "un gran
bambinone, di testa buona e dal fisico atletico". Si
narra che possa reggere per ogni mano un peso da un quintale.
Alla fine del Biennio Rosso l'iniziativa politica passa
in mano alla reazione. Pernisa, già segnalato dalla
polizia fin dal 17 come elemento pericoloso da imprigionare
subito in caso di disordini, è tra quelli cui bisogna
rendere la vita impossibile: nel giugno del '21 viene incarcerato
insieme con Alfredo Grandi, ma a causa di un tumulto scoppiato
nel paese i due sono liberati dopo pochi giorni. I fascisti
si concentrano sugli elementi comunisti e anarchici più
attivi, che finiscono spesso in carcere o al confino: l'anarchico
viene ammonito nel 27, è costretto a darsi alla clandestinità
e a nascondersi nelle valli di Comacchio. Poi, per non mettere
a repentaglio la sicurezza della famiglia, cessa l'attività
politica clandestina; lascia anche il mestiere di facchino
(sta diventando claudicante, tipica malattia professionale),
e si mette a fare il commerciante di vinacce.
Con la caduta di Mussolini, il luglio '43 e l'armistizio
dell'8 settembre i fascisti abbandonano Massa, odiati da
una popolazione resa ancora più ostile dai disastri
della guerra. Si costituisce il C.L.N. cittadino con la
partecipazione degli anarchici. La guerra non è finita
e si diffonde così il timore del ritorno dei fascisti:
e una cinquantina di questi arriva, il 24 ottobre del '43,
materializzandosi nel centro del paese con un camion e una
grossa mitragliatrice. Appresa la notizia, Pernisa inforca
subito la bicicletta, sordo alle proteste dei parenti e
si dirige deciso verso i militi. Nonostante la stazza, l'anziano
e claudicante anarchico non può fare paura a quei
ragazzi armati fino ai denti; anzi, parla loro in tono pacifico,
dicendo che Massa è un paese tranquillo di lavoratori,
ha già sofferto abbastanza e non merita altre violenze.
Viene allontanato bruscamente, ripete l'esortazione ad un
altro gruppetto che però gli risponde in malo modo.
Allora si allontana sconsolato verso l'Osteria "Zani",
in Corso Vittorio Veneto, dove lo attende il compagno Ferdinando
Bassi. I fascisti intanto assumono lo schieramento da rastrellamento,
con fucili a tracolla e bombe a mano, e seguendo lo stesso
senso di marcia del nostro incontrano un anziano antifascista,
Pasquale Ricci, che porta un fazzoletto rossastro al collo,
dei birocciai. Circa all'altezza della torre dell'orologio
gli viene intimato di togliere il fazzoletto, ed al rifiuto
di questi i fascisti sparano con fucili e pistole. Sui gradini
dell'osteria, mentre l'amico Bassi gli porge il braccio
per aiutarlo ad entrare, Pernisa cade colpito mortalmente.
"I ma ciap" (mi hanno colpito), proferisce all'amico,
poi cessa di vivere durante il trasporto all'ospedale. Le
fotografie qui a fianco si riferiscono ai funerali che si
tengono tre giorni dopo l'assassinio, e sono una chiara
testimonianza della riconoscenza dei cittadini di Massa
Lombarda verso il gesto coraggioso dell'anarchico.
Nel dopoguerra, l'organizzazione degli anarchici di Massa
si ricostituisce con il nome "Gruppo anarchico Filippo
Pernisa". Viene commemorato a tre anni dalla morte,
nell'ottobre '46, con un comizio di Armando Borghi e lo
scoprimento di una lapide muraria (dettata dall'anarchico
imolese Primo Bassi) posta lungo il Corso Vittorio Veneto
nel punto in cui avvenne l'assassinio. Ancora oggi vi possiamo
leggere: "Qui cadeva il 24 ottobre 1943 Filippo
Pernisa - anarchico - cospiratore- nella lotta e nel martirio
- luce di umana redenzione - sempre!".
Roberto Zani
(si ringrazia per la collaborazione Athos Giuliani)