Mettiamocelo bene in testa: le stragi
in Italia non le ha fatte nessuno. Non ci sono colpevoli. Quindi
resteranno impunite. Allora bisogna trovare una soluzione. Politica,
ovviamente. Così, mentre un processo in corso a Milano
(quello contro Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e soci) sta mettendo
in luce, sul piano giuridico, le responsabilità dei neonazisti
italiani nella strategia della tensione negli anni Sessanta
e Settanta, con fiammate fino ai primi anni Ottanta, si sviluppano
altre iniziative. Preoccupanti. L'ultima sortita è di
Giovanni Pellegrino, senatore Ds e presidente della Commissione
stragi. In un libro intervista, Il segreto di Stato, Pellegrino
lancia una proposta che sta già facendo molto discutere,
ma non apertamente, solo nei corridoi del Palazzo.
Che cosa dice Pellegrino? Bisogna superare quella che è
stata una "guerra civile" e azzerare le responsabilità
penali da una parte e dall'altra. Chi sa, parli e verrà
perdonato. Solo così si può ricostituire un clima
politico non più avvelenato da quel "tragico passato".
Insomma, un soluzione che Pellegrino definisce "alla sudafricana".
Cioè quella soluzione che una commissione guidata da
Desmond Tutu permise al Sudafrica di passare a un regime democratico,
senza più alimentare continui scontri razziali tra bianchi
e neri. In Italia il confronto sarebbe tra rossi e neri o, per
essere più aderenti ai tempi, tra rosa e grigi.
La cosa in sé può far sorridere (o altro a seconda
dei gusti e dei temperamenti) e letta come una delle tante dichiarazioni
preelettorali di un politico in odore di non rielezione (e che
probabilmente non vuole uscire del tutto dalla scena politica,
rimanendo almeno presidente di quella Commissione). Ma la questione,
è ovvio, non si esaurisce solo a un problema di poltrone.
Atto primo: guerra di dossier
Per capire appieno la tattica e la strategia che sta dietro
quella proposta (non irrilevante e non campata in aria, teniamolo
presente) bisogna fare il classico passo indietro.
Tutto comincia, si fa per dire, con la relazione dei parlamentari
Ds presenti nella Commissione stragi. Una lettura (o rilettura,
se volete) degli anni delle bombe, degli attentati e dei tentativi
di golpe. I Ds fanno una ricostruzione a prima vista sufficientemente
suffragata da riscontri di fatto, di sentenze, di accertamenti.
Il risultato è la messa in evidenza del ruolo delle organizzazioni
neonaziste e neofasciste, delle coperture di cui hanno goduto
negli apparati dello Stato, della magistratura, dei servizi
segreti, e del ruolo rilevante che hanno avuto la Cia e i servizi
segreti della Nato. Per i lettori di questa rivista non si tratta
certo di novità. L'aspetto originale è rappresentato
dall'immagine immacolata che assume il Pci degli anni Sessanta
e Settanta: il partito di Luigi Longo e di Enrico Berlinguer
sarebbe stato il grande bastione a difesa della democrazia in
Italia. Un'autoesaltazione, insomma.
Atto secondo: la risposta dei parlamentari di Alleanza nazionale.
Con due brevi, ma al tempo stesso molto fantasiose, relazioni
riportano l'attenzione sugli anarchici. Pietro Valpreda sarebbe
il vero colpevole dell'attentato del 12 dicembre a Milano, Giuseppe
Pinelli era coinvolto in quella storia (forse anche confidente
della polizia) e messo alle strette si suicida. Per di più
gli anarchici milanesi in fatto di bombe hanno una storia che
inizia fin dai primi anni Sessanta. Logico, quindi, che tra
loro vadano cercati i responsabili della strategia della tensione.
Il tutto sotto la regia del sovietico Kgb.
Una manovra maldestra, neppure documentata seriamente, piena
di illazioni senza riscontri, ma che ha un preciso scopo politico:
la storia di quegli anni può essere letta in modi diametralmente
opposti. E se nessuno ha torto, nessuno ha ragione. Quindi meglio
lasciar perdere e applicare la regola tutta italiana del colpo
di spugna.
Atto
secondo: meglio dimenticare
Qual è l'intento? La cosa è chiara e già
nel numero 4/2000 (ottobre-dicembre) di Libertaria l'editoriale
(Colpevoli? I soliti anarchici) così concludeva, parlando
proprio di queste vicende: "Annullare dopo le elezioni
(che il centrodestra conta di vincere) la Commissione stragi
e ricostituirne un'altra. Quindi riconoscere che gli anni Sessanta
e Settanta sono stati luttuosi. Ma bisogna uscirne e varare
un'amnistia che, nell'impossibilità di trovare i veri
colpevoli, chiuda quella pagina. Tutti a casa e tutti non colpevoli.
E se si passa un colpo di spugna su reati come attentati, stragi
non vorrete certo lasciare in piedi processi per fatterelli
secondari come il finanziamento illecito ai partiti, le frodi
fiscali, le corruzioni, le tangenti?".
Quanto prevedeva (sulla base di verificate informazioni di prima
mano) Libertaria ha avuto adesso un'accelerazione. Non si deve
nemmeno aspettare che il centrodestra vinca le elezioni per
mettere una pietra sopra quel passato scottante. No, ci pensa
da subito un esponente dell'ex Pci. E come tutti sappiamo certe
cose in politica non avvengono per caso.
Ecco che cosa sta succedendo.
Quel passato scotta per entrambe le formazioni politiche. La
destra vi è coinvolta in prima persona, tanto che ha
dovuto rinunciare all'alleanza elettorale con Pino Rauti e il
suo Msi-Fiamma tricolore. Sarebbe stato un alleato troppo scomodo
perché pesantemente coinvolto nella stagione degli attentati:
Ordine nuovo, di cui allora era capo Rauti, è stato in
moltissimi casi il braccio armato di quella strategia. Per non
dire delle connivenze (chiamiamole con un eufemismo) del Movimento
sociale di Giorgio Almirante con i terroristi neri. Oggi Gianfranco
Fini, allora giovane fedelissimo di Almirante, vuole farci dimenticare
quel passato. Alleanza nazionale, infatti, ha assunto la forma
di "destra democratica". Poi, siccome la partita elettorale
si gioca tutta sugli elettori di "centro", bisogna
lasciarsi alle spalle e far dimenticare le posizioni "estremiste".
Da qui la necessità per il centrodestra di seppellire
un passato scomodo e decisamente poco presentabile.
Discorso analogo per il centrosinistra, soprattutto per la sua
componente maggioritaria, i Ds. Il suo progenitore, il Pci,
ha utilizzato (per dirla in modo schematico, ma non arbitrario)
la verità sulle stragi di Stato (che conosceva, si veda
il fondamentale articolo di Aldo Giannuli, Pci & stragi.
La politica del silenzio, in Libertaria numero 1/1999) per favorire
la sua ascesa al potere. In pratica ha commercializzato il suo
silenzio sulle tante cose che sapeva. Come? Mettendo alle strette
la Democrazia cristiana, grande calderone politico in cui vivevano
gomito a gomito tendenze filogolpiste con personaggi "democraticamente
più presentabili". La famosa tattica del "Io
so, ma non parlo se ci mettiamo d'accordo". Una tattica
che ha dato i suoi frutti anche perché la Dc aveva un
alleato compromesso nella copertura del ruolo dei servizi segreti
americani: il Psdi. Il partito amerikano operante nell'Italia
degli anni Sessanta e Settanta (non a caso nato nel 1947 con
un sostanziosissimo finanziamento della Cia tramite il sindacato
Afl-Cio).
Atto
terzo: salvare la faccia
Insomma, il Pci seguì, si può dire pedissequamente,
gli insegnamenti del suo padre storico, Palmiro Togliatti: l'utilizzo
spregiudicato e machiavellico delle informazioni "scomode"
per conquistare il potere. E volete che uno con la faccia di
Walter Veltroni abbia le capacità perverse del "Migliore"?
Via, non facciamo ridere.
Ecco allora definiti i contorni dell'operazione. Un'operazione
semplice, ma che loro sperano paghi: salviamoci la faccia a
vicenda. Altro che impossibilità di arrivare alla verità.
Qui siamo di fronte a pura e semplice alchimia politica ancor
prima che elettorale.
Il lato penoso, in tutto questo, è che molto probabilmente
l'operazione pagherà e sarà redditizia per tutti.
Che ci volete fare? Sono passati più di trent'anni. La
gente dimentica. E la storia, lo sappiamo tutti, è lì
per essere come al solito riscritta. A vantaggio dei potenti
di turno. Ma non è detto che vada sempre così.
Staremo a vedere.
Luciano Lanza
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