Questo è il primo movimento di
massa nella storia che non sta chiedendo assolutamente niente
per se stesso ma vuole semplicemente giustizia per il mondo
intero: questa frase di Susan George, economista e co-fondatrice
di Attac, è un buon punto di partenza per valutare
la natura e gli scopi dei movimenti sociali antiliberisti. Sono
movimenti nati nella società, cresciuti nei boicottaggi
delle multinazionali, coi movimenti contadini di tutto il mondo,
assieme ai consumatori che hanno messo a fuoco gli effetti delle
ferree leggi del commercio internazionale, con le ong che si
confrontano ogni giorno coi guasti prodotti nel Sud del mondo
da un sistema economico che divora risorse, persone, democrazia.
Sono movimenti che hanno il coraggio di guardare ai processi
di globalizzazione in modo laico, senza demonizzarli. Ne criticano
molti aspetti, ma sanno coglierne i lati positivi. Sispirano
in fondo a Nelson Mandela, che diceva: Non si combatte
contro le stagioni. La globalizzazione ha i suoi lati
positivi, perché allarga gli spazi, agevola i contatti,
espande le comunicazioni. I movimenti ne combattono la natura
liberista, accettando la dimensione globale come scenario dazione.
Il frutto di un evento come il Forum mondiale di Porto Alegre
non va cercato nel documento finale che ha prodotto. Quel testo
è lesito di una contrattazione cominciata con lapertura
stessa del Forum, condotta dai responsabili dellorganizzazione
e alcuni leader delle maggiori delegazioni. È stato un
dibattito rimasto ai margini del Forum ed è servito fondamentalmente
ad ununica cosa, fissare le due discriminanti poste dai
movimenti sociali: il no alle guerre e il rifiuto del neoliberismo.
Il Forum sociale non somiglia a un congresso di partito, non
si combatte sulle mozioni, anche se non sono mancati, a Porto
Alegre, i professionisti del documento, pronti a
discutere ore ed ore per cambiare una parola nel testo finale.
Lesito di Porto Alegre va cercato altrove: nelle reti
globali costruite da gruppi e sindacati, nello slancio acquisito
da Via Campesina attraverso il confronto fra movimenti
contadini di parti diverse del globo, nella crescita di Attac,
nei legami stabiliti da sindacati e movimenti del Nord col Social
Forum africano, nellestensione del sostegno al progetto
di un Contratto mondiale per laccesso allacqua,
nel contatto avvenuto fra le centrali europee del commercio
equo e le reti sudamericane di economia informale
È
il lavoro fatto negli ottocento e più workshop.
Quanto il Forum di Porto Alegre sia stato importante, lo vedremo
nei mesi prossimi, col Forum europeo previsto per novembre,
e prima ancora con le iniziative sulla sovranità alimentare
che saranno organizzate a giugno in concomitanza col vertice
della Fao. Lo vedremo, soprattutto, valutando quanto sindacati,
Social Forum e reti associative sapranno mettere in campo, in
termini di lotta quotidiana al neoliberismo, attraverso i boicottaggi
contro chi produce sfruttando natura e lavoro, attraverso la
sperimentazione di nuove forme di mobilitazione e di democrazia
e la costruzione di modelli economici alternativi. Non si può
ignorare, per fare degli esempi, che il commercio equo e solidale
è in vertiginosa crescita (+50% in Italia nellultimo
anno), che una campagna come quella contro la Del Monte in Kenia
ha centrato tutti i suoi obiettivi, che lidea dintrodurre
una Tobin Tax sui movimenti speculativi di capitale sta guadagnando
consenso, che i Social forum nati in piccoli e grandi centri
sono la novità associativa e politica più interessante
degli ultimi anni. Tutto questo è riformismo? O forse
la categoria del riformismo non è adatta per valutare
i movimenti sociali antiliberisti?
Sono movimenti, questi, che non chiedono nulla per sé,
come dice Susan George, ma che hanno un progetto di trasformazione
radicale. Vogliono uneconomia di giustizia al posto del
neoliberismo, vogliono anteporre luomo al mercato, chiedono
democrazia su scala planetaria, perché a questo livello,
nel mondo globalizzato, nascono lingiustizia e la sopraffazione.
Pongono anche la domanda che la classe politica dei paesi ricchi
non vuole ascoltare: questo modello economico è sostenibile?
Non stiamo andando verso un global crac? Sono progetti e domande
che vanno al cuore dei problemi del nostro tempo, perciò
trovano tanto ascolto e mobilitano tante energie. Sono idee
che hanno bisogno di fare almeno un piccolo passo ogni giorno,
nella mobilitazione sociale, nellinformazione, nella cultura.
I movimenti potranno crescere se sapranno essere concreti, offrendo
occasioni dinformazione e dazione su scala locale,
coinvolgendo singoli ed associazioni, sindacati e gruppi politici.
Porto Alegre, in fondo, è una grande palestra di sperimentazione,
un serbatoio denergie e dintelligenza da riversare
nelle campagne e nei progetti da attuare localmente. Le reti
costruite nel Sud del Brasile sono lossatura sociale della
mobilitazione globale.
Si tratta di unonda passeggera? La capacità di
coinvolgimento, la qualità del dibattito, la coerenza
degli obiettivi farebbero pensare di no. Al Forum sociale mondiale
si è manifestata la società civile organizzata,
si è cominciato ad elaborare una convincente cultura
antiliberista. Una cultura che non ha ancora acquisito, in paesi
come lItalia, un pieno diritto di cittadinanza nel mondo
scientifico, nei media e nel dibattito politico. Una fetta importante
del dopo Porto Alegre si gioca a questo livello,
sul piano della cultura e dellinformazione. Il Forum ha
legittimato e fatto crescere un altro pensiero,
alternativo a quei princìpi del neoliberismo che hanno
invaso i media, le università, i palazzi e i circoli
della politica.
Il sistema, ossia i poteri dominanti nel mondo ricco,
stanno alzando un fuoco di sbarramento. Non sanno dialogare
con movimenti così compositi, creativi, sfuggenti e al
tempo stesso radicali. Così si è coniato lepiteto
no global, lo si è associato arbitrariamente
a comportamenti violenti, si è scelta la repressione
di fronte alle maggiori manifestazioni di piazza (da Seattle
a Praga, da Goteborg a Genova). Si tenta di negare che possa
esistere qualcosa al di fuori del punto di vista neoliberista.
Porto Alegre è così importante perché mette
in rete strategie di resistenza, saperi, competenze. Perché
produce cultura.
Lorenzo Guadagnucci
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