Dopo tre mesi di intensa attività,
la presenza pubblica del movimento delle assemblee comincia
a declinare, sebbene continuino a sorgerne nuove, in mezzo alla
repressione e ai tentativi di cooptazione da parte della sinistra.
Uninchiesta diffusa due settimane fa (larticolo
porta la data del 23-3-2002, N.d.R.) rivela la profondità
della mobilitazione sociale a partire dal 20 di dicembre: nel
Gran Buenos Aires e nella Capitale Federale (1),
una percentuale pari al 33% delle persone intervistate, una
ogni tre dunque, afferma di aver partecipato a cacerolazos
(2) o ad assemblee di quartiere. Dallinchiesta eseguita
da Hugo Haime y Asociados si deduce che due milioni e mezzo
di persone hanno partecipato in qualche modo alle proteste.
La dimensione del coinvolgimento offre unidea appena approssimativa
dellattuale estensione del movimento che, pur attraversando
ora una fase di declino, ha modificato radicalmente la scena
sociale argentina.
Un movimento di simili dimensioni, che supera ampiamente la
militanza tradizionale, può essere tutto fuorché
qualcosa di ordinato e prevedibile. Forse proprio per questo
il presidente Eduardo Duhalde ha affermato che con le
assemblee non si può governare. La presa di posizione
di Duhalde ha costituito un chiaro segnale, tanto più
che da quasi un mese i membri delle assemblee
sono stati fatti oggetto di continue e crescenti aggressioni.
Il progressivo diffondersi delle aggressioni nei confronti delle
assemblee è cominciata a Merlo, una località allinterno
del Gran Buenos Aires, quando, il 22 di febbraio, una banda
di provocatori del Partito Giustizialista ha attaccato i caceroleros
riuniti in assemblea. Lo schieramento giustizialista mantiene
ancora parte del suo potere nellhinterland, dove il partito
ha la maggioranza una gran quantità di amministrazioni
comunali e questo gli permette di mantenere in vita il sistema
clientelare attraverso molteplici favori. I cosiddetti
punteros piccoli e medi capibanda di quartiere,
che a loro volta rispondono a intendenti o capi
di zona suppliscono così al vecchio e sconquassato
apparato sindacale nei diversi compiti di controllo sociale.
Nella capitale, senza dubbio, il controllo sulla popolazione
si è sempre esercitato in una forma meno vistosa ma non
per questo meno efficace; infatti laccesso della popolazione
a una parte dei benefici del sistema ovvero, il consumismo
assicurava al sistema la neutralità, se non ladesione
attiva della popolazione stessa. Senonché il crescente
impoverimento della società ha reso esplosiva questa
variabile, poiché nella Capitale Federale non esiste
lo stesso sistema clientelare della provincia. Tale differenza
permette alle assemblee di proliferare senza possibilità
di controllo sociale, a parte quello che sta esercitando da
due settimane un altro tipo di provocatori, evidentemente
appartenenti della polizia, che si dedicano a intimorire i vicini
che si auto-convocano in assemblee, con sparatorie, aggressioni
o semplicemente filmando le riunioni.
Molteplicità
Lassemblea deve costituire un fattore attivo nellorganizzazione
sociale delle nostre vite, così si può leggere
nel bollettino dellAssemblea Popolare di Boedo e San Cristóbal.
Si tratta di una nuova cultura politica che emerge tra gli interstizi
della normale vita quotidiana, e che si esprime, più
che in ideologie ben definite, allinterno di un sano
senso comune. Per questo nelle assemblee è soddisfatta
sia lesigenza di rispondere a esigenze di tipo globale
(cancellazione del debito estero, richiesta di lavoro, annullamento
delle leggi sullimpunità, eccetera), sia la necessità
di svolgere attività più pratiche, come lorganizzazione
di acquisti in comune, lapertura di mense per disoccupati,
oppure occuparsi di questioni che riguardano listruzione
e la salute, attività affrontate capillarmente in ciascuno
dei quartieri dove le assemblee sono presenti.
Ciò che però più sorprende e che si può
constatare soltanto partecipando a unassemblea, è
la forma in cui queste funzionano. Tranne che nei giorni di
pioggia, si svolgono tutte allaria aperta, nelle piazze,
nei parchi o per la strada. Allinizio di ogni assemblea,
si eleggono due persone che la coordinino e, a volte, altre
due che fungano da segretari; tali nomine possono essere revocate
durante la stessa assemblea, come in alcuni casi è accaduto,
se gli eletti non rispettano le norme democratiche di regolamento.
I coordinatori devono solamente occuparsi di coordinare, si
limitano cioè a fare in modo che ogni oratore non oltrepassi
il tempo a lui concesso, in genere di tre minuti; prendono nota
delle proposte e attirano lattenzione sui limiti di tempo.
Perché le assemblee, in genere, una volta definiti gli
argomenti da affrontare, fissano un orario da non superare,
onde evitare che i dibattiti si protraggano troppo e che, quindi,
si trattengano solo i militanti dei partiti.
Molte assemblee, e ciò è dovuto al fatto che non
esiste un modello comune cui far riferimento, dividono le tre
ore di riunione, per esempio, tra tre differenti temi da affrontare:
problemi del quartiere, questioni generali del paese e proposte
concrete che vengono votate alla fine. Si fa in modo che i coordinatori,
così come i due o tre delegati nominati ad ogni riunione
per partecipare allassemblea tra quartieri convocata ogni
domenica, siano eletti con un sistema a rotazione. Lidea
centrale, Que se vayan todos (3), ha dimostrato
in questi tre mesi di costituire più di un semplice principio
ideologico: si tratta di una forma di intendere le relazioni
umane per lamministrazione della sfera pubblica, ciò
che, in mancanza di un vocabolo migliore, abitualmente chiamiamo
politica.
Poiché al principio i vicini per lo più non si
conoscevano tra loro, ogni volta che uno cominciava a parlare,
si presentava: nome, attività e altri dati. Questabitudine
ancora persiste in alcune assemblee. Il fatto è che proprio
il contatto faccia a faccia tra i vicini auto-convocati costituisce
il punto di forza. Partono dallorgoglio di essere stati
loro, senza nessuna mediazione di alcun tipo, i protagonisti
delle giornate del 19 e 20 dicembre, a far cadere due governi
e che tengono ora in scacco il potere.
Col passare delle settimane e con lacquietarsi dellimpetuoso
attivismo iniziale, le assemblee proseguono nella definizione
dei propri compiti. Ognuna si avvale di commissioni di lavoro
in alcuni casi superano la decina che si riuniscono
settimanalmente. Vi sono quelle che preferiscono lavorare con
lospedale di quartiere, in attività collaborative
o di confronto con le strutture sanitarie, e altre che si impegnano
nei luoghi impervi del dibattito politico-ideologico più
tradizionale. Ma i vicini hanno acquisito autostima e si può
ora assistere a commissioni che trattano da pari a pari con
il direttore di un ospedale, su come organizzare i ricoveri
o discutendo sulla mancanza o sulla distribuzione delle risorse
economiche.
Non poche assemblee hanno organizzato festival per raccogliere
fondi per asili, scuole o per gruppi di pensionati. Alcune assemblee
della zona del Once si sono distinte per lappoggio offerto
alle operaie della fabbrica Brukman, autogestita da dicembre,
da quando i proprietari lhanno abbandonata. La settimana
scorsa, di fronte allincombente sgombero da parte della
polizia, centinaia di vicini sono accorsi in aiuto delle operaie
fino a obbligare le forze dellordine a desistere dal loro
proposito.
Interferenze
Le assemblee hanno dimostrato di costituire uno spazio dincontro
trasversale, dove la partecipazione di donne e di giovani è
molto elevata, forse per queste stesse sue caratteristiche e
per la diffusa libertà esistente. Sorgono spesso problemi
con i partiti. Inizialmente si era chiesto che partecipassero
senza bandiere né manifesti. Ma siccome i megafoni e
i microfoni utilizzati provengono normalmente dai gruppi di
sinistra, questo sembra conferire loro un qualche diritto
per imporre le proprie proposte o parlare più del dovuto.
In non pochi casi, sono sorti conflitti. In altri, i vicini
hanno votato con le proprie gambe, abbandonando
le assemblee che in questi casi si trasformano in tribune di
dibattito tra partiti.
Un capitolo a parte lo meritano le riunioni che si tengono ogni
domenica pomeriggio nel Parco Centenario. Lì vi confluiscono
le cento e più assemblee della capitale. Domenica 17
si è tenuta la prima riunione tra quartieri a livello
nazionale, con delegati provenienti dallhinterland e dalle
province. In questo spazio, e da quasi due mesi, si stanno riunendo
delegati delle assemblee della capitale (porteñas)
insieme con i vicini. È interessante la reazione della
folla, costituita abitualmente da tre o quattro mila persone,
quando emerge una proposta o un atteggiamento che si considera
problematico o negativo o che semplicemente tradisce lo spirito
dei presenti.
Qualcosa di simile è successo un paio di settimane fa,
sulla scelta di votare o meno una determinata proposta in un
momento considerato non opportuno dallassemblea. Mentre
loratore continuava a parlare, lassemblea si è
divisa in decine di capannelli e di crocchi in cui la gente
discuteva sul da farsi. Dopo alcuni minuti passati tra mormorii
vari e in una situazione molto caotica, mentre loratore
continuava imperterrito a parlare col microfono in mano, diversi
vicini si sono alzati in piedi e hanno cominciato a gridare.
Ognuno di loro rivendicava le decisioni prese dai rispettivi
gruppetti informali, fino a che loratore ha capito che
evidentemente non raccoglieva lapprovazione della maggior
parte dei presenti. Ci sono voluti ancora alcuni minuti perché
tornasse la calma, ma in poco tempo lassemblea ha ripreso
a funzionare normalmente.
Di certo, per molti la logica con cui funzionano le assemblee
è difficile da comprendere, in particolare per i militanti
e per gli analisti universitari. Il disordine e, a volte, leccessiva
lentezza sono esasperanti. Le assemblee riferiscono le loro
proposte nel contesto più ampio dellassemblea domenicale
tra quartieri, dove si elaborano linee di azione che devono
poi essere riportate a ognuna delle assemblee per essere approvate
definitivamente. Dopotutto, non cè motivo di sorprendersi:
le comunità indigene, nel Chiapas o in Ecuador, o in
qualsiasi altro luogo, funzionano esattamente alla stessa maniera.
In unoccasione, i dissensi con i partiti (tutti piccoli
partiti di sinistra, come il Partido Obrero, il MST,
Izquierda Unida e altri) hanno spinto un membro dellassemblea
a presentare una mozione che bene interpreta il pensiero generale
riguardo a dove deve risiedere leffettiva supremazia:
Presento una mozione affinché i militanti dei partiti
non vengano alle assemblee per imporre la linea dei loro rispettivi
schieramenti, ma piuttosto riportino ai loro partiti le posizioni
assunte dalle assemblee.
La militanza di sinistra si preoccupa di dare coerenza e organizzazione
a questo vasto e disordinato magma. E, nel bel mezzo della mobilitazione,
cerca di fare adepti per aumentare le sue esili fila. Ma, nonostante
lorganizzazione caotica e il disordine regnante, il movimento
ha dimostrato un enorme attivismo e una capacità creativa
di molto superiori a quello che la sinistra ha saputo mostrare
in vari decenni. E non soltanto in Argentina.
Arrangiarsi nellincertezza
Luis Mattini, ultimo segretario generale dellEjercito
Revolucionario del Pueblo (ERP) prima del suo scioglimento
avvenuto nel 1980, è diventato uno dei critici più
acuti delle pratiche della sinistra tradizionale. Egli sostiene
che la società si trova ora di fronte a una crisi del
concetto stesso di rappresentatività, nel senso che non
si tratta di un problema riguardante questo o quellaltro
rappresentante: Lipotesi in discussione è
che vi sia qualcosa di inerente alla stessa rappresentatività
che produce seduzione, incompetenza o corruzione dei rappresentati.
Ciò è dovuto alla crisi della ragione nella società
industriale, scrive in un recente articolo.
Si domanda se siano mai esistite società carenti di un
sistema di rappresentazione, ma, prima di rispondere negativamente,
Mattini ribadisce la necessità di studiare quella
parte della storia della quale non si è occupato Hegel,
la componente non civilizzata dei cosiddetti popoli senza
storia. Assicura che la militanza di sinistra è
quasi impermeabile alla nuova forma di razionalità che
si va sviluppando attraverso i nuovi soggetti sociali e, per
questo motivo, essa diventa un vero e proprio ostacolo.
Per esempio: i militanti credono che organizzare significhi
mettere ordine, con ciò annichilendo la freschezza,
la creatività e finanche la partecipazione dei vicini.
Posizioni come quella di Mattini si diffondono sempre di più,
seppur molto lentamente e a forza di fatti concreti, tra i settori
giovanili attivi. Forse poiché sono sempre di più
quelli che percepiscono la profondità della crisi, una
crisi che coinvolge lintero sistema civile mettendo in
discussione i paradigmi tradizionali, che da sempre si sono
appoggiati sul controllo e sul dominio sociale. Gli uomini di
scienza lo hanno capito molto prima dei politici. Il premio
Nobel per la chimica, Ilya Prigogine, segnala che la scienza
classica, nel privilegiare lordine e la stabilità,
incontra di conseguenza grandi difficoltà nellanalisi
delle fluttuazioni e dellinstabilità. Qualcosa
di simile accade alle scienze sociali e alla sinistra, che tendono
ad espellere dalle loro analisi tutto ciò che concerne
il caos, il disordine e lincertezza. O, ancor peggio,
pretendono di ordinarlo.
Le assemblee e i veri movimenti sociali sono come quelle macchine
viventi, descritte da Edgar Morin, che tollerano
una quantità considerevole di disordine. Al contrario,
una macchina artificiale (per esempio, i partiti
o i gruppi gerarchizzati) appena appare un elemento di
disordine, si blocca.
Si potrà obiettare che il mondo sociale e quello naturale
non ammettono questo genere di confronti. Ma molti scienziati,
come la stessa Prigogine, sostengono il contrario. Difendono
lidea secondo la quale il modo appropriato di avvicinarsi
alla natura, per comprendere la sua complessità e bellezza,
non avviene mediante il dominio e il controllo, ma attraverso
il rispetto, la cooperazione e il dialogo. Un atteggiamento
che potrebbe essere utile ai militanti di partito perché
non ripetano i peggiori errori del passato.
Raúl Zibechi
(traduzione dal castigliano di Susanna Fresko)
Note a cura della traduttrice
1. Il cosiddetto Gran Buenos Aires comprende la
città di Buenos Aires con il suo hinterland, mentre la
Capitale Federale si riferisce alla sola città
di Buenos Aires.
2. Termine derivante da cacerolada, ovvero protesta
politica o sociale che si fa colpendo pentole (più precisamente
casseruole, da cui il termine) e coperchi per le strade.
Partecipare a cacerolazos significa quindi, per
estensione, manifestare in questa forma; così come caceroleros,
termine utilizzato più avanti nellarticolo, si
riferisce ai partecipanti a una cacerolada.
3. Questespressione, che letteralmente significa che
tutti se ne vadano, riferita chiaramente alla classe politica
vigente, è da intendersi come una sorta di principio
ideologico, alla stessa stregua del più famoso No
pasarán. Per questo motivo, è meglio conservarla
nelloriginale spagnolo.
Chi
è Zibechi
Raúl
Zibechi è nato nel 1952 a Montevideo. Ha iniziato
la carriera giornalistica nel 1985 in Spagna. Poi, tra
il 1987 e il 1991, ha percorso il Perù, lEcuador
e la Colombia, dove ha avuto lunghi rapporti con le comunità
indigene locali. Dal 1992 vive di nuovo a Montevideo,
dove collabora a diversi periodici. Nel 1997 ha pubblicato,
sempre con Nordan/Comunidad, il volume La revuelta
juvenil de los 90: las redes sociales en la gestación
de una cultura alternativa. Elèuthera ha pubblicato
Il paradosso zapatista. La guerriglia antimilitarista
in Chiapas, pag. 184, euro 11,88. Zero in Condotta
ha pubblicato Zapatisti e senza terra. Movimenti sociali
ed insorgenza indigena, pag. 96, euro 6,20.
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