Bakunin e gli altri
Il linguaggio epistolare, per definizione, è un linguaggio
che avvicina allintimità di chi scrive perché
colui che scrive vuole innanzi tutto avvicinarsi allintimità
di chi legge. Una lettera offre sempre una lettura della realtà
descritta che sfugge allimpersonalità, dal momento
che è la persona ad essere vettore e filtro dellazione
che si vuole comunicare, mettere in comune, con il destinatario
della missiva, laltra persona.
Il libro di Arthur Lehning, Bakunin e gli altri. Ritratti
contemporanei di un rivoluzionario (Zero in condotta, Milano
2002, pp. 376, €16,50) recentemente tradotto magno cum
amore da Vincenzo Papa per la casa editrice Zero in condotta
è unopera che sotto questo profilo
è affascinante e strega, in quanto offre al lettore lopportunità
di entrare in contatto con limmaginario storico-figurativo
del XIX secolo attraverso i ritratti che Mikail Bakunin
dà dei suoi contemporanei e che questi ultimi offrono
della sua persona. Infatti, a volte pare non di sfogliare un
libro, quanto piuttosto un album fotografico in cui si è
sorpresi nel constatare i cambiamenti che il tempo e le situazioni
hanno segnato sui volti familiari dei personaggi storici che
sono tratteggiati nei 211 documenti qui raccolti (in gran parte
lettere, memorie, articoli di Aleksandr Herzen, Vissarion Belinskij,
Ivan Turgenev, Richard Wagner, Von Masoch, Friedrich Engels,
Karl Marx, Arnold Ruge, George Sand, Pierre-Joseph Proudhon,
Elisée Reclus, Jules Michelet, Errico Malatesta).
In tal modo non è soltanto il ritratto del noto
rivoluzionario russo ad essere via via ricostruito attraverso
le impressioni, le emozioni ed i sentimenti riportati nelle
missive e negli articoli scritti dai suoi contemporanei, ma
ugualmente sono i ritratti degli stessi coevi che appaiono
delinearsi specularmente dalle loro osservazioni e dai loro
commenti su Bakunin. Quasi che limpatto con la sua figura
imponente ed imperiosa (sia per la stazza fisica, sia per la
linfa vitale che da essa sprigionava e che uno scrittore
russo ha chiamato una perpetua primavera p. 341)
fosse così travolgente da segnare e condizionare il comportamento
di chi gli stava attorno anche solo per breve tempo.
Più volte si è affermato quanto lopinione
dei contemporanei e unaurea leggendaria costruita attorno
alla figura di Bakunin abbiano lasciato un segno indelebile
nella storia; tanto è vero che nella «rappresentazione
iconografica della rivoluzione come osserva Comidad nella
nota introduttiva alledizione italiana Bakunin
ha assunto il ruolo di una figura antagonista ma complementare
rispetto a Marx». Sennonché, è proprio quella
sua parte di rivoluzionario scapestrato e arruffone
che lo ha salvato dal divenire unimmagine sacra e santificata
dal movimento rivoluzionario. Non perché e forse
più di altri, sicuramente più di Marx non
avesse la stoffa delleroe, ma perché delleroe
non ha avuto necessità di apparire, in quanto che il
suo ascendente «emanava, vorrei dire, da tutto
il suo essere» (Bauler, p. 327).
Un aspetto leonino, una barricata in movimento,
una aurora boreale un dio del tuono
un vecchio abete gigante sono soltanto alcuni degli
epiteti che si possono frequentemente annotare fra la corrispondenza
dei suoi contemporanei; e anche quando si passa alle calunnie,
come quella orchestrata ad arte dai seguaci di Marx
dessere agente segreto al servizio dellimpero
russo, o quella di essere un demagogo di professione
come recita latto della sua condanna a morte
ugualmente si può intuire la forza che la sua possente
figura emanava. Una forza contagiosa e straripante che assicurava
al suo pensiero, alle sue idee, di poter contare su di una personalità
naif per usare a prestito le parole del naturalista
tedesco Carl Vogt «incapace di una vigliaccata,
fremente dindignazione di fronte a delle ignominie sociali,
che adora, allo stesso modo, la rivoluzione e le donne, che
ama poco gli uomini di spada e disprezza gli uomini avidi di
denaro.» (p. 95)
Che poi, in quanto a disprezzare il denaro, «Il senso
olfattivo nei cani da caccia che scoprono le tracce della selvaggina
è un senso grossolano e del tutto embrionale, se paragonato
al fiuto di Bakunin quando si trattava di scovare denaro.»
(Arnould, p. 307), la dice assai lunga a proposito di una vita
spesa interamente per la rivoluzione. Infatti, sebbene fosse
nato da una ricca famiglia nobile russa, e il padre racconta
Bakunin nelle sue memorie, scritte negli ultimi anni di vita
fosse «padrone di circa 2000 schiavi maschi e femmine,
con il diritto di venderli, di picchiarli, di farli trasportare
in Siberia, di consegnarli allesercito come reclute e
soprattutto di sfruttarli senza pietà o, più semplicemente,
di depredarli e di vivere del loro lavoro forzato» (p.
26), condusse la maggior parte della sua esistenza «sprovvisto
di mezzi di sussistenza, [sopravvivendo] grazie alle risorse
che gli fornivano i suoi amici più prossimi; [vivendo]
più che modestamente, utilizzando la maggior parte della
sua magra disponibilità in denaro per pagare laffrancatura
della sua voluminosa corrispondenza.» (Ralli, p. 265).
Già, la sua voluminosa corrispondenza. Doveva
sembrare fatto tanto ovvio e naturale incontrare Bakunin ai
piedi di una barricata durante una delle tante rivolte scoppiate
a Berlino, Dresda, Lione fra il 1848 e il 1870, che appare davvero
difficile poterlo immaginare tranquillamente seduto a scrivere
quella copiosa corrispondenza spedita ai quattro angoli del
mondo. Pure, a leggere le sue lettere e quelle dei suoi contemporanei,
vien proprio da affermare che se non lo si trovava sulla barricata
è perché era scappato un attimo a casa, giusto
il tempo per rispondere ad alcune lettere, stilare qualche segreto
organigramma ed intrattenersi in allegra compagnia.
Scriveva, scriveva sempre. Non libri, lettere. I libri
quei pochi libri pubblicati nel corso della sua vita, perché
occasionalmente aveva trovato i soldi per farlo non erano
altro che la continuazione di lunghe lettere, e di queste possedevano
lo stile volitivo e limpeto battagliero di unesortazione
a fare presto. Racconta Vyrubov, lesecutore
testamentario di Aleksandr Herzen: «Cominciava di solito
con una lettera a uno dei suoi neofiti; a poco a poco la lettera
raggiungeva la lunghezza di un articolo da rivista, il quale
articolo prendeva visibilmente lampiezza di un opuscolo.
Talvolta il suo pensiero errabondo non riusciva a fissarsi e
ne usciva un volume più o meno spesso; i primi fogli
erano composti e corretti da molto tempo quando si scopriva,
a manoscritto concluso, che mancava il denaro per pubblicarlo;
le prove di stampa venivano allora sistemate su di una mensola,
aspettando circostanze più favorevoli.» (p. 243).
Ma è appunto questestesa corrispondenza destinata
a fortificare i timidi, a destare gli assopiti, a tracciare
piani di propaganda o di rivolta, che può forse aiutarci
a comprendere la prodigiosa azione di Bakunin avuta nellorganizzazione
del movimento rivoluzionario ai tempi della Prima Internazionale
dei Lavoratori. Non sarà allora questo il motivo che
avrà forse spinto la casa editrice Zero in Condotta a
redigere il presente volume (impreziosito dai disegni a china
di Gianna Papa tratti da fotografie dellepoca), nella
speranza che la rilettura delle epistole bakuniane possano ancora
suscitare simili cattivi pensieri?
Benjamin Atman
Ma DAnnunzio
era no-global?
La vivace ricostruzione dellimpresa di DAnnunzio
a Fiume di Claudia Salaris (Alla festa della rivoluzione,
artisti e libertari con DAnnunzio a Fiume. Edizioni
Il Mulino, Bologna, 2002, € 17,00) si apre significativamente
con il telegramma che il Club Dada berlinese inviò al
«Corriere della Sera» per celebrare la «conquista
grandiosa impresa dadaista». I firmatari del messaggio,
Huelsenbeck, Baader e Grosz, dichiarano che latlante mondiale
dadaistico DADAKO (editore Kurt Woff, Lipsia) riconosce Fiume
già come città italiana.
È questo il registro che la Salaris sceglie per parlarci
della rivolta fiumana, la chiave di lettura privilegia il binomio
arte-vita, che a Fiume ed altrove si combina con lazione
politica diventando una miscela esplosiva dove la politica viene
fatta con le armi dellironia e dellimmaginazione,
dove lazione provocatoria si combina con i movimenti controculturali
e creativi, dove il memorabile «disobbedisco» dannunziano
precorre il «proibito proibire» sessantottesco,
le azioni dei provos olandesi, lestetica situazionista
che usa il binomio arte-politica per costruire unestetica
della rivoluzione. Luso politico dellironia, ricorrente
nel futurismo, nel dadaismo e nel surrealismo, scrive lautrice,
è uno dei fenomeni destinati a restare nel patrimonio
genetico delle rivolte del XX secolo, fino a riaffiorare nei
movimenti giovanili del dopoguerra.
Già Hakim Bey, peraltro, nel suo T.A.Z. Zone temporaneamente
autonome, aveva ricostruito una sua storia delle comunità
alternative e libertarie che ponevano al centro della loro azione
la conquista di zone liberate ed egualitarie, partendo dallesempio
dei pirati della Tortuga, protagonisti di una proto TAZ libera
ed illegale dispersa fra isole e nascondigli, ricordando La
Comune di Parigi ed inserendo la repubblica di Fiume come una
delle ultime «utopie pirate» o addirittura prima
TAZ della modernità.
Il 12 settembre 1919, il poeta Gabriele DAnnunzio, parte
da Ronchi alla testa di un manipolo di arditi e di disertori
per occupare Fiume e annetterla al Regno di Italia: erano in
molti a pensare che, negli accordi che si andavano facendo dopo
la fine della Grande Guerra, la città dovesse comparire
nellelenco delle città redente. Lazione di
DAnnunzio sfrutta limpeto e ladrenalina che
la guerra aveva acceso in molti combattenti e arriva a sorpresa
con un effetto altamente mediatico: quella che ci si appresta
a recitare, per ben sedici mesi, nella città occupata
è veramente la festa spettacolare della rivoluzione cui
si allude nel titolo. Fra i documenti trattati per la ricostruzione
ci sono i testi scritti da poeti, letterati e artisti che a
fianco del poeta vissero questa breve ed esaltante avventura:
le memorie di Giovanni Comisso, Léon Kochnitzky, Mario
Carli ma anche le trasposizioni narrative che a quellevento
si ispirarono come gli Arabeschi fiumani e il romanzo
Trillirì sempre di Carli, Il Porto dellamore
di Comisso. Il risultato è una ricostruzione che intreccia
personale e politico in un affresco molto vivace anche dal punto
di vista espositivo.
Fra gli argomenti trattati il difficile e conflittuale rapporto
con Marinetti e i futuristi, fra i primi a rispondere allappello
in un momento in cui il Futurismo è attraversato dal
dibattito sugli sbocchi politici che molti artisti sentono di
dover dare alla loro esperienza estetica; la frattura che si
viene a creare fra futuristi e fascisti dopo il secondo congresso
fascista che porta alle dimissioni di Marinetti e di Carli;
i legami che intercorrono con altre forze insurrezionaliste:
Randolfo Vella di «Umanità Nova» è
il primo dei giornalisti sovversivi ad arrivare a Fiume per
studiare il fenomeno fiumano. In novembre Marinetti, Carli,
Somenzi e Cerati invieranno due telegrammi a nome della direzione
del movimento futurista e di un Club futurista milanese al ministero
degli Interni per protestare contro lincarcerazione di
Errico Malatesta e in segno di protesta per la reclusione di
tutti i detenuti politici. I tormentati rapporti fra futuristi
e anarchici, analizzati in un bel libro di Alberto Ciampi dell89
Futuristi e Anarchici, quali rapporti?
e di recente in una tesi di laurea da Laura Iotti Futuristi
e anarchici, dal primo manifesto di Marinetti allentrata
in guerra dellItalia (1909-1915) , naufragarono
comè ovvio sulle posizioni militariste e nazionaliste
di quella parte del movimento futurista che poi convergerà
nel partito fascista, ma anche su una visione della violenza
che per gli anarchici aveva valore di necessità e di
progettualità politica mentre per i futuristi rivestiva
un valore soprattutto estetico.
In realtà a Fiume convivono con notevoli difficoltà
due anime una fortemente tradizionalista e nazionalista e una
giovane trasgressiva e immaginifica che solo lautorevolezza
e il carisma di DAnnunzio riescono a tenere insieme.
La città occupata diventa un laboratorio per sperimentare
nuove forme di governo, di vita, militari.
La sopravvivenza economica dei rivoltosi, persa la speranza
in un aiuto istituzionale, si avvale di donazioni di ricchi
mecenati e ammiratori del poeta; finanziamenti sostanziosi,
nei primi tempi, arrivano anche dalla massoneria, ma soprattutto
leconomia fiumana è una «economia pirata»
che vive di spettacolari espropri ai danni di navi
e piroscafi che vengono dirottate a Fiume e i cui carichi vanno
a far parte del bottino di una guerra che si combatte in difesa
di tutti i popoli che combattono contro nazionalismi, capitalismo,
militarismo. Nellottobre del 1919 sul piroscafo Persia,
appartenente ai Lloyd di Trieste, carico di munizioni e di viveri
destinate a Vladivostok si imbarcano, clandestinamente, tre
«fiduciari» fiumani, e convincono lequipaggio
della nave a sbarcare «volontariamente» a Fiume.
«I mezzi che dovevano servire a combattere la libertà
e la redenzione del popolo russo serviranno per la libertà
e per la redenzione del popolo fiumano» si legge nel comunicato
che il capitano Giulietti fa stampare per far luce sullepisodio
e smentire le versioni tendenziose e inesatte della stampa ufficiale.
Sotto il governo di un poeta-guerriero la città diventa
il crocevia di sperimentazioni trasgressive come l«economia
pirata» per la sopravvivenza comunitaria, si fissano nuove
regole che definiscano il rapporto fra lesercito e il
suo comandante che è di tipo fiduciario, le divise stesse
diventano oggetti da reinventare: si vedono donne vestire «alla
maschietta» con casacche grigioverdi e pantaloni militari,
gli uomini de «La disperata», una delle compagnie
più colorate e originali, reclutati dallaviatore
Guido Keller fra i legionari più giovani e trasgressivi,
marciano per la città a torso nudo e in pantaloncini
corti; Guido Keller, uno dei personaggi più stravaganti
dellimpresa fiumana è un cultore del naturismo
e si distingue per alcune imprese pittoresche e beffarde fra
queste famosa quella in cui in unescursione aerea getta
su Montecitorio un pitale pieno di carote e di rape e progetta,
ad un certo punto, di rapire il presidente del consiglio Giolitti,
idea abbandonata perché troppo rischiosa. A Fiume viene
praticato il libero amore e le donne stesse ottengono il diritto
a manifestare col voto il loro parere, partecipano alle manifestazione
collettive e alle parate anche se il mondo fiumano rimane comunque
essenzialmente maschile ed è diffuso il rapporto omosessuale
che Marinetti stesso aveva definito «gusto rispettabilissimo»
e che viene considerato un modo per opporsi alla morale bigotta
e «passatista». Nella città occupata si incontrano
nazionalisti e internazionalisti, monarchici e repubblicani,
conservatori e sindacalisti, clericali e anarchici, imperialisti
e comunisti.
La Costituzione dello Stato Libero del Carnaro, redatta da DAnnunzio
e dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, riconosce
«la sovranità di tutti i cittadini senza divario
di sesso, di stirpe, di lingua, di classe, di religione»,
viene sottolineata luguaglianza fra i sessi e laffrancamento
della donna rispetto allautorità «maritale»,
viene introdotta la pratica del divorzio e il diritto di voto
e di lavoro per la donna. Nella Carta del Carnaro si sottolinea
limportanza delle libertà di stampa, di riunione
e associazione e della garanzia di un «salario minimo»
per tutti i cittadini.
Regole e convenzioni vengono stravolte, comizi e cortei si formano
istantaneamente, composti da donne e da uomini, mulinello di
gioventù, di patriottismo, che grida, che salta, che
turbina, ricorda Carli, trascinando con sé i pochi tiepidi
o i vecchi che vorrebbero far da spettatori, bambini di quattro
cinque anni tengono comizi sulla scalinata di casa che si chiudono
con il fatidico «Eja, eja, eja! Alalà». Il
Comandante stesso comizia quotidianamente la popolazione fiumana,
dando il via a quella spettacolarizzazione della politica che
poi il regime fascista metterà a punto di lì a
qualche anno, riprendendone i riti, le parate, la pulsione a
capovolgere lordine costituito, gli slogan come i famosi
«me ne frego!», «Chi non è con me è
contro di me!», lAlalà di saluto persino
«Giovinezza!Giovinezza!» canzone nata ai tempi della
guerra del Piave diventa oggetto di riappropriazione e viene
riproposta nella kermesse fascista.
Linterminabile festa fiumana finisce dopo sedici lunghi
e indimenticabili mesi nel «Natale di sangue» del
1920 quando lesercito governativo sconfigge rapidamente
lesercito di ribelli.
Lavvento del fascismo getterà sulla lettura di
quellepisodio, che preannuncia indiscutibilmente la marcia
su Roma e lavvento del regime fascista, una luce torbida
e nera.
Con la condanna del regime negli anni successivi alla Liberazione
si cancellerà con un colpo di spugna il ricordo imbarazzante
dellepisodio fiumano, buttando così con lacqua
sporca del regime fascista tutto quello che aveva avuto legami
ideali o formali con la dittatura, senza porsi il problema di
analizzare le varie componenti che caratterizzarono quellevento.
La stessa sorte toccò al movimento futurista, uno dei
più vivaci movimenti di avanguardia del Novecento, che
non a caso ebbe molta più risonanza allestero che
non Italia, dove solo di recente è stato rivalutato dal
punto di vista della notevole spinta trasgressiva e rivoluzionaria
che ebbe nellelaborazione di un pensiero estetico autenticamente
innovativo e di portata internazionale.
La lettura di Claudia Salaris della provocazione fiumana tende
a porsi essa stessa come atto provocatorio, come un détournement
di marca situazionista, o uno spiazzamento recuperato dalla
pedagogia buddista, proprio per la caparbietà e la sottigliezza
con cui lautrice cerca di mettere in contraddizione e
aprire nuovi spiragli interpretativi su un episodio per lungo
tempo travisato e interpretato strumentalmente da una certa
critica del Novecento.
Come in altri testi della Salaris anche qui si cerca di ricondurre
il futurismo allinterno di una interpretazione più
ampia ricostruendo una sorta di fil rouge della trasgressione
e della rivolta che si può rintracciare, ad esempio,
nella contestazione sessantottina e a maggior ragione nel movimento
del Settantasette, anche in questo caso linterpretazione
di un periodo, quello passato alla storia come «gli anni
di piombo», creò il paradigma di lettura di quellevento
che fu cancellato dal diritto di memoria: vae victis.
Carla Pagliero
Il grande orecchio
È appena uscito in libreria Il mondo sotto
sorveglianza di Duncan Campbell (Elèuthera). Ecco
alcuni brani tratti dal libro.
Questo libro intende dimostrare come le organizzazioni addette
allo spionaggio elettronico (sigint Signals Intelligence)
da oltre ottantanni si siano attivate per avere accesso
a gran parte delle comunicazioni internazionali. Le loro attività
comprendono lintercettazione illegale dei satelliti commerciali,
delle telecomunicazioni attraverso lo spazio, di quelle attraverso
i cavi sottomarini e di quelle su Internet. Oggi oltre duecento
sistemi spaziali o satellitari sono contemporaneamente in funzione
e raccolgono dati per lintelligence.
Lo spionaggio elettronico è unattività che
implica lintercettazione su larga scala e lelaborazione
di ogni tipo di telecomunicazioni con un volume che raggiunge
i miliardi di messaggi ogni giorno. Il lavoro svolto dalle organizzazioni
di questo genere è stato rappresentato in modo oleografico
dal cinema hollywoodiano e raccontato nei memoriali degli specialisti
che in tempo di guerra si sono adoperati per decrittare i cifrari
in codice giapponesi, tedeschi e sovietici. Ma in nessuno dei
due casi è stata offerta unimmagine precisa delle
attuali organizzazioni di intelligence che, a causa della sempre
maggiore dipendenza della società dalle informazioni
elettroniche, sembrano possedere più che mai «la
capacità [...] di creare una tirannia totalitaria».
Echelon è un sistema utilizzato dalla National Security
Agency americana (nsa) per intercettare ed elaborare le comunicazioni
internazionali che passano attraverso i satelliti delle telecomunicazioni.
Esso fa parte di un sistema globale di sorveglianza che prevede
anche sistemi finalizzati a intercettare i messaggi provenienti
da Internet, dai cavi sottomarini, dalle trasmissioni radio,
dalle apparecchiature segrete installate allinterno delle
ambasciate, e che utilizza i satelliti in orbita per attuare
un controllo continuo di tutti i segnali lanciati sullintera
superficie terrestre. Lapparato comprende stazioni operative
in Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda, oltre a
quelle operanti negli Stati Uniti.
Il sistema di sorveglianza elettronica più segreto del
mondo è prima di tutto un frutto della seconda guerra
mondiale. In senso più lato, però, possiamo rintracciarne
le origini nellinvenzione stessa della radio e nelle caratteristiche
intrinseche delle telecomunicazioni. La radio ha fatto sì
che tanto gli Stati quanto altri soggetti potessero inviare
messaggi da un continente allaltro. Laltra faccia
della medaglia, però, era che chiunque sarebbe stato
in grado di riceverli e ascoltarli. Prima i messaggi scritti
erano fisicamente protetti (a meno che il corriere che li trasmetteva
non cadesse in unimboscata o una spia non ne rivelasse
il contenuto). Linvenzione della radio ridiede così
importanza alla crittografia, ovvero allarte e alla scienza
di creare codici segreti, e fece nascere un nuovo business e
unarte nuova: lo spionaggio elettronico, che ormai è
unattività su scala industriale.
Nel corso del ventesimo secolo i governi si sono sempre più
resi conto dellimportanza di codici segreti efficaci,
che invece spesso erano tuttaltro che sicuri. Durante
la seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna
esistevano gigantesche strutture di decrittazione dei codici,
che analizzavano e leggevano centinaia di segnali provenienti
dalla Germania e dal Giappone. Quello che facevano e come lo
facevano è rimasto un segreto gelosamente custodito nei
decenni successivi. Nel frattempo, le organizzazioni sigint
americana e inglese, la nsa e la gchq (Government Communications
Headquarters) hanno costruito una rete dascolto mondiale.
Nel dopoguerra, in base a un accordo segreto, i principali Paesi
anglofoni decisero di esercitare insieme unopera di controllo
e sorveglianza in diverse parti del mondo. Negli anni immediatamente
successivi alla fine della guerra e poi per un quarto di secolo
ci sono stati pochi indizi visibili dei raffinati sistemi messi
in atto. Gran parte delle telecomunicazioni (civili, militari
e diplomatiche) erano effettuate via radio su canali ad alta
frequenza. La nsa e i suoi collaboratori tenevano in funzione
centinaia di centri di intercettazione a distanza intorno allUnione
Sovietica e alla Cina, ma anche sparsi in ogni zona del mondo.
Dentro edifici senza finestre, le squadre di intercettazione
passavano a turno ore e ore ascoltando il silenzio, inframmezzato
da periodi di attività frenetica. Per le basi di ascolto,
in prima linea nella Guerra Fredda, il monitoraggio delle radiotrasmissioni
militari comportava un notevole stress. Gli operatori ricordano
come molti colleghi avessero spesso dei crolli nervosi dovuti
alla tensione, magari con corse al gabinetto dopo aver creduto
di avere intercettato un messaggio che segnava linizio
di una guerra globale termonucleare.
Echelon è la componente principale del sistema globale
di sorveglianza gestito dallalleanza dei Paesi anglofoni.
Il compito delle sue stazioni è di intercettare e di
elaborare le comunicazioni che passano attraverso la rete dei
satelliti commerciali. Altre componenti del sistema si occupano
dellintercettazione dei messaggi che provengono da Internet,
dai cavi sottomarini, dalle trasmissioni radio, dalle apparecchiature
segrete installate nelle ambasciate, oppure si servono di satelliti
in orbita per monitorare i segnali su tutta la superficie terrestre.
Echelon comprende stazioni al suolo gestite dalla Gran Bretagna,
dal Canada, dallAustralia e dalla Nuova Zelanda, oltre
a quelle degli Stati Uniti. Alcune delle stazioni australiane
e britanniche fanno lo stesso lavoro dei siti Echelon americani,
ma non sono necessariamente denominate stazioni Echelon. Comunque
fanno tutte parte della stessa rete globale integrata che utilizza
le stesse apparecchiature e gli stessi metodi per estrapolare
in modo illecito, ogni giorno e in tutto il mondo, informazioni
e dati dai messaggi privati.
Fin dallinizio degli anni Novanta si sono sviluppati sistemi
comint rapidi e sofisticati per raccogliere, filtrare e analizzare
i tipi di comunicazione digitale utilizzati su Internet. Poiché
gran parte del potenziale della rete si trova negli Stati Uniti
o è collegato con gli Stati Uniti, molte comunicazioni
del «cyberspazio» passano attraverso siti intermedi
che si trovano in territorio americano. In genere le comunicazioni
tra Europa, Asia, Oceania, Africa o Sud America passano dagli
Stati Uniti.
I messaggi Internet standard sono composti da «pacchetti»
digitali chiamati datagram. Questi contengono numeri che si
riferiscono alla loro origine e destinazione chiamati «indirizzi
ip». Ogni computer collegato a Internet ne ha uno proprio.
Per questo sono sostanzialmente facili da individuare come siti
di origine o di destinazione. La gestione, la selezione e linoltro
di milioni di questi pacchetti al secondo è unattività
fondamentale per qualsiasi centro Internet. In parte è
lo stesso processo a rendere facile lestrazione di dati
ai fini dello spionaggio informatico.
Il percorso che segue ogni pacchetto o datagram su Internet
dipende dallorigine e dalla destinazione dei dati, dai
sistemi che servono per entrare e uscire da Internet e da una
miriade di altri fattori, non escluso lorario dinvio.
Per questo i routers che operano sulla costa occidentale degli
Stati Uniti sono al minimo di attività quando il traffico
in Europa centrale è più congestionato. È
così possibile (e ragionevole) che alcuni messaggi, i
quali dovrebbero percorrere una breve distanza geografica su
una rete europea sovraccarica, seguano invece una strada che
li porta prima, per esempio, in California. Ne deriva che una
grossa percentuale delle comunicazioni internazionali su Internet,
per le caratteristiche del sistema, transiti dagli Stati Uniti
e sia così accessibile al monitoraggio della nsa.
Invece lo spionaggio microeconomico e lintelligence competitiva
si occupano di informazioni sui particolari delle gare dappalto
e/o delle aziende e possono far sì che alcune società
si avvantaggino in un particolare mercato grazie a maggiori
conoscenze sulle transazioni e sugli acquirenti. Queste attività
possono anche ottenere informazioni specifiche e utilizzabili
sulle attività di marketing e, soprattutto, sulle offerte
della concorrenza. Lo spionaggio microeconomico è particolarmente
utile in due casi:
reperire informazioni preliminari su appalti o gare
che stanno per essere lanciate, come le richieste di offerte
nella fase iniziale di una trattativa commerciale;
reperire informazioni specifiche sulle offerte della
concorrenza alla chiusura di una gara, nella fase di «offerta
migliore e definitiva».
I due tipi di spionaggio microeconomico sono possibili con
il ricorso sistematico alle intercettazioni comsat.
Lo spionaggio sia macroeconomico sia microeconomico può
facilmente venire a sovrapporsi ad altre forme di raccolta occulta
di informazioni. Carpire notizie sulle posizioni che in una
trattativa multilaterale assumeranno i governi stranieri è
utile tanto per la diplomazia quanto per gli interessi commerciali.
Per quanto riguarda la Difesa, si possono raccogliere informazioni
sul commercio internazionale di armi per ragioni militari, ma
è probabile che, per loro natura, le stesse informazioni
siano di grande valore sul piano macroeconomico nei principali
Paesi produttori di armamenti. Daltro canto, spesso il
principale obiettivo delle attività comint riguarda il
commercio di certe materie prime come loro o il petrolio,
ma si tratta di informazioni che difficilmente servono a sostenere
il commercio estero. Quando gli obiettivi dello spionaggio sono
i cosiddetti «Stati canaglia», come la Corea del
Nord o lIraq, sono molti i dati microeconomici che vengono
raccolti e analizzati: lo si fa per avere un quadro particolareggiato
delle condizioni economiche, per valutare quanto sia stabile
la situazione politica interna, e non per avere un qualche vantaggio
commerciale. Ne deriva che non ci sono e non ci possono essere
nette linee di demarcazione tra lo spionaggio diplomatico e
quello militare, politico ed economico.
Duncan Campbell
elèuthera
Duncan
Campbell
Il
mondo sotto sorveglianza
e lo spionaggio elettronico globale
192 pp. / € 13,50
LAUTORE
Duncan
Campbell, scozzese, è giornalista, scrittore
e produttore televisivo. Specializzato sui temi delle
libertà civili, da più di ventanni
si occupa dei moderni sistemi di intercettazione e
sorveglianza. È stato lui a rendere pubblica,
nel 1988, con un articolo sul "New Statesman",
l'esistenza del progetto Echelon.
|
Lecologia
nellanarchismo iberico
Lanarchismo iberico ha, almeno nella vulgata militante,
il suo principale punto di forza nellattuazione pratica
della critica allo Stato attraverso lesperienza delle
collettività comuniste libertarie del periodo della guerra
civile. Questo volume (Eduard Masjuan, La ecología
humana en el anarquismo ibérico. Urbanismo organico
o ecológico, neo malthusianismo y naturismo social,
prologo de Joan Martinez Alier, Barcelona, Icaria Antrazyt,
2000, pp. 504) invece si ripropone di indagare le idee degli
anarchici in merito ai problemi demografici e a quelli delluso
del territorio. Anche alla luce dellattuale dibattito
ecologista la ricerca rappresenta un inedito ed interessante
supporto di documentazione storica incentrato sugli aspetti
del neomalthusianismo e dellurbanismo organico. Una prima
conclusione dello studio è che su ambedue le questioni
gli anarchici hanno profuso idee di grande rilevanza rispetto
ai successivi sviluppi di mentalità ed alle acquisizioni
scientifiche degli ultimi due secoli. Questo nonostante il perdurante
silenzio delle culture dominanti o di quelle che hanno fatto
man bassa, certo reinterpretandole, di quelle istanze. In seconda
battuta si può constatare come, nella pratica, le idee
di urbanismo ecologico siano state sonoramente sconfitte, ma
che, al contrario, i principi di limitazione delle nascite,
di autodeterminazione della donna si siano fatti strada. Manca
la certezza che il neomalthusianismo anarchico militante abbia
influito praticamente nella transizione demografica. In ogni
caso sarebbe assurdo considerare questultimo fenomeno
come una sorta di meccanismo avulso dallambiente socioculturale
circostante. Da questo punto di vista si deve sottolineare la
dimensione internazionale del movimento e, insieme, la sua specificità
iberica, anzi catalana. Il libro non si occupa soltanto di riferire
sulla diffusione delle pratiche di limitazione delle nascite
in quellambito, bensì analizza idee e mentalità
che si formano in loco con il contributo di quelle venute da
fuori. Una società aperta e pervasa da fermenti
e inquietudini, da forti tensioni ideali e da una grande sensibilità
sociale verso il nuovo, è capace sia di adottare contraccettivi
dimportazione sia dinventarne di nuovi.
Allo stesso modo nascono in Barcellona il cosiddetto urbanismo
organico e le proposte di Città Giardino scollegate dalle
metropoli. Ciò per far fronte a ciò che Patrick
Geddes ha chiamato conurbazioni e che, cinquantanni dopo
a Los Angeles, William Whyte definirà urban sprawl,
qui tradotto in mancha de aceite. Al contrario, quello
che si era inventato nella capitale catalana era
lurbanismo illimitato con la cuadrícula de Cerdá.
Ma già nel 1897 le aggregazioni forzate dei municipi
minori del circondario barcellonese avevano trovato una ferma
opposizione da parte dei gruppi anarchici. Ebbene lautore
individua una coerente ed omogenea linea di rifiuto a quel progetto,
un filone teorico robusto che potrà essere considerato
definitivamente sconfitto soltanto nel 1937, ossia in concomitanza
delle note tragiche vicende politiche che si consumano nello
scenario cittadino. Allaccusa infamante di borghesi
rivolta a suo tempo da Francesc Roca, la replica è che,
piuttosto, le connotazioni del progetto libertario, de-centralizzatore
ed ecologico, sono rivoluzionarie mentre è la sinistra
marxista a confermare la sua vocazione per lurbanismo
illimitato. Nella Mosca degli anni Trenta si verifica la sconfitta
strepitosa delle velleitarie proposte di disurbanizzazione,
ridicolizzate da Le Corbusier, affossate da Stalin. Il disprezzo
della natura da parte dei ceti dirigenti industriali, seguaci
dello sviluppo senza regole e senza ostacoli, le esortazioni
a crescere e a moltiplicarsi delle autorità ecclesiastiche
fanno del neomalthusianismo come dellurbanismo organico
due autentici movimenti di resistenza contro chi teorizza, e
pratica, la selvaggia violazione dei limiti per fini propri.
Così lanarchismo iberico è stato un movimento
sociale anticipatore della sensibilità naturalista, di
un ecologismo inteso non come lusso per i ricchi ma come necessità
per lumanità. Correnti politiche opposte fra di
loro hanno condiviso ladesione di massima, salvo piccole
divergenze, alla troika modernizzatrice del XX secolo: Ford
- Taylor - Le Corbusier, ciò disprezzando ogni preoccupazione
per la salvaguardia per lambiente e le fondate critiche
del neomalthusianismo popolare. Queste forze sociali egemoniche
con le loro idee di dominio sulla natura e di un urbanismo industriale
espansivo hanno messo la mordacchia alla dissidenza. A Barcellona,
capitale anarchica, dopo la repressione stalinista del 1937,
dopo quarantanni di franchismo e oltre venti anni di transizione
politica le idee libertarie su questi temi così pregnanti
(ecologia e trasformazione sociale) sembrano riprendere quota
nel milieu scientifico. Nella prospettiva storica qui analizzata,
le classi popolari si dimostrano capaci di elaborare proprie
strategie in modo originale ed autonomo dai governi e dai poteri
economici.
Giorgio Sacchetti
La cuoca di
Durruti
Siamo andati allassalto, cantando, tra i fiori
e i venti profumati dellestate, adesso, stiamo assistendo,
impotenti, alla fine
Natale è alle porte, abbiamo
deciso di preparare un po di frittelle. È lultima
volta che cuciniamo, e molte di noi le impastano di lacrime.
Domani si parte per una missione di sangue e di speranza, stanotte,
invece, ci sporcheremo le mani di farina, di zucchero, di cannella
e damore. 26 gennaio 1939, Barcellona è caduta
Nadine è la cuoca di Durruti, giovane studentessa
di medicina e guerrigliera della CNT-FAI negli anni dellultima
resistenza campale al franchismo. Il libro (Anonimo, La cuoca
di Buenaventura Durruti. La cucina spagnola al tempo della guerra
civile. Ricette e ricordi, prefazione di Luigi Veronelli,
Roma, Derive Approdi 2002, pp. 208, € 16,00) trae origine
dal ritrovamento casuale di un manoscritto, nel 1970, allinterno
di un lotto di pubblicazioni sulla guerra di Spagna in vendita
alla mitica libreria Pinkus di Zurigo. Il corpus eterogeneo
del materiale si compone di un brogliaccio di cucina accompagnato
da racconti sintetici di episodi, oltre un centinaio di fogli
dattiloscritti non ordinati, foto e ritagli di giornali.
Luigi Veronelli, maestro di anarchia applicata, ci fa rivivere
le passioni di una donna travolta dalla tragedia e dalla sconfitta
del progetto rivoluzionario, e che pure sa inventare ogni volta
nuove resistenze. Le speranze di Nadine e gli spaccati
di vita quotidiana sono, nelle intenzioni del curatore, la risposta
esaustiva ad una domanda che le giovani generazioni da
sempre si pongono: come si vive quando il negativo scende nelle
strade?. Il volume, alla stregua di un menu, si divide
in entrate, piatti di mezzo e dessert. Dietro al nome accattivante
di ogni portata (ne abbiamo contate 86!) cè la
concretezza di chi ha deciso di fondere la propria vita con
gli ideali in cui crede. Luguaglianza e la libertà
sono i canoni di una sovversione che è sempre costruttiva.
Così la socialità intima di un convivio può
essere anche lincipit per la rinascita e per nuovi sogni.
E per un brindisi, nonostante tutto.
Infine, preparammo una sangria, se ne incaricò
Estrella che, da ragazzina, ha lavorato in una bodega
di Maiorca. Per un litro di vino rosso, callet, tempranillo
o manto negro, sono i migliori, perché sono fruttati,
ci spiegò Estrella, ci vogliono unarancia, un limone,
due pesche bianche e mezzo melone. Separate le scorze dagli
agrumi, tagliandole a spirale. Mettetele nel vino, aggiungeteci
questi tagliati a fettine per il largo, le pesche, senza il
nocciolo, tagliate a spicchi, il melone tagliato a fettine sottili.
Versate nel vino due o tre cucchiai di zucchero, un bicchierino
di brandy, un chiodo di garofano. Aggiungete un bicchiere di
acqua e ghiaccio, agitate con cura e servite
Interessante anche il corredo fotografico. Cè un
primo piano di un pneumatico militare sovietico più
pericoloso dei commissari politici russi. E in copertina
Nadjeta, detta Nadine mentre innesca un ordigno incendiario.
Giorgio Sacchetti
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