Rizzi
mi disse...
Cari compagni,
sul n. 286 di A, leggo fra gli altri, due articoli trattanti
la questione palestinese e la recente pubblicazione de La
burocratizzazione del mondo di Bruno Rizzi sui quali vorrei
intervenire.
Da tempo nella sinistra, compresa larea libertaria, la
questione israelo-palestinese, a poco a poco, riducendone e
fuorviandone limportanza, ha soppiantato la questione
primaria da cui deriva, la israelo-araba.
Questa sostituzione di priorità porta da tempo a trascurare,
se non ad ignorare del tutto, la causa fondamentale per cui,
da cinquantanni, quella zona medio-orientale è
soggetta ad una sanguinosa conflittualità: il non diritto
di esistere dello stato di Israele proclamato dal mondo arabo
e islamico e, da allora, portato avanti con più aggressioni
militari fallite seguite da politiche ambigue affiancate da
uno spietato terrorismo.
Se veramente si vogliono aiutare i palestinesi non bisogna
dimenticare che furono gli Stati arabi elettisi a loro tutori
ad impedire ai palestinesi, financo con le minacce, che proclamassero
il proprio Stato (come invece fecero gli ebrei attenendosi,
questi ultimi, alla storica decisione delle N.U. del 1947) per
di più strumentalizzandoli, da allora, ai propri disegni
politici, economici e religiosi è prima necessario
che il mondo arabo e islamico accetti il diritto di esistere
di Israele, vera chiave di volta per risolvere i problemi del
posto, senza astuzie levantine di sorta e solidamente garantito
dallOnu e CE. Solamente così ci si avvierà
anche alla soluzione della questione palestinese e solamente
da allora si potrà valutare obiettivante la politica
israeliana verso il mondo arabo, finora tesa non tanto allampliamento
dei confini territoriali israeliani bensì a doversi ancora
garantire il diritto di esistere.
E, in questo senso che è lunico modo per fare chiarezza
fra diritti e doveri delle parti interessate, bisogna fare in
fretta perché, mentre dai Paesi arabi verso Israele continua
lesodo delle comunità ebraiche per non soccombere
alla furia omicida del fondamentalismo islamico, in Occidente
proprio per la riduttività ed il fuorviamento
che è stata data alla questione arabo-israeliana
stanno manifestandosi pericolosi sentimenti ed atti antiebraici
che, nel migliore dei casi, produrrebbero inutili soluzioni
salomoniche le quali, non solo lascerebbero insoluta la questione
fondamentale il diritto di esistere di Israele
ma laggraverebbero ancora di più.
La pubblicazione in lingua italiana delledizione integrale
de La burocratizzazione del mondo di Bruno Rizzi,
ottimamente curata e prefata con un poderoso saggio introduttivo
di Paolo Sensini e bene stampato dal suo editore, ha provocato
un giusto risentimento in Gianpiero Landi, e penso in altri
lettori, nel leggere il capitoletto inserito in appendice del
libro sulla questione ebraica (titolo mutuato da
Marx in suo onore) nel quale, pur condannando fermamente il
razzismo esprime considerazioni errate sugli ebrei.
Dico subito che con Bruno Rizzi, dai primi anni 60 fino
alla sua dipartita ho avuto un lungo sodalizio umano e culturale
e mai, dico mai! gli ho sentito profferire alcunché
contro gli ebrei che, come mi disse, era lunico
popolo cosmopolita che ha espresso meravigliose intelligenze.
Diversamente non avrei potuto dargli la mia amicizia e la mia
stima.
Fu quando commentammo ledizione italiana del Collettivismo
burocratico, da poco uscita nel 1967, che venni da lui
informato della sua disavventura giudiziaria. Provai solo sorpresa
perché luomo che conoscevo non esprimeva affatto
concetti razzisti né antisemiti. Come spiegava allora
quelle considerazioni offensive che non troviamo nella sua seguente
produzione intellettuale (altra cosa è la critica al
capitalismo di stampo ebraico a quei tempi comunque enfatizzato).
Mi lesse il capitolo da cui vennero estrapolati i due periodi
incriminati (il Rizzi dopo un lungo travaglio epistolare era
rientrato in possesso della superstite copia del libro) e che
per mio conto trascrissi, e amareggiato riconobbe la propria
leggerezza nel subire i condizionamenti propagandistici del
tempo e disse che in una eventuale riedizione del libro avrebbe
riscritto il capitolo del libro, riconoscendo quel suo errore
era anchesso da ascriversi alla ... incompiutezza
del suo pensiero.
Il Rizzi, tuttavia, era convinto che la ragione della condanna
che portò al sequestro ed alla immediata distruzione
del libro giacente, ancora fresco di stampa, in tipografia (non
fu dunque diffuso e se oggi ne parliamo è per sbarazzare
definitivamente il terreno da speculazioni future di sorta nei
confronti del Rizzi) non era dovuta al suo contorno
antisemita impiegato visto che a quei tempi circolava
ben di peggio anche nella sinistra- bensì per impedire
che la sua indagine sociologica venisse portata a conoscenza
del proletariato.
Era certo che potendo frugare negli archivi dei partiti e del
padronato si troverebbero le prove che confermerebbero la sua
ipotesi. E, così dicendo, intercalava il dire, come se
parlasse tra sé e sé con queste precise parole:
Mi un internasionalista, antiebreo?! Roba da mat!.
Ma se questa mia testimonianza non tranquillizza del tutto G.
P. Landi ed altri lettori che la pensano come lui, possono allora
valutare il comportamento, per tranquillizzarsi del tutto, che
il Rizzi ha tenuto a partire dal processo francese fino alla
fine dei suoi giorni:
Non ha avuto rapporti con Vichy e Salò regimi razzisti
ed antisemiti.
In Italia ebbe rapporti con i partigiani.
A conflitto mondiale terminato, riprese la sua azione di studio
e di formazione individualmente o con altri compagni
solamente e sempre nellambito libertario e socialista
pubblicando ciò che produceva (quando non veniva
ostacolato dai pregiudizi culturali) attraverso la stampa anarchica
socialista della contestazione giovanile e della ricerca sociologica
indipendente, sempre sostenendo i risultati della propria indagine
socialista per il progresso sociale.
Orgoglioso, ma non superbo, per avere saputo individuare il
rapporto di produzione socialista ignorato dai socialisti infantili
e posto a disposizione di chicchessia voglia sperimentare liberamente
e senza ricorrere, finalmente!, alle barricate ed al versamento
di sangue umano.
Si tranquillizzino G. P. Landi e gli altri lettori.
Leggendo e studiando Bruno Rizzi si renderanno conto che la
sua elevatezza di pensiero lo esclude dalla misera pseudocultura
razzista.
Oreste Roseo
(Savona)
Frasi
comunque inqualificabili
La mia recensione del libro di Bruno Rizzi, La burocratizzazione
del mondo (Paderno Dugnano, Edizioni Colibrì, 2002),
apparsa su A n. 286, pare che abbia creato un piccolo
caso. Prima è intervenuto il curatore del
libro, Paolo Sensini, contestando il rilievo da me dato allappendice
rizziana su La questione ebraica, di contenuto chiaramente
antisemita (un antisemitismo a mio avviso non adeguatamente
rilevato e criticato nella corposa introduzione dello stesso
Sensini al libro). La lettera di Sensini è stata pubblicata
nel numero 287 di questa rivista, insieme a una mia risposta
con la quale personalmente ritenevo chiuso largomento.
Ora interviene invece Oreste Roseo, tirandomi di nuovo in ballo.
Per la verità, la lettera di Roseo spazia su due distinti
argomenti, e i riferimenti alla mia recensione e alla questione
dellantisemitismo di Rizzi si trovano soprattutto nella
seconda parte. La prima è dedicata alla questione israelo-palestinese,
o israelo-araba come a Roseo sembra più corretto definirla.
Su questo argomento, estremamente complesso e che ci porterebbe
molto lontano, preferisco in questa sede non addentrarmi. Mi
limito a rilevare che a mio avviso, nella creazione e nella
crescita devastante della questione medio-orientale fino alla
situazione attuale che sembra senza vie di uscita, tutte le
parti in causa nessuna esclusa hanno gravi responsabilità.
Se questo vale sul piano storico, devo aggiungere che personalmente
ritengo che oggi lostacolo maggiore a una pace nella giustizia
venga dalla politica perseguita dallo Stato di Israele. Si può
condannare senza appello ogni forma di antisemitismo e al tempo
stesso criticare il governo di Israele? Io credo che non solo
si può, ma oggi si deve.
Detto questo, vengo alla seconda parte della lettera di Roseo,
che mi riguarda più direttamente. Devo dichiarare subito
che ho trovato di un certo interesse il contenuto della lettera,
soprattutto per il suo carattere di testimonianza. Roseo ha
frequentato Rizzi per anni, gli è stato amico e sodale
in politica, ne ha raccolto le confidenze. È dunque una
fonte preziosa e attendibile, che va presa in attenta considerazione.
La sensibilità di Roseo nei confronti dellantisemitismo
è fuori discussione, tutta la sua lettera lo dimostra.
Egli stesso ci dice che se durante la sua lunga frequentazione
di Rizzi gli avesse sentito profferire alcunché
contro gli ebrei, non avrebbe potuto dargli la sua amicizia
e la sua stima. Roseo dunque non ha mai sentito dalla bocca
di Rizzi espressioni minimamente offensive nei confronti degli
ebrei, anzi al contrario ha sentito degli apprezzamenti. Quando
poi hanno affrontato la questione della censura del libro del
1939, La Bureaucratisation du Monde, è stato lo
stesso Rizzi a parlare per primo dellaccusa di antisemitismo
formulata contro di lui allepoca, suscitando sorpresa
nel suo interlocutore. Di fronte a tale sorpresa, e alla richiesta
di spiegazioni, Rizzi avrebbe riconosciuto la propria
leggerezza nel subire i condizionamenti propagandistici del
tempo, aggiungendo di essere caduto in un errore da ascriversi
anchesso alla incompiutezza del suo pensiero.
Roseo sottolinea inoltre la mancanza di frasi antisemite in
tutti gli scritti di Rizzi successivi al 1939, la sua estraneità
ai regimi di Vichy e di Salò, lattività
teorica e politica del dopoguerra avente come interlocutori
privilegiati alcuni settori libertari e socialisti della sinistra.
Che dire di fronte a questa testimonianza? Possiamo riconoscere
tranquillamente che, per quanto ci consta, il Rizzi del dopoguerra
non ha mai manifestato posizioni antisemite. Ma ciò che
ha scritto nel 1939 resta. Molte frasi dellappendice sulla
questione ebraica sono inqualificabili. Si può
inchiodare un uomo a un errore, per quanto esso sia grave, per
tutto il resto della sua vita? Io penso di no, ma credo anche
che per passare oltre sia necessario un franco riconoscimento
dellerrore commesso, bisogna ravvedersi sul serio. Rizzi
ha preso privatamente, ma non è questo lessenziale
le distanze rispetto alle sue concezioni del 1939. Non
lo ha fatto in un modo inequivocabile, tale da spazzare via
tutti i dubbi. Riconoscere, di fronte a un amico e compagno,
la propria leggerezza, adducendo per di più
come scusante i condizionamenti propagandistici del tempo
è già qualcosa, ma forse è troppo poco.
Personalmente faccio fatica a vederci un autentico travaglio
interiore, la consapevolezza della gravità di ciò
che è stato in passato pensato e scritto. Sono però
consapevole del fatto che nessuno può scrutare sul serio
ciò che si cela nella coscienza di un altro essere umano.
Per cui anchio, di fronte al Bruno Rizzi del dopoguerra,
quello che ha conosciuto Oreste Roseo, mi astengo da ogni giudizio
e sono anzi disposto a concedergli la buonafede. Di fronte al
mistero della sua coscienza, mi fermo in un rispettoso silenzio.
Gianpiero Landi
(Castel Bolognese)
Talebani
anarchici e testimoni dellanarchia
Tra la prassi dei cosiddetti talebani anarchici e quella che
chiamerei dei testimoni dellanarchia, penso
possa esistere una terza via, e precisamente quella che conduce
ad intervenire concretamente sulla realtà socioeconomica
circostante, da troppo tempo trascurata da noi anarchici se
non per pontificare e celebrare.
Direi che salvo sporadiche situazioni locali, nonostante il
vento spingesse a nostro favore, non abbiamo saputo cogliere
loccasione di porci come interlocutori, come referente
ideale e reale di coloro che rifiutavano e rifiutano la qualità
della vita presente e passata.
Lo spunto per questo intervento mi è offerto dalle analogie
tra gli episodi che hanno visto per protagonisti i Black Bloc
e gli anarco-insurrezionalisti, negli ultimissimi anni, e quelli
un po più remoti, ma non tanto, storicamente parlando,
degli anni 67-68-69. In quegli anni militavo
nel Potere Operaio pisano e abitavo a Piombino; erano gli anni
dei braccianti ammazzati ad Avola e Battipaglia; della contestazione
alla Bussola di Viareggio per i licenziamenti alla Marzotto,
alla Saint Gobain ed alla Upim; della contestazione nelle scuole
e nelle scuole di tutta lItalia.
Erano manifestazioni per i diritti al lavoro, allo studio, a
rapporti diversi in seno alla famiglia, alla scuola, alla fabbrica
e sostanzialmente pacifiche; al massimo volavano uova marce
e sputi, come alla Scala di Milano, ma mai con dei presupposti
violenti e tanto meno armati, anche se la risposta che fu data
ad Avola, come alla Bussola, fu quella di sparare per disperdere
sia i braccianti che gli operai e gli studenti.
In quegli anni feci le prime conoscenze culturali e umane degli
anarchici. Mi resi conto del grande vuoto nella formazione culturale
che avevo ricevuto al liceo e nella scuola quadri del partito
comunista, al quale ero iscritto, o della corrente trotzkista
e operaista che frequentavo, ma accostandomi politicamente al
movimento anarchico fui colpito negativamente dal loro isolamento
riguardo alle lotte in corso e dalla incapacità di intervento
nel sociale. Conobbi compagni culturalmente molto preparati
che mi hanno suggerito letture illuminanti circa la grande rivoluzione
francese, la rivoluzione russa e quella spagnola, ma anche capi
scuola come Ferrer e anarcosindacalisti di grande statura politica
o militanti come Bakunin e Malatesta, però era tutta
storia passata che non trovava corrispondenza con una presenza
anarchica nel processo storico in corso o con realizzazioni
come cooperative, comuni e collettivi anarchici. Frequentando
le sedi anarchiche ed i gruppi anarchici sembrava di entrare
in circoli o associazioni di ex combattenti, scettici sul ribellismo
giovanile in corso, o giovani ribelli che pensavano con qualche
scoppietto di sottolineare la rabbia popolare magari pensando
che quella fosse la giusta maniera di fare sul serio.
Queste non sono mie gratuite illazioni non supportate da fatti.
Ne voglio citare uno solo del quale sono stato testimone: Piombino
1968-69; manifestazioni quasi quotidiane in tutta la città,
assemblee di scuola e di quartiere, interventi quotidiani su
tutto il tessuto cittadino con collegamenti in tutta la Toscana,
denuncie e mandati di cattura per i più rappresentativi
di noi come agitatori, con relativa perdita del lavoro; la stampa
che soffia contro questi comunisti di Potere Operaio (gli anarchici,
pur presenti fisicamente, erano assenti politicamente)
ed eccoti la bomba carta alla Questura di Piombino con relativa
scritta di rivendicazione a sinistra, il fermo dellanarchico
Pietro Bianconi e del genero per estorcergli, col ricatto, che
la bomba gli era stata preparata dal sottoscritto! Naturalmente
io non centravo assolutamente con quello scoppietto inutile,
e probabilmente neanche Bianconi, ma qualcuno dellarea
anarchica, come intuii successivamente a Livorno, aveva voluto
partecipare a modo suo per esprimere la sua rabbia contro la
repressione in corso.
Quella bombetta fu una goliardata, politicamente ingenua, ma
molto utile per fare alzare la febbre del contesto
politico a Piombino, scatenare ancora di più la repressione,
smembrare il gruppo del Potere Operaio, far perdere il lavoro
a molti di noi, consentire ai giudici di reprimere pesantemente
con imputazioni di blocco stradale per i fatti della Bussola,
diffusione di notizie false e tendenziose, ecc.
Questo episodio di Piombino, che piaccia o no, si ripeté
in altre parti dItalia, anche con matrici diverse, ma
che sia stato messo in atto o no da anarchici poco importa;
certamente portò acqua al mulino della Questura che,
visto limpatto negativo sullopinione pubblica di
certi scoppietti, misero insieme, con laiuto dei mezzi
dinformazione e di certi politici, una autentica strategia
bombarola della quale fece le spese tutto il movimento antagonista
di quegli anni, paralizzandolo in campagne contro la repressione.
Le analogie con la situazione attuale balzano subito agli occhi:
a Genova-G8 100 Black Bloc svolsero una funzione oggettivamente
provocatoria coinvolgendo negli scontri decine di migliaia di
manifestanti pacifici, con le conseguenze che tutti conosciamo,
nel tentativo di voler strumentalizzare un concentramento di
persone organizzato da altri e di cui, al di là di condividerne
o meno i loro contenuti, i Black Bloc non ne erano certamente
espressione.
Lo stesso discorso vale per gli ultimi scoppietti degli anarco-insurrezionalisti:
mi piacerebbe conoscere la loro estrazione politica e la loro
formazione-esperienza come militanti nei gruppi di intervento
sociale; quali obiettivi tattici e strategici si prefiggono
di raggiungere; se hanno valutato che questi strumenti di offesa,
da loro adoperati, possono colpire persone che poco o nulla
hanno a che fare con gli avversari cui sembrano rivolti; se
sembra loro la maniera corretta di inserirsi nel momento di
crescita politica globale che sta attraversando orizzontalmente
gran parte dellumanità, o se appagano soltanto
un loro infantile bisogno di protagonismo.
Vorrei essere ancora più chiaro rivolgendomi a quei compagni
non più giovani che potrebbero trovarsi inseriti in certi
episodi recenti come la bombetta al Duomo di Milano o linvio
di libri esplosivi o lettere con proiettili, per dire loro che
queste considerazioni non provengono da un vecchio compagno
in pantofole o da un pentito in vena di crisi mistiche e tanto
meno da uno che rifiuta di rispondere violentemente a chi ha
terrorizzato o terrorizza una larga parte dellumanità.
Niente di tutto questo. Sono stato e sono un compagno anarchico
con una formazione politica che è cresciuta positivamente
militando in partiti, sindacati e gruppi di intervento che si
confrontavano con il mondo del lavoro, con la vita ed i problemi
dei quartieri poveri, con il vissuto carcerario, con le problematiche
di tutti i giovani, con i movimenti di liberazione nazionale,
sociale, economica e culturale.
Si rivolge a voi un compagno che non ha disdegnato e non disdegnerebbe
di pestare crumiri, capetti di fabbrica, comandanti di squadrette
carcerarie, medici carcerari inadempienti ai loro doveri
umani e professionali ma al momento politico opportuno; adottare
misure concrete per fare evadere compagni o recuperarli alla
libertà in tempi brevi con iniziative incentrate, come
furono le campagne per Valpreda e Giovanni Marini. I metodi
possono essere tanti e la nostra fantasia può sbizzarrirsi,
ma devono avere obiettivi concreti, con mezzi discriminanti,
e non indiscriminati come gli esplosivi, accettabili e lampanti
come significato, agli occhi di coloro cui vogliamo rivolgerci,
e dopo aver fatto un lungo e paziente lavoro di chiarificazione,
di smascheramento, di aggancio politico a situazioni di oppressione.
Oggi come oggi occorre rimboccarsi le maniche e recuperare quel
consenso, quella credibilità, quel seguito, quella chiarezza
di mezzi e fini che si ottengono soltanto dopo aver analizzato
come si muovono i padroni del mondo e portare il
nostro programma tra la gente, rafforzati e vaccinati politicamente
dalle esperienze passate, senza ambizioni personali o bisogno
di protagonismo che niente hanno a che vedere con la lotta degli
oppressi contro gli oppressori.
Gianni Landi
(Firenze)
I
nostri fondi neri
|
Sottoscrizioni.
Pasquale Messina (Milano) 25,00; Aurora e Paolo (Milano)
ricordando Alfonso Failla, 500,00; Claudio Venza (Trieste),
25,00; Stefano Quinto (Maserada), 20,00; Battista
Saiu (Biella), 20,00; Silvio Sant (Milano), 5,00;
Alessandro Natoli (Cogliate), 8,00; Santi Rosa (Novara),
15,00; Claudio Rolla (Roma), 20,00; Giancarlo Benvenuti
(Firenze), 20,00; Massimo Bellini (Riola di Vergato),
20,00; Claudio Topputi (Milano), 50,00; Marina Felli
(Roma), 25,00; Giancarlo Nocini (San Giovanni Val
dArno), 20,00; Cesare Fuochi (Imola), 20,00;
Salvatore Piroddi (Arbatax), 5,00; Gabriella Gianfelici
e Claudio Neri (Roma), 10,00; Pino Cavagnero (Arenzano),
20,00; a/m Daniela Massari, lascito di Carla Caschetto
(morta a Bruxelles nel dicembre 2002), 100,00; Tiziano
Viganò (Casatenovo) ricordando Pierluigi Magni,
10,00; Roberto Colombo (Boffalora), 2,00; Enore Fiorentini
(Imola), 20,00; Angelo Zanni (Sovere), 10,00; Deborah
Francesca (San Leucio del Sannio), 5,00; Paolo Mauri
(Milano), 20,00; Giorgio Nanni (Lodi), 50,00; Silvio
Gori (Bergamo), ricordando Egisto e Maria Gori, 22,00;
Cosimo Valente (Torino), 70,00; Pietro Steffenoni
(Lodi), 10,00; Paolo Scarioni (Milano), 15,00; Danilo
Vallauri (Dronero), 20,00; Giuseppe Ricci (Varedo),
20,00.
Totale euro 1.202,00.
Abbonamenti sostenitori.
Antonello Lepizzera (Itri), 100,00; Giuliano Cortopassi
(Cerveteri) con tanti auguri a Lory e Piero per larrivo
di Fabrizio, 100,00; Stefano Cempini (Ancona), 100,00;
Enrico Calandri (Roma) ricordando Franco Serantini,
200,00; Renato Girometta (Vicobarone), 100,00; Mario
Perego (Carnate), 110,00; Luigi Natali (Donnas), 100,00;
Loriano Zorzella (Verona), 100,00; Gianni Pasqualotto
(Crespano), 100,00; Arturo Schwarz (Milano), 100,00;
Fernando Ferretti (San Giovanni Valdarno), 110,00;
Luigino Piccolo (Padova), 100,00; L.D. (Ancona) ricordando
il suo compagno, 440,00; Fabio Palombo (Chieti), 100,00;
Eros Bonfiglioli (Vologna), 100,00; Maurizio Guastini
(Carrara), 200,00; Pietro Steffenoni (Lodi), 100,00;
Piero Cagnotti (Dogliani), 100,00; famiglia di Piero
Bulleri (Volterra), 100,00.
Totale euro 2.460,00.
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