Avevo invitato Paolo
Perticari a tenere una conferenza alla libreria Utopia di Milano
nel mese di febbraio. Lì, nel corso della conferenza,
Paolo ha fatto riferimento a Illich come a un maestro. Così
gli ho chiesto di incontrarci per fare una chiacchierata su
questo tema. Lincontro è avvenuto in maggio allUniversità
di Bergamo, presso la quale Perticari insegna pedagogia. Ciò
che segue è la parziale trascrizione della nostra conversazione.
Perché hai deciso di dedicare lultimo libro
che hai curato (1) a Ivan Illich
in memoriam?
Come ho scritto il libro trae origine anche da un incontro
con Ivan Illich. Pur avendolo ben presente fin da ragazzo, lho
incontrato ununica volta un paio danni fa a Milano.
Sapevo che era malato da parecchi anni e continuava a curarsi
in maniera olistica, al di fuori della sanità istituzionale.
Per me era già un punto di riferimento essenziale. Quel
giorno a Milano sono capitato quasi per caso, invitato da una
studentessa a un convegno sulle origini della scrittura (2).
Mi sono iscritto a un elenco, quando sono arrivato, senza sapere
bene a che servisse. Ho scoperto dopo che era la lista delle
persone che si accreditavano per una conversazione con Illich.
Mi ricordo quel convegno, cero anchio.
Allora ti ricorderai certamente quale straordinario interlocutore
lui fosse. Parlò della scrittura e della lettura, riprendendo
le analisi del suo libro su Ugo da San Vittore (3).
Soprattutto mi sembrò straordinaria quella parte sullascesi
dellaltro, sulla trasformazione sui codici di comunicazione
che reprimono la possibilità dellaltro di emergere.
Fatto sta che mi trovai nella lista di coloro che potevano parlare
con lui. Finita la relazione, Illich disse: Prodi e Perticari
con me, tutti gli altri fuori, perché sto male. Non posso
lasciar fuori lallievo dellallievo di von Neumann.
Come faceva a sapere che avevo dei rapporti con Heinz von Foerster,
appunto lallievo di von Neumann? Non lo so, ma questo
dice qualcosa di questi personaggi in via destinzione
che hanno questa capacità di collegare, di accorgersi
di un incontro possibile
Illich parla da qualche parte della sua pratica della lettura
curiosa
Sì, forse si potrebbe dire che aveva la curiosità
dellincontro, il non averne mai abbastanza di volti. Insomma
ci trovammo. Lui era già gravemente malato: il cancro
aveva invaso il volto, la schiena e nonostante questo restava
una persona gioiosa.
Lincontro fu ricchissimo di idee; da un incontro del genere,
se luniversità non fosse quello che è, potrebbero
nascere ricerche, percorsi, collegamenti, senza la burocrazia
che soffoca tutto.
Uno dei punti centrali mi sembra questo: come accorgersi che
viviamo in un mondo burocratico, caratterizzato dalla gestione
della vita a tutti i livelli. Da questo punto di vista mi sembra
che il percorso di Illich si avvicini al ragionamento di Foucault.
Infatti ne parla esplicitamente nellintervista con
David Cayley (4).
Soprattutto lattenzione a quanto passa nelle nostre pratiche
quotidiane. Illich e Foucault andrebbero letti insieme, per
vedere meglio ciò che li collega.
Laltra cosa formidabile che mi ha insegnato Illich è
quella di non abbandonare mai la critica radicale di ogni forma
di consulenza
Ossia la diffidenza per gli esperti
Sì, per gli specialisti di ogni genere. Lui sentiva
molto questo e lo legava a un ripensamento dei rapporti. Anche
per questo creava dei gruppi di ricerca in diverse università
europee e non. Era riuscito a creare una rete internazionale
di rapporti tra persone unite in una ricerca comune.
Il tema che studiava ultimamente è quello dellascesi
dellaltro in un mondo completamente tecnologicizzato.
Ossia come costruire un percorso verso laltro, per migliorare
la presenza dellaltro, del suo volto, dei suoi elementi
umani. Noi siamo come delle macchine di moltiplicazione dei
poteri attraverso i rapporti interpersonali, perciò il
rapporto da questione privata diventa questione politica, anzi
un problema biopolitico (5) centrale
del nostro tempo.
Vorrei chiederti qualcosa su questa modalità di ricerca
prediletta da Illich, il lavoro per gruppi di amici. Sceglieva
le persone appartenenti ai più diversi campi disciplinari
e le metteva insieme a lavorare su unidea, su un progetto.
Questanno è stato un anno duro per me. Nel giro
di pochi mesi sono morti prima Francisco Varala, molto giovane,
poi a distanza di pochi giorni uno dallaltro Ivan Illich
e Heinz von Foerster. Queste persone avevano in comune questo
modo di lavorare, che a me non è nuovo perché
lavevo imparato da von Foerster. Non dispiacerebbe anche
a me fare così: si tratterebbe di raccogliere queste
modalità di lavoro comune, di farne dei comportamenti,
una cultura, una pratica e anche una politica dellamicizia.
Quei pensatori ci hanno lasciato uneredità importante
da raccogliere. Tra laltro Illich e von Foerster sono
stati anche amici, hanno collaborato a Cuernavaca; due giganti
accomunati dalla generosità di non nascondere le idee,
ma anzi di diffonderle liberamente.
Questidea dellamicizia come pratica secondo
te è dovuta al fatto che la conoscenza non passa solo
attraverso rapporti di potere-sapere, ma anche attraverso una
certa qualità della relazione? Ossia, io voglio lavorare
con te, non perché tu sei lesperto di xy, ma perché
sei tu.
Questa è una cosa importante. Io penso che questi uomini
abbiano avuto il privilegio di vivere e di esplorare con grande
passione territori sterminati con grande libertà, ma
anche con grande competenza. Lamicizia era il modo di
concepire i rapporti, di stare dentro le cose con la voglia
di incontrare uomini non ancora assoggettati. Come se la produttività
dellamicizia si opponesse alla produttività del
potere, fosse cioè un modo di sottrarsi alle forme di
assoggettamento.
Ti riporta allIllich degli anni Settanta, quello più
noto della descolarizzazione e della convivialità. Quale
ruolo ha avuto nella tua formazione?
In quegli anni non volevo leggere Illich, mi sembrava troppo.
Certi testi vanno conservati per un certo tempo, finché
non ci si sente allaltezza. Ho cominciato a parlare di
Illich a un convegno che si occupava di epistemologia «costruttivista»
dentro ai contesti delleducazione e della scuola, perché
mi sembrava che i pedagogisti, e persino gli stessi epistemologi,
banalizzassero la complessità. Ecco lì mi è
servita la radicalità di Illich. Ma più che la
descolarizzazione, lidea di Illich che mi ha dato di più
è stata quella di convivialità, applicata alle
pratiche della relazione, della comunicazione e del rapporto
con laltro. Convivialità per me significava creare
una deviazione rispetto alla pragmatica della comunicazione
umana, alla teoria dellagire comunicativo, al sistema
della comunicazione. Queste teorie non sono strumenti sufficienti
per opporsi efficacemente allemergere degli imbonitori
televisivi, e di nuove relazioni di potere nella comunicazione.
Come se oggi la comunicazione fosse totalmente mercificata e
mercificata dagli apparati di potere.
Allora il libro sulla convivialità, il titolo originale
era attrezzi per la convivialità, per me diventò
rapidamente una struttura di apprendimento molto efficace, un
contesto estremamente produttivo. Lidea era quella di
costruire delle tecnologie che danno a chi le usa la possibilità
di arricchire il mondo attraverso la sua visione, in particolare,
ma non solo, nei contesti di apprendimento.
Pur avendo abbandonato, come diceva, la sua posizione privilegiata
di prete, Illich ha continuato a far riferimento alla tradizione
ecclesiastica, non tanto come a unautorità, quanto
come una fonte di ispirazione per guardare in modo diverso le
istituzioni attuali e per forgiare i suoi concetti critici.
Inoltre cè molto forte in lui la presenza del pensiero
teologico: è costante il suo richiamo alla patristica,
alla teologia occidentale, in particolare allepoca medievale.
Non ti colpisce questo continuo bisogno di un riferimento teologico?
Mi sembra la punta della macchina di pensiero di Illich. È
importante in questo senso questo continuo riferimento ai testi
della tradizione; Illich sapeva leggerli con precisione e cura.
Sapeva fare una pedagogia del testo a livelli altissimi soprattutto
per quanto concerne i testi medievali. Cercava di vedere lattualità
attraverso i testi medievali. Io vorrei provare a farlo rileggendo
Paolo di Tarso cortocircuitando i suoi testi con le pratiche
sociali di questi tempi.
Che cosa resta secondo te attualmente del pensiero di Illich?
Unaltra maniera di concepire le cose che si sta facendo
strada, un pensiero negativo applicato alle pratiche. Un Ronnie
Browman di Medici senza frontiere che si interroga molto
su queste pratiche a proposito degli interventi umanitari che
invita ad acquisire consapevolezza su cose in cui uno specialista
rischia di provocare più danni che benefici; il lavoro
sulla Nemesi medica (6); le sue
ricerche sul genere e il sesso, contestate, ma ricchissime.
Insomma una ricchezza enorme da pensare.
Filippo Trasatti
Note:
1.
A cura di Paolo Perticari, Biopolitica minore, Manifestolibri,
Roma 2003.
2. Si tratta del convegno "Origini della scrittura",
Milano 27 ottobre 2000.
3 Ivan Illich, La vigna del testo, tr.it. Cortina, Milano
1994.
4. David Cayley, Conversazioni con Ivan Illich, Elèuthera,
Milano 2003.
5. Si veda in proposito lintroduzione di Perticari al
volume già citato Biopolitica minore.
6. Ivan Illich, Nemesi medica, tr. it. Mondadori, Milano
1977.
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