La sera del sabato il professor S, pertinace militante sindacale alternativo, è solito dedicarsi ad attività lontane, nella misura del possibile, dalla lotta di classe che vanno dalla lettura di romanzi di fantascienza alla visione di film di intrattenimento e, se proprio è in vena, arrivano ad una cena con amici.
D’altro canto, l’attività sindacale, simile allo spettro di Banquo, tende ad inseguirlo anche in momenti che vorrebbe sottrarle, cosa che dimostra, se non altro, che vi è chi lo immagina devoto alla causa sindacale oltre ogni ragionevole misura.
È, di conseguenza, con moderatissimo stupore che il nostro eroe ha ricevuto, in una tranquilla serata di metà marzo, una telefonata dal famoso o, se si preferisce, famigerato professor P.
In un primo momento, per la verità, il professor S non ricorda chi diavolo sia colui ma non se ne stupisce, conosce molti, forse troppi, colleghi e soprattutto molti lo conoscono e, di conseguenza, la smemoratezza è perdonabile.
Rapidamente, però, ricorda: P si è visto dedicare, nei giorni precedenti, intere pagine di giornale perché, avendo evitato di trattare del giorno della memoria ed essendo stato interrogato nel merito da alcuni alunni, ha affermato che il giorno della memoria è funzionale agli interessi dello stato di Israele, che gli hezbollah sono dei partigiani combattenti per la libertà del Libano e che il governo iraniano ha delle buone ragioni per fare quanto fa.
Per di più, i solerti giornalisti hanno fatto una ricerca sulla storia del buon P scoprendo che scrive su riviste e siti della destra radicale e che è un esponente del milieu rosso bruno ed hanno trattato ampiamente della sua storia politica.
Il professor S ricorda inoltre, a questo punto, di aver sentito più volte parlare del professor P da comuni conoscenti che hanno avuto a che fare con lui in una fase di adesione o, almeno, di avvicinamento al PRC e che lo ricordano come un personaggio oscillante fra il bizzarro ed il provocatorio e di averlo anche visto in alcune occasioni pubbliche nelle quali P ha fatto interventi di taglio sinistrignaccolo antimperialista.
Per dirla tutta, a questo punto si trova in lieve imbarazzo e si pone la domanda, alla quale non troverà poi risposta anche se qualche ipotesi plausibile la formulerà, su chi diavolo abbia dato a P il suo numero di casa visto, fra l’altro, che è facilmente reperibile presso la sede del sindacato e, facendo buon viso a cattivo gioco, si appresta a dialogare col tipo.
P gli parla, come è ovvio, dei guai suoi garantendo, fra l’altro, che non ha sposato tesi negazioniste e informandolo del fatto che ha subito un’ispezione, sulla base della quale l’amministrazione ha proposto:
1. una sospensione dal servizio da uno a tre mesi;
2. l’immediato trasferimento ad altra scuola;
3. una visita medico collegiale per accertare se è in grado o meno di insegnare.
Persona
sgradevole
Il professor S si trova in una situazione, diciamo così, interessante. Il professor P, infatti, aderisce a posizioni politiche generali, per usare un eufemismo, non condivisibili in alcun modo e, a quanto ne sa, è pure un individuo non gradevole dal punto di vista personale.
D’altro canto, è evidente che le misure alle quali è sottoposto e la campagna di stampa che gli è stata dedicata sono assolutamente indecenti per chiunque abbia a cuore la libertà di insegnamento e di espressione.
Di conseguenza, S si fa spedire la relazione ispettiva che è un documento assolutamente preoccupante visto che l’ispettore ha fatto ricerche sull’attività di P fuori dalla scuola e, fatti salvi alcuni appunti su irregolarità formali di scarso rilievo ed evidentemente prese in considerazione per buona misura, propone di sanzionare delle posizioni politiche.
La stessa scelta di P di rivolgersi ad S nasce dal fatto che il sindacato nel quale milita lo stesso S è l’unico che, a più riprese, ha difeso la libertà di insegnamento di diversi colleghi e si è opposto alla pretesa dell’amministrazione di indagare sulla vita privata dei dipendenti.
P, infatti, si ritiene, con qualche ragione, un perseguitato politico e si rivolge al sindacato di opposizione che difende, per vocazione, i perseguitati a qualsiasi titolo. Ricorda fra l’altro che, proprio in una delle scuole dalle quali è stato, negli anni passati, cacciato informalmente il sindacato ha difeso un compagno contro il quale la dirigente ha organizzato un’ispezione che lo aveva indicato come suscettibile di analoghe sanzioni. Naturalmente lo stesso P non ricorda che il compagno in questione aveva sostenuto tesi di ben altra natura ed era, cosa non irrilevante, un militante sindacale.
In prima battuta S, anche perché prova una certa pena per P, gli dà alcuni consigli tecnici sul modo di affrontare la situazione e si appresta a tornare alla visione del film che sta cominciando.
P, però, chiede che il sindacato prenda posizione pubblica sul suo caso in considerazione della natura politica dell’azione dell’amministrazione.
È opportuno, a questo punto, ricordare che S, a prescindere dal problema strettamente politico, ritiene P una persona alquanto sgradevole. Ricordo quest’aspetto del loro rapporto non perché il suo giudizio personale sia dirimente ma solo per far rilevare che non ha voglia di discutere con lui delle rispettive posizioni politiche e, più in generale, della natura del sindacato al quale P ha ritenuto di rivolgersi. È, infatti, evidente che P, e la cosa non è nello specifico male, non ha alcun interesse per l’azione sindacale e, anzi, a quanto risulta a S ha comportamenti, su questo terreno, assolutamente deplorevoli dalla tendenza a prendere ore in più, sottraendole ai precari, al crumiraggio.
S chiude la telefonata facendo rilevare che, sulla richiesta, deciderà il coordinamento provinciale del sindacato.
Scelta
contraddittoria
È interessante rilevare che, in una discussione pacata, il coordinamento provinciale assume omogeneamente un orientamento assolutamente lineare, fatto salvo che in questo caso, come in altri, si rilevano attitudini liberticide dell’amministrazione non è il caso di esporre il sindacato a probabili accuse di vicinanza a posizioni rosso brune. Una scelta sensata, a mio avviso, e della quale mi assumo, per quanto mi riguarda, la responsabilità.
Credo, però, che una contraddizione in questa scelta vi sia. Se noi difendiamo la libertà di tutti, dovremmo farlo anche quando è la libertà di coloro le cui posizioni combattiamo. Per di più, nel caso specifico, una cosa è quanto P ha sostenuto nel suo ruolo di insegnante altro è quanto pensa e afferma nella sua veste di militante politico e questa differenza si evince chiaramente dalla stessa relazione ispettiva.
Un delegato di scuola ha risolto, elegantemente, la contraddizione facendo rilevare che lui, in quanto anarchico, è per la piena libertà di espressione ma che non ritiene suo dovere assumere la difesa di coloro che aggrediscono i nostri compagni come è avvenuto, per restare a Torino, anche in tempi recenti. Si potrebbe aggiungere che un sindacato, a maggior ragione se radicale, non è uno studio di avvocati e che ha pieno diritto di scegliere le battaglie politiche che ritiene utili e fattibili.
Eppure resta la consapevolezza che la pratica della libertà non è così semplice da realizzarsi e che esiste un terreno della necessità e dell’opportunità con il quale dobbiamo fare i conti e che ritengo meriterebbe una riflessione approfondita.