Rivista Anarchica Online


Franco Leggio

Un anarchico di Ragusa
nelle lotte sociali del secondo dopoguerra
di Pippo Gurrieri

Franco Leggio visto da
Patrizia “Pralina” Diamante

Si è recentemente tenuto a Ragusa il preannunciato Convegno di Studi dal titolo: «La scintilla darà la fiamma. Franco Leggio e l’anarchismo italiano dal dopoguerra ai “nuovi movimenti” 1945-1965». Promotori ne sono stati gli anarchici del capoluogo ibleo, per i quali Franco è stato da sempre la figura di riferimento.
Pubblichiamo qui la prima parte della relazione di Pippo Gurrieri intitolata “Franco Leggio: un anarchico di Ragusa nelle lotte sociali del dopoguerra”. Militante anarchico dagli anni ’70, Pippo è tra i redattori del mensile “Sicilia Libertaria”.

 

Fronte unitario antifascista clandestino

1. La caduta ufficiale del fascismo in Sicilia reca la data del 18 luglio 1943, con lo sbarco degli alleati. Ma le radici del regime resisteranno ancora a lungo, senza mai cedere del tutto, con la classe dirigente fascista in gran parte riciclatasi in quelle dei regimi politici che gli succederanno, dall’Amgot alla Costituente, alla Repubblica democratica. Del resto, l’antifascismo non aveva aspettato gli “americani” per mettersi in moto.
Ricordiamo come nel quadrilatero Vittoria-Comiso-S. Croce Camerina-Chiaramonte Gulfi, era stata smantellata, alla fine degli anni ‘30, la rete del Fronte Unico Antifascista Italiano, che rappresenta uno dei primi tentativi di costituzione di un fronte unitario antifascista clandestino in cui convivevano comunisti e socialisti, libertari e indipendenti, con collegamenti organici in varie zone della Sicilia, specie nel palermitano, ma anche nel centro-sud del continente.
Nelle altre città della provincia di Ragusa si registrano fermenti antifascisti significativi, ma fortemente repressi dal regime, nel capoluogo, a Modica, Scicli, Ispica, Pozzallo; decine di antifascisti iblei erano sottoposti a misure restrittive come il confino o l’ammonizione, il fermo preventivo, quindi in condizione di non nuocere.
A Ragusa un nuclei di artigiani, muratori e picialuori, si riuniva clandestinamente presso la bottega artigiana di don Antonino Calamusa (1), figura di antifascista coerente, che morirà al confino. Erano soprattutto giovani, che cominciavano ad apprendere i rudimenti delle ideologie rivoluzionarie e riflettevano sul fatidico “che fare?”. Fra questi muoveva i primi passi Franco Leggio, classe 1921.
La bottega di don Antonino è, quindi, il luogo di questa resistenza silenziosa da dove prende piede una prima forma di opposizione attiva al fascismo; i giovani hanno voglia di muoversi, tentano di mostrare all’esterno l’esistenza di forme di dissenso, si costituiscono in gruppo rivoluzionario che prende il nome de “I senza paura”.
Gli stessi ragazzi, considerando inaccettabile la rassegnazione delle donne nel subire il loro ruolo subalterno, si spingono fino alla provocazione, mettendo in piedi il gruppo informale dei “nemici della donna”.
Siamo nel 1938, quando Leggio, ancora genericamente antifascista, apprende dell’esistenza degli anarchici leggendo di essi sui giornali, in particolare su “La Tribuna” di Roma, ove si faceva l’apologia della spedizione delle camice nere in Spagna a sostegno delle truppe del generale Franco, contro appunto la rivoluzione sociale che vedeva negli anarchici la punta più avanzata. E ne deduce che se i fascisti ne parlano male, trattandoli da rinnegati sanguinari, mangiapreti e senza Dio, devono rappresentare qualcosa di interessante che vale la pena approfondire.
Franco Leggio, rimasto orfano di padre, dal 1937 è occupato come garzone nelle miniere di asfalto. È in questo periodo che col suo gruppo decidono di partecipare al campeggio Dux di Roma per poter entrare in contatto coi figli dei rifugiati all’estero e anche per boicottare la produzione con la loro assenza dal lavoro. Da Roma i ragazzi di Ragusa inviano una lettera di protesta al responsabile del PNF Starace, in cui chiedono che venga abolita la norma del licenziamento automatico al compimento del diciottesimo anno, ottenendo il risultato sperato. In questo campeggio, per un lite con un capetto che non vuole consegnargli la razione per un amico rimasto in tenda perché ammalato, attua per cinque giorni uno sciopero della fame.

Ragusa, 1° maggio 2004 – Franco Leggio seduto sotto il gazebo

Continue pressioni

Nel 1939 i ragazzi del gruppo antifascista decidono una prima azione clandestina, e preparano dei manifestini manoscritti a casa di uno di loro, Ciccio Dipasquale, che poi fanno circolare in città sotto la sigla “Antifascismo rivoluzionario di Ragusa”; ma nel mese di luglio il gruppo viene individuato e la polizia irrompe nell’abitazione. Franco Leggio e altri (Mario Puzzo?) riescono a fuggire attraverso la vallata Santa Domenica, mentre Dipasquale e un altro vengono tratti in arresto. Dopo 32 giorni di carcere il Dipasquale viene diffidato e rimarrà vigilato fino al 1943. (2)
A questo punto Leggio si è già messo abbastanza in evidenza per non essere presto individuato come uno dei probabili appartenenti al nucleo antifascista, così viene continuamente tenuto sotto controllo dai capetti dell’azienda e dalla polizia politica. La vita nelle miniere, dove intanto ha assunto la mansione di polverista, gli viene resa difficile. Lui e i suoi compagni vengono sottoposti a continue pressioni nel tentativo di carpirgli informazioni, fino al punto da fargli preferire l’arruolamento volontario in Marina a quella situazione insostenibile. Scelta che aveva fatto prima di lui anche Mario Perna, suo “fratello” per giuramento di sangue. Siamo nel luglio del 1940.
Viene mandato alla scuola radiotelegrafisti del CREM di San Bartolomeo in prov. di La Spezia, ma nell’aprile del ’41 gli si scopre una pleurite essudativa a sinistra, e comincia un lungo calvario fatto di ricoveri e dimissioni, in genere in Sicilia, quindi viene inviato al Deposito e Centro Radio di Messina, imbarcato sul “Principessa Mafalda”, trasferito alla Stazione Radio di Vittoria, poi tra altri ricoveri e dimissioni, al Distaccamento Augusta e, vista la sua insofferenza verso la disciplina, avviene il suo trasferimento punitivo presso il Deposito di munizioni di Scirumi. Per liberarsi di una situazione pesantissima chiede, giungendo anche a minacciare il suicidio, di essere imbarcato in zona di guerra, e così finisce sul cacciatorpediniere “Calliope”, dove rimarrà fino all’armistizio dell’8 settembre 1943. Sbarcato a Taranto nel novembre del ’43, viene destinato al Deposito della Marina; ma subisce vari ricoveri presso strutture sanitarie militari in Puglia, causa emotisi polmonare, per finire in Sicilia, a Melilli, da dove tuttavia diserta; essendo per tale gesto ricercato, si ricovera al G. B. Odierna di Ragusa.

Ragusa, 1 marzo 2008 – Un aspetto della sala
dove si è svolto il convegno su Franco Leggio

Tormento ideale e morale

2. In questo periodo la sua curiosità è rivolta verso a tutto ciò che si muove in opposizione al sistema dello sfruttamento e delle ingiustizie, in primo luogo: comunismo e separatismo, ma anche anarchismo, avanguardie letterarie e artistiche, interessi che condivide con il gruppo di suoi più intimi amici e compagni sin dagli anni precedenti lo sbarco alleato. Ecco cosa scrive il 20/11/1944 a Giovanni Perna, trasferito dal sanatorio di Ragusa all’“Ingrassia” di Palermo:

«(...)In città fioccano gli arresti e fermi di affamati che si danno da fare per vivere. Gl’intrallazzisti non possono viaggiare in treno ma viaggiano o meglio scorazzano per le campagne. Diminuisce l’intrallazzo, diminuisce sempre di più il lavoro, aumentano con i furti continui la delinquenza e la fame. Ho saputo delle tre giornate di Palermo. Di questo passo è d’aspettarsene ancora chi sa quante e chissà dove. Forse un po’ dappertutto. L’esito è certo: pagheranno con sangue e lutti i miseri figli della fame; sempre loro! E si ricomincia sempre daccapo!(...)»
Le sue idee politiche sono già orientate in senso comunista, ma si denota una forte insofferenza, un tormento ideale e morale che ne accentua la propensione verso un libertarismo inteso ancora esclusivamente come autonomia di azione, a sua volta inquadrata in una presa di posizione netta per l’azione rivoluzionaria.
I suoi primi contatti politici dopo il ritorno a Ragusa sono infatti limitati agli esponenti comunisti cittadini ed in particolare con i più “eretici”; così come sul piano regionale e nazionale, è attratto dalle posizioni dei comunisti libertari e rivoluzionari: fra i primi vi è Giuseppe Fiorito, a Catania, animatore di un gruppo comunista libertario rivoluzionario, il Circolo “Umanità Nova”, e della rivista “Civiltà Comunista”, assieme all’avvocato Albanese e Maurizio Pulvirenti; da essi riceve i primi opuscoli ed i recapiti di altri compagni, come Domenico Argento di Agrigento, un comunista fortemente dissidente dallo “pseudo Partito Comunista”, che aveva dato vita ad un “Movimento Comunista d’Italia (Libertario)”, editato “Democrazia Proletaria” ed era legato al Movimento Spartaco e poi alla Federazione Libertaria Italiana di Andreoni. In un secondo momento, verso la fine del 1945, tramite l’avvocato Camillo Porreca che a Roma pubblica “La Rivolta”, avrà contatti epistolari con Nino Pino Balotta a Barcellona Pozzo di Gotto, e tramite lui, con il gruppo della Federazione Anarchica Messinese e col gruppo palermitano di Paolo Schicchi e Marcello Natoli, redattori della rivista “L’Era Nuova” e di vari numeri unici. Sulla fine dell’anno comincia a delinearsi la tendenza di Franco Leggio verso l’anarchismo, e con lui del gruppo di amici e compagni affini che aveva preso parte ai moti del “non si parte”: Mario Perna (3), minatore, l’aiutante tipografo Pino Catanese, e altri simpatizzanti (Ciccio Calamusa, Nunzio Gurrieri, Giovanni Cassarino, Peppino Cavalieri); si tratta dello stesso gruppetto che aveva dato vita all’impresa della redazione di un “giornaletto” manoscritto, “La scintilla darà la fiamma”, titolo che lo stesso Franco definirà, non a caso, contaminato da reminiscenze leniniste, che girerà e verrà avidamente letto tra i minatori e negli ambienti della sinistra ragusana, e avrà una parte rilevante nel preparare il terreno per la sommossa del 6 gennaio 1945 contro il richiamo alle armi.
Nel grande fermento sociale che a Ragusa, come in ogni località del Paese, vedeva protagonisti i settori più colpiti dalla guerra, questo nucleo di giovani dissidenti si fa notare per la propria repulsione a irregimentarsi in qualsivoglia partito; hanno solide radici nelle classi sociali più umili, in particolare tra i disoccupati, i braccianti, gli operai, e punti di riferimento forti, come il leader dei netturbini, lo zio Peppe, “’u ’zu Pé”, anziano antifascista, che si autodefiniva “comunista internazionalista anarchico rivoluzionario”, ed era il principale animatore della grande lotta del maggio e giugno 1944 di questa categoria, fortemente discriminata e schiacciata su condizioni al limite della sopravvivenza e della dignità. Vicini ai comunisti, non si limitano a rapporti col solo PCI, ma frequentano Erasmo Santangelo, un comunista rivoluzionario originario di Gaeta, capitato a Ragusa con dei profughi di guerra, che si muoveva fuori dal partito di Togliatti e aveva costituito attorno a sé un nucleo legato all’Unione Spartaco.

La rivolta dei “Non si parte!”

Ma non c’è dubbio alcuno che l’ascendente del gruppo, e di Franco Leggio, nell’ambiente popolare ragusano, è legato alla sommossa contro il richiamo alle armi, maturata sul finire del 1944 e sviluppatasi nei giorni 5, 6, 7, 8 gennaio 1945 nella città di Ragusa e contemporaneamente in tutta la provincia e in moltissime località dell’Isola.
In esse il gruppo, che pur non avendo ancora quella fisionomia anarchica che assumerà in modo definitivo un anno dopo, manifesta già una propria capacità di azione e organizzazione autonoma, ebbe l’occasione di mettere alla prova le proprie convinzioni antimilitariste e le proprie capacità operative, svolgendovi un ruolo di rilievo, sia pure all’interno di un contesto affatto omogeneo, molto spontaneo, anche contraddittorio, ma unito dal filo comune rappresentato dall’obiettivo da raggiungere: non partire per servire l’esercito agli ordini dei generali ex fascisti e della monarchia sabauda discreditata; non partire per nessuna altra guerra.

«Sì, sì! Fifa delle autorità! Censimento militari. – Non ci hanno stancato abbastanza? Ci sono ancora posti nei sanatori? Queste domande mi facevano: Ciccio Cal. – Nunzio Gurr. – Giovanni Cas. – Mario Per. – Peppino Cavalieri ed altri. – Ma sono pazzi? E basta con la guerra! oh perdio! No! Non ci presentiamo. Ci daremo alla macchia. Formeremo delle bande. Non ci facciamo inscrivere, mobilitare. Questi bravi ragazzi sono indignati. Sono stanchi! Sono nauseati!... I manifesti per il censimento militari sono stati strappati. In segno di protesta, chiarissimo!...(...)». (da una lettera di Franco Leggio dal Sanatorio G.B. Odierna a Giovanni Perna del 10/12/1944).
E ancora, rivolto allo stesso, il 15 dicembre:
«Fuori c’è un pandemonio. Si grida forte: Abbasso la guerra! e: Non partiamo! I militari pattugliano le strade. Ci sarà qualche scontro? È probabilissimo. Alle miniere non hanno lavorato. Tutti sono a Scuola da questi giovani che non vogliono più sentire di guerra. Anch’io griderò: Abbasso la Guerra! A questo riguardo che si fa a Palermo?».
Le idee sono alquanto chiare, incoraggiate da un contesto generale di rifiuto: “fari u partiggianu cca!” è la loro parola d’ordine; questi giovani sono una componente di estrema sinistra che spinge per non partire contrapponendosi ai settori fascisti molto attivi nella prima fase delle proteste; diffondono il foglietto incendiario “La scintilla darà la fiamma”, manoscritto, distribuito tra i picialuori da Mario Perna, tra gli edili da Ciccio Calamusa, tra i muratori a secco e i braccianti agricoli da Pino Catanese e da Franco leggio tra i ricoverati del sanatorio “G. B. Odierna”; sono essi a rispondere con fermezza ai tentativi di elementi fascisti di strumentalizzare il malcontento popolare nel corso delle assemblee:
«Fu in una di queste assemblee, forse una delle più arroventate, che si tenne la sera del 27 o 28 dicembre, che l’anarchico C.C. [Ciccio Calamusa] interruppe il notoriamente fascista R.G. [Rocco Gurrieri] con queste parole testuali: “Aho, lo sai o no che quel tempo è finito. Lo sai o no che abbasso la guerra non vuol dire per noi, viva il fascismo? Sappi, per tua norma e regola, che “non si parte” non significa tornare indietro». (4)

Sono gli appartenenti a questo gruppo ad essere incaricati di sorvegliare e disarmare i fascisti; essi individuano depositi di armi e abitazioni ove ne esistono in numero consistente, compreso le abitazioni di militari in possesso della sola arma di ordinanza, e organizzano e procedono alla loro requisizione; individuano e trafugano armi e munizioni dei depositi clandestini dei fascisti locali, grazie all’infiltrazione di un loro compagno nelle loro fila; svolgono durante i fatti azioni ardimentose, come il disarmo del posto di blocco di Beddio e il blocco dell’autocolonna militare sopraggiunta sul posto, con la requisizioni di numerose armi e munizioni compreso una mitragliatrice pesante, piazzata poi sul campanile della chiesa dell’Ecce Homo per tenere sotto tiro la Prefettura e l’Edificio Scolastico di via Ecce Homo, unici luoghi di “resistenza” ai rivoltosi; catturano i militari asserragliati dentro l’Edificio Scolastico attraverso una spericolata azione notturna sui tetti delle case limitrofe; sono presenti al bivio per Giarratana, per contrastare l’avanzata della Sabaudia fino all’esaurimento d’ogni tipo di munizione; sono tra coloro che fanno la guardia ai militari catturati e rinchiusi dentro palazzo Comitini; partecipano eroicamente all’assedio della prefettura, forniscono una protezione occulta e discreta a Maria Occhipinti. Si tratta del battesimo non solo militare, ma fortemente politico, di questi giovani rivoluzionari.

Ragusa, estate 1972 – Franco Leggio con
Brenda, un’anarchica inglese

Paura ai potenti

In tutte queste azioni Franco Leggio svolge un ruolo preminente; è elemento di catalizzazione di altri giovani, si fa conoscere per il coraggio del suo agire durante i fatti e per la radicalità delle sue posizioni, del resto pienamente adeguate alla situazione venutasi a creare, con la popolazione da un lato e tutti i partiti dall’altro, a perorare la causa della ricostruzione dell’esercito.
Ecco cosa scrive a Giovanni Perna il 12 gennaio del ’45, pochi giorni dopo essere rientrato al Sanatorio, protetto dal personale e dagli altri ricoverati (si distinse suor Olga) che dichiararono che non si era mai mosso da lì durante la sommossa:

«Mio caro, l’infamia e l’ignominia sono due guai che l’anno nuovo ci ha subito rilevato. Trionfa l’ipocrisia il Popolo piange. Quei soldati (italiani s’intende) che non seppero impedire l’invasione e non sanno affrontare il tedesco hanno avuto facile giuoco in questi giorni nella provincia di Ragusa contro giovani ribelli da odiosi infami. Le glorie non conquistate in Africa e a Cassino l’hanno conquistato felicemente a “Beddio” e sulla strada Comiso-Vittoria. la sera del sette scorso trionfanti entrarono a Ragusa trasformatisi in poliziotti arrestano e perquisiscono, ovunque entrano loro entra il terrore e saccheggiano. La repressione è crudele, feroce. I giovani non possono più stare al loro lavoro e alle loro case. Si sono dati alla macchia. Pronti a ricominciare! Pronti a vendicare i caduti! Pronti a morire. Ma non partiranno! Otto morti dal 3 gennaio! – Per l’intervento di mia madre non mi hanno dimesso. Col pianto nel cuore aspetto notizie da fuori. Sento solo dire: Arresti e Arresti!! Ho mancato tre giorni dall’ospedale. Sono stato fuori. Con i Compagni e gli amici che difendevano la loro Libertà. S’è sparato rabbiosamente. Abbiamo vinto e perso. Abbiamo perso e vinto. Il popolo tutto era con noi. Con i suoi figli: giorni belli, Bellissimi. Così solo si può conoscere il popolo. La grande anima del Popolo. (...)».
Dal Sanatorio Franco Leggio invia anche una breve nota al giornale libertario “Il Martello” pubblicato a New York, che uscirà nel numero di gennaio all’interno di una ”breve” redazionale fatta anche di notizie d’agenzia:
«Disordini sono scoppiati a Ragusa (Sicilia) in seguito a resistenza opposta da alcuni gruppi di richiamati al servizio militare. In uno scontro con la polizia un giovanotto fu ucciso. L’ordine fu prontamente ristabilito – dice un dispaccio. Le autorità hanno sospeso i servizi telefonici e hanno stabilito il coprifuoco alle 7 di sera.
Lavoratori d’Italia! Alla chiamata alle armi, rispondete dalla macchia col fucile e bombe, e mirate bene! Sui sbirri di Savoia-Bonomi-Togliatti».

Per quanto fortemente represse e dileggiate; per quanto successivamente vissute come una “colpa” dai protagonisti, rei di aver preso parte ad un fatto di grande illegalità, con episodi gravi (i morti da ambo le parti); per quanto, quindi, le sommosse siano state fatte oggetto di una rimozione generalizzata a livello ufficiale, e quindi siano uscite dalla riflessione e dal dibattito politico, per venire subito assorbite, coperte, dalla “questione sociale”, dai problemi della sopravvivenza, dove il partito comunista, la Camera del lavoro, la politica istituzionale hanno ritrovato il proprio ruolo; esse, invece, non sono state cancellate dal profondo dell’animo dei protagonisti, delle vittime, carcerate, confinate, processate; sono rimaste nel tessuto sociale ragusano come quel momento in cui il popolo ha messo paura ai potenti, dimostrando a se stesso e agli altri di quanto sia capace. Esse sono rimaste all’origine di complicità, solidarietà, amicizie e fratellanze che nessuna falsità storica, ricostruzione a posteriori, ha potuto cancellare. Ed è ovvio che l’ascendente di questo gruppo di giovani comunisti dissidenti, eretici, libertari, che man mano assumerà una connotazione anarchica, e di Franco Leggio fra essi, come, è ovvio, di Maria Occhipinti, ne sia uscito rafforzato.
«Li annoveriamo non solo come la nostra più bella esperienza rivoluzionaria ma anche, e crediamo senza eccessiva presunzione, come una delle pagine più belle dell’antifascismo militante e conseguente, degna di stare, sia pure con le sue insufficienze e incertezze, accanto a quella dell’insurrezione partigiana del Nord» , scriverà più tardi Leggio. (5)

Catania, tipografia Edigraf, 1971 – Franco Leggio (a sinistra)
insieme con il militante anarchico e storico spagnolo Antonio
Tellez, durante l’impaginazione del libro dello stesso Tellez
sul combattente antifranchista anarchico Fernando Sabatè

La ripresa del movimento

3. Franco Leggio entra in contatto diretto con gli anarchici nella seconda metà del ’45, passando, come abbiamo visto prima per i comunisti più “eretici”, libertari e rivoluzionari; nel sanatorio incontra Michele Megna, un compagno di Palagonia già in contatto con gli anarchici romani, che fa circolare all’interno della struttura sanitaria alcuni giornali anarchici; scrive a Camillo Porreca a Roma , a Schicchi a Palermo e a Pino; le lettere sono molto formali; si danno del lei; Nino Pino, da Barcellona Pozzo di Gotto, il 4 gennaio del ’46 gli fornisce delucidazioni sul movimento anarchico, indirizzi di giornali, ed altre informazioni quando i ragusani sono oramai orientati verso l’anarchismo; ma risponde anche a Franco sul separatismo (un campo che interessava molto il nostro) spiegando le sue posizioni separatiste libertarie improntate al federalismo e richiamantesi all’esperienza di Mackno in Ukraina:

«Sono assai lieto apprendere – scrive Pino – ch’Ella è un operaio; picconiere. Quindi abituato alla calma tenacia che vince a lungo andare gli ostacoli. Son invece spiacente che sia disoccupato. Quanta sofferenza! E quanta ingiustizia! E infine non son d’accordo circa la Sua poca cultura, perché tutti siamo più o meno ignoranti ed il merito sta nel cercare di diventarlo sempre meno; e qui Lei ne ha uno abbastanza rilevante, accoppiato ad un animo aperto al bene e desideroso di migliorarsi e di migliorare. Mi consideri quindi in questa Sua stessa condizione (anch’io cioè come un piccolo essere in cerca di luce) e da buoni amici cercheremo assieme di aiutarci reciprocamente a renderci utili a nostri simili di spendere meno peggio che sia possibile la nostra piccola giornata su questa terra».

Da Pino riceverà l’indirizzo del gruppo “Sulla vetta” di Siracusa, ed in una successiva lettera, Pino lo inviterà ad abbandonare le formalità e a darsi del tu “come è giusto che sia fra liberi ed uguali”. Da Pino riceve opuscoli e giornali, quindi Franco incontra i messinesi (oltre Pino, Cerrito, La Torre, Mazzone), durante una sua breve permanenza a Messina per visita sanitaria; essi gli forniscono altro materiale di propaganda: 5 copie per ogni numero de “Il ’94”, “L’Agitazione”, “Volontà”, “Il Libertario”, “Il Pensiero” e numerosi opuscoli, facendo in modo che settimanalmente gli giungessero le copie del “Libertario” direttamente da Milano. Sarà il contatto con i messinesi, che aderiscono alla FAI, a fare entrare il gruppo di Ragusa nell’ambito più generale del movimento, e in quel particolare assetto organizzativo degli anarchici siciliani, ruotante attorno alla FAI e all’Intesa Anarchica Siciliana, che raccoglieva sia gli aderenti alla FAI sia tutte le altre componenti antiorganizzatrici.
Poi Franco Leggio viene arrestato nel mese di aprile del ’46 a conclusione delle indagini nei suoi confronti per la sua partecipazione ai moti del “non si parte”, trascorrendo la maggior parte della detenzione nel carcere di Catania; viene scarcerato nel mese di luglio, in seguito all’amnistia di Togliatti, che pose fuori tutti gli arrestati dell’insurrezione; va quindi a trovare i compagni, a partire da Fiorito di Catania, che gli aveva scritto durante la carcerazione, e da questi riceve il recapito di Umberto Consiglio di Siracusa, prestigioso militante, reduce dalla rivoluzione spagnola, e scampato ai campi di concentramento nazisti, che va ad incontrare subito dopo; da Consiglio ha per la prima volta notizie di Giuseppe Alticozzi, un anarchico di Modica (6), con il quale, pochi giorni dopo, avrà un incontro a Ragusa.
È singolare ricordare cosa accadde quando i primi ex detenuti ed ex confinati del “non si parte”, in virtù del provvedimento di amnistia, ritornarono a Ragusa; fra essi non v’era Franco Leggio, e i suoi familiari si lamentavano per la sua “strafottenza”, in quanto – pensavano – aveva preferito fermarsi a Catania dai suoi compagni, piuttosto che accorrere subito a casa. A Catania i compagni, al contrario, pensavano fosse corso a Ragusa senza neanche venirli a salutare. In realtà Franco era stato “dimenticato” in cella d’isolamento, e solo dopo l’allarme per il suo mancato arrivo, sia da parte della famiglia che dei compagni, verrà rintracciato e scarcerato.

Ragusa, 1973 – Franco Leggio (a sinistra)
con Enrico Arrigoni, autore (sotto lo pseudonimo
di Brand) di vari testi anticlericali e ateistici

Questioni organizzative

Il primo contatto con un altro siracusano, Alfonso Failla, già residente a Carrara, ma in quel periodo “distaccato” a Roma per la redazione di “Umanità Nova”, e molto mobile, con continui ritorni in Sicilia per dei giri di propaganda, avviene tramite il comunista-libertario agrigentino Domenico Argento, che fornisce al Failla l’indirizzo di Franco; Failla gli scrive il 4 agosto del ’46, e gli dice di conoscerlo molto bene avendogli parlato spesso di lui Umberto Consiglio.
Il contatto con Peppino Alticozzi, rimpatriato dagli Stati Uniti negli anni venti, durante la repressione antianarchica e la xenofobia antitaliana, che aveva vissuto il periodo fascista tra continui soprusi, persecuzioni, licenziamenti, ammonizioni, esilio, arresti, confino; che a Modica aveva aggregato attorno all’ideale anarchico numerosi e attivi giovani (Salvatore Cappuzzello, Orazio Lorefice, Saro Scollo, Vincenzo Scapellato, Antonio Cassarino, e poi Maltese, Colombo, Vizzini, Galfo, Morales ecc.) dando così vita ad una stagione di grande risveglio libertario: lo descrive Franco il 6 giugno 1985 in una lettera al nipote di Alticozzi:

«Ero stato scarcerato e, tramite il compagno Umberto Consiglio di Siracusa, fissammo un appuntamento a Ragusa. Me lo vidi venire incontro con la sua bella “lavalliere” e un chiaro sorriso. Diventammo, oltre che compagni, amici. E continuammo a lottare insieme, lui veniva a Ragusa io andavo a Modica e tutt’e due s’andava per la provincia e la Sicilia a trovare i compagni e a fare propaganda».
E sarà proprio a Modica che, dopo l’ondata insurrezionale del gennaio 1945, si comincerà a delineare una attività anarchica di tutto rispetto; Alticozzi, forte del suo ascendente, trascinava le folle dei poveri a protestare davanti al comune; era l’animatore della lotta per dotare i quartieri di fogne; l’aggregazione che si forma, arriva a coinvolgere circa un centinaio di militanti; sarà da Modica che si riallacceranno i contatti con la provincia e fuori, e nell’arco di un anno si giungerà alla costituzione di diversi gruppi in vari comuni.
Scriverà Franco il 28/2/1985 al nipote di Alticozzi:
«posso dirti che ho, allora giovanetto, imparato a lottare con più determinazione per la giustizia e la libertà e contro tutti i farabutti e i signori dello sfruttamento e del Potere, da lui (un semianalfabeta che sapeva molto di più e più chiaramente di tantissimi che dottoreggiano)».
Il contatto e la sintonia tra Leggio e Alticozzi sono all’origine della nascita della Federazione Anarchica della Sicilia Sud Orientale; preceduto da una iniziativa pubblica con Alfonso Failla, il convegno di fondazione della FASSO si svolge il 20 settembre del 1946. Questo il comunicato:
“Il 20 settembre 1946 i gruppi ‘29 Maggio 1921’, ‘Liberi Pensatori’, ‘I Senza Patria’ di Modica e Modica Alta, e i gruppi di Ragusa, Ispica, Vittoria, Comiso, riuniti in Convegno Provinciale, hanno deliberato: 1° di aderire alla FAI; 2° di costituire la FASSO e di rimanere in contatto con l’Intesa Anarchica Siciliana”.
Pochi giorni dopo, sempre a Modica, si costituirà un nuovo gruppo, il quarto, composto da giovani studenti universitari, che progetterà la pubblicazione di un giornale, “La Diana”, di cui uscirà solo il primo numero il 19 dicembre dello stesso anno, frutto della sottoscrizione in tutta la provincia (a Ragusa saranno raccolte 500 lire). Ma la FASSO spingerà per la realizzazione di un organo di stampa regionale o siculo-calabro. Uno dei limiti della sua azione, sarà la mancanza di una sede, che ne ostacolerà lo sviluppo in profondità e farà si che molti dei suoi numerosi aderenti frequentino altre sedi politiche, specie la socialista e comunista.
Il Gruppo Anarchico “La Fiaccola” di Ragusa si costituisce in quegli stessi giorni; comunica alla stampa anarchica di avere aderito alla FAI ma in ambito siciliano di aderire all’“Intesa Anarchica Siciliana”.
Tra gli altri gruppi aderenti alla FASSO, quello di Vittoria è composto prevalentemente da contadini, quasi tutti sprovvisti dei mezzi necessari per intraprendere una attività così politicamente ambiziosa; fra i principali animatori vi sono Salvatore Alba, Salvatore Paternò, Salvatore Giudice, ma decine sono i simpatizzanti; si dà il nome di gruppo “Alba dei Liberi”; il primo intervento pubblico anarchico del dopoguerra sarà quello di Alfonso Failla al Teatro Comunale il 30 dicembre 1946, l’indomani della conferenza a Ragusa. Ma, scriverà Salvatore Paternò qualche anno più tardi (28-3-49) a proposito dell’impossibilità di organizzare una conferenza: «qui invece non ò potuto fare niente causa che i nostri compagni si trovano tutti disoccupati».
A Comiso il gruppo ha in Giuseppe Giurdanella, proveniente dal FUAI, arrestato nella retata del ’37, il principale attivista; con esso molti simpatizzanti; qui, il 28 marzo per la prima volta gli anarchici terranno un comizio in piazza Fonte Diana, oratore Alfonso Failla sul tema “chi sono e cosa vogliono gli anarchici”.
A Scicli (dove in realtà vi sono solo pochi elementi, Occhipinti, Barrera), e Ispica più che di gruppi si può parlare di individualità.
La FASSO aderisce quindi alla FAI, per distaccarsene nel ’49, quando si palesano i tentativi revisionistici della corrente dei Gaap (i gruppi anarchici di azione proletaria) guidata da Masini e Cervetto, che intende imprimere una maggiore rigidità all’organizzazione; si avvicinerà all’area di Giuseppe Grillo, che assieme a Natoli ed altri anarchici palermitani e a tutta una serie di realtà in contrasto con la FAI, aveva creato la rivista “Anarchismo”, e che in Sicilia partecipavano all’Intesa Anarchica Siciliana.

Pippo Gurrieri

Maria Occhipinti e le altre

4. Il gruppo “la Fiaccola” è composto prevalentemente da operai, disoccupati e da alcune donne, aggregatesi soprattutto dopo l’adesione di Maria Occhipinti, delusa dalle posizioni assunte dal PCI verso i partecipanti al “non si parte”.

“Franco Leggio fu l’unica persona a farmi visita dopo la scarcerazione (...) Grazie a lui non esitai a fare un passo desiderato da tempo; data l’incomprensione dei compagni comunisti, passai al movimento anarchico. Pregai Franco di farmi leggere i libri anarchici e gli chiesi di ottenere giustizia per Erasmo Santangelo (...) Leggio mi consigliò di scrivere un articolo; l’avrebbe mandato a Palermo al compagno Paolo Schicchi che pubblicava una rivista anarchica”. (7)
La Occhipinti porta all’adesione al gruppo alcune sue coetanee, amiche conosciute al ritorno dal carcere nel nuovo quartiere di S. Lucia dove abita, ed altre della provincia di Catania, incontrate nel periodo della segregazione al carcere delle Benedettine di Palermo:
“Carmelina, sua sorella e sua madre, detenute ingiustamente perché sospettate di complicità in un caso di omicidio commesso dal marito della sorella” (8),
alle quali aveva giurato di impegnarsi per dimostrare la loro innocenza, e che l’avevano raggiunta in città sul finire del 1947, dopo una intensa attività in loro sostegno, svolta in collaborazione con gli anarchici di Palermo:
Non temere – scriverà Paolo Schicchi alla Occhipinti l’1/8/1947 – che la povera Carmelina non sarà affatto trascurata e molto meno abbandonata. L’avv. Berna ci ha promesso di venire presto a capo della sua liberazione. All’onorario per ora penseremo noi. Qualche aiuto personale lo manderemo noi. Voi pure dovrete pensare ad inviare qualche sussidio”.
Una di esse, Carmelina Rinina, una volta liberata, si trasferirà a Ragusa e diventerà presto la compagna di Franco Leggio; i due si sposeranno in unione civile, pare la prima di Ragusa, l’8 novembre del 1948, su incitamento dei compagni, convinti di poter favorire, con quel gesto, la causa della propaganda; Carmelina otterrà così anche la residenza stabile a Ragusa, e si potrà finalmente emancipare dalle minacce di rimpatrio da parte dei poliziotti. (9)

Non ha una sede il gruppo, ma si riunisce nelle abitazioni degli aderenti, specie in quella di Franco Leggio e della Occhipinti. Franco, con Alticozzi, interviene nell’ambiente libertario provinciale, consolidando i legami e la conoscenza con i gruppi anarchici esistenti nell’Isola. In contatto epistolare, come abbiamo visto, sin dal novembre del ’45 con Paolo Schicchi, il vecchio anarchico palermitano, reduce da una vita avventurosa e condotta sempre sul filo del rischio, pagando con molti anni di carcere ed esilio, lo va anche ad incontrare direttamente più volte. Con Schicchi, Marcello Natoli ed il gruppo che si riunisce attorno ad essi, entra subito in sintonia, soprattutto per il suo carattere intransigente e la sua concezione di un anarchismo “eroico” ma di classe, strettamente legato alle condizioni degli sfruttati, e fomentatore di agitazione costante.
Franco Leggio torna a lavorare nelle miniere dove già sono impiegati alcuni compagni del gruppo; e qui comincia una vasta opera di diffusione di giornali e volantini; Franco inizia una fitta attività di corrispondenza inviando cronache sulle condizioni dei picialuori, e quei numeri vengono largamente diffusi poi tra gli operai.
In questo periodo (1947-1948) fanno e faranno parte del gruppo Mario e Giovanni Perna, il loro cugino Mario La Perla (10), Pino Catanese, Bartolo Nasello, agitatore dei disoccupati (11), Maria Occhipinti, Giovanna Giummarra, Pippo Di Gloria, Carmelina Rinini, Nunzio Canzonieri, e molti simpatizzanti (fra i quali troviamo Raffaele Cannizzaro, Umberto Migliorisi, Giorgio Battaglia, S. Parrino, Carmelo Di Grande, Rosario Dimartino, Rosario Cilia, Giovanni Cavalieri, Biagio Canzonieri, ecc.). Leggio, Di Gloria e la Occhipinti parteciperanno ai convegni regionali di Siracusa e Messina; in quest’ultima località, il 25 gennaio del ’48 si era svolto un convegno siculo-calabro che aveva discusso delle relazioni delle CdC antimilitarista e antireligiosa; di stampa e propaganda orale; di elezioni politiche e della situazione politica del momento.
Marcello Natoli, in una corrispondenza del 12-6-1948 scriverà a Franco:

«Io ho portato a tutti in esempio il vostro bel gruppo di Ragusa per l’affratellamento in cui esso viveva, per la bella solidarietà dei suoi pochi componenti, per la elevatezza morale del suo agire, per la bella propaganda da esso svolta. Dicevo pure: Franco ne è il ‘motore’».

Pippo Gurrieri

Note

  1. Antonio Calamusa, nato a Trapani il 17-5-1881, morto al confino nel 1944 all’età di 63 anni. Si veda G. Micciché, “La Sicilia tra fascismo e democrazia”, Ragusa, Centro Studi F. Rossitto, 1985, p.128. Stefano Fabbri, “La dimensione libertaria di Franco Leggio. Appunti di una vita per l’anarchismo”, Umanità Nova, 28/9/1986.
  2. Su Dipasquale si veda ACS, Casellario Politico Centrale, scheda a suo nome.
  3. Mario Perna verrà ricoverato al “Forlanini” di Roma, dove morirà alla fine del 1947, lasciando la moglie e un figlio di 2 anni. Aveva già perso altri due fratelli, Peppino, il più giovane, per annegamento nell’affondamento della nave da guerra ove era arruolato, e Giovanni, per tubercolosi, nell’autunno del ‘47. Ne scrive Franco Leggio su “Terra e Libertà” di Siracusa, 26 ottobre 1947, nell’articolo “Postumi di guerra”, ora in “Le parole e i fatti, Cronache, polemiche, reportages 1946-1959”, Ragusa, Sicilia Punto L, 2007, pp. 21-22. Il necrologio di Mario Perna è su Terra e Libertà del 22/1/48. Sullo stesso numero, e sempre sotto il titolo “Postumi di guerra”, appare “Appello alle mamme” di Maria Occhipinti, che esordisce proprio descrivendo “lo strazio della famiglia Perna”.
  4. Franco leggio, “Una donna di Ragusa e i fatti del ragusano del 1944”, su “Previsioni”, Acireale, a. III, n. 2, aprile-giugno 1958.
  5. ibidem.
  6. Su Alticozzi si vedano i necrologi apparsi su “L’Agitazione del Sud” n. 5, 1963 e “Seme Anarchico”, marzo 1963.
  7. Maria Occhipinti, “Una donna libera”, Palermo, Sellerio, 2004, pagg. 38 e segg. La rivista “L’Era Nuova” le pubblicò l’articolo “Un altro compagno seppellito in carcere” nel n. 2 del 1947. Schicchi le inviava gratis una copia della rivista: “Tu hai diritto ad averla gratuitamente. Hai capito? Dunque non ti passi per la testa di pagarla”, le scrisse il 1° agosto del ’47.
  8. idem, pag. 38.
  9. Franco chiede di seguire il caso della Rinina a Natoli e Schicchi. Ma la sua calligrafia è incomprensibile; una lettera a Paolo Schicchi gli viene rispedita: scrive Natoli: “Dovrei rispondere alla tua lettera a Paolo spedita il 30/9/47. Però non posso farlo. Né Paolo, né io, né altri siamo riusciti a decifrare gli sgorbi tuoi e le zampe di mosche che tu fai per scrivere. In una mia precedente ti ho già spiegato che se scrivi piccolo e in fretta, io – che vedo poco chiaro – non arrivo più a leggere ciò che tu scrivi. Ti prego dunque per l’avvenire di scrivere piano e chiaro. Intanto comincia con lo riscrivere la tua lettera in questione che io ti rispedisco. Fraternamente, tuo Marcello”.
  10. Il cognome dei Perna avrebbe dovuto essere La Perla, ma per un errore all’anagrafe venne trascritto in Perna. Mario La Perla lascerà Ragusa nell’aprile del 1947 per sottoporsi a cure presso un sanatorio di Firenze e poi presso altri di Roma, Bressanone, ecc., rimanendo via per oltre tre anni; nel capoluogo toscano entrerà in contatto con l’anarchico settantenne Ugo Malizia, il cui opuscolo “Dio religione e preti” manderà in 20 copie a Ragusa e diffonderà in 40 copie nel sanatorio stesso. Ecco uno stralcio di una sua lettera da Firenze del 17/7/1948: “Mi dici che avresti voglia di piangere e di ... scappare. Purtroppo col pianto e la fuga non si risolve niente, almeno in parte. Per noialtri che abbracciamo quest’idea – caro Franco – non c’è altro da fare (con una premessa: che malgrado che l’ambiente è ostile e incomprensivo) si deve perseverare battendo soprattutto il chiodo della morale – la quale una volta che sia comprensiva... può scardinare tutto”. Franco gli chiede di comprargli libri e riviste introvabili a Ragusa, ad esempio “Omaggio alla Catalogna” di Orwell, o “Il cittadino” e “Il Ponte”; La Perla gli scrive (30/7/1949) “un’altra volta scegli fra quelli meno costosi”. Tra le altre cose, La Perla si occupa della pratica di invalidità di Franco, consigliandogli di venire a ricoverarsi a Roma e chiedere una visita.
  11. Bartolo Nasello, uomo dal carattere focoso, andava spesso in giro armato. Ad una manifestazione in piazza S. Giovanni, addirittura si presentò con delle bombe a mano in tasca. Ero solito presentarsi alle trattative armato di pistola, che poi appoggiava sul tavolo; memorabile quanto accadde nel corso di una di queste riunioni di disoccupati in Prefettura, quando il Prefetto tentò di ammorbidire i lavoratori parlando in terza persona “tutti noi abbiamo patito la fame e gli stenti durante la guerra”; e Nasello lo interruppe dicendogli: “ma chi proprio lei? con quella faccia che le luccica come un coglione di mulo!”. (…).