Impianti di risalita:
dopo Val delle Lanze toccherà a Costa d’Agra?
Non lontano da Folgaria, domenica 11 maggio si è svolta una manifestazione-escursione con partenza da Passo Coe. Il singolare corteo, attrezzato con scarponi, zaini e bandiere, si è diretto verso Costa d’Agra, da dove è possibile osservare gli impianti di risalita che ormai sfregiano la vicentina Val delle Lanze, con la speranza di evitare ulteriori deturpazioni. Tra i circa duecento partecipanti, provenienti dalle province di Vicenza e di Trento, esponenti di Italia Nostra, WWF, SAT, Officina-ambiente, Mountain Wilderness, movimento UNA, militanti del presidio No-Dal Molin e contro la nuova base militare di Mattarello (Tn).
Durante il percorso è stato distribuito un documento dell’associazione trentina “Officina ambiente – in difesa della Terra” dal titolo esplicito: “Per una rinuncia definitiva agli interventi di potenziamento delle aree sciabili nella provincia di Trento”.
Secondo gli autori, in Trentino non ci sarebbe “la volontà politica di riflettere sui cambiamenti climatici in corso, sui costi crescenti delle aree sciabili in termini di risorse ambientali consumate e di finanziamenti pubblici assorbiti”. I continui stanziamenti per nuovi impianti di risalita da parte di “Trentino Sviluppo” (75,7 milioni di euro soltanto per il triennio 2008/2010) confermerebbero tali affermazioni.
Uno studio del WWF (“Alpi e turismo: trovare il punto di equilibrio”) ha esaminato l’andamento delle precipitazioni nevose nel periodo 1982-2003 in 35 stazioni sciistiche italiane. È un’ulteriore conferma del decremento dei contributi nevosi nel settore meridionale delle Alpi con una diminuzione media del 18,7% tra i 1000 e i 2500 metri. Il sistema economico di intere vallate, ormai dipendenti da questo genere di turismo, sarebbe a rischio.
Ma invece di avviare auspicabili processi di riconversione, si continua a insistere sulla “monocultura dello sci” anche se appare sempre più evidente la possibilità di una crisi repentina. Il documento di “Officina-ambiente” critica anche le recenti ipotesi di un intervento della Provincia che potrebbe “acquistare gli impianti in difficoltà” e mette in discussione “tutti gli interventi di infrastrutturazione apparentemente rivolti all’incremento della mobilità alternativa ma sostanzialmente finalizzati al servizio di aree sciabili”.
Il problema del mancato innevamento non riguarda solo il Trentino. Sembra che il nuovo impianto di Val delle Lanze sia stato in funzione soltanto per pochi fine settimana, qualche decina di giorni in tutto.
All’iniziativa dell’11 maggio ha preso parte la giovane e combattiva Francesca Manzini di Folgaria. “Finora non mi sentivo particolarmente legata a queste montagne – racconta – e personalmente preferivo la città. Ma grazie a questa lotta ho scoperto un legame che non sapevo di avere. Ho conosciuto le valli, i boschi. Trovo questa cosa profondamente sbagliata, ingiusta. È ancora violenza contro chi non può difendersi, in questo caso la montagna”.
Francesca ha potuto approfondire i tre studi commissionati sulla questione, in particolare quello della Bocconi che è assolutamente contrario al progetto di nuovo impianti sciistici. “Ormai –sostiene Francesca- il mercato dello sci è saturo e l’innevamento artificiale è solo un modo per rinviare il problema”. E aggiunge: “Personalmente ritengo che usare l’acqua, un bene comune, per il divertimento di pochi sia anche un crimine ambientale”. Dato che quella interessata è un’area carsica, l’acqua per gli impianti dovrebbe arrivare in parte dalla Val Civetta, impoverendo ulteriormente l’Astico e in parte, si teme, dall’acquedotto di Folgaria. In questo caso verrebbe utilizzata (e sprecata) acqua potabile. Francesca è indignata: “Prima la Provincia organizza convegni sul clima, regala lampadine a basso consumo, consiglia di risparmiare acqua quando ti lavi i denti…e poi lanciano questi progetti assurdi, devastanti”.
Per alimentare con neve artificiale gli impianti di Passo Coe si è parlato anche di un grande bacino artificiale (40mila metri quadri) nella zona di Malga Zonta e dell’ex base Nato.
Mentre alle prime manifestazioni di qualche anno fa partecipavano soprattutto le associazioni e i movimenti ambientalisti “da circa un anno e mezzo sta nascendo un movimento popolare”, qualcosa di simile ai vari comitati contro le nocività. Tra le iniziative già realizzate, una raccolta-firme, serate informative e una mostra itinerante. Durante l’estate del 2007 si è cercato di sensibilizzare soprattutto i turisti. Con un certo successo anche perché “i turisti sono meno ricattabili degli abitanti del paese, alcuni dei quali hanno subito isolamento e boicottaggio per le loro prese di posizione contro gli impianti”. Anche sul lato vicentino sono previste iniziative per sensibilizzare gli abitanti, spiegando che gli impianti non portano ricchezza, indotto. Portano soltanto poco lavoro precario, stagionale, non qualificato. In alternativa ci sarebbero altri progetti, come quello del WWF per un parco naturalistico e storico, con una presenza turistica sia estiva che primaverile e autunnale.
Oggi prevale il turismo “mordi e fuggi”. L’84% degli ski-pass sono giornalieri.
Per Francesca questo “è il turismo da luna park che omologa i territori”. Con gli impianti verrebbe alterata anche la vegetazione caratteristica della zona, visto che la neve artificiale si scioglie con circa tre settimane di ritardo (per non parlare degli additivi).
Alcuni partecipanti alla manifestazione si dicono convinti che “a questo punto non si può fare altro che mettersi di traverso davanti alle ruspe, come in Val di Susa”.
Elena Barbieri
movimento UNA (Uomo, Natura, Animali)
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