Una bella foto – per quanto possa esser definita tale l’immagine di un funerale – ripresa il 20 dicembre di due anni prima durante le esequie del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli campeggia nella prima pagina del numero 9 di “A”, datato “dicembre 1971”. Ancora una volta numerose delle 16 pagine complessive della rivista sono dedicate, tra storia, cronaca e impegno militante, alla mobilitazione sulla tematica della Strage di Stato (e sull’assassinio di Pinelli) in Questura. Le 4 pagine centrali vengono tirate in migliaia di copie a parte e vanno a costituire – come si chiamava allora – un “volantone” (fratello maggiore del più tradizionale volantino), diffuso a macchia di leopardo in tutta Italia.
Ma sono altri, questa volta, gli argomenti che colpiscono la nostra attenzione 37 anni dopo: argomenti di carattere generale, slegati dalla stretta attualità. Innanzitutto un saggio, al contempo filologicamente rigoroso e politicamente più che schierato, di Gianpietro Berti (pseudonimo: Mirko Roberti) su Marxismo e Anarchismo. Il “pretesto” è l’uscita per i tipi degli Editori Riuniti (casa editrice informalmente legata al Partito Comunista) di un’ omonima raccolta di scritti di Karl Marx e Friedrich Engels, con prefazione di uno dei più virulenti detrattori dell’anarchismo in casa marxista: Gian Mario Bravo. Bisogna pensare a quanta confusione esisteva in quegli anni agitati, in tanti ambienti della contestazione, tra socialismo libertario e socialismo autoritario. E basta pensare a quanti, anche in campo anarchico, cercassero allora di “sposare” le due scuole di pensiero, sulla falsariga di quanto proposto qualche anno prima da Daniel Cohn-Bendit al Congresso internazionale anarchico di Carrara 1968 (di cui si è parlato lo scorso 8 novembre a Imola, in un interessante convegno di studi non solo rievocativo).
Curiosa – e interessante – la polemica originata dalla precedente pubblicazione di un articolo su Wilhelm Reich e le sue emarginate teorie sessuo-libertarie. Il gruppo di Treviso del Movimento Reichiano interviene polemizzando con alcune affermazioni apparse su “A” e ne riceve una replica.
Un articolo non firmato (“Il fabbro e lo scienziato”) affronta la questione della divisione del lavoro e, sulla scorta delle riflessioni storiche di Piotr Kropotkin, si domanda se la divisione del lavoro sia un effetto della società di classe o ne sia la causa, o forse e l’uno e l’altro contemporaneamente.
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Ragusa, gruppo anarchico |
Sempre legata al lavoro, visto da un altro punto di vista, è la storica questione del rapporto tra anarchismo e mondo del lavoro, o meglio “Anarchismo e lotta di classe” come si intitola l’intervento di Paolo Orsini. “Di lavoro si muore” è il titolo dello stralcio di un documento sulla nocività alla fonderia dell’Alfa Romeo di Arese, redatto dal “Soccorso Rosso”: a testimonianza dell’impegno di “A” a non restare, per quanto possibile, sul mero terreno teorico. Una quindicina di “cronache sovversive” (da Ragusa al Pakistan, dagli stalinisti milanesi ai neo-fascisti veneti, ecc.) chiude come al solito l’ultimo numero del primo anno di vita di “A”.