Rivista Anarchica Online


immigrati

Il bastone e la carotina
di Maria Matteo
foto di Paolo Poce

La possibile saldatura tra le lotte dei lavoratori italiani e di quelli immigrati, la strategia del governo, i giorni e le notti sulle gru.

Arun, Sajad, Jimi e Rachid decidono di scendere dalla gru dove erano saliti il 30 ottobre. Sono le otto e mezza di lunedì 15 novembre: la pioggia, impietosa, scroscia da ore. Le prime parole di Arun sono per gli egiziani deportati quello stesso giorno: “non abbiamo fatto nulla per loro, abbiamo fallito”. Dignità e forza nelle parole di un uomo rimasto su quella gru per 17 giorni, mentre l’assedio si stringeva, sotto la pioggia, al freddo, per 48 ore senza cibo né acqua. Terminava così la lunga resistenza sulla gru.
Il governo ha caricato, arrestato, picchiato, deportato i migranti in lotta e chi li ha sostenuti. Chi si batte per la dignità e la libertà fa paura. Fa paura lo schiavo che alza la testa, che dice no, che resiste per sé e per tutti.
È il momento chiave di un lungo autunno di lotte e resistenza degli immigrati. Siamo a Brescia, dove le iniziative contro la “sanatoria truffa” del 2009 sono divenute punto di riferimento per chi si batte per spezzare l’apparato normativo che stritola la vite dei lavoratori immigrati nel nostro paese.
Facciamo un passo indietro.

Malessere sotterraneo

Nel settembre del 2009 il governo fa in fretta e furia una sanatoria per gli immigrati irregolari. La sanatoria, riservata solo a colf e badanti, non è frutto di un improvviso ed imprevedibile rigurgito “buonista” ma tappa un buco grosso grosso, aperto dal nuovo pacchetto sicurezza emanato nel luglio del 2009. In base alla nuova legge chi assume un clandestino rischia la galera, poiché favorisce chi commette un reato penale. Colf e badanti, complice l’erosione sempre più marcata del sistema di welfare, sono nelle case di migliaia di italiani. Costano poco e lavorano tanto. Tanto quanto vuoi tu, perché una semplice protesta può costare il posto.
Quando il governo si accorge che il pacchetto sicurezza tocca anche i bravi ed onesti cittadini italiani emana la sanatoria. La prima da molti anni. Per molti, anche muratori, stradini, operai di conceria, stagionali della raccolta di frutta e verdura diventa l’occasione per emergere, per uscire dal limbo della clandestinità, per rendere meno precaria e pericolosa la propria vita. Per tanti avvocaticchi, mediatori, affaristi è una buona opportunità per intascare soldi facili senza rischiare (quasi) nulla. Centinaia di immigrati sborsano dai mille ai settemila euro per poter presentare domanda. Nell’estate successiva – dopo mesi di pagamento dei contributi allo Stato italiano – cominciano a fioccare i rigetti. In alcuni casi gli immigrati truffati dai mediatori vengono a loro volta denunciati per truffa e rischiano di perdere per sempre la possibilità di regolarizzarsi.
In molte località parte la lotta contro la sanatoria truffa, per un permesso di soggiorno che ponga fine al limbo della clandestinità. Ma non solo, perché gli immigrati sono stanchi di pagare, mettersi in fila, bussare a mille porte, umiliarsi per ottenere la paga guadagnata con un duro lavoro. Sono stanchi del razzismo della discriminazione, degli insulti, dei controlli continui, asfissianti, in strada, sui tram, in treno. E hanno paura, sempre più paura. Una donna che vive in Italia da quasi trent’anni, che incontro ad un banchetto antirazzista, mi dice “Ma cosa è successo a questo paese? Una volta non era così: adesso per la prima volta in tanti anni ho paura.
Paura dell’odio che cresce nelle periferie, paura delle ronde di bravi cittadini che girano la notte a caccia di “neri”, paura di un domani che trascolora all’orizzonte.
La crisi che morde la vita di tutti ha investito come un ciclone gli immigrati. Tanti che vivono qui da molti anni, che erano riusciti a sistemarsi, mettere su casa con la propria famiglia hanno perso il lavoro e, con il lavoro, stanno perdendo anche i documenti, che garantiscono loro il diritto al soggiorno legale nel nostro paese.
C’è un malessere sotterraneo che gorgoglia silenzioso ma che potrebbe esplodere in qualsiasi momento, alla prima occasione che faccia traboccare un vaso ormai colmo.

Un pericolo per governo e padroni

Quest’autunno di lotta contro la sanatoria truffa ha spostato, sia pure per poco, il fronte della paura.
Il governo ha risposto con la violenza alle lotte degli immigrati, senza fare sconti a nessuno. A Brescia hanno deportato quasi tutti gli immigrati rastrellati in strada durante le cariche intorno al presidio permanente sotto la gru. E hanno deportato anche “Mimmo”, Mohamed, fermato mentre andava in prefettura per cercare un accordo che bloccasse l’espulsione coatta degli altri. A Milano hanno buttato fuori Abder, l’ultimo degli immigrati che avevano protestato sulla torre di via Imbonati per quasi un mese. Per non dire delle denunce, dei ricatti, della caccia all’uomo scatenata nelle città dove il vento della lotta ha soffiato di più. Il messaggio è forte e chiaro: non alzate la testa, perché chi la alza la abbasserà a bastonate; non protestate, perché chi protesta la paga. Cara.

Un governo che ha fondato le proprie fortune sulla crudeltà verso i clandestini – le parole sono del ministro dell’Interno Maroni, non poteva permettersi di mostrarsi debole, non poteva mettere in pericolo il consenso di un elettorato fidelizzato grazie alle politiche vessatorie verso gli immigrati. Non poteva rischiare che la marea che stava crescendo sull’esempio degli immigrati sulla gru a Brescia e sulla torre a Milano aumentasse ancora. La reazione a catena stava investendo moltissime città e paesi, specie nel nord della penisola.
Ma non solo. La lotta sulla gru ha messo in luce un fatto banale che la propaganda non riesce più a nascondere: gli immigrati che vivono qui sono lavoratori, lavoratori vessati e sfruttati più degli altri, lavoratori tenuti in schiavitù per ricattare tutti, italiani ed immigrati. La saldatura tra immigrati e italiani sul terreno del lavoro è un pericolo per governo e padroni, perché sanno che la catena è una sola. Se la spezzi in un punto rischia di saltare dagli anelli che serrano le gole di tutti.

Le bastonate, le deportazioni, la totale chiusura ad ogni pur modestissima richiesta sono il segno inequivocabile della paura, paura che la lotta contro la sanatoria truffa si estenda, paura che nei campi del meridione, nei magazzini del nord, nei cantieri delle grandi opere, nelle fabbriche e nei mercati generali, qualcuno alzi lo sguardo verso una gru, verso una torre e si faccia coraggio. Paura che i lavoratori italiani si schierino con i lavoratori immigrati, nella consapevolezza che i nemici, quelli veri, siedono nei consigli di amministrazione delle aziende, sui banchi del governo e del parlamento.

Il Decreto Flussi 2011

Purtroppo la reazione solidale, le lotte non si sono estese a sufficienza: la sconfitta di Brescia e Milano ha trascinato con sé il movimento d’autunno, lasciando mano libera all’azione di governo. Nei prossimi mesi e anni si giocherà una partita che si vince o si perde solo se chi lotta non resta solo, se si moltiplicano le gru, se il sostegno alle lotte più radicali diventa più forte. Vale la pena notare che il governo non ha solo bastonato ma, in sordina, senza troppo clamore ha distribuito la propria carotina.
Il 30 novembre il governo ha emanato il decreto flussi per il 2011. Il decreto autorizza oltre 80mila ingressi – di cui circa 50mila per lavoratori subordinati provenienti da paesi che hanno accordi di cooperazione in materia migratoria con l’Italia – e permetterà la conversione di 12mila permessi di soggiorno, rilasciati ad altro titolo, in permessi per lavoro. Il decreto flussi è una sanatoria mascherata. Nel nostro paese entri regolarmente se hai già in tasca il contratto di lavoro, ma nessuno entra così, perché nessun padrone ti prende senza averti mai visto. Nel 2011 non arriverà nessuno, se non quelli che riusciranno a sbarcare da una carretta, o a fingersi studenti o turisti. Gli altri, quelli del decreto, sono già qui. Lavorano in nero nei cantieri, nelle officine, nei campi. Chi trova un padrone disposto a regolarizzarlo – purché ovviamente si paghi le spese – presenta la domanda. Poi parte l’attesa. Possono passare mesi e mesi prima di ottenere il nulla osta. A questo punto ti basta uscire dall’Italia in punta di piedi, clandestinamente, ti rechi all’ambasciata italiana nel tuo paese dove ritiri il documento che ti consentirà di (ri)entrare da regolare. Una sceneggiata tanto stupida quanto volgare.

Così il governo mantiene intatta la propria immagine da duro contro i clandestini. Il prezzo, in soldi, tempo, rischi lo pagano gli immigrati. Il governo Berlusconi, che sul contrasto all’immigrazione ha fondato una parte non trascurabile delle sue fortune, per quasi tre anni si è ben guardato dal fare il decreto flussi, ossia di indicare, come prescrive la legge, il numero di immigrati che possono entrare regolarmente in Italia nell’anno successivo.
Inutile chiedersi come mai, proprio quest’anno – nonostante la crisi – il governo abbia fatto il decreto. Una scelta apparentemente strana per un governo che rischia di dover chiudere in anticipo la sua avventura e che si presenterà alle urne, sbandierando la propria inflessibilità.
Chi ci governa è un criminale ma non uno stupido. Sa vedere e anche capire: sa che per tanti, immigrati e no, il futuro è incerto, precario, chiuso.
Sanno di vivere su una polveriera.
Un decreto flussi fatto uscire senza troppo rumore è un modo per allungare la miccia destinata a farla esplodere.

Maria Matteo

Lassù al freddo, contro le ingiustizie

Sfruttati con il lavoro nero, emarginati in quanto “stranieri”, stritolati da leggi e normative per la “regolarizzazione” che sembrano fatte apposta per non permetterla, centinaia di migliaia di immigrati vivono una realtà quotidiana precaria e drammatica. Alcuni sono saliti su gru, tetti, ecc. per denunciare questa situazione. La pubblicazione in queste pagine di alcune foto di Paolo Poce della vicenda dello scorso novembre a Milano vogliono essere un atto di solidarietà con tutti coloro che hanno messo a repentaglio la propria salute per difendere i diritti di tutti.