“La Chiesa si riconosce esistenzialmente santa nei suoi santi” (1). La Chiesa non è solo quella che “Cristo... ha amato come sua sposa...e unita a sé come suo corpo... riempita col dono dello Spirito Santo” (2), (da notare il sottofondo sessuale) quella che usa cioè questo “dono divino” per dispensare grazie, essa usa la presenza dei santi anche per rimediare alle sue mancanze.
A un aumento esponenziale del numero dei santi, giudicati tali nella teoria per la loro fede ma molto concretamente per le loro opere, corrisponde un eguale e contrario decadimento della spiritualità.
L’opportunismo e il materialismo politico di Wojtyla è stato minuziosamente elencato dai sostenitori della non-santità di questo Papa, sono state esposte 7 principali obiezioni (3), è stato citato Pinochet, è stato compianto Romero, e intrecciare la politica vaticana con la teologia è un gioco che richiede pazienza, facciamolo brevemente.
Nell’animo popolare, quello che la Chiesa tiene tanto ad addomesticare, la “santità” è innanzitutto riconosciuta nel coraggio spirituale del rinnovamento, nell’eccezionalità super-umana che stravolge le regole del gioco, nel miracolo, non nella capacità di dirigere una nomenclatura. Invece la storia delle beatificazioni, ora più che mai, è costellata da personaggi che più che “santi” potremmo definire eroiche pedine nella battaglia a favore dell’impero temporale cattolico.
Il monarca Wojtyla è stato uno dei più concentrati a presentare la politica internazionale vaticana come volontà divina, e se la sua è una beatificazione contestata, lo è anche il fondamento teologico del cattolicesimo, quello che afferma che il Papa è infallibile, in quanto divinità terrena, e le mancanze della (sua) dottrina non sono tali. Come le mancanze apparenti di Dio, rispecchiano progetti misteriosi e lungimiranti, anche per iperbole quando Egli non scongiura disastri e genocidi. Così la Chiesa vive nell’attesa di una “conferma” , congiuntamente al Principio del dovere di freudiana memoria: vive in attesa di capire la volontà divina e deve astenersi dal giudicare quella papale
Si tratta del solito richiamo ai fedeli laici a farsi servi delle tre P: pregare, pagare, piegare.
Differentemente quindi dalla “santità” personale di San Francesco,del suo voto di povertà, o da quella ancora “in itinere” di Albino Luciani, Papa troppo ingenuo e morto nel 1978 in circostanze misteriose, la frettolosa beatitudine di Wojtyla vive di dogmi ed è sorretta da una grande operazione mediatica prima ancora di fare breccia nel desiderio popolare di un Padre e di riallacciarsi alle crisi isteriche da perdita dell’autorità viste durante i fastosi funerali, emotività che non poteva andare ancora a lungo sprecata.
La domanda retorica di Paolo Flores d’Arcais (4) “Wojtyla fu davvero un santo?” va dunque abbinata, per miglior resa, alle intuizioni di Oscar Panizza sul peso delle divine qualità papali; quel Panizza che a fine ottocento, riflettendo sull’ardita promulgazione dei dogmi da parte dei Papi sin dalla invenzione del Purgatorio (il dogma Pastor Aeternus sull’infallibilità papale è del 1870, quello della Immacolata concezione di Maria del 1854) indicava l’ironica via per l’Immacolata concezione dei Papi: “Sì, diciamo che il Santo Padre, quando mangia e beve, mangia e beve infallibilmente, che quando giura o prega, giura e prega infallibilmente, quando danza e salta, salta e danza infallibilmente, quando ride, quando legge, quando canonizza, quando anatemizza … – Buon dio, ferma! Gridò il Papa, così faremo un dogma altrettanto copioso quanto un dizionario!”
La popolarità della Chiesa e la sua influenza politica sono legate alla capacità di suscitare attenzione e di stupire, ed è bisognosa di nuove strategie,… Roma altresì necessita della riaffermazione del suo primato di capitale religiosa (i cattolici italiani sono appena il 5%di quelli dichiarati globalmente), l’attacco strategico di tamponamento del declino della popolarità dell’attuale Papa è iniziato dunque con Roma e con la Pasqua, momento culmine del discorso sulla caducità dei corpi.
L’“atleta di Dio”
Il 22 aprile, all’interno della trasmissione di Rai1 “A Sua immagine” condotta da Rosario Carrello, ex giornalista di Sat2000 (l’emittente vaticana pagata coi soldi del Giubileo), J. Ratzinger ha risposto a 7 domande. Accasciato dietro una scrivania dorata, con l’aria abbattuta, il colorito grigiastro, la voce sfrigolante come un vecchio vinile. Le domande erano poste da altrettanti soggetti pensati come referenti del “popolo di Dio” nel mondo: una bambina giapponese (dal nome italiano!), una rubiconda signora italiana ripresa a fianco del figlio che vive in stato vegetativo, sistemato per dare idea positiva della sua presenza mentale, un gruppo di “giovani cristiani” a Baghdad, una donna musulmana in Costa d’Avorio, un italiano di mezza età cui è riservata una domanda teologica sul corpo di Gesù risorto, un medico italiano sempre di mezza età con una domanda sui corpi dopo la resurrezione, infine l’ultima domanda posta dal conduttore su Maria e la consacrazione alla Vergine del Papa. Ad ogni domanda corrispondeva un jingle di suspense simile a quello dell’apertura dei pacchi ad “Affari tuoi” ma infuso di maggiore virilità e sostenuto dall’immagine zoomata di una arcata pervasa dalla luce, la quale coincideva infine col volto del Papa.
Ineccepibili i ruoli sessuali definiti dagli ideatori di questo teatrino pastorale Rai: alle donne sono riservati interrogativi sul sacrificio personale e l’emotività nella sventura, mentre agli uomini le perplessità sulla corruzione del corpo e l’eternità di questo, in linea con le principali preoccupazioni del Presidente del Consiglio e con la jella vaticana per l’attuale Papa fisicamente flebile e progressivamente senile, non contando quella ancora maggiore del declino fisico totale del predecessore, presentato al mondo come “atleta di Dio”.
Risposte scontate nei contenuti, vaghe, che hanno espresso soprattutto una richiesta di fiducia ai cattolici nella capacità protettiva della Chiesa e nei suoi poteri riconciliativi, ad esempio dopo i cataclismi e nei paesi teatro di guerre e violenze. La personalità della Chiesa, una meta-Madre gestita da uomini, si staglia nelle parole di Ratzinger come passivo recipiente che accoglie anche ciò che non può capire. Il disegno di legge per il mantenimento forzato in vita di persone con morte cerebrale sarebbe dunque sostegno di insondabili “progetti d’amore” divini che dobbiamo accogliere senza intervenire. Dati di fatto, un po’ come la santità di Wojtyla, col quale Ratzinger ha sempre avuto un rapporto di affidamento filiale e devoto servizio.
“Lasciarsi penetrare” è il termine più usato da Ratzinger per spiegare l’atteggiamento che i cattolici debbono avere verso questi misteri tutti terreni, che intimano il mantenimento di usanze e costumi tradizionali, e vietano di tener conto del cambiamento culturale, scientifico e sociale se non per scopi utili al ribadire la sfiducia nel progresso. Così la scienza non viene condannata se tiene in vita oltre il sopportabile artificialmente, né se esprime un concetto di creazione che lasci il posto alla volontà divina fin dentro il genoma, ma ogni tentativo di esprimere in essa la volontà umana di libero arbitrio (e il principio del piacere) è censurata.
Lo ha detto lo stesso Ratzinger nell’annuncio della beatificazione di Wojtyla: egli ha combattuto “il marxismo e l’ideologia del progresso”. Non tanto quindi la lotta contro sistemi autoritari terreni ma contro le idee, ed ideali ben precisi, quelli che permettono una lettura emancipatrice o addirittura rivoluzionaria della realtà.
Cosa ha fatto di innovativo Wojtyla nel suo Pontificato, aiutato dal prudente e sagace sir Bliss, per combattere le idee? Sono i credenti che hanno tutto il diritto e l’interesse a puntualizzare, come ha fatto Noi Siamo Chiesa. Giovanni Paolo II ha santificato l’Opus Dei, ha incoraggiato le imprese terrene di Cl, ha profittato le rivolte nell’est Europa per cavalcarne l’onda e dare l’imbeccata, sostenendo la destra cattolica di quei paesi prima e durante i genocidi nella ex Jugoslavia,… .Wojtyla ha sveltito l’iter dei processi di beatificazione e canonizzazione dando il via a una escalation di beati e santi (oltre 1800 nel suo pontificato) che ha coeso un nocciolo duro di credenti privilegiati, ognuno coi suoi santi protettori.
Ha iniziato a viaggiare creando l’evento della sua discesa tra i popoli e ritentando un cattolicesimo colonizzatore, ha riunito attorno a sé folle in iniziative oceaniche sfruttando appieno le potenzialità organizzative cattoliche e il potere della suggestione della massa. Tutte iniziative tecniche, opportunistiche, che non hanno cambiato di una virgola la Chiesa se non in peggio: attribuendo cioè alle figure cardine dell’organizzazione un potere immenso e ricacciando invece nell’ombra, o sostituendo, le figure non funzionali alla macchina da guerra economica e mediatica.
L’emanazione del nuovo Codice di diritto canonico (1983), l’imposizione del giuramento di fedeltà ai vescovi nel 1988, la redazione del Nuovo Catechismo (1992-97), l’Istruzione sulla vocazione del teologo nel 1990, che nega libertà di insegnamento, … una strategia volta a uniformare e a compattare la Chiesa come un esercito sottomesso e omogeneo. Wojtyla ha voluto anche emanare un’ enciclica, la Ut unum sint (1995) sull’unità delle chiese cristiane e le forme dello stesso papato, dimostrando una vocazione totale per la definizione dei ruoli gerarchici ma anche un abile ricorso alla retorica, presentando il papato come catalizzatore di una Chiesa unita in realtà grazie ad epurazioni e diktat, con “il Vescovo di Roma perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità”.
Così in questi anni abbiamo visto la palese e al contempo misteriosa consistenza terrena della Chiesa baluginare nei suoi risvolti più oscuri: la morte di Calvi nel 1982 e gli irrisolti enigmi finanziari, le bombe della mafia nel 1993 contro le cattedrali romane, i ricatti della nuova nomenclatura pidiellina al clero, nuove organizzazioni massoniche e nuove associazioni che interpretano ognuna a suo modo la loro “missione” nel mondo, un “antistato” fiorente e diviso.
Un popolo bambino che piange istericamente
La sfortuna del successore di Karol, il sedicente Benedetto, è quella di non possedere nemmeno un phisique du rôle adatto a mantenere strette le briglie di questo bailamme controverso (e in ciò utile, perché c’è chi investe nella guerra e chi la condanna, chi lucra col tamponamento sociale e chi si allea con la destra xenofoba …): per questo il culto del corpo di Wojtyla assume un senso pieno. Beatificando Wojtyla la Chiesa cerca di recuperare simbolicamente quel Padre-protettore forte e deciso che ha perso, e stigmatizza la paura del decadimento materiale e dello sgretolamento di una Chiesa spiritualmente pietrificata.
Tornando alle 7 domande poste a Ratzinger, interessante è stato notare come a quella sulla sua consacrazione a Maria egli si sia ritratto, dicendo che tutti siamo affidati alla “Vergine”, svelando in qualche modo la sua predilezione per la figura maschile del Padre, da Lui “occorre lasciarsi penetrare dalla sua presenza … lui si dà a me e mi tira fuori a me in alto”, descrive Ratzinger spiegando come la Chiesa sia ancora fiduciosa nella resurrezione dei corpi in un momento finale della storia. Ma questa fiducia appare totalmente irreale: alla paura di finire in nulla Ratzinger risponde con una sedazione dei timori del popolo non con un annuncio di Fede. Così questo diligente redattore del Catechismo, questo Fagocita bianco (5) che sotto il Papa Beato ha contribuito a pietrificare la Chiesa espellendo i dubbiosi, ora pare travolto proprio da quel pesante masso di certezze imperiali che ha contribuito a creare.
Rituali come l’esposizione della Reliquia decretano il successo dei gadget materiali su ogni altra attrattiva religiosa. Questa Chiesa rimane quella bisognosa di un popolo bambino che piange istericamente nel rito collettivo per l’ammiccante figura a colori del Beato e della sua aura paterna, che protegge e dirige.
La fiala di sangue di Wojtyla che sfilava verso San Pietro, portata dalla presunta suora miracolata, rendeva evidente la disperata necessità di avere il Santo, al di là dello stesso iter della beatificazione”. Il procedimento si è invertito: la brama della folla governa il Vaticano per assurdo proprio nel caso del Papa che aveva voluto governare le folle.
Intanto i cattolici critici ricordano ironicamente come lo stesso GPII avesse introdotto con la sua Divinus perfectionis magister (1983) il “processo breve” per la santità. Lo stesso cardinale Amato, della Congregazione delle cause dei Santi, ha spiegato che: “La facilitazione maggiore riguarda la necessità di approvare solo un miracolo per la beatificazione e un altro per la canonizzazione. Grazie a questo cambiamento è ora possibile decretare con grande velocità la santità, sulla base del semplice esame di due testimonianze”.
“Abscondita est ecclesia, latent sancti”, la chiesa è nascosta, i santi vivono inosservati: mai Lutero fu citato più a proposito in questi tempi che decretano un fenomeno che potrebbe definirsi della stessa gravità della vendita delle indulgenze. Ricordiamo infatti che nel procedimento di beatificazione e canonizzazione è previsto che la figura del Postulatore si occupi anche di “amministrare i beni offerti per la causa, secondo le norme date dalla sacra congregazione”. In qualche maniera a un processo benevolo e breve corrispondono donazioni adeguate, o raccolte nelle comunità di origine della figura da avvalorare o presso facoltose famiglie.
Nel caso di Wojtyla si è passati “Da Santo subito a Beato tra un po’”, per i dubbi sul miracolo base del processo di beatificazione. Mentre ora a cose fatte i rotocalchi fanno a gara nel presentare nuovi casi: ce ne sarebbero 271 molti dei quali “non italiani”, e per giudicare i quali, ovviamente, vengono interpellati medici di fiducia. Che la Chiesa cattolica necessiti di medici di fiducia è indubbio, anche nei casi di vita e morte di alti prelati, i quali non vengono disturbati, come nelle corsie dei comuni mortali, dal pensiero della nuova legislazione sulla fine della vita che decreta l’alimentazione forzata.
Si prospettano all’orizzonte nuovi fenomeni di cannibalismo del corpo del leader? Il corpo del B/Reato, il sangue stranamente scomparso dal Gemelli è arrivato in Polonia, una sua tunica smembrata e svenduta …, potrebbero rivelarsi in tutto e per tutto i fenomeni uguali di sempre: “egli prese per bocca la reliquia intrisa di Umore sanguigno … da quel giorno si sentì meglio”, “appena fatto inghiottire al figlio un filo intriso dell’Umore della Beata, lo vide aprire gli occhi”. Ma l’assenza del fenomeno della “fragranza” o odore di santità è mancato anche alla riapertura della bara contenente il feretro di Wojtyla, e ci si è limitati a constatare che “la bara” godeva di ottima salute, alcuni già rimpiangono i buoni vecchi santi di una volta per i quali, dopo centinaia di anni si verificava che…“appena aperta la cassa, si diffuse un soavissimo odore e il Corpo fu trovato intero: la carne era sì disseccata, ma intera. Nell’occhio destro semichiuso si scorgeva la pupilla; nelle mani e nei piedi la carne si cominciava a consumare, ma le braccia erano flessibili …” quale portento! Una qualsiasi badessa più miracolosa del grande Papa.
Francesca Palazzi Arduini
Dario Carmentano (www.dariocarmentano.com) è l’autore delle immagini “A me!”, “Extracreato”, “Credo” e “Gimme five”. Note
- (La Chiesa e le colpe del passato, Commissione Teologica, 8 marzo 2000, par. 3.4).
- Ibidem, par. 3.2..
- “La beatificazione di Giovanni Paolo II, appello alla chiarezza”. Lettera all’Ufficio di postulazione della causa, Vicariato di Roma, firmata il 6 dicembre 2006 da 15 tra saggisti e teologi, tra i quali 4 donne, firmata dagli italiani Giancarla Codrignani, Giovanni Franzoni, Filippo Gentiloni, Giulio Girardi, Adriana Zarri, Vittorio Bellavite (Noi Siamo Chiesa). I punti sono sette e riguardano l’isolamento dei vescovi dell’America latina e la morte di Romero, la inesistente collegialità decisionale, la condizione della donna nella Chiesa, i fatti dello Ior, il celibato dei sacerdoti e la pedofilia, l’etica sessuale, la repressione della teologia critica.
- L’Espresso, 5 maggio 2011.
- Reich e i fagociti bianchi, A rivista n.311, ottobre 2005.
|