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La suggestione dei sentimenti
Senza alcun dubbio la lingua delle immagini animate costituisce dopo il linguaggio matematico quella che più facilmente può realizzare una universalità di comprensione tra gli uomini. Però la matematica rimane un mezzo d’espressione estremamente astratto che, non appena si complica, diventa accessibile solo a una sparuta minoranza di specialisti. Il film invece offre i segni più concreti, più reali che delle cose si possono dare, i più direttamente utilizzabili tramite la memoria, l’immaginazione, l’intelligenza.
In virtù di tutto ciò il cinema può davvero essere più ancora che la lingua di tutti gli organismi internazionali costituiti, la lingua di tutti i popoli, di tutte le comunità.
Non obbedisce alla logica classica ma a un altro genere di suggestione: quella dei sentimenti, quella le cui immagini sono eminentemente capaci di aprire il varco a una folgorante propagazione. La povertà logica, la mancanza d’astrazione, la potenza brutalmente emotiva del film, tutte cose che ne fanno la lingua democratica per eccellenza.
Le immagini di un film possono provocare un’ondata di sentimenti talora assai complessi e originali che trasformano e arricchiscono la nostra comprensione del mondo.
Il testo parlato o scritto deve sempre passare per l’intelligenza prima di toccare il cuore, percorrendo una via pedagogica, artificiale. L’immagine invece suscita l’emozione che solo in seguito diviene riflessione: questa è la vita normale, la via naturale dello sviluppo intellettuale. Ai tempi del cinema muto c’è stata un’avanguardia costituita da autori assai attiva. Il suo sforzo è stato proprio quello di ribadire questo privilegio cinematografico della supremazia dei sentimenti sull’intelligenza. Per ciò bisognava mettere al bando i sottotitoli, portatori di parole e di frasi che introducevano la supremazia opposta, quella dell’intelligenza sul sentimento. Si andava abbozzando una lingua di sole immagini che avrebbe potuto attraversare rigorosamente intatta ogni frontiera: linguaggio poco razionale ma magicamente commovente, un linguaggio di poesia.
Provate a rivedervi un film di Charlie Chaplin o di Buster Keaton. Vedrete che il muto non era poi così tanto male. E una volta superato il rifiuto di immagini in bianco e nero e il preconcetto che sono solo stupidi film infarciti di gags comiche, scoprirete i grandi sentimenti che accompagnano l’uomo nel suo non facile cammino, troverete sorrisi e lacrime e soprattutto permetterete al vostro immaginario di rigenerarsi e ripulirsi da così tanti brutti film che il sonoro ci ha rifilato.
Bruno Bigoni |
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