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Un’otite non curata può
diventare...
Intervista a Stefano
Dalla Valle
di Andrea Perin
foto di Marilisa Cosello
… una meningite. E un mal
di testa persistente può indicare un tumore.
Lavorare con gli immigrati “irregolari” pone seri
problemi nella cura della salute, aldilà delle emergenze.
A colloquio con il responsabile sanitario del Naga.
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Il ruolo del Naga si lega al concetto di assistenza
sanitaria erogata alla cittadinanza universale, slegata dallo
status giuridico delle persone. In questo si trova ad avere
un ruolo ambivalente verso le istituzioni: da una parte critica
le sue mancanze ma dall’altra le colma.
Venticinque anni fa, riscontrando la sostanziale assenza
delle strutture sanitarie pubbliche rispetto al diritti alla
salute degli immigrati irregolari, il Naga decise di illuminare
questo angolo di bisogno insoddisfatto e poi di supplire a
questa mancanza erogando in prima persona l’assistenza
medica di base.
Scelta che non era così scontata, perché altre
associazioni che non hanno un’attività ambulatoriale
hanno scelto di fermarsi lì e di fare solo un’azione
di agenzia, di attore politico territoriale senza sostituire
le prestazioni.
Questa supplenza è parecchio ambigua, perché
è stata dichiarata a termine fin dall’inizio.
Infatti uno dei motti fondativi del Naga è “noi
nasciamo per estinguerci”, intendendo in questo senso
che fino a quando le strutture sanitarie pubbliche non svolgeranno
il loro compito noi lo faremo. Ma un minuto dopo che non ci
sarà più bisogno di questo bisogno suppletivo,
noi ce andremo a fare altro, ad esempio ricontrollando le
strutture sanitarie sul modo, sul quando svolgono questo compito,
eccetera.
Invece venticinque anni dopo siete ancora qui.
Non solo, ma tutto lascia pensare che questa azione di supplenza
sia, per citare Federico Rahola, “Definitivamente temporanea”
(1). Perché la Regione Lombardia
si muove sempre di più in un’ottica di rifiuto
di assistenza sanitaria erogata alla cittadinanza universale,
indipendentemente dallo stato giuridico della persona.
Solo quelli senza permesso di soggiorno
Chi sono le persone che curate?
È importante ribadire che i pazienti del Naga sono
solo gli stranieri senza permesso di soggiorno: questa fu
un’altra scelta tormentata, compiuta nell’ottica
di quegli anni e poi confermata, perché anche i regolarizzati,
per vari motivi, non hanno lo stesso grado di fruizione dell’assistenza
sanitaria che hanno gli italiani: un marocchino regolarizzato
ad esempio non è curato come un italiano. Ci sono motivi
di lingua e motivi di difficoltà burocratica; poi i
migranti sono quasi sempre legati a lavori servili e quindi
con possibilità molto più bassa di gestire il
proprio tempo rispetto a un italiano. Anche se si sta chiudendo
la forbice con gli italiani: in peggio!
Per legge è riconosciuto ai cittadini senza
permesso di soggiorno l’accesso alle prestazioni sanitarie
urgenti ed essenziali attraverso il rilascio del codice STP
(straniero temporaneamente presente) da parte delle strutture
che forniscono le prestazioni, ad esempio gli ospedali. In
questo contesto, come si colloca il lavoro del Naga?
Noi svolgiamo una funzione grossomodo riassumibile in quella
del medico di base. Il medico di base riesce mediamente a
supplire alle necessità del paziente e a soddisfarle
nel 50-60% dei casi, con una visita e con una prescrizione.
Nelle percentuali restanti ogni medico di base ha bisogno
di strutture diagnostiche o terapeutiche di secondo livello.
Con le istituzioni pubbliche sanitarie abbiamo sempre avuto
un rapporto ovvio di collaborazione, ma nel senso che sono
loro a erogare paternalisticamente, come fosse una charity,
le prestazioni richieste. Noi inviamo le persone con il nostro
ricettario bianco Naga (2), in cui riprendiamo
alla fine le parti più importanti della legge sanitaria
nazionale (3) (una legge molto valida
che il Naga ha ipotizzato di estendere a livello europeo)
e li indirizziamo verso gli ospedali nel quadro delle cosiddette
cure essenziali.
È importante distinguere le patologie. Ci sono quelle
di base, curabili dal medico di base o del Naga, e all’apice
ci sono le patologie urgenti e indifferibili da cui dipende
la vita, e che devo dire onestamente al pronto soccorso vengono
gestite in maniera più che decorosa: che noi sappiamo,
non è mai accaduto niente di clamorosamente illegale.
Ma la parte più importante e più delicata, quella
che fa l’indice di salute, è quella intermedia,
di secondo livello. Sono quelle cose che io credo rappresentino
il 50% della medicina nelle cure essenziali, quelle cure relative
a patologie non gravi nell’immediato per la vita, ma
che se trascurate poi possono cronicizzarsi.
Un’otite è una roba modesta, ma se tu la trascuri
ti può venire una meningite; una persona che ha un
mal di testa persistente ha un tumore? Un aneurisma? In questo
caso inviamo negli ospedali.
Nei primi anni del Naga c’era una sostanziale afasia
da parte delle istituzioni sanitarie, nel senso che prendevano
solo per compassione (i numeri dei clandestini erano molto
bassi), dopo di che con la legge sanitaria 286 del 1998 siamo
andati abbastanza bene fino a sette-otto anni fa: il Naga
poteva contare per i suoi invii nelle strutture sanitarie
su quattro grandi gruppi, quattro nosocomi milanesi i quali
accettavano il nostro invio su ricettario bianco che veniva
trasformato dal medico delegato – chi capitava –
in prescrizione scritta su ricettario regionale rosso, aspetto
essenziale per la rendicontazione e il rimborso.
Attualmente, con la regionalizzazione della legge del 1998
la situazione è peggiorata e in assenza di una normativa
precisa e cogente da parte della Regione, ogni ospedale fa
come gli pare in base all’umore del momento e in base
a quello che sa o non sa. Molte volte abbiamo riscontrato
che non c’è un atteggiamento pregiudiziale di
chiusura xenofobica nei confronti degli stranieri, molte volte
non lo sanno proprio. Si può rispondere che già
la torpidità burocratica è una scelta politica
naturalmente, ma per un semplice amministrativo non è
detto, semplicemente non lo sa: in questo caso la risposta
più facile è “vattene”, è
la meno problematica.
Senza ricettario rosso l’ospedale può fare gli
esami ma non verrebbe rimborsato dal ministero: allora prima
se lo fa pagare, ma così diventa una medicina privata.
Non dimentichiamo che la medicina privata in Lombardia è
fortissima, ormai c’è stato un riequilibrio anzi
un superamento di quella privata rispetto quella pubblica,
ed è un motivo che spiega perché si eroga poca
medicina pubblica agli stranieri irregolari: perché
questi, che sono molte migliaia, si svenano per avere magari
l’ecografia o la tac che non possono avere tramite le
strutture pubbliche. Quindi ogni mese sono molte migliaia
di euro che entrano, perché queste persone vogliono
stare bene, e alla svelta, anche perché dall’integrità
del loro corpo dipende il progetto migratorio: loro sono qui
per lavorare, non per vedere i nostri usi e costumi. Lavorare,
guadagnare e inviare soldi a casa.
Tra 5 anni cosa saremo
Intorno alla possibilità di avere il ricettario
rosso da parte delle associazioni di volontariato si sta sviluppando
un dibattito. La sua emissione da parte dei medici Naga favorirebbe
un percorso sanitario più agevole per il cittadino
senza permesso di soggiorno, ma dall’altra permetterebbe
alle istituzioni di non farsi carico ufficialmente del problema.
È una discussione appena iniziata al nostro interno.
In teoria qualunque medico volontario del Naga, in possesso
del ricettario regionale, potrebbe fare una prescrizione diagnostica
o terapeutica.
La Asl di Milano ha proposto mesi fa all’Opera S. Francesco
una sperimentazione in cui a questa associazione confessionale
di volontariato vengono forniti dei ricettari rossi regionali
e la possibilità di rilasciare anche i codici STP.
Questo configura un passo avanti di forte discontinuità
rispetto al presente perché è vero che gli invii
li abbiamo sempre fatti, ma su uno strumento assolutamente
anonimo, assolutamente “irresponsabile” rispetto
alle istituzioni. In questo caso invece le associazioni coinvolte
verrebbero ad assumere di fatto il ruolo di medico di medicina
generale.
Il dibattito all’interno del Naga è aperto perché
ci sono rintracciabili in questa vicenda tutte le linee ideologiche
e teoriche di tutto il movimento operaio e sindacale.
C’è chi dice “cominciamo a fare questo
piccolo passo, poi si vedrà”. Io sono dell’idea
che il “poi si vedrà” significa semplicemente
non vedremo mai niente, perché nel momento in cui ti
erogano qualche cosa questa non diventa un punto di partenza,
ma di arrivo.
Questo meccanismo si radicalizzerà sempre di più,
probabilmente.
Il coinvolgimento di associazioni confessionali in
questo ruolo supplente delle istituzioni non potrebbe comportare
un loro “scavalcamento” nei rapporti con i migranti
senza permesso?
Sicuramente sì. I migranti hanno una visione solo
utilitaristica dell’assistenza e non possono averla
differente. Spesso ci chiamano l’“ospedale Naga”,
ci chiedono il codice STP, tant’è che circa un
anno fa abbiamo fatto un pieghevole di quattro pagine spiegando
ad esempio che siamo volontari, per cui certe cose non possiamo
farle.
Quanto alle associazioni confessionali, prendiamo il paradigma
“povero e senza diritti”: per una versione laica,
progressista e di sinistra è un soggetto titolare di
diritti – quanto gli altri – che devono essere
messi in luce e conquistati. Per un’ottica confessionale
è un povero che incarna la provvidenza divina, che
bisogna erogare per un meccanismo compassionevole. L’opera
S. Francesco fa un bellissimo lavoro ma con un’ottica
completamente diversa. Non arrivo a dire che ci tengono che
ci siano i poveri per poter giustificare il proprio atteggiamento
compassionevole, ma insomma...
Fra cinque anni il Naga cosa sarà?
Non lo so... francamente non so neanche se mi chiedessi fra
cinque mesi.
Andrea
Perin
Note
-
Federico Rahola, Zone definitivamente
temporanee. I luoghi dell’umanità in eccesso,
Ombre Corte, Verona 2003.
-
Il ricettario rosso è un modello
ministeriale unico in tutta Italia, compilato solo da
un medico abilitato per prescrivere farmaci, accertamenti
medici o comunque sussidi a carico totale o parziale del
Servizio Sanitario Nazionale.
Il ricettario bianco è un foglio intestato compilato
dal medico per prescrivere qualunque farmaco o accertamento
– a totale carico dell’assistito e non del
Servizio Sanitario Nazionale.
-
D.L. n° 286 25 luglio 1998 e successive
applicazioni, che stabilisce il principio del diritto
alla salute esteso ad ogni individuo comunque presente
sul territorio.
Una
vera emergenza le condizioni di vita dei Rom
Da
gennaio 2007 la Romania è entrata nell’Unione
Europea: i cittadini rumeni, di fatto, sono nuovi comunitari
senza diritto di comunità.
I rom sono svantaggiati per reddito, condizioni abitative
e istruzione e, come in ogni altro Paese in cui si trovano
a vivere, sono discriminati.
Di fronte alle sollecitazioni da parte di organismi
internazionali a compiere azioni concrete contro queste
discriminazioni, gli organi di governo e le amministrazioni
locali hanno risposto nel tempo con una politica di
sgomberi e allontanamento dal territorio che ha avuto
il solo risultato di peggiorare le condizioni abitative
di queste persone, aumentandone i rischi per la salute.
Questo aggrava una condizione di disuguaglianza mostrata
dagli studi disponibili, che indicano un’aspettativa
di vita molto inferiore a quella delle popolazioni di
riferimento, secondo alcune ricerche di oltre 10 anni,
e una mortalità infantile molto maggiore, in
alcuni Paesi fino al triplo rispetto a quella dei bambini
della popolazione di riferimento.
L’unità mobile del Naga, associazione di
volontariato nata a Milano nel 1987 che da oltre dieci
anni presta assistenza sanitaria agli immigrati che
vivono in aree dismesse, registra tra il 2009 e il 2010
una vera emergenza rom, un’emergenza non causata
ma vissuta dalle persone rom, dovuta alle condizioni
abitative, di vita, alle discriminazioni che subiscono.
I dati raccolti dall’unità mobile di Medicina
di strada sono stati pubblicati sulla rivista Epidemiologia
e Prevenzione (1) e sono disponibili
al link: http://www.epiprev.it/articolo_scientifico/situazione-sociodemografica-e-condizioni-di-salute-della-popolazione-rom-di-mil.
In due anni sono state visitate 1.142 persone rom -
poco più della metà dei rom presenti a
Milano secondo le stime ufficiali - abitanti in 14 aree
nel comune di Milano, per la maggior parte dismesse.
Su queste 14 aree, sette erano composte da tende e baracche
costruite con materiali di scarto recuperati (legno,
lamiere, plastica), sei insediamenti erano costituiti
principalmente da strutture in muratura (un’ex
fabbrica, cascine e depositi abbandonati), l’unico
campo comunale era costituito da container prefabbricati.
A esclusione del campo comunale, le aree erano quasi
tutte prive di servizi igienici e con luce elettrica
disponibile grazie a generatori di corrente. L’acqua
potabile non era presente in 5 aree, in 6 poteva essere
reperita nelle vicinanze, solo 3 erano dotate di allacciamento
alla rete idrica.
Queste aree sono state sgomberate nel corso degli anni,
e molte sono state ri-abitate periodicamente.
Il tipo di abitazioni diventa più precario a
ogni sgombero (per alcune aree si è passati dalla
baracca alla tenda, smontata di giorno e rimontata di
notte) e i luoghi sono sempre più impervi e meno
visibili. I continui sgomberi recidono i legami che
faticosamente si formano col territorio, primo tra tutti
l’inserimento scolastico dei bambini.
In media le persone visitate hanno frequentato la scuola
per cinque anni. Un quinto degli uomini e un terzo delle
donne sono analfabeti. Un quinto dei ragazzi tra i ai
14 anni di età non è mai andato a scuola.
Solo il 16% delle persone dichiara di avere un lavoro,
e di questi più dell’80 % sono uomini.
La metà delle persone dai 12 anni di età
dichiara di fumare: un quinto è forte fumatore,
più spesso si tratta di uomini.
Le malattie più frequenti riscontrate sono le
malattie respiratorie, disturbi della macroarea ortopedico-reumatologica-traumatologica,
malattie gastroenteriche, disturbi odontoiatrici. Tra
le donne che hanno compiuto i 14 anni di età,
un terzo ha avuto almeno un’interruzione di gravidanza
volontaria o spontanea, con una media di 3,8 per donna.
Il livello di assistenza sanitaria previsto dalle normative
per i cittadini romeni - che sono la maggioranza dei
rom presenti sul territorio milanese- è paradossalmente
diminuito dopo l’ingresso nell’Unione Europea
della Romania. Se a un cittadino straniero non comunitario
viene infatti assegnato il codice STP (Straniero Temporaneamente
Presente), che dà diritto alle cure mediche urgenti
ed essenziali, a un neocomunitario no.
Un cittadino comunitario proveniente dalla Romania o
dalla Bulgaria può iscriversi al Servizio sanitario
nazionale solo a particolari condizioni (per esempio
se lavoratore, familiare di lavoratore, se ha l’attestazione
di soggiorno permanente, eccetera). Altrimenti può
richiedere la Tessera europea di assicurazione malattia
(TEAM), che viene rilasciata dalle autorità del
Paese di origine a chi ha pagato 5 anni di contributi
nel Paese di origine, oppure a chi ha un lavoro regolare
in Italia.
Chi non ha questi requisiti, ha diritto solo alle prestazioni
urgenti e indifferibili.
Per quanto riguarda le cure essenziali, la legge non
nomina esplicitamente il diritto a questo tipo di cure
per i cittadini neocomunitari, lasciando di fatto la
decisione alla discrezionalità delle Regioni.
Le persone rom che il Naga incontra durante le uscite
non possono pertanto usufruire dell’assistenza
sanitaria di base e si rivolgono principalmente al pronto
soccorso, e in alcuni casi ai consultori o agli ambulatori
ospedalieri dedicati.
Se le condizioni di salute di persone che vivono in
situazioni disagiate sono attribuibili anche alle condizioni
abitative, e le disuguaglianze di salute sono legate
al reddito, alla scolarità e al lavoro, allora
per tutelare il diritto di salute delle persone rom
è necessario che siano disponibili opportunità
di abitazioni dignitose, lavoro, frequentazione della
scuola. E assistenza sanitaria attraverso le strutture
pubbliche.
L’emergenza
rom constatata dal Naga non è quella descritta
dalle istituzioni, che ha dato l’alibi per schedature
e poteri speciali ai commissari – dichiarati illegittimi
dal Consiglio di Stato. La vera emergenza è per
le persone rom e per le condizioni in cui sono costrette
a vivere, che richiedono interventi urgenti per riportare
giustizia e uguaglianza.
Cinzia Colombo
Medicina di Strada - NAGA
Note
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Colombo C., Galli A., Pero M., Giani R., Jucker S.,
Oreste P., Giommarini C., Aiolfi E., Judica E.; Medicina
di strada per il Naga. Situazione sociodemografica
e condizioni di salute della popolazione rom di Milano.
Epidemiologia & Prevenzione, 2011; 35(5-6):282-291.
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