anarchiche
Compagne di schiavitù, avanti!
di Tomaso Marabini
La vita e l'impegno militante dell'anarchica
toscana Teresa Fabbrini (1855-1905), al tempo di Bakunin e Cafiero.
Per le sue idee e la sua vita, le autorità la bollarono
come "donna di facili costumi".
Ricordando
l'amico e compagno Luigi Di Lembo,
maestro di conoscenza e dolcezza
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Firenze: nel febbraio 1878
si costituisce il Circolo di Propaganda Socialista tra operaie,
filiazione diretta della precedente Sezione Femminile dell'Internazionale,
sciolta nel 1877 dalla repressione governativa. Per ottenere
la nostra doppia emancipazione economica e morale, ci siamo
costituite in sezione, comunica la segretaria di corrispondenza
Serafina Frittelli. Sono una cinquantina di compagne.
Pochi mesi dopo la ricostituzione del Circolo, nell'agosto 1878,
un giornale borghese, col solito bagaglio espressivo tra cronaca,
cialtronaggine e volgarità, scrive: l'Internazionale
ha trovato in Firenze aderenti anche nel bel sesso, venerdì
sera molte donne si riunirono contemporaneamente agli internazionalisti
in locale separato. In quell'estate le internazionaliste
fiorentine organizzano le agitazioni delle sigaraie nella vicina
manifattura.
Di questa sezione, o forse della precedente, è socia
Teresa Fabbrini, nata il 1° Agosto 1855 a Firenze da Agata
Ciancolini e Luigi. Secondo un'informativa poliziesca successiva,
Teresa Fabbrini si sarebbe trasferita a Camogli fin dal 1877,
seguendo il marito Olimpio Ballerini, frenatore ferroviario.
Negli anni seguenti Teresa si sposta a Pisa, dove – scorrendo
gli scritti del prefetto – “svolge grande attività
nella propaganda anarchica”, e le è “esercitata
quindi una speciale vigilanza”. Sappiamo che tra la fine
del 1892 e i primi mesi del 1893 è attiva a alleviare
la reclusione del “famigerato” Paolo Schicchi nelle
carceri pisane, procurandogli anche libri di lettura. Naturalmente
prefetti e questori non mancano di riferirci che è “ritenuta
donna di facili costumi”. Anche a Pisa nel 1893 c'è
un gruppo di donne libertarie: considerando che il socialismo
anarchico rivoluzionario è l'unica istituzione che si
accosti alle leggi naturali a cui la donna non sarà né
l'oppressa né la sfruttata né l'istrumento di
un uomo [...] si è costituito nella frazione di S. Marco
nelle Cappelle un Circolo Femminile. Proprio in questa primavera
del 1893 Fabbrini tiene alcune conferenze nei sobborghi pisani
(“Anarchia e socialismo e abolizione di qualsiasi principio
di autorità” e “Le cause della fame”)
e pubblica un articolo rivolto alle donne (Grido d'una madre)
sul numero unico pisano Il Paria.
“e
i raggi rilucenti del sol dell'avvenire...”
Nello stesso anno si trasferisce a Siena, offre la sua collaborazione
al periodico anarchico Sempre Avanti! di Livorno –
che però per quanto ne sappiamo sceglie di non pubblicare
i suoi articoli – e continua a tenere conferenze: per
una di queste, a Colle Val D'Elsa, tenuta ad un pubblico prevalentemente
femminile, è denunciata e condannata a 28 giorni di reclusione;
incorre poi in ulteriori denunce inerenti alle sue conferenze
a Siena. A novembre, dopo che Olimpio è licenziato dall'impiego,
sembra tornare a Firenze, sicuramente fa un viaggio a Mantova
dove incontra l'avv. anarchico Luigi Molinari. Dello stesso
periodo sono la pubblicazione di una sua poesia sulle colonne
dell'Uguaglianza sociale di Messina [... E i raggi rilucenti/
Del sol dell'avvenire/ Dar luce a quelle menti/ Che, atrofizzò
il soffrire...] e una breve permanenza a Bologna dove il
prefetto, incaricato dal ministero di sorvegliarla attentamente
attribuisce i vari trasferimenti lavorativi a cui è stato
soggetto Olimpio all'attività libertaria della coppia.
Dal questore bolognese apprendiamo che la coppia ha un figlio
di quattro anni. Teresa sconta i 28 giorni di pena nel carcere
femminile fiorentino di S. Verdiana ed è rilasciata l'8
marzo 1894.
Il 17 aprile a Firenze sono fermati dalla polizia due compagni
di La Spezia (Crippa e Foce) che hanno con sé un discreto
quantitativo di opuscoli anarchici che dovevano servire a realizzare
una biblioteca sociale a La Spezia. I due anarchici spezzini
vengono rinchiusi alle Murate. Tra gli opuscoli sequestrati
ci sono 150 copie del Dell'anarchia di Francesco Saverio
Merlino, che è proprio in quei giorni rinchiuso in carcere
alla Murate di Firenze. Al periodo di quella reclusione è
attribuibile la “svolta elezionista” di Merlino.
Tra gli opuscoli sequestrati, ne sono trovati alcuni timbrati
con la dicitura Teresina Ballerini comunista – anarchica.
Gli agenti vanno quindi a casa di Teresa che non li fa accedere
anche perché mancanti del mandato di perquisizione.
La cosa si risolve come solito: piantonata l'abitazione e richiesti
rinforzi dalla questura gli sbirri penetrano a forza nella casa
e accertano i contatti della Fabbrini con vari anarchici [Genunzio
Bentini, Giuseppe Manetti, Giulio Grandi, Ersilia Cavedagni
(Bologna), Emanuele Canepa (?), Enrico Girola (Milano), Paolo
Schicchi (carcerato), Pietro Gori (Milano – Lugano), Francesco
Pezzi e Luisa Minguzzi (Firenze)] e procedono agli arresti di
Arturo Chellini, Vittorio Caiani e Teresa lasciando in casa
il solo Olimpio con il bambino. Rilasciati gli altri due, Teresa
è tradotta nuovamente al reclusorio femminile di S. Verdiana.
Processata per oltraggio e associazione, dopo 80 giorni di carcerazione
preventiva è condannata a 2 mesi di carcere.
Quell'estate casa Fabbrini in via Boccaccio è spesso
frequentata anche dall'anarchico Temistocle Monticelli, a settembre
anche lui è arrestato e rinchiuso alle Murate.
In questo periodo, sempre a Firenze, conosce Luigi Fabbri, che
scriverà di lei: la cortesia sua e l'affabilità
dei modi mi resero simpatica d'un subito la compagna. Neanche
a un mese dall'arresto di Monticelli: è il 7 ottobre
1894, Teresa va alle Murate per portare da mangiare al figlio
di 4/5 anni lì “ospitato”: è arrestata
e proposta per il domicilio coatto; le sono affibbiati 18 mesi.
Dopo 6 mesi di carcerazione, tra S. Verdiana e i Domenicani
di Livorno, è assegnata al coatto ad Orbetello, allora
luogo di malaria. Rilasciata in libertà condizionale
dopo 4 mesi, causa il figlio restato da solo essendo Olimpio
in carcere per diffusione di opuscoli contro il domicilio coatto,
è sottoposta al regime di sorveglianza speciale, che
tra l'altro comprende le visite notturne della “poliziottaglia”.
Il 18 novembre 1895 è arrestata in Piazza San Lorenzo
perchè in compagnia di un anarchico. Un altro mese di
carcere è la sentenza, l'assoluzione in appello arriva
dopo altre 32 giornate passate dentro S. Verdiana.
Il regime di sorveglianza speciale finisce il 5 aprile 1896,
in breve ricomincia la sua opera: pubblica un articoletto su
L'Avvenire Sociale di Messina (Getto di fiori alle cascine)
poi un articolo (Non votate!) più consistente
sul n. u. Primo marzo di Macerata: venga pure un Merlino a gettar
la confusione tra noi [...] non lo seguiremo.
“generosa
e ribelle, calpestò ogni pregiudizio”
Il 5 agosto del 1897 è arrestata in stazione a Pisa,
assieme al ferroviere Lucio Gordini di Ravenna, in seguito alla
denuncia di un prete. L'arresto si protrae per alcuni giorni.
Raccoglie sottoscrizioni per la stampa – solidarietà
e auguri per chi ha combattuto e combatte per dire il vero –
e sul finire del 1897 va ad Ancona, probabilmente per incontrare
i redattori dell'Agitazione. Un altro suo articolo [Odio
di classe] esce sul periodico di Parma Il Nuovo Verbo: nella
borghesia non vi è cuore, né ordine pubblico,
né scienza; ma vi è solo un odio feroce.
Il 22 giugno 1898 nuovo arresto di cinque giorni. Il 3 agosto
irruzione notturna di guardie e carabinieri nella sua abitazione:
è nuovamente arrestata e rilasciata il 21 del mese stesso.
Per sfuggire alle persecuzioni Olimpio e Teresa, grazie anche
ad una diffusa rete sodale, espatriano a Nizza. Ma l'8 agosto
1900, appena scesa dal treno di ritorno dal viaggio a Parigi
per visitare l'esposizione universale (nel 1896/97 era stata
anche a visitare Roma a testimonianza di una vita culturale
di ampio respiro) nella cornice repressiva scattata dopo il
riuscito attentato (nda Arriuscito) di Gaetano Bresci, è
arrestata e con lei sono arrestati anche Olimpio e certo Poggiali.
Teresa è così espulsa dalla Francia e tra carceri
e traduzioni arriva a Ginevra il 21 settembre. Olimpio in qualche
modo rientra in Italia, Teresa riesce a cavarsela da sola a
Ginevra, e si accompagna sentimentalmente al tipografo Jean
Octave Pellegrino.
La vita sentimentale di Teresa va così ad incrociarsi
con il libero amore, tanto che Olimpio tiene a scriverle attraverso
la pubblicistica anarchica: tengo a dichiarare di non avere
alcuna riprovazione a fare al contegno tuo; riconoscendo in
esso la naturale manifestazione dei reciproci affetti nati in
due esseri umani, i quali trovano la felicità nella fusione
dei loro sentimenti [...] non sono mai spenti in me, l'amore
e la stima verso te; ed appunto in omaggio a loro, voglio saperti
felice.
Almeno dal 1897 Teresa ci è descritta come ammalata di
nervi, malattia attribuita alle persecuzioni. Deperisce. Da
Ginevra riprende a collaborare con la stampa libertaria: il
18 Marzo 1902 si indispettisce per i balli eseguiti per l'anniversario
della Comune di Parigi, vorrebbe la ricorrenza vissuta senza
divertimenti. Il 12 giugno assiste alla conferenza sulla storia
del pensiero rivoluzionario tenuta da Emile Janvion e Louise
Michel; sono presenti centinaia di persone. Il 14 giugno assiste
ad un'altra conferenza - sulla Comune - della Michel. Dopo lo
sciopero generale ginevrino dell'ottobre 1902, è espulsa
dal cantone, ripara in quello appresso, prima a Clarens poi
a Losanna, convivendo sempre con Octave. A corta distanza di
tempo, muore: sono le 3 di notte del 22 luglio 1903. Circa cinque
anni prima, circa a quell'ora, gli sbirri le avevano sfondato
la porta di casa.
La stampa anarchica la ricorda di umore ilare e lieto [...]
soprattutto spregiudicata, non visse immune dalle critiche dei
maldicenti [...] generosa e ribelle che calpestò ogni
pregiudizio.
Alcuni suoi scritti sparsi sono raccolti in opuscolo da Olimpio
e pubblicati sotto il titolo “Dalla schiavitù alla
libertà”, forse il titolo prende spunto dagli articoli
di un'anarchica anconetana che si firmava appunto la schiava,
articoli che denunciano la distanza spesso presente tra teorie
e fatti nel movimento libertario, ma non solo – anzi –
rispetto alla partecipazione e peso delle compagne: “la
donna ha la semplice funzione di rattoppatrice di biancheria,
rifar il letto e la zuppa, di guardare i bambini se è
maritata, o di cantarellare o di attendere l'innamorato dalla
finestra se è giovanetta. Non istanno troppo bene le
donne in mezzo agli uomini quando questi devono discutere di
politica [...] avete diritto al par di loro di assistere alle
riunioni, assistere alle conferenze, leggere libri, giornali,
... se si rifiuteranno denunziateli agli altri compagni, fate
che ridano di loro, della loro piccineria, della pochezza del
loro carattere [...] Compagne di schiavitù, avanti! ”
Teresa Fabbrini, che “sentì di essere e divenne
anarchica convinta e cosciente alla scuola feconda di quei nostri
primi compagni nella Firenze dove più rigogliosa e attiva
fiorì la vecchia Internazionale”, potrebbe
anche essere assunta strumentalmente come vita paradigmatica
di una donna che ha portato su un piano popolare, proletario,
istanze confinate precedentemente dentro l'elitarietà
dei salotti borghesi. Qui abbiamo invece cercato, ma veramente,
di narrare questo vissuto individuale senza astrarlo dalla cornice
di pratica e pensiero collettiva - socialismo libertario in
questo caso - che costituisce il quadro, o meglio ritratto,
soggetto ancora ad altre iridiche pennellate.
La nostra vita non sia più alla mercè del caso
o dei capricci degli uomini; ma possiamo vivere invece libere
ed eguali [...] l'Associazione Internazionale si adopera a quest'oggetto,
ci siamo dichiarate dell'Internazionale recita il Manifesto
delle internazionaliste fiorentine dell'ottobre 1876. Forse
non è tutto lì, ma certo tuttora è tanto.
Tra
il pensare e l'essere
Dopo la lettura di questo articolo un compagno mi ha scritto
queste parole: “una delle maledizioni dell'anarchismo
sono le condanne di chi la sa più lunga perché
ha letto i libri giusti. Liberatici finalmente del vecchio mantra
marxista dell'anarchismo come ideologia di contadini arretrati
e piccolo-borghesi declassati, il nuovo mantra post-modernista
è che l'anarchismo “classico” è infetto
dal dominio patriarcale, questo breve articolo offre in poco
più di milleottocento parole qualche utile spunto empirico
di riflessione”.
E chissà quanti altri spunti, aggiungiamo noi, offre
l'ambiente fiorentino libertario e femminile per una lettura
onesta delle storie, letture non speculari a sistemismi autoritari
in funzione dei quali le donne hanno pagato – dovuto pagare
– i costi più aberranti. E quante altre consapevolezze
dobbiamo assumere tra il pensare, tentare o dovere, e l'essere.
Gigi, sei sempre qua, con la tua attenzione alle storie delle
internazionaliste antiautoritarie, con i gatti, con la pipa,
le vele delle folle, in ogni bicchiere, qua con noi.
Tomaso Marabini |