Rivista Anarchica Online


Grande Distribuzione

Pesce grande mangia pesce piccolo

di Laura Gargiulo


Dietro gli scaffali dei centri commerciali si apre un mondo fatto di flessibilità esasperata e distruzione della piccola economia locale.
Un'intervista ad alcuni lavoratori del settore in Sardegna ci spiega in che modo si costruisce il grande inganno della Grande Distribuzione.


Io e Tyler ci siamo trasformati in guerriglieri dell'industria dei servizi.

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Come si arriva a lavorare nella Grande Distribuzione?
Se si dovesse ipotizzare un percorso medio (cioè escludendo clientele varie, spintarelle ecc. ecc.) la via più comune è quella dell'agenzia interinale, che ti “arruola“ per periodi che oscillano tra la settimana e la mezza giornata; il setaccio che la grossa azienda usa è quello dell' esperienza, anche perché ti addestra ad un tipo di organizzazione del lavoro che le multinazionali della GD tendono a imporre ai propri lavoratori: flessibilità assoluta, assenza di un orario fisso settimanale, quantità di ore concentrate o diluite a seconda dell'esigenza quotidiana dell'azienda. Negli anni passati molti hanno tentato di entrare in queste realtà lavorative soprattutto perché non richiedeva particolari doti professionali o qualifiche e soprattutto perché davanti al collasso di settori tradizionali, l'unico settore che sembrava offrire un minimo di solidità era proprio la GD.

Quali sono le forme contrattuali più diffuse?
A parte i contratti interinali e quelli a termine (tre, quattro mesi per intenderci), in questo periodo di recessione, il contratto più diffuso è il partime con clausola di flessibilità, che per l'azienda ha due vantaggi enormi : primo può disporre del tuo tempo con una discrezionalità molto pesante, secondo la prospettiva di un eventuale aumento di ore settimanali o addirittura un passaggio ad un orario fulltime è una potentissima arma sia per blandirti e “spingerti” ad una produttività maggiore e anche come eventuale ricatto (se non stai buono venti ore settimanali le farai per sempre).

Ma i nuovi contratti non sono coinvolti

Cosa comporta avere un orario flessibile?
Un orario flessibile ha ricadute pensanti sulla qualità della vita di chi lo subisce; la possibilità di potersi organizzare scadenze durante l'arco di una settimana si riducono quasi a zero, se poi si pensa che la domenica libera è totalmente scomparsa significa che nella maggior parte dei casi si avrà un giorno di riposo a caso nel bel mezzo della settimana, e questo già risulterebbe pesante per un single, ma per chi ha una famiglia è un disastro.

Qual è la presenza dei sindacati e il loro ruolo?
Non in tutte le GD sono presenti rappresentanti sindacali è questo è già indicativo; da noi il sindacato c'è, per la precisione le sigle confederali ma il loro lavoro all'interno è quasi nullo e nella sua totalità riguarda quelli che noi chiamiamo i contratti storici, cioè tutti quei colleghi che sono stati assunti prima del 2002 che per esempio non hanno la clausola della flessibilità. Tutti gli sforzi sono diretti a difendere il perimetro dei diritti già acquisiti, mentre tutti i nuovi contratti non vengono coinvolti e questo crea una spaccatura per adesso latente tra i dipendenti, cosa che ovviamente conviene tantissimo al datore di lavoro

Com'è che l'azienda riesce ad alimentare le divisioni tra i lavoratori?
La divisione tra i lavoratori da noi è sancita dalle differenze molto profonde a livello di contratto a seconda dell'anno di assunzione; questo ha portato, con la collaborazione delle aziende, ad un atmosfera di diffidenza e scontro: per i nuovi assunti, i colleghi anziani godono di privilegi smisurati che causano la loro mancanza di diritti mentre i colleghi anziani vedono la flessibilità dei nuovi assunti come un cavallo di troia per aggredire i loro diritti.

Quali sono gli strumenti di ricatto o punizione?
Purtroppo sono molteplici. La flessibilità dell'orario è un'arma tremenda: immaginate di aver lavorato per sei anni in una fascia oraria che è compresa tra le 14 e le 21 o dalle 7 alle 14 e avete regolato tutto su questo tipo di impegno; con due giorni di preavviso il vostro orario di ingresso diventa le 4 30... Che fate? e la settimana successiva dovete fare due notti che vi verranno comunicate sempre con 2 giorni di anticipo. Somministrata con la giusta dose, la flessibilità è uno strumento di pressione formidabile. Altro è quello dei trasferimenti in reparti considerati punitivi (alle volte anche 2 o 3 volte in un mese), quelli fisicamente più pesanti, poi ovviamente mobbing, che riguarda principalmente i capi reparto letteralmente strizzati dalla fede aziendalista.

Oltre ai dipendenti della Grande Distribuzione, nei centri commerciali ci sono anche i lavoratori che si occupano di riempire gli scaffali per conto di alcune grandi marche. Ci spiegate chi sono questi lavoratori e le loro condizioni?
Sono i merchandiser, mandati dalle aziende fornitrici di un marchio che si occupano del mantenimento dei banchi occupati da quel prodotto. Vengono pagate a ore, hanno un contratto di due ore a settimana, altri 15 ore. Sono nel libro paga delle grandi aziende e fanno risparmiare un pacco di soldi alle aziende della G.D perché di fatto hanno degli operai regolari senza dover pagare un cent. Chi paga? I clienti quando fanno la spesa. Quando un capo reparto e un rappresentante si incontrano decidono il “costo” di un prodotto, ad esempio: il rappresentante chiede quanto vogliono pagare la maionese, se 30 cent. senza merchandiser o 60 cent con merchandiser...secondo te quale opzione scelgono? quindi, quando verrà esposta la maionese col prezzo, avrà caricato i 30 cent. del costo, più altri 30 del merchandiser e un aggiunta che sarebbe il guadagno dell'iper o negozio...

Ci parlavate della vendita di azioni tra i lavoratori, ci spiegate di cosa si tratta?
In sintesi si tratta di un azionariato interno all'azienda che ha due scopi: prima di tutto ovviamente quello di incamerare denaro senza dover ricorrere all'azionariato di borsa che per le GD negli ultimi anni si è dimostrato un vero e proprio campo minato (basti pensare alle chiusure di molti centri Carrefour dopo il crollo delle quotazioni in borsa); poi ha uno scopo “ideologico”: serve a creare un senso di partecipazione alle sorti dell'azienda, trasformandoci in una grande famiglia dove tutti diamo il nostro contributo, mascherando così una gestione fortemente gerarchica, quasi da caserma, tant'è vero che la sottoscrizione di azioni avviene spesso e volentieri dietro malcelate pressioni psicologiche.

Avete presenti i non-luoghi?

Come riesce la Grande Distribuzione ad attirare tanti consumatori?
Per esperienza personale posso dire che al contrario del sentito comune non è solamente una questione di prezzi o convenienza; se qualcuno si fermasse a fare la somma tra la spesa e la benzina utilizzata per raggiungere un centro commerciale capirebbe subito cosa intendo. Dietro c'è qualcosa di più, c'è una grande scenografia di uno spettacolo: dai cartelloni agli allestimenti, dalle frasi ad effetto alle pubblicità sui media vi assicuro che per chi ci sta dentro è come aspettare che lo spettacolo che hai preparato vada in scena.

I centri commerciali sembrano essere un modellino in scala della società che il capitale ci costruisce intorno. Che ne pensate?
Se si dovesse dare un'immagine della definizione di “non luogo” quella del centro commerciale ci starebbe a pennello; è una rappresentazione di tutto ma nella realtà non è niente, una piazza che non è una piazza, un viale che non è un viale, dove però trovi un bar, una farmacia, un fastfood, tutto quello che potresti trovare nelle vie della tua città ma chiuso in uno spazio che ha un solo scopo: stimolare l'impulso all'acquisto. Dalla luce ai suoni alle musiche, tutto concorre a spingere in questo senso. Se per modellino in scala della società intendi manipolazione a scopo di lucro la definizione è più che esatta

La Grande Distribuzione, almeno fino all'anno scorso, è stata uno dei pochi settori in crescita. Perché secondo voi? Sta cambiando l'orientamento adesso in “tempi di crisi”?
La crisi è arrivata e si sente tutta, sono state parecchie le realtà legate agli ipermercati che hanno ridimensionato il numero di addetti vendita o eliminato piccole imprese che fornivano servizi esterni. E' cambiato, e anche molto, l'orientamento nei confronti dei dipendenti: molti atteggiamenti paternalistici sono venuti a cadere, le lettere di richiamo fioccano per i motivi più banali, e nella realtà sembra che l'unico metro di misura delle capacità dei quadri dirigenti sia quello della cattiveria nei confronti dei dipendenti
Certe volte alcuni centri commerciali sembrano aprire battenti nonostante non vi siano buone prospettive di crescita e profitto. Secondo voi come mai?
Anche se a prima vista può sembrare un atteggiamento suicida solitamente ci sono sempre due motivi: concorrenza territoriale, cioè se una grande catena non ha ancora aperto su quella piazza apro io così quella fetta di mercato è mia poi si vedrà. Secondo punto: aprire mi converrà sicuramente perché sfruttando la forte capacità di attrazione dei grandi centri riuscirò a cannibalizzare tutto il piccolo commercio del territorio. Per quanto il centro commerciale possa sorgere in una zona depressa avrà sempre la forza di prosciugare le ricchezze che ancora ci sono a disposizione.

Laura Gargiulo