Caso Mastrogiovanni
In video veritas!
di Angelo Pagliaro
A tre anni dalla morte di Francesco
Mastrogiovanni, in un clima di paura, si attende la sentenza
di primo grado.
“Serata veramente...
toccante, ed anche coraggiosa. Ancora oggi non è
facile essere determinati nelle denunce contro il potere. Una
serata in memoria del calvario subito da Franco, una serata
di grande solidarietà, e non solo verso Franco, ma verso
tutti i deboli della terra che saranno sempre deboli finchè
i giusti non si rivolteranno contro questo stato di cose”.
Questo pensiero è tratto da un post pubblicato, il 5
agosto 2012, all'indomani della manifestazione dal titolo “NON
DIMENTICHIAMO” svoltasi nella piazza principale di Vallo
della Lucania (Salerno), da Alessandro Torre, amico di vecchia
data di Mastrogiovanni.
Sul sito del “Comitato Verità e Giustizia per Franco”
abbiamo pubblicato altre lettere; tanti messaggi sono pervenuti
prima e dopo la manifestazione che ha visto l'attenta partecipazione
di centinaia di cittadini, tra i quali il regista Giancarlo
Guercio autore della pièce teatrale dedicata al
caso Mastrogiovanni dal titolo “Quem Queretis”,
di decine di organizzazioni, associazioni, archivi storici e
circoli. Dal palco allestito in piazza, Grazia Serra (nipote
di Franco) ha introdotto la serata leggendo alcuni messaggi
pervenuti al Comitato, tra cui una lettera di Ilaria Cucchi,
è stata poi la volta di Mariema (ex alunna di Franco,
attualmente studentessa liceale), la quale, con commozione,
ha ricordato il suo maestro quando pronunciava un pensiero di
Erasmo da Rotterdam sull'amore reciproco che lega chi insegna
a chi apprende. Molto atteso dal pubblico l'intervento di don
Marco Di Benedetto (giovane parroco trevigiano e cappellano
volontario del carcere di Rebibbia di Roma) che ha parlato di
una Chiesa cattolica che dovrebbe essere sempre vicina alle
sofferenze ed alle ingiustizie e, a questo proposito, ha letto
alcuni passi del Capitolo I del libro di Isaia, ricco di espressioni
linguistiche e immagini di notevole bellezza e potenza. Giuseppe
Galzerano editore-scrittore e Angelo Pagliaro sono invece intervenuti
esaminando, nei particolari, l'intera vicenda: dai lavori processuali,
alla tragica fine di Angelo Vassallo (il sindaco di Pollica
ucciso dalle mafie nel settembre 2010 che emise il TSO nei confronti
di Mastrogiovanni), dalla responsabilità per mancato
controllo dell'ASL alla incapacità degli operatori sanitari
di opporsi, come sarebbe stato giusto fare, a pratiche che non
hanno nulla a che vedere con la cura e la dedizione che si deve
ai deboli, ai sofferenti, agli ammalati.
All'iniziativa hanno partecipato anche famigliari e membri del
“Comitato Giustizia e Verità per Massimo Casalnuovo”
giovane di Buonabitacolo (SA) morto a causa di una caduta dal
motorino, provocata, secondo alcune testimonianze, da un calcio
sferrato sulla fiancata del veicolo dal maresciallo dei carabinieri
durante un posto di blocco al quale il giovane non si era fermato.
Marchio
psichiatrico e antagonismo sociale
I temi dominanti trattati nelle e-mail ricevute in questi
giorni sono essenzialmente due: la paura e il coraggio.
La paura diffusa tra la gente per una sentenza che potrebbe
condannare, insieme ai 18 imputati, il modus operandi di un'intera
ASL che, a nostro avviso paradossalmente, si è costituita
parte civile nel processo in corso quasi non avesse alcuna responsabilità
nel procrastinarsi, nei decenni, di una situazione (quella del
reparto di psichiatria) definita, dal PM che avviò l'indagine,
disumana. Un larvato senso di vergogna collettiva si coglie,
girando tra la folla convenuta in piazza, in quanto l'onta che
ha intaccato la cittadina cilentana potrebbe, in qualche modo,
storicizzarsi e divenire, anche in futuro, un elemento di riconoscimento
e di qualificazione di una società nella quale intere
categorie professionali, che dovrebbero dedicarsi alla tutela
della salute dei pazienti, non sono riuscite, in due anni di
processo, a elaborare un documento, anche minimo, di condanna
dell'operato dei professionisti imputati affermando quella giusta
e necessaria autonomia da comportamenti deontologicamente e
umanamente scorretti. Solo dopo la morte del maestro anarchico,
difatti, sono state recepite le linee guida sulla contenzione
e ci si è accorti che il reparto di psichiatria del “San
Luca” andava chiuso perché somigliante più
ad un gulag che a un moderno ed efficiente luogo di cura. Inoltre
si è capito, dopo le deposizioni in aula di pazienti
ricoverati in passato, che il disagio mentale è molto
ma molto diffuso e che non c'è da vergognarsi se lo si
è vissuto in prima persona o, come capita a molti di
noi ritenuti “normali”, ci si conviva, magari per
brevi periodi, senza esserne perfettamente coscienti. Il binomio
pazzia-antagonismo sociale e politico fatto assurgere a scienza
dal sig. Lombroso ed utilizzato ampiamente, soprattutto nel
Sud Italia, contro libertari e anarchici di ogni epoca purtroppo
funziona ancora. A conferma che la psichiatrizzazione di individui
scomodi viene ancora utilizzata associando ad essa comportamenti
ritenuti violenti basti leggere le testimonianze degli operatori
sanitari e di coloro che intervennero sulla spiaggia per la
nota mega-operazione di cattura di Franco. Tali racconti (tipo
quello sulle pietruzze nascoste nella tasca del costume celeste
dell'insegnate libertario che dovevano servire per ingaggiare
chissà quale battaglia contro le autorità) sono
state smentite sia dalla deposizione della proprietaria del
villaggio turistico (dove Franco trascorreva le vacanze estive)
sia da quello che ho definito imprevisto e di cui tutti
hanno discusso in questi due anni di processo, ossia dalla cosiddetta
prova evidente acquista agli atti: il videofilmato.
Il panopticon
inverso
Girato dalle videocamere interne al reparto il “video
dell'orrore”, alla fine, come un moderno panopticon,
ci ha raccontato anziché la storia dei controllati quella
dei controllori. Per cercare di risolvere altri casi di violenze
la magistratura, come di recente ha fatto per l'esplosione delle
bombole di GPL davanti alla scuola di Brindisi, cerca di reperire
dalle telecamere installate lungo le strade, nei negozi, sui
muri di cinta delle carceri, nelle celle dei tribunali qualche
immagine sfuocata che aiuti gli inquirenti a riconoscere i violenti
ma, a Vallo della Lucania, in quell'ospedale, il filmato della
durata di 83 ore è chiarissimo, costituisce una prova
“inoppugnabile” e “incorruttibile”
di ciò che è drammaticamente successo. Le deposizioni
di alcuni imputati, non collimano con quanto ripreso dalle videocamere;
per questi aggeggi elettronici è evidente che non valgono
gli stati di rimozione e negazione e/o le alchimie processuali.
I tentativi di scaricare il barile addosso ad altri (in genere
ai sottoposti) si infrangono come onde del mare sugli scogli
davanti alla dura realtà delle immagini che si fanno
verità, storia e memoria di una morte disumana, priva
di pietas e di dignità dove l'uomo, il medico,
l'operatore sanitario ha annullato la propria coscienza non
sappiamo ancora in nome di quale routine o ubbidienza.
Nei precedenti servizi su questa rivista abbiamo cercato di
analizzare il caso Mastrogiovanni da più angolazioni,
abbiamo riportato il parere di tutti i protagonisti: dai medici,
agli infermieri, ai legali, ai pazienti, agli imputati, agli
studiosi che si sono occupati, in prima persona, del dramma.
Adesso è finalmente giunto il momento di compiere un
atto di giustizia. Il 2 ottobre si svolgerà l'udienza
nel corso della quale ascolteremo la requisitoria del PM e poi,
speriamo, alla fine dello stesso mese, il giudice leggerà,
nel nome del Popolo Italiano, la sentenza.
Angelo Pagliaro
http://www.giustiziaperfranco.it/
Noi
del Telefono Viola
Oggi 4 agosto 2012 NOI
NON DIMENTICHIAMO! Nel terzo anniversario della morte
dell'insegnante Francesco Mastrogiovanni, anzi del suo
assassinio psichiatrico, provocato nel reparto psichiatrico
di Vallo della Lucania, ci stringiamo solidali con i
familiari e con il Comitato Verità e Giustizia
per Francesco Mastrogiovanni. Invitiamo tutti i perseguitati
dalla psichiatria coercitiva italiana a INSORGERE contro
tale abominio e a presenziare massicciamente anche se
MUTI alle prossime e ultime udienze del processo in
corso in segno di imperitura memoria e testimonianza.
Alessio Coppola
fondatore di Telefono Viola
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V
per Verità, G per Giustizia
Se l'anatomo patologo
incaricato di visionare il corpo appartenuto a Mastrogiovanni
non avesse richiesto l'intervento della magistratura
e se il PM non avesse sequestrato “il video dell'orrore”
forse, come accaduto in altri casi, non avremmo mai
saputo la verità. Per oltre due anni, abbiamo
presenziato a tutte le udienze, abbiamo analizzato le
contraddizioni emerse nel corso delle stesse, le cartelle
cliniche, la relazione autoptica, le deposizioni. Perché?
Perché la nostra caparbia attività ha
dato e dà ancora tanto fastidio nel Cilento e
oltre? Mentre le fascette di contenzione possono sostituire
il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere;
perché esse sono il mezzo per giungere al significato,
e per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione
della verità. E la verità è che
è successo qualcosa di terribile a Vallo della
Lucania, in quel reparto di psichiatria. Crudeltà,
ingiustizia, intolleranza, tortura. E lì dove
una volta c'era la libertà di obiettare, di pensare,
di parlare nel modo ritenuto più opportuno, si
sono applicati sistemi di coercizione medioevali e si
sono privati onesti cittadini affetti da patologie curabili
della propria libertà. Com'è accaduto?
Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni
più responsabili di altri che dovrebbero rispondere
di tutto ciò. Ma se vedete ciò che noi
vediamo e se siete alla ricerca della giustizia come
lo siano noi, vi chiediamo di mettervi al nostro fianco,
il 2 ottobre 2012, fuori dai cancelli del Tribunale
di Vallo della Lucania, e insieme offriremo un esempio
di democrazia partecipativa, di civile richiesta di
giustizia, una presenza che è un atto d'amore
verso: Francesco Mastrogiovanni, Massimo Casalnuovo,
Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Aldo Bianzino, Federico
Aldrovandi, Carlo Giuliani, Gabriele Sandri ecc.
A. P.
(Testo liberamente rielaborato e adattato sulla base
del monologo di “V per vendetta”
film del 2005 diretto da James McTeigue)
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