Le
cucine del popolo
La
vera storia
delle cucine del
popolo
Nel
2002 incontrai per la prima volta a Milano Gino Veronelli, durante
un'iniziativa di movimento. Dopo le rituali presentazioni ci
siamo fatti travolgere da una vivace discussione su vini e politica,
editoria e anarchia. Si stabilì una bella intesa, con
una forte simpatia favorita dai comuni ideali anarchici. Così
iniziammo a sentirci regolarmente per costruire un evento legato
al cibo e ai vini riconducibile alla tradizione anarchica e
socialista. Era necessario allestire un'iniziativa originale,
volutamente ruvida, tesa a riscoprire e, naturalmente, a riproporre
la tavola proletaria, estranea per sua natura alle imposizioni
del capitale alimentare. Si trattava, inoltre, di scavalcare
quel perbenismo salutista sollecitato ad arte dall'ingordo mercato
gastronomico. Ma ci premeva, sopratutto, ritrovare i luoghi,
i tempi e i ricettari delle utopie alimentari tenendo in debito
conto il grandissimo valore della madre terra. Per alcuni mesi
ragionammo sulle funzioni delle cucine rosse, sulle mense anarchiche,
sui presidi della solidarietà operaia e sulla loro valenza
sociale, aggregativa e nutrizionale. Estendemmo questa riflessione,
per altro resa pubblica dal settimanale “Carta”
ad un altro artista libertario, che illustrò il primo
manifesto delle cucine del popolo: Pablo Echaurren. Furono poi
coinvolti un gruppo di “studiosi di riferimento”,
con in testa il professor Giorgio Sacchetti, alcuni scrittori
e poeti della zona, Arturo Bertoldi, Giuseppe Caliceti e Stefano
Raspini e qualche esponente della Federazione Anarchica Reggiana:
Monia Ravazzini, Federico Ferretti e Fabio Dolci. Nel 2003 organizzammo
a Reggio Emilia un grande happening su cibo, vino e anarchia,
seguito da un rinfresco libertario con Gino Veronelli. In quella
giornata indimenticabile fu definito il percorso delle Cucine
del Popolo. Partendo proprio dal profondo legame che ha unito
il piacere della tavola al piacere della libertà. Trovammo
subito un luogo magico per realizzare il convegno, nella frazione
di Massenzatico, dove fu costruita la prima Casa del Popolo
italiana, nel 1893 dai pionieri dell'emancipazione. Serviva
una collocazione coerente con la finalità dell'evento
dove i valori della sorellanza e della fratellanza continuassero
a rinnovarsi nel tempo secondo la migliore tradizione libertaria.
Fissammo per il 31 ottobre 2004 la data per il primo convegno
con un programma immaginario, partendo volutamente dalla tavola
del primo socialismo internazionalista. Ci organizzammo in modo
autogestito, senza dirigenti, escludendo qualsiasi finanziamento
pubblico, contando solo sul lavoro volontario dei nostri militanti
e sulla generosa partecipazione dei compagni di Massenzatico
con le loro “Cuoche Rosse”, vero motore delle Cucine
del Popolo. Purtroppo l'implacabile malattia di Gino Veronelli
gli impedì di essere presente a questa grandissima festa
popolare. Nonostante le condizioni di salute continuò
a darci il suo supporto fino al momento della sua morte, avvenuta
qualche tempo dopo, regalandoci quel piccolo capolavoro letterario,
“Amici Anarchici”, più volte pubblicato sulle
riviste di movimento. Il convegno fu un successo pieno: un migliaio
di partecipanti vissero quella giornata in modo effervescente,
riscoprendo le ricette perdute, i lambruschi proibiti, le insalate
estinte, i piatti ritrovati, i liquori proletari e le svariate
portate della cucina sociale. Con questo grande entusiasmo mettemmo
in cantiere per il 2006 le “Cucine Letterarie –
tavola proletaria e narrativa sociale”, nel 2008 la “Cucina
dell'utopista – viaggi, sogni, bisogni e rivoluzioni”;
nel 2010 la “Cucina della Locomotiva – visioni,
migrazioni, movimenti e liberazioni”; e per continuare,
nell'ottobre 2012 saremo tutti alle “Cucine della Rivoluzione”.
Tutti i convegni
furono caratterizzati da sessioni di studi storici di altissimo
valore culturale ed enogastronimo. Queste ricerche sono state
realizzate da: Fiamma Chessa, Alberto Ciampi, Giorgio Sacchetti,
Federico Ferretti, Guido Pautasso, Marco Rossi, Giovanni Biancardi,
Alberto Capatti, Andrea Perin, Mario Frisetti, Noemi Agnini,
Paolo Nori, Tiberio Artioli, Natalia Caprili, Michele Zucca,
Luisa Cetti, Daniele Barbieri, Alessio Lega, Franco Schirone,
Alfredo Gonzalez, Maurizio Maggiani, Libereso Guglielmi e Edoardo
Sanguineti. Nel frattempo costituimmo il Centro Studi Cucine
del Popolo per favorire una riflessione complessiva: da una
parte sul cibo nella storia del movimento operaio e delle avanguardie
artistiche e letterarie e dall'altra sui laboratori dell'alimentazione,
produzioni artigianali, coordinamenti autogestiti e iniziative
culturali sulla contemporaneità. E ancora: costruimmo
preziose collaborazioni con il professor Alberto Capatti, grande
studioso della gastronomia di tutti i tempi e con il Barone
Rosso della Lunigiana, cuoco e profeta dalle qualità
interstellari. Le nostre intuizioni hanno trovato, in questo
percorso decennale, una significativa conferma fornendoci nuovi
spunti di riflessione con i quali arricchire il nostro agire
politico. Possiamo dire che anche grazie a questo “viaggio”
si è tornato a parlare del “senso” della
cucina sociale, della valorizzazione di un consumo critico,
dello sviluppo di forme solidaristiche sul piano alimentare,
della riproposta di spazi sociali, osterie e caffè letterari
e altri luoghi. Oggi come allora l'obiettivo è quello
di costruire un'intelligenza collettiva alimentare che vada
oltre l'uso capitalistico del cibo. Grezza ed irrequieta, ribelle
e curiosa, profondamente libertaria.
Gianandrea Ferrari |