scuola
Lo spirito del gregge
|
www.flickr.com/photos/gaia_d |
Qualche giorno fa, con uno studente
particolarmente insistente, mi sono esibita nella spiegazione
semplificata di alcune regole di funzionamento stabilite dal
corso di laurea. Pacatamente, ho esposto la normativa che in
teoria tutti noi docenti dovremmo applicare, per consenso comune
e nella sede in cui lavoro, e che corrisponde ad alcune elementari
logiche di funzionamento. Lo studente, occhio tondo da Heidi,
mi ha ascoltato con cristallina pazienza e poi ha commentato:
“Sì, ho capito, ma non mi potrebbe fare una cortesia?”.
Era sincero, convinto e sereno nell'applicazione di una consuetudine
d'uso che ora ritengo tipicamente italiana. C'è la legge
(normativa, regola di funzionamento, criterio di funzionamento,
bugiardino, istruzione per l'uso e chi più ne ha più
ne metta). E poi c'è la cortesia, ovvero: “Scusi,
capo, ma non potrebbe violare la legge per farmi un favore?”
Questa non è percepita, neanche dai più giovani,
come la violazione di un parametro istituzionale: si tratta
di un piacere, un aiutino, una umanissima condiscendenza che
si concede... perché? Per simpatia, presumo. O per demagogia.
O non so per quale altro maledettissimo motivo. Fatto sta che
l'idea che una procedura pensata per far funzionare la comunità
possa venire davvero applicata è una convinzione
che predispone a serie patologie psichiatriche.
Qui scripta manent: nel senso che rimangono scritti,
fatalmente dissociati dal quotidiano. Non ho una mania per le
regole, altrimenti non starei qui a scrivere questa Guida Apache.
Ma dispongo di un genetico rispetto delle libertà degli
altri, e per non pestarsi i piedi a vicenda, qualche consuetudine
normata occorre che ci sia. Tuttavia sempre più spesso,
in ambito educativo (ma non solo) mi accade di notare una caratteristica
tipica dell'ego italiano: vi è una relazione non lineare
tra norma scritta e comportamento. Piuttosto questa relazione
si configura come un percorso accidentato, i cui cunicoli e
avvitamenti sono determinati dalla “cortesia”. Tanto
per sgombrare il campo da malintesi, lo studente non aveva intenzione
di corrompermi: non è una questione di mazzette. Mi ha
chiesto una cortesia. E quando ho tentato di spiegare che non
si trattava di cortesia ma di una violazione della norma, lui
ha replicato, sempre più sorpreso: “Ma guardi che
le fanno tutti. Le cortesie, cioè”.
Lo spirito delle greggi, appunto. Che è il contrario
di un mondo libero.
Adoro la libertà. Penso sia il bene più prezioso.
Penso che se faccio il mestiere che ho scelto, il motivo è
proprio quello: insegnare/imparare quel genere di libertà
che è consapevolezza. Questo non ha niente a che fare
col fatto che io mi rifiuti di mettere in pratica questo genere
di cortesie. Perché quel che penso è che esse
siano il peggiore degli imbrogli. Penso che cortesie siano anche
quelle che si scambiano certi signori molto più potenti
di me, che per cortesia si regalano vacanze premio, si assegnano
appalti tra di loro, si attribuiscono cariche che in un mondo
normale, e per normale buon senso, dovrebbero essere loro interdette
per legge. Ma per cortesia, si ritrovano a gestire cortesemente,
e malamente, questioni di grande delicatezza e importanza. Penso
che forse è per cortesia che la scuola è sempre
stata governata da ministri che non ci avevano mai messo piede,
nella scuola medesima. E penso che forse è per questo
che un tipo molto potente di recente si è esibito, nella
spiegazione di un'ennesima sconclusionata revisione del quadro
orario degli insegnanti, nella sofisticata teoria del bastone
e della carota. Un vero genio. È lo stesso signore che
prende due stipendi al mese, ma ci ha fatto la cortesia di rinunciare
a terzo. Però siccome gli insegnanti rubano lo stipendio
– uno, per carità. Ma lo rubano – allora
bisogna educarli. Bastone e carota.
E in casi particolarmente complessi e renitenti alla rieducazione,
all'insegnante insubordinato spunteranno le orecchie d'asino;
poi, progressivamente, il malcapitato si trasformerà
in una marionetta. Collodi non era mica un narratore di storie,
ma un pedagogista d'avanguardia.
In tutto questo complicato pasticcio, in questa selva di norme
aggrovigliate dalle quali tentiamo di salvarci solo affermando
che non sono norme, l'etica è il gioiello perduto. E
l'umanità. Siamo animaletti, e come gli animaletti non
abbiamo un'etica, ma solo un comportamento.
Oggi sono venuti in casa operai per controllare i caloriferi.
Il mio era l'ultimo appartamento dello stabile. Ho offerto loro
un caffè. Hanno accettato, sorridendo: “Ci fa proprio
una cortesia”. Per un attimo, mi è venuta voglia
di sequestrare caffè e tazzine e di barricarmi in casa.
Nicoletta Vallorani |