Rivista Anarchica Online


scienza
La buona, la brutta, la cattiva

di Silvia Brunelli


Ancora un volta scienza e religione si fronteggiano sul fragile terreno della “difesa della vita umana”: le staminali all'ombra di San Pietro.


Lo scorso aprile l'Accademia Pontificale per la Vita aveva previsto un grande evento: il Terzo congresso internazionale sull'uso responsabile delle cellule staminali. A sorpresa, almeno per me, alcuni dei relatori erano autorevoli scienziati, e la relazione di apertura era prevista sull'uso delle cellule staminali umane, un argomento da fare esclamare: “apriti cielo!”. In effetti, pare che il cielo si sia aperto, perché nel giro di un paio di mesi il congresso è stato cancellato adducendo come motivazione ufficiale gravi ragioni economiche e logistico-organizzative.
Ora, parlando di Vaticano, le difficoltà economiche non sono molto credibili. Le ragioni organizzative, però, pare di sì: per la precisione, il congresso è stato annullato a causa dell'alto numero di defezioni di scienziati, che avevano avuto sentore di alcune pressioni da parte degli organizzatori per ammorbidire se non censurare interventi in contrasto con la posizione della Chiesa.
Qualcuno si è detto deluso, perché aveva visto in questo congresso un segnale di apertura della Chiesa cattolica al dialogo attorno alla ricerca sulle staminali. Ma perché dovrebbe essere interessante dialogare con la Chiesa su questo argomento? Sicuramente, la Chiesa non è un ente esperto di cellule staminali. Per di più, il suo atteggiamento generale non è mai stato contraddistinto dalla curiosità scientifica. Anzi, storicamente il Vaticano interferisce con la scienza ogni volta che la percepisce come un potenziale attacco alle radici delle credenze cattoliche e quindi del suo potere. Galileo aveva attaccato la centralità dell'uomo nell'universo, la ricerca sulle cellule staminali può colpire molto di più, addirittura minare il concetto di creazione e vita.
È un'ovvietà dirlo: non possiamo negare che la Chiesa influenzi o addirittura determini le decisioni politiche delle istituzioni, ed è soprattutto per questo che molti stati hanno legiferato per limitare la ricerca sulle staminali. Non solo: grazie a una potente campagna di cattiva informazione, questa ricerca ha assunto una connotazione negativa. Menzionate le cellule staminali e innescherete una discussione molto spesso incoerente e polemica e dividerete la platea, nonostante la maggior parte dei partecipanti avrà solo una vaga idea di che cosa siano le staminali.

Proprietà peculiari portentose

Le cellule staminali sono fondamentali, nessuno sopravvivrebbe senza di esse. Sono uniche perché possono fare due cose essenziali: duplicandosi, producono copie identiche di se stesse (proprietà di autorinnovamento) ma possono anche generare altre cellule più specializzate come quelle della pelle o del cervello (proprietà di differenziamento). Queste doti conferiscono loro grandi potenzialità per la medicina. La loro capacità di rimpiazzare cellule danneggiate è nota e sfruttata da ormai moltissimi anni, per esempio nel trattamento di ustioni gravi. Le cellule staminali perciò sono la chiave per rimpiazzare cellule perse a causa di devastanti malattie per le quali non esiste ancora una cura, tra cui il Parkinson, l'ischemia e l'infarto.
Uno dei punti cruciali è la scelta della cellula staminale. Tutte le cellule staminali sono definite dalle stesse proprietà, ma esistono cellule specifiche durante i diversi stadi di crescita.
Le cellule staminali tissutali, o adulte, risiedono sia nei tessuti fetali che in quelli adulti, e sono di solito in grado di differenziarsi unicamente in cellule di quello stesso tessuto.
Le cellule embrionali staminali (ES, da Embryonic Stem cells) derivano invece dall'embrione quando questo ha pochi giorni di vita (una pallina di circa 100 cellule, chiamata blastocisti). Le ES, che in questa fase sono indifferenziate, si moltiplicano e si differenziano in tutte le cellule necessarie alla formazione dell'intero organismo. Nonostante molte difficoltà tecniche, sono in corso sperimentazioni cliniche dove cellule di origine adulta, fetale e molto più recentemente cellule ES derivate da embrioni umani, (chiamate hES, da Human ES) sono utilizzate per la terapia di molte patologie, tra cui la degenerazione della retina e le lesioni del midollo spinale.
La generazione e l'utilizzo delle hES hanno però scatenato un acceso dibattito, poiché per ottenerle si deve distruggere l'embrione. Si innesca così il dilemma della scelta tra due principi morali: il dovere di prevenire e di alleviare le sofferenze di pazienti affetti da malattie incurabili e il dovere di rispettare il valore della vita umana. Certo, il dilemma sorge se noi diamo a quell'embrione di 100 cellule lo status di “persona”, come fanno la Chiesa cattolica e altre confessioni religiose, sulla base di credenze auto-referenziate e non argomentate. Di fatto, però, è questo lo status che le legislazioni hanno finito per attribuire all'embrione, convertendo automaticamente la legge religiosa in legge civile.

Cellule staminali del “terzo tipo”

Molto recentemente è stato individuato un terzo tipo di cellula staminale, con proprietà in apparenza simili a quelle delle ES. Queste cellule, chiamate cellule staminali pluripotenti indotte (iPS, da Induced Pluripotent Stem cells), sono state generate in laboratorio mediante manipolazioni genetiche a partire da cellule adulte senza dover passare dall'embrione. Quindi con la scoperta delle cellule iPS, le ES e tutti i problemi “morali” che ne derivano diventerebbero obsoleti. Con grande soddisfazione dei “difensori della vita”, ma forse anche un po' di sollievo per qualche scienziato laico, sfiancato dalla continua gimcana tra i permessi e i divieti legislativi. Questo, e il generale amore per le nuove mode, fa sì che molte agenzie di finanziamento sostengano ricerche sulle cellule iPS o sulle cellule staminali adulte.
E non per nulla uno dei due Nobel per la medicina è stato assegnato quest'anno a Shinya Yamanaka, proprio per la scoperta delle iPS.
In realtà, le iPS forse un giorno sostituiranno le ES ma ancora non possono farlo, né si prevede che potranno farlo nel futuro prossimo. Solo una continua ricerca e il confronto tra le diverse cellule e le loro proprietà, potranno stabilire quale di queste cellule staminali è più efficace di un'altra nelle diverse applicazioni terapeutiche. Perciò, allo stato attuale, nemmeno la ricerca sulle iPS può fare a meno delle staminali embrionali.
Il messaggio che la Chiesa e le altre associazioni a difesa della “vita” vorrebbero diffondere è che esistono cellule staminali “buone” (le iPS) e cellule staminali “brutte e cattive”, basandosi su affermazioni dogmatiche, non discusse e, del resto, non dimostrabili. Il congresso Vaticano mirava proprio a esaltare solo la ricerca sulle cellule “buone”, senza preoccuparsi del fatto che non è possibile arrivare alla definizione di protocolli clinici escludendo a priori una linea di ricerca.

Dialogo o talk show?

Quale dialogo può esserci tra un ricercatore che basa le sue convinzioni su risultati scientifici, sempre in evoluzione, e un'istituzione che è legata a convinzioni fisse e indiscutibili? Forse, gli scienziati che auspicano un dialogo con la Chiesa sperano che alcune sue posizioni si possano ammorbidire e che questo possa influenzare in positivo la legislazione corrente. Perché non dobbiamo nasconderci dietro a un dito: in questo campo le ingerenze della Chiesa sono pesantissime.
Secondo padre Pizzarro, il riuscito personaggio di Corrado Guzzanti, la questione è un po' diversa: “Ma quali ingerenze... noi diciamo sempre le stesse cose da secoli... siete voi che ci venite dietro...”.
È vero: gli andiamo dietro, questa è l'assurdità. Gli va dietro il legislatore, ma gli vanno dietro anche gli scienziati “del dialogo”, gli “scienziati buoni” dei talk show.
Da scienziati, è giusto accettare un confronto in un contesto laico per discutere di possibili problematiche etiche, poiché la scienza non può e non deve ritenersi a sua volta infallibile; ma abbiamo anche il dovere di rifiutare il dialogo con chi invece non dubita affatto della propria infallibilità, tanto da non ritenere necessario rendere manifeste le argomentazioni che stanno alla base delle proprie affermazioni.
Per questo abbiamo il dovere di boicottare manifestazioni come quella organizzata dal Vaticano. Inoltre dobbiamo, mediante una divulgazione precisa e capillare, fornire a tutti gli strumenti per comprendere quello che studiamo, evidenziandone i vantaggi e le future ricadute pratiche, senza però nascondere i problemi o generare false illusioni. Solo in questo modo ci possiamo contrapporre alla disinformazione unilaterale che plagia la popolazione, e che fa percepire come “lontane” leggi che, invece, hanno profonde ricadute sulla qualità della vita di tutti. Perché ha forse ragione, in fondo, il Galileo di Bertolt Brecht, quando dice che “Compito della scienza non è aprire una porta all'infinito sapere, ma porre una barriera all'infinita ignoranza”.

Silvia Brunelli