Specchio
e riflesso
Interroghiamoci sulla critica cinematografica.
A cosa serve? In cosa ci può sostenere se non nella
comprensione di un'opera cinematografica? I quotidiani, le
riviste, le tv, le radio ci dovrebbero aiutare a capire e
scoprire il cinema nelle sue svariate declinazioni. Cogliere
sfumature, conoscere le novità, scoprire nuovi talenti,
segnalarci film, registi, attori, nel modo più ampio
e possibilmente critico.
Per critico intendo l'insieme di analisi, interpretazioni
e commenti riferiti alla produzione artistica in genere. Valutazione
che può essere fatta in base al contesto o nella sua
autonomia e nella sua struttura. Bene. Ormai di questi critici
ne sono rimasti ben pochi. Tutto si è ridotto (a parte
qualche rivista specializzata e poco letta) a qualche riga
sui quotidiani, più attenti ai gossip che al
reale valore dell'opera. Di solito, sui giornali troviamo
solo parole vuote, piene d'inesattezze, prive di curiosità,
sovente asservite solo al consumo di qualunque forma di cinema,
note per lo più utili a guidare ad una visione stereotipata
e malata.
Il cinema dovrebbe essere, per noi comuni spettatori, un evento,
un'emozione, uno spintone, un'occasione di dibattito, magari
anche un'incazzatura, ma che motivi sempre le due ore consumate
in sala e il prezzo del biglietto pagato.
Il cinema italiano che il mercato riconosce come prodotto
è nel frattempo sceso al gradino più basso possibile
per assicurarsi una clientela più vasta, più
facile da controllare e dal palato poco raffinato. Non è
un caso che le due maggiori entità preposte alla produzione
di cinema (Rai e Mediaset) siano governate da
politici (o dai loro parenti più stretti) e non da
addetti ai lavori imparziali e competenti. Che i finanziamenti
pubblici al cinema siano diventati fragili stampelle su cui
è sempre più difficile appoggiarsi (quando si
riesce ad ottenerli). La conseguenza di questa dissennata
politica culturale è un pessimo cinema, asservito alla
televisione (che ne è il suo principale finanziatore),
quello che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. I giovani
non vanno più al cinema (e non solo loro), il pubblico
italiano si riconosce solo nelle inutili e volgari commedie
che riescono ad arrivare nelle sale e la banalità la
fa da padrone e nessun argomento scottante, difficile, sgradito
può essere affrontato per il grande consumo. Il cinema
forse è un po' come la nostra classe politica... specchio
della società che l'ha prodotta, alimentata e sostenuta
nel tempo.
Il cinema emergente invece, quello indipendente, quello che
non si vede mai, nasce generalmente da urgenze, da nuovi immaginari
e sguardi inediti. Questo cinema resta nei cassetti. Qualche
sporadica uscita in sale scadenti, nessuna pubblicità
o lancio, poche copie, qualche giorno di tenitura e via, nel
dimenticatoio...
Certo le sale devono vivere, poter incassare, continuare a
restare vive sul territorio. Ma a poco serve continuare a
proporre brutti film se non ad allontanare il pubblico dal
cinema e avvicinarlo sempre più alla televisione, che
del cinema è stata la prima e la più intelligente
assassina.
Ci si adatta a portare sullo schermo qualunque sconcezza pur
di far soldi. E noi? Noi continuiamo a farci del male...