Rivista Anarchica Online


NO TAV 3

Lettere sul Tav

di Gianni Milano


Il ovimento No Tav è vario e composito.
Tra i suoi membri, il poeta Gianni Milano, classe 1938, maestro in pensione e studioso di pedagogia. Questi brevi racconti epistolari sono stralci del suo diario poetico sulla lotta in Val Susa.


Lettera a chi fa finta di niente

Freddo, pioggia, neve. Arroganza dei 'poteri' su giornali, radio e televisioni. E gente. Gente che sta al freddo, sotto la pioggia e la neve, irrisa dai 'poteri', controllata dalle 'divise' quasi fossero pericolosi malfattori. Attorno la Val di Susa che, martoriata da sempre, rischia di diventare un tubo d'intestino, una cloaca a cielo aperto, una 'riserva' per i pochi che ancora vi abiteranno, studiati da antropologi alla Lombroso, testardi discendenti d'un popolo che tanto ha subìto e tanto ha dato, in lotte, in morti, in laboriosità.
Di coloro che testimoniano l'assurdità e la violenza d'un'opera che buca la montagna per 50 chilometri, che asfissia una valle già stretta e collassata, che produrrà effetti mortiferi anche sulle zone circostanti; di coloro che con il semplice buonsenso dimostrano quanto poco valga la vita per coloro che detengono il potere, per coloro che piangono magari sulle sorti del Pianeta salvo contribuire con forza a modificarlo negativamente con il sorriso del 'giusto', di colui che non dovrà rendere conto a nessuno; di coloro che stanno nei presidi in Valle sto parlando, eredi di sfruttati e violentati nei secoli, strumentalizzati quando faceva comodo salvo poi abbandonarli al freddo, alla pioggia, alla neve.
Povera Resistenza! Povera vita nostra, deprivata di valori, di solidarietà e di speranza. Poveri giovani ai quali si insegna che chi si oppone è un malvagio, che chi obietta è un terrorista!
“Dovete sempre ricordarvi che gli uomini e tutte le altre creature che abitano questa Terra sono sacri e come tali devono essere trattati”, ricorda Alce Nero della nazione Sioux.
La lotta per la preservazione di un territorio fragile come la Val di Susa vale per tutti gli esseri che si dicono umani e per tutte le altre creature. Dimenticando ciò, la strage continuerà: resterà soltanto più il capitale!

Lettera al vin brulé

Dappertutto rumori, grancasse frastornanti. È festa! Avete diritto al saccheggio come truppe d'occupazione. Gli apparenti opposti schieramenti hanno trovato un punto d'accordo: fottersene del 'popolo' (parola in disuso), abolire le minoranze, marciare trionfanti alla conquista del territorio e “guai ai vinti!”. La cornice meteorologica evidenzia le miserie del potere. Buffoni e leccaculi saltellano tra le righe dei giornali battendo le mani. E io mi vergogno. Mi vergogno di fronte alle montagne, alle piante, agli animali. Mi vergogno di fronte agli umani solidali con la vita. Mi vergogno perché c'è troppa razza padrona. Mi vergogno ma non mi do per sconfitto. In saccoccia non ho forze armate né uomini addestrati alla repressione. In saccoccia ho la mia dignità, che non ha frontiere, che parla le lingue le più diverse, che dà un senso alla vita.
Nicoletta, quella 'senza se e senza ma' propone di uscire dall'enclave in cui si rischia l'oscuramento e l'ammaina bandiera. Sono d'accordo con lei. Già a suo tempo avevo invitato a un pow-wow nel quale le voci le più diverse si unissero in un grido “Noi siamo per la vita non per il profitto”. Famiglie, lavoratori, artisti. Un fronte agile e dinamico che finalmente si espone e dice la propria perché ci sia veramente la democrazia, perché le morti passate sui monti della Val Susa si trasformino in qualcosa di brillante, come i fiori dei pascoli in primavera. Abbiamo bisogno di tante api, per impollinare le idee.
Mi rivolgo ai professionisti della comunicazione: musicisti, scrittori, attori... È il vostro momento per dimostrare che la cultura non è roba da ricchi ma scambio permanente con la natura, restituzione di quanto ci è stato dato.
Dove e come realizzare l'incontro... L'appello a chi legge. L'invito a Nicoletta, donna sagace e saggia, molto più pratica di me. Io ci sarò, con le mie poesie, con i miei capelli bianchi, con l'orgoglio di 40 anni d'insegnamento sempre per la vita, mai opportunistico, sempre solidale. E se tutto andrà in porto, un porto che si sposta di continuo nello spazio e nel tempo, un vin brulé, alla salute, alla pace ed alla condivisione.

Lettera al paese delle teste di legno

“... Nella parete di fondo si vedeva un caminetto col fuoco acceso; ma il fuoco era dipinto, e accanto al fuoco c'era dipinta una pentola che bolliva allegramente e mandava fuori una nuvola di fumo, che pareva fumo davvero….” ('Pinocchio' – Carlo Lorenzini detto Collodi)
I paesi sono sovente come le matrioske russe. Dentro ad una bambola ce n'è un'altra e così via. Può capitare così che dentro ad un paese di teste pensanti se ne annidi un altro di teste di legno.
Con tutto il rispetto per il legno, io continuo a non capire se i plaudenti all'altezzosa Tav, sponsorizzata dagli alti poteri, finanziata con i soldi di tutti che pesano diversamente secondo la quantità, per cui valgono di più quelli dei poveri che ne hanno meno, siano, i plaudenti, affetti dalla sindrome di Stoccolma o masochisti o balenghi. Ci si è aggiunto a battere le mani anche un principe della chiesa cattolica torinese che dichiarando di essere super partes ha poi invitato il sindaco, i leghisti, Pd e Pdl (per non far torto a nessuno) a proseguire sulla loro strada senza farsi intimidire (da chi? dalle vittime? da quelli che battono allegramente i denti ai presidi?), al che il sindaco ha perso l'occasione di stare zitto e si è offerto allo sghignazzo pubblico con l'invito al prelato (si dice così?) di partecipare alla prossima ammucchiata a favore della Tav.
La Val di Susa ha già conosciuto l'Inquisizione. Dio lo vuole, dicono da Roma ed allora si va avanti! E chi si oppone sarà sbattuto fuori. Ci mancava solo più questo. Ma se oltre 2000 persone a Torino, di tutte le età, donne e uomini, si sono messe in marcia per dire no ai carotaggi, preludio del serpentone che sbucando dalle Terre Alte divorerà un'idea di vita consapevole, ragionata e dialogante, vuol dire che la Val di Susa non è sola. Come potrebbe essere diversamente! Torino è il tappo della Valle. Tutto quello che si scava in Valle o prima o poi, grazie al föhn, arriva in città. Arriverà anche lo smarino d'amianto ad uccidere lentamente come è successo a Casale. Noi che siamo vecchi avremo la triste visione di conferma ma i piccoli hanno già un'ipoteca sulla loro vita. Da Avigliana, Rivoli, giù giù per corso Francia il vento porterà questo lugubre messaggio: Non si può violentare la natura e la vita senza pagare scotto. Teste di legno a non pensarci! Al di là d'ogni emozione solidaristica, al di là d'ogni testimonianza di civiltà, qui si tratta della vostra-nostra pelle e di quella di migliaia di creature piccole o grandi. Fu scritto: “Faranno deserto”. Una voglia di annichilimento, di corsa verso cosa? E poi facciamo le collette per Haiti allungando la mano per ricuperare i soldi della brava gente, che si sente haitiana anche qui a Torino, mentre con l'altra mano sperperiamo ricchezze.
Forse non capisco più niente, forse il vin brulé mi ha reso troppo lucido. Sono anziano, piccolo e non particolarmente robusto. Non tema Eminenza! Non sarò io a turbarle i sogni. E la coscienza? Ma quella è un affare suo. La mia, di coscienza, dolorante davanti alle morti portate alla carne viva della natura, annichilita di fronte alla presunzione e violenza dell'homo oeconomicus (non 'sapiens'), tende a fondersi con le vittime reali, scarta i potenti e, quando può, fa loro uno sberleffo. Non si farà ingannare dal Gatto e dalla Volpe di turno. Sa che le false promesse sono come il fuoco acceso dipinto sulla parte della casa di Geppetto. Un fuoco 'dipinto', non reale, che non scalda, che illude ed inganna mentre il freddo morde le mani delle genti ai presidi.

Lettera al gusto d'arancia

Oggi, mercoledì, sul quotidiano, cronaca locale, pagina dedicata, con evidente soddisfazione, al fatto che le trivelle sono 'penetrate' ( sembra quasi un verbo da stupratore) in Valle ed hanno iniziato a perforare, protette da poliziotti (meglio per loro qua, nonostante l'aria gelida, che non a rincorrere delinquenti o, come auspicano alcuni, quelli che non parlano italiano). Fin qui niente di nuovo ma un particolare che, distratto, non avevo mai notato, mi colpisce. Da una parte ci sono i No Tav (chi sono? una rinnovata banda Bassotti?), anonimi (e l'anonimato rinvia al terrorista, al pericoloso) mentre dall'altra ci stanno la Presidente Bresso, il Presidente Saitta, l'Assessore Borioli, persone che hanno diritto a un nome, perché sono decenti, mentre gli altri, si capisce, sono teste calde, prodotti montanari extra-urbani. Ora ne capisco il senso, che va al di là del malcelato razzismo sparso a pugni tra le righe dei resoconti. In realtà non si parla di creature viventi, di problemi reali, di diritti violati, ma di astrazioni, di No Tav, appunto, figure ombrose che oggi sono qua e domani là e, alla faccia del parlare pulito dei sopraddetti presidenti e assessori saliti a Susa per spiegare al 'volgo' il busillis, non vogliono recedere. Ombre testarde. Ma non è vero, non è vero no. Hanno un corpo, una storia, dei desideri, delle sofferenze, una vita, una morte. Non sono bidimensionali come immagini di fumetti, sono umani che patiscono il freddo, che s'incazzano, che ridono, che bevono il vino caldo, che chiedono aiuti alimentari perché hanno uno stomaco, come me e te, ed hanno diritto a rispetto, hanno diritto a un nome. Lo hanno Luca e Francesca e Nico e Riccardo e Massimo... e quelli il cui nome ho dimenticato perché anch'io sono un vivente, con un corpo che patisce ed una mente che dimentica. Come la Valle che, però, non può dimenticare perché la sua memoria è la sua morfologia, il suo corpo, la sua tragica storia. Eppoi, cari signori, qui di nomi ce ne sono a profusione. Qualcuno ne ha addirittura due e lo scopriamo negli annunci mortuari, quando lo 'stranom' è più evidente del nome anagrafico, perché lo 'stranom' è amicizia, condivisione. Il nostro corpo si sporca, grida e piange, fa figli che bisogna mantenere, muore. Il nostro corpo merita onore come il corpo della Valle di Susa che, fraterna, ospita i corpi di chi non c'è più (quanti sono mancati in questi anni?) e prepara nuove nascite, forse nuove creature libere, non drogate dal profitto, senza titoli istituzionali, senza privilegi. Il papà di Francesca m'ha detto “Sai che è morto uno degli otto lupi del Parco? Luca ne è rimasto molto colpito...”. Luca e i lupi, l'amore e Francesca, l'età che passa e quella che arriva, mentre la Dora scorre, il cielo è d'alluminio ma il tutto è vero, solido, materiale. Ditelo al cardinale che questa materia è anima e che se vuole pregare venga qui dalla parte delle vittime e s'accorgerà che la sua mente ed il suo cuore si apriranno e imparerà dai pastori a dire parole sagge, che danno coraggio.
“Ma, Gioanin, perché una 'lettera al gusto d'arancia'?”. Perché mia nonna desiderava le arance, piene di sole e di succo e le succhiava, le teneva in bocca. Lei contadina, lei terragna. Il sole nel ventre. La tenerezza dei corpi. Un abbassarsi un poco per innalzarsi molto.

Lettera a Mandrake (ovvero il Grande Imbroglio)

Tutto è iniziato con il 'dar per scontato'. Il che, a ragionarci su, è una forma di dogmatismo prepotente che accompagna l'esercizio del potere, da quando qualcuno dichiarò “Così è” e bruciò sul rogo chi dissentiva. Non mi stupisco, quindi, caro Mandrake, che i nostri tempi siano una sorta di mega-illusione, più grande di molto rispetto a quelle che tu producevi. Ciò che, invece, mi fa strizzare le budella con effetti conseguenti, è la trasformazione di un'opinione, autoritaria fin che vuoi, in certezza.
Nessuno obietta all'affermazione “Il cielo sta sulla nostra testa” e solo Asterix teme che un giorno possa cadergli in testa. E' naturale che il cielo stia su e noi sotto. Non c'è da discutere. Così di 'scontato' in 'scontato' si è costruito un mappamondo di 'opinabilità certe', di 'particolarità totalitarie'. “Il mondo è piatto” si diceva un tempo oppure “Il Sole gira attorno alla Terra” e Galilei doveva chiedere scusa per aver scritto il contrario. Tutto questo perché “Dio lo vuole”, e giù massacri, stupri, sconcezze, apocalissi... Ora al potente autocratico dominio dei dogmi religiosi si è sostituita la filosofia dell'economia, la pratica del profitto, la strumentalizzazione selvaggia (chiedo scusa alle 'selve'). Il far soldi, ca costa lòn ca costa, diventa un comandamento. Ed allora che te ne importa di chi viene tagliato fuori, delle marginalità territoriali, dei guasti irrimediabili al piacere di vivere su questa Terra! “Bisogna”, ti rispondono. Bisogna, in nome del Progresso. La trama del Grande Imbroglio incomincia a delinearsi. Far soldi è l'equivalente del progresso che è l'equivalente della felicità, che è universale... Chi non lo capisce, chi non accetta, stia pure fuori, sempre che non ostacoli gli strombazzanti armamentari demolitori degli ostacoli.
Dillo ieri, dillo oggi, dillo domani, carota e bastone, elemosina e promozione, giornali, televisione, scuola, una certa dose di 'buonismo' e pian piano l'associata profitto-progresso diventa l'ovvio, l'ovvio diventa il bene e chi si tira fuori è automaticamente il retrogrado, il villano, lo zoticone o il terrorista. L'ultima chicca che sta girando come una zanzara, ripresa ovviamente dall'inglese (sempre in nome della modernità) è la frase “Non nel mio giardino”. Traduciamo. Che il 'giardino' sia tuo e non mio è già motivo di fastidio, ma lo è ancor di più l'idea stessa di ‘giardino', di accettazione armonica della natura, di felicità non di corsa, non accumulativa. Poi c'è la sottile interpretazione che ti fa comprendere come, ad esempio, i valligiani della Val di Susa, da sempre custodi delle montagne, siano egoisti a voler evitare lo scempio previsto dalla TAV, perché si tengono fuori dal progresso, perché ci tengono al 'giardino', perché non idolatrano un profitto che li esclude e li ha sempre esclusi. I Valsusini sono i reprobi, i nuovi diavoli. Il fronte degli inquisitori va da destra a sinistra e tutti fanno a chi grida più forte contumelie.
Vedi, caro Mandrake, perché non capisco più niente? Si sono capovolte le prospettive. La morte della montagna (microclima, falde, amianto – non allucinazioni catastrofiche ma realtà già altrove sperimentate) diventa vita e la vita, 'vivente' si spera, con le sue svariate possibilità di creatività, solidarietà, gioia di esserci, diventa un intralcio. Per questo bisogna ricondurre i Valsusini a più miti consigli, come una volta quando si mettevano gli alunni ribelli dietro alla lavagna, oppure, in tempi non lontani, nelle patrie prigioni!
Vedi Mandrake, in tutto questo orrido imbroglio di massa, chi sentenzia più forte se ne sta lontano da qui e la Tav non sfiorerà il suo giardino. E poi, mal che vada, potrà sempre andarsene ai Tropici, cercando di speculare anche lì. Ci sento puzza di 'machismo', a partire dai 'patri' valori, dalle esigenze della 'patria' (chiamata in causa oggi contro la Val di Susa e ieri, contro il mondo intero a fianco dell'ariano Hitler). A me pare, invece, bello essere accolto dalla Valle (al femminile), 'matria' di una energia, di una vita, di creature che non hanno mai fatto male a nessuno, non sono mai andate a sporcare nei giardini altrui ma, da sempre, hanno fatto da piedistallo, purtroppo, ai potenti di turno.
Non è ora di dire basta? Se ci riusciremo sarà bello vederti trasformare i manganelli in fiori, gli scudi in fieno, con le vacche pascolanti, ancora e sempre, nel giardino della nostra speranza.

Lettera a “qualcuno che sa”

Tempo fa ho letto sulle patrie gazzette un invito-consiglio-minaccia (tipico di certa gente!) a 'traslocare' dalla Val di Susa gli oppositori alla Tav. Il perché lo si sa. I giornali lo scrivono riportando voci dall'alto: i No Tav sono inquinati da anarco-insurrezionalisti e centri sociali. La cosa mi giunge nuova e a me, che sono cresciuto nelle speranze e nei sogni d'un radicale cambiamento sociale, il fatto che nelle terre della Dora ci siano tanti disposti all'insurrezione e, quindi, alla rivoluzione, mi riporta indietro negli anni, quando come una capra ancora camminavo e camminavo su per i sentieri alpini. Ma, ahimé!, sono tutte balle. Lo capisce chiunque. E per chi non è più giovane tutto ciò rinvia a passati tempi quando con le parole si faceva il pane e con la propaganda si moltiplicavano le vacche. L'Italia era un paese florido, si diceva, e chi mostrava i segni della fame lo si inviava in Africa a rubare terre ad altri legittimi nativi. Ma io sono 'soltanto' un cittadino, incazzato fin che vuoi, ma sempre soltanto un cittadino.
Quel che devo fare oggi me lo scrivevano, una volta, sui muri: Credere, Obbedire, Combattere. Molte pareti delle nostre case ricordano il motto che il tempo non è riuscito a cancellare, neanche il sangue dei partigiani. In cambio quel Qualcuno Che Sa e rappresenta gli alti poteri dello Stato (mentre i Valsusini sono periferia rompiballe) ci informa, per il nostro bene, che non le malattie, gli inquinamenti, gli scoramenti per le stupidaggini politiche, l'amianto, la perdita della gioia di vivere, ci portano rapidamente al declino, noi e i nostri eredi, ma i No-Tav ovvero gli anarco-insurrezionalisti, parola difficile da pronunciare e, credo, inventata da servizi segreti & c., i ragazzi dei centri sociali (isole di 'socialità' sempre più rara e, a detta del Qualcuno Che Sa, pericolosa). Per questo motivo, per salvare la purezza della razza ossequiente, quella del sissignore, viene 'consigliato' (verbo un po' mafioso) di allontanare (da dove?) i dissidenti che, ricordiamolo ai Valsusini increduli, sono tutti facinorosi, fanno scorta di sassi e sono pronti all'insurrezione.
Fa freddo. Bello sarebbe un po' di sole ad illuminare Valle e menti.
Al Qualcuno Che Sa, ideatore della proposta del trasloco (vecchia come il cucco e in Italia sperimentata in un'epoca oscura), voglio offrire io un invito. Mi sono informato (ero ancora troppo piccolo per essere 'pericoloso' a quell'epoca) ed ho ricuperato una parola: confino. Ecco! Mandiamoli tutti, questi diavoli dissidenti, non nei gulag (siamo un Paese troppo abitato), ma in luoghi dove di gente ce ne sia di meno e soprattutto sia impossibile far veicolare le idee. Mandiamoli dove il mare isola e si può parlare soltanto con i delfini!
Signor Qualcuno Che Sa, veda un po' Lei.
EccoLe un piccolo elenco di posti di confino: Lampedusa, Ustica, Ponza, Lipari, Ventotene, Tremiti, Brancaleone calabro...
Ripeto: con il freddo del nostro nord-ovest quando anche i lupi penano, magari...
Però, signor Qualcuno Che Sa, ci invii in estate, ci faccia fare delle vacanze, ci faccia vedere il mare che da qui è lontano. Ci faccia questo piacere! E, soprattutto, non Le venga in mente di collegare le isole con qualche ponte. Vanificherebbe il tutto! E non si sa mai, magari darebbe vita ad un nuovo dissenso, ad una nuova opposizione, a nuovi No-Ponte, e così la storia ricomincerebbe. Che farebbe allora? Ritrasferirebbe i confinati nelle valli del nord-ovest, tra i terroristi, gli anarchici e i pericolosi centri sociali? Dia ascolto a me, che sono vecchio. Si rinfreschi le idee, beva un buon bicchiere di vin brulé ai presidi e parli con la gente, con quella gente della Valle che le fa paura. Magari capirà qualcosa, magari le frulleranno altre idee, non più di carta ma di carne, di vita, di rabbia e speranza.
I terribili strangolatori, terroristi e soci se li cerchi nei romanzi di Salgari, magari seduto in poltrona, che lei avrà senz'altro, al caldo e non al freddo come nei presidi, ed immagini, immagini, immagini... Non fa male immaginare, ma non ci militarizzi la Valle.
Quella sì, la militarizzazione, ci fa male e ci offende. Cordialmente, da un terribilmente pericoloso ultra settantenne...

Gianni Milano

Canto una storia

Cantare voglio la Valle resistente
che molto ha dato e non ha chiesto niente,
i monti, il fiume, la gente che lavora
e nonostante tutto eccola ancora
unita nel dir no a questa furia
che trapana la terra ed è un'ingiuria,
difesa da milizie prezzolate
tolte da Oriente e in Valle trasportate
col sorriso sprezzante di chi crede
d'aver sempre ragione e più non vede
che a fronte c'è la vita, c'è la storia,
c'è l'umile onestà dei senza boria.
Canto chi non s'arrende e nella lotta
del quotidiano vivere ha la rotta
così che la milizia dei venduti
ai mafiosi e ai politici fottuti
più non comprende, compressa nella gogna
dietro al reticolato di vergogna.
Ma nella Valle il vento soffia ancora
e l'acqua scorre veloce nella Dora,
la lotta sarà dura ed è per tutti,
per quelli che non vogliono dei lutti
ma libera montagna verde e fiera
che ci abbraccia di fiori in primavera.

G. M.
(musicata e cantata da Margot Galante Garrone)