Sacco e Vanzetti
La storia infinita di Nicola e Bart
di Luigi Botta
Le ultime parole prima dell'esecuzione, i funerali, il trasporto delle ceneri dagli Stati Uniti all'Italia (fascista).
Nuove acquisizioni e verità nella tragica vicenda dei due anarchici divenuti simbolo “globale” della criminalità del potere.
Aveva visto giusto Bartolomeo
Vanzetti quando a Dedham, a conclusione del processo a carico
suo e di Nicola Sacco, rivolgendosi al giudice Webster Thayer
che in modo disattento anziché seguirlo si occupava d'altro,
aveva sostenuto che il nome del magistrato, anche quando le
sue ossa non sarebbero state che polvere, sarebbe risuonato
a lungo nella storia del mondo, perché responsabile di
un crimine contro l'umanità che i giusti avrebbero ricordato
per sempre.
A 85 anni dall'esecuzione, il caso di Sacco e Vanzetti, i due
anarchici accusati del duplice omicidio di South Braintree,
Massachusetts, avvenuto nel corso della rapina del 15 aprile
1920, sembra essere sempre più oggetto di attenzione,
nei contenuti della vicenda e nella vergognosa conduzione del
giudizio processuale, da parte dell'opinione pubblica di tutto
il mondo.
Ogni anno studi e ricerche si aggiungono a studi e ricerche,
nuovi libri vengono editati, documentari e filmati diffondono
ovunque gli estremi della vicenda, mentre pittori, poeti, cantanti,
attori tramandano, ognuno a modo proprio, la vicenda e i personaggi
che l'hanno vissuta e sofferta. Anche la filatelia e la numismatica
consolidano l'interesse verso il caso.
Incredibile a dirsi, ma ancor oggi, superando di fatto le notizie
che il tempo ha codificato e che la tradizione e la consuetudine
hanno tramandato, gli aggiornamenti, le revisioni, le riletture,
insieme alla scoperta di ulteriori e sconosciuti documenti,
forniscono nuovi e significativi spunti di conoscenza. Sembra
essere il destino di una vicenda che diventa un monito e che,
per non essere dimenticata, di tanto in tanto rivela nuovi e
significativi aspetti che il racconto del tempo – soprattutto
la consuetudine a riciclare il riciclato e la superficialità
nell'individuare le fonti alle quali attingere – ha forse
provvisoriamente celato.
Inseguiamo qui un dettaglio modesto, anche se importante, della
vicenda di Sacco e Vanzetti: la loro esecuzione, il funerale,
l'incenerimento e il trasferimento delle ceneri in Italia. Segnalando
fatti nuovi o dirimendo croniche o parziali inesattezze.
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Alcuni primi fotogrammi delle sequenze del film
The Good Shoemaker and the Poor Fishpeddler,
che mostra il funerale di Sacco e Vanzetti a Boston il 28 agosto
1927 (Brandeis University, Waltham; Boston Public Library, Boston),
così come riordinato da Jerry Kaplan con la supervisione
di Bob D'Attilio (Sacco and Vanzetti Commemoration Society,
Boston) |
Le ultime parole
La diffusione di un film come quello di Giuliano Montaldo
(Sacco e Vanzetti, Italia, 1971), diventato un vero caposaldo
per la rilettura dell'intera storia, proiettato migliaia e migliaia
di volte, con centinaia e centinaia di milioni di spettatori,
distribuito in videocassetta e dvd a tutte le latitudini, scaricato
milioni di volte in rete, ha rappresentato e rappresenta un
veicolo mediale eccezionale per la propagazione della conoscenza
del caso. Ebbene: quando nella notte tra il 22 e il 23 agosto
1927, dopo l'esecuzione capitale di Celestino Madeiros, il portoricano
autoaccusatosi dei crimini per i quali i due anarchici italiani
sono stati condannati a morte, prima Sacco e poi Vanzetti vengono
condotti di fronte al giustiziere Robert Elliot e alla sedia
elettrica, entrambi si rivolgono ai presenti, a modo loro. Il
regista ne offre una sua interpretazione.
Nicola Sacco, nel film, ripercorre mentalmente, come un mantra,
il testo della sua ultima lettera indirizzata al figlio Dante.
Bartolomeo Vanzetti, invece, colpisce nel profondo dei sentimenti
per quel convinto e inequivocabile “Viva l'anarchia!”
che pronuncia fieramente, senza lasciar spazio ad alcun ripensamento,
di fronte ai testimoni dell'esecuzione. Una versione, questa,
che è quella di Montaldo, ma che, è evidente,
viene ripresa da un testo preesistente. È quello del
dramma in tre atti che Mino Roli e Luciano Vincenzoni scrivono
tra il 1959 ed il 1960 e che viene portato in scena la prima
volta a Roma dalla Compagnia degli attori associati. Il testo
di Roli e Vincenzoni fa da base alla maggior parte delle rappresentazioni
teatrali contemporanee e attinge a pubblicazioni e studi precedenti.
In realtà, la notte dell'esecuzione, di fronte al boia,
ai testimoni e al direttore del carcere Warden Hendry, Vanzetti
non pronuncia alcun accenno all'anarchia ma intesse invece un
discorso compiuto sulla sua innocenza, ringraziando tutti per
il trattamento “umano e civile” che gli è
stato riservato.
È invece Sacco, quand'è già accomodato
sulla “sedia”, a pronunciare, con tono deciso e
convinto, la frase “Viva l'anarchia”. Poi si rivolge
ai figli, alla moglie e agli amici, augura la buona notte e
si commiata con “Farewell, mother!”.
La versione corretta è frutto della testimonianza di
William Playfair, reporter dell'Associated Press, estratto a
sorte già nel 1921 al momento della sentenza e chiamato,
unico giornalista, ad assistere all'esecuzione. Playfair annota
nel dettaglio le parole dette di fronte al boia dai due anarchici
italiani (non rileva, invece, le reazioni di Madeiros), ma non
le comunica per esteso ai quotidiani che ne danno notizia sin
dagli immediati lanci d'agenzia. Così le versioni, fornite
“a memoria” e con l'urgenza della pubblicazione
si differenziano, seppure di poco, le une dalle altre. E c'è
anche chi – periodico, libro, filmato, rappresentazione
– interpretando con estrema libertà le press
agency, fornisce versioni non proprio rispondenti al vero.
Solo nel 2007 la pubblicazione dei Reporters of the Associated
Press (edita da Princeton Architectural Press di New York
con la prefazione di David Halberstam), dà l'esatta versione,
così come trascritta da Playfair, di quanto dissero Sacco
e Vanzetti prima di finire i loro giorni. Ed emerge con certezza
che quel “Viva l'anarchia” non appartiene al pescivendolo
di Villafalletto, bensì al calzolaio di Torremaggiore.
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La scheda che certifica l'ingresso e la cremazione
di Nicola Sacco (archivio Forest Hills Cemetery, Boston) |
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La
scheda che certifica l'ingresso e la cremazione
di Bartolomeo
Vanzetti (archivio Forest Hills Cemetery, Boston) |
Il funerale
Le notizie sono scarse e anche i giornali limitano le loro
cronache. Ormai l'esecuzione è consumata (quella era
la vera notizia) e la segnalazione di quanto avviene a Boston
il 28 agosto 1927, giorno del funerale, non farebbe che accendere
ulteriormente gli animi accrescendo ancor più i già
numerosi problemi di sicurezza e stabilità politica del
Massachusetts (e non soltanto). I giornali tacciono o danno
informazioni molto diverse (in Italia La Stampa anticipa in
sesta pagina che “Soltanto 200 persone accompagneranno
le bare al cimitero”; negli Usa il New York Times titola
a una colonna citando settemila presenze; in Francia l'Humanité
titola di spalla in prima sui “400.000 travailleurs suivent
les cercueils de Sacco et Vanzetti”). Il documento che
più di ogni altro racconta il fatidico momento del trasferimento
delle salme in pubblico corteo, dalla Funeral home di Joseph
Langone, in North End, al cimitero di Forest Hills, è
il filmato che, in modo incompleto, la rete propone oggi in
diversi siti rendendo familiari e note le scene della gran quantità
di gente che segue i feretri attraverso Hanover street. Dal
filmato si intuisce la folla oceanica che accompagna le salme
dei due nell'ultimo loro percorso lungo le strade di Boston.
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L'ingresso del Forest Hills
Cemetery di Boston, dove il 28 agosto 1927 vengono cremati Sacco
e Vanzetti |
Anche la storia di questo filmato è particolarmente
controversa e la sequenza delle scene, sin qui mostrata, inesatta
e frutto di un montaggio che non ha tenuto conto della temporalità
dell'avvenimento e ha sovrapposto momento a momento e addirittura
introdotto più volte, in “spaccati” diversi,
le medesime sezioni di scena.
Il giorno prima del funerale il Moving Picture World, un giornale
che si occupa di industria cinematografica, segnala sulla sua
prima pagina che i filmati relativi al caso Sacco e Vanzetti
non verranno più distribuiti, anzi dovranno essere bruciati.
Anche questa è una misura “precauzionale”
che il governo statunitense sceglie di adottare per evitare
che la memoria possa troppo facilmente tramandarsi ed esasperare
chi intende non allinearsi (la Library of Congress di Washington,
proprio a causa del rogo della celluloide ordinato dallo stato,
possiede solo 13 minuti di riprese riguardanti Sacco e Vanzetti).
Con queste premesse e nonostante il divieto, alcune cineprese
si predispongono comunque, su invito del Comitato di difesa,
lungo il percorso di Hanover street. Non si sa, però,
cosa riprendano, quanto riprendano e quale fine facciano le
pellicole. Soltanto due o tre anni dopo, Gardner Jackson, già
giornalista del Boston Globe, animatore e segretario del Comitato
con Aldino Felicani ed altri, viene informato dell'esistenza
di qualche decina di metri di pellicola e riesce ad acquistare
per 1.000 dollari, presso una delle potenti agenzie cinematografiche
di Hollywood, una parte dei filmati. Li fa montare segretamente
a New York e li conserva in cassaforte. Sono due bobine in pellicola
da 35 mm.
Il 22 agosto 1930, in modo quasi carbonaro, auspice The Sacco-Vanzetti
National League, il filmato del funerale viene proiettato presso
la Town Hall di New York. Il 1931 ricompare a Boston, presso
l'Auditorium Scenic. Poi sparisce. Solo alla fine del 1950 Francis
Russell, nella fase di preparazione del suo libro Tragedy
in Dedham. The Story of the Sacco Vanzetti Case –
che verrà pubblicato in Italia nel 1966 per Mursia –,
con la collaborazione di alcuni ultimi componenti del Comitato,
ritrova il film. È molto mal messo. Un laboratorio di
restauro va giù in modo grossolano. Per ricomporlo taglia
e incolla come può. Nel 1959 viene mostrato alla Community
Church di Boston e infine concesso come donazione nel 1962,
insieme ad altro materiale sul caso, alla Brandeis University
di Waltham, Massachusetts, dove finisce nel dimenticatoio. Solo
nel 1970 torna ad essere riscoperto.
La Boston Public Library, che è prossima a ricevere in
donazione dagli eredi di Aldino Felicani l'intero materiale
d'archivio appartenuto al Comitato, provvede a promuovere due
copie negative del filmato, in 35 e 16 mm. La rimanenza è
storia recente, che si concretizza con la diffusione in rete.
Solo che il filmato del funerale – che possiede il titolo
originale The Good Shoemaker and the Poor Fishpeddler
– è totalmente fuori posto. Scene doppie, riprese
mal collocate, montaggio approssimativo e casuale. Così
la Sacco and Vanzetti Commemoration Society di Boston decide
di adoperarsi per riordinare il documento. Jerry Kaplan riprende
in mano le sei sezioni del film, che durano all'incirca sei
minuti. Le seleziona e le studia, eliminando le ripetizioni
e le riprese extra soggetto. Rimangono complessivamente 4'30
di proiezione. Li rimonta cronologicamente, seguendo scrupolosamente
i quarantatré stacchi di scena. L'intero filmato viene
pubblicato, il 22 agosto 2013, sul sito saccoandvanzetti.org,
che è la vetrina in rete della Society. Bob D'Attilio
(soprannominato per la sua grande conoscenza del caso “mister
Sacco and Vanzetti”) ripercorre con la dovuta precisione
tutta la storia de “La marcia del dolore” (altro
appellativo assegnato al film).
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“Rose” Zambelli e Luigina
Vanzetti il giorno (22 agosto 1927) che anticipa l'esecuzione
del marito e del fratello, si dirigono verso il carcere di Charlestown,
Boston, dove i loro cari sono detenuti |
“Omicidio giudiziario”
“Judicial homicide”. Da Hanover street i feretri
di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vengono trasportati al
Forest Hills Cemetery, tappa finale di questa dolorosa marcia
che pone fine alla vicenda terrena dei due anarchici italiani.
C'è la pioggia torrenziale, ci sono gli scontri con la
polizia. Il corteo si disperde e chi riesce ad arrivare staziona
all'esterno del luogo dei morti, in attesa che la più
penosa delle operazioni, la cremazione, abbia a compiersi. Luigina
Vanzetti, Dante e “Rose” Sacco sono chiusi in un'auto
con le tendine tirate. Alcuni componenti del Comitato occupano
un'altra auto. Anche se le salme sono note e la presenza di
una folla ancora straboccante non lascia dubbi circa l'identità
delle due sepolture giunte al cimitero, l'impiegato di turno
deve prendere atto, come da prassi, dell'identità dei
morti.
E capita la più incredibile delle storie, che nessuno
prima d'ora ha mai pubblicato nero su bianco, né negli
Stati Uniti, né in Italia, né altrove. L'incaricato
alla compilazione dei documenti compie un atto eroico che, all'epoca,
gli sarebbe potuto costare estremamente caro. Nel segnalare
che Nicola Sacco – scheda n. 10201 – e Bartolomeo
Vanzetti – scheda 10202 –(rispettivamente di 36
e 39 anni) sono deceduti il 23 agosto 1927, indica che sono
stati cremati il 28 agosto (il giorno stesso del funerale) e
le ceneri consegnate il giorno 29 (presumibilmente all'impresa
di pompe funebri Langone, che è citata in fondo alla
scheda). Come causa di morte segnala: “electric shock”,
vale a dire scarica elettrica, in conseguenza a “Judicial
homicide”, cioè “Omicidio giudiziario”.
Proprio “Omicidio giudiziario”!
In pratica indica, a futura memoria (in effetti la scoperta
è recentissima), qual è il suo pensiero. Gli assassini,
per lui, sono i giudici; e non Sacco e Vanzetti, indicati invece
come vittime.
Le ceneri, divise o mescolate? Le ceneri, negli Stati Uniti,
possono circolare liberamente. Ritirate dal Forest Hills Cemetery,
vengono consegnate dall'impresa Langone al Comitato di difesa.
È previsto, per le medesime, un lungo tour in numerose
città americane. Ma si soprassiede, preferendo far circolare
le maschere mortuarie, anche per evitare lo scontro con la polizia
(che di fatto sconsiglia – cioè impone –
di portare in giro i resti dei due anarchici).
Il 31 agosto, due giorni dopo la consegna delle urne, “Rose”
Sacco e Luigina Vanzetti incontrano i componenti del Comitato
per decidere il da farsi. Viene concordato che una parte delle
ceneri di Sacco venga deposta presso il cimitero di Malden,
dove dimora la famiglia. La rimanenza sarà portata in
Italia dalla sorella di Vanzetti, che provvederà a darvi
sepoltura, in contemporanea e nello stesso luogo a quelle di
Bartolomeo.
Luigina lascia Boston l'ultima settimana di settembre e si imbarca
sul transatlantico Mauretania. Porta con sé le due urne.
L'una contiene i resti di suo fratello e l'altra ciò
che è destinato all'Italia del compagno di sventura Nicola
Sacco. Approda a Cherbourg-Octeville, il porto francese poco
distante da Le Havre, il 4 ottobre. Siccome il trasferimento
dei contenitori con le ceneri – per le quali non è
consentita la libera circolazione – è previsto
con un furgone speciale, piombato, la donna incontra la polizia
e le autorità locali per ricevere ordini. Il commissario
di pubblica sicurezza Leluc, con gli ispettori Royère
e Lasserre, salgono sulla nave e la obbligano ad aprire il baule
già sigillato, indirizzato a Villafalletto e pronto per
essere consegnato al furgone e quindi alle ferrovie francesi.
Vogliono vedere quel che c'è dentro. Appurare che non
si nasconda qualcos'altro. Estraggono la cassetta che contiene
le due urne, ne accertano il contenuto, tornano a impiombare
il baule.
Fanno firmare a Luigina un verbale di responsabilità.
La versione italiana: “Affermo che le ceneri di mio fratello
e del suo disgraziato compagno sono state divise tra il Comitato
Sacco-Vanzetti e me. Una parte è rimasta in America,
l'altra è in mio possesso ed è stata suggellata
in mia presenza dal commissario di polizia per essere spedita
in Italia, via Modane. Nessun'altra particella di cenere è
stata distratta”. La versione francese, che riporta alcune
modeste differenze: “Je jure, sur la mémoire et
les cendres de mon frère, que son cendres et cendres
de Sacco sont partie en Amérique, partie dans l'urne
que je transporte. Je jures encore que je n'en al pas [sic!]
envoyè en France ou ailleurs à des lieurs, et
que personne n'à pu en envoyer”.
A ricevere Luigina al porto ci sono anche gli anarchici Louis
Lecoln e Séverin Ferandel, ai quali viene posto assoluto
divieto di salire sul transatlantico. I due incontrano però
il commissario Leluc e gli segnalano che il Comitato francese,
prevedendo l'isolamento della sorella di Bartolomeo imposto
dalla polizia (con lo scopo di rendere impossibile la manipolazione
delle urne), si era fatto spedire da Boston una porzione delle
ceneri, giunte sane e salve a Cherbourg viaggiando come pacco
postale col piroscafo Ile de France che aveva solcato l'Atlantico
tre settimane prima (non è chiaro se si tratti di semplice
provocazione o la notizia corrisponda al vero). Detto ciò
Lecoln e Ferandel rientrano con rapidità a Parigi per
presentare richiesta all'autorità governativa di sfilare
in corteo nelle strade del centro, con le ceneri in loro possesso
e con le maschere mortuarie dei due martiri, anch'esse arrivate
col medesimo sistema. La manifestazione, naturalmente, viene
negata. Così decidono di esporre le urne (o l'urna?)
contenenti la porzione francese delle ceneri nella vetrina di
un magazzino del centro.
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Giovampietro Isaia, Guido e Giovanni
Ramonda, fotografati a Villafalletto con l'urna destinata a
contenere le ceneri di Bartolomeo Vanzetti (Istituto Storico
Cuneo
e Provincia, Cuneo, Fondo Bartolomeo Vanzetti) |
Semplici cilindri in rame
Luigina Vanzetti lascia Parigi l'8 ottobre. Viaggia in treno,
da sola, in uno scompartimento di seconda classe. Il contenitore
con le urne, invece, è accompagnato a parte da due gendarmi.
Fa frontiera a Modane. Il Piemonte ormai è a due passi.
La donna vede avvicinarsi il suo paese, Villafalletto, dove
i resti del fratello e quelli del compagno Sacco, secondo le
volontà espresse a Boston, devono essere sepolti nel
cimitero cittadino. Le formalità di rito per lo sdoganamento
dei resti dei due anarchici impongono troppo tempo e pertanto
lascia da sola il luogo di frontiera e raggiunge Torino il 9
ottobre. Il giorno stesso prosegue, inattesa, per Villafalletto,
il paese nativo di Bartolomeo Vanzetti. Il 10 ottobre è
a Cuneo dove cerca di ottenere il nulla osta per il trasporto
delle due urne, che sono ancora a Modane. E lì rimangono
sino al 13 ottobre, quando finalmente Luigina, dopo aver raggiunto
Torino e inoltrato nuove domande, riesce a far svincolare il
carico.
Dopo alcuni contatti con i parenti di Sacco, contrariamente
a quanto stabilito in precedenza, viene deciso che i resti saranno
destinati a Torremaggiore, in Puglia, paese nativo di Nicola
Sacco. Rimarranno a Villafalletto alcuni giorni, in attesa che
il fratello possa giungere dal Sud. Il 14 ottobre, scortato
da alcuni commissari di polizia, il convoglio che trasporta
le ceneri si ferma nella stazione di Villafalletto. Vengono
fatti saltare i sigilli al carro: una cassetta da imballaggio
di una fabbrica francese di cioccolato è al centro del
vagone. È portata nella sala d'aspetto. Eliminata la
ceralacca e aperto il contenitore, si estraggono le due urne,
che sono immerse in trucioli di legno, avvolte in carta celeste
e tenute insieme da una cordicella fissata con altra ceralacca
recante il timbro di Cherbourg. Sono semplici cilindri in rame,
chiusi con un coperchio a cerniera. Su ogni cilindro compare
il nome, distinto, dell'uno e dell'altro condannato a morte.
Dopo poco, alle ore 11, l'urna coi resti di Nicola Sacco riparte
per Torino. Non si attende l'arrivo di alcun parente e tanto
meno si accetta la proposta di Luigina di continuare ad essere
lei stessa l'accompagnatrice dei miseri resti. L'ordine è
tassativo: le autorità fasciste impongono che l'urna
viaggi con urgenza verso Torremaggiore. L'ultimo capitolo di
questa storia deve chiudersi in fretta. È accompagnata,
in un comune scompartimento, da alcuni agenti di polizia.
Alle ore 14 si celebrano i funerali di Vanzetti: il contenitore
in rame viene posto in una cassetta lignea predisposta in precedenza.
Dalla stazione parte il corteo che si dirige in paese superando
quel ponte sul Maira che Bartolomeo Vanzetti aveva più
volte ricordato nei suoi testi e nelle sue lettere. Superato
anche l'ostacolo dell'accesso al camposanto, che sembrava insormontabile
(nei giorni precedenti pareva non esserci il nulla osta della
chiesa alla sepoltura, in conseguenza al rifiuto di Vanzetti
di comunicarsi), le ceneri trovano momentanea collocazione nella
tomba dei Caldera.
Il giorno successivo, 15 ottobre, un sabato, Sabino Sacco viene
invitato a raggiungere San Severo dove, allo scalo ferroviario,
è previsto l'arrivo del convoglio che trasporta l'urna
con le ceneri del fratello. La medesima viene poi trasferita
su un camioncino chiuso e quindi trasportata a Torremaggiore.
Il corteo funebre, che è composto dal solo Sabino scortato
da un commissario di pubblica sicurezza, segue via Carlo Alberto
e quindi il viale del cimitero. C'è parecchia polizia.
Un po' di gente assiste ai lati della strada. Ai familiari viene
impedito di prendere parte alla cerimonia. L'urna è collocata
in un loculo la cui lapide non presenta altra indicazione al
di fuori del nome e cognome e della data di nascita e di morte.
La tumulazione, per dimenticanza, non viene segnalata sul Registro
dei morti. Settant'anni dopo, il 14 novembre 1998, Torremaggiore
dedica un monumento funebre alla memoria di Ferdinando “Nicola”
Sacco e il contenitore con le ceneri, trasportato dalla nipote
Maria Fernanda, viene trasferito dal vecchio loculo all'apposita
nicchia destinata a ospitarlo per sempre.
L'intero percorso seguito dalle urne con le ceneri, dalla consegna
al Forest Hills Cemetery sino all'arrivo ai rispettivi cimiteri
italiani, costellato da una documentazione copiosissima che
segue giorno per giorno il cammino dell'“ingombrante”
(perché soggetta all'attenzione del mondo intero) presenza,
rende poco attendibile l'ipotesi – frutto probabilmente
di una diceria popolare sorta già al tempo del trasferimento
dagli Usa all'Italia e poi consolidata perché mai messa
in dubbio – che le ceneri di Nicola Sacco e di Bartolomeo
Vanzetti siano state prima mescolate e poi ridistribuite nelle
due urne. Troppi elementi testimoniano il contrario. Tra cui
la scelta, presa sin da subito da Luigina Vanzetti e da “Rose”
Sacco, di mantenere integre e distinte le porzioni di ceneri
destinate ai rispettivi camposanti italiani. Diversa, forse,
la situazione per quanto riguarda le parti destinate, invece,
ai Comitati di Boston e di Parigi.
Luigi Botta |