Sardegna/1
No Radar: né qui né altrove
di Laura Gargiulo
Nel 2010 la mobilitazione popolare aveva bloccato la costruzione di numerosi radar sulle coste sarde.
Oggi lo stato ritorna con il suo progetto di distruzione del territorio... e non solo.
Prima hanno invocato la lotta
contro l'immigrazione clandestina, poi la pirateria, infine
il controllo delle coste per evitare gli incidenti in mare,
domani chissà. La fantasia non sembra mancare allo stato
che, dopo il tentativo del 2010, fallito grazie ai comitati
nati spontaneamente sul territorio, dimostra di non aver abbandonato
i vecchi sogni di gloria e presenta un progetto di costruzione
di tre nuovi radar Uts presso l'Isola della Bocca (Olbia), Capo
Sandalo (Carloforte) e l'isola dell'Asinara (Porto Torres).
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Porto Torres. Nell'orto del centro sociale Pangea |
Ma cos'è un radar Uts e quali danni provoca?
Il radar proposto è un dispositivo di grande potenza
e a forte impatto, tanto sulla salute ambientale che su quella
umana; ne esistono due tipologie: uno di media portata, capace
di emettere impulsi di microonde della potenza di 25Kw e un
altro di profondità, capace di emettere impulsi della
potenza di 50Kw, come previsto nel progetto presentato per l'Isola
della Bocca di Olbia con un sistema di potenza superiore a 50Kw.
La pericolosità delle emissioni di microonde è
oggetto di studio di numerose ricerche epidemiologiche che hanno
dimostrato come siano causa sia di un aumento di patologie tumorali
nell'uomo (leucemie e linfomi in particolare) sia nocive per
l'ambiente, in particolare per gli uccelli migratori, gli insetti
impollinatori e i grande cetacei che risultano fortemente disturbati
dalle emissioni. È facile immaginare, quindi, quale impatto
un sistema del genere possa avere ad esempio sull'Isola dell'Asinara,
classificata sia come zona Sic (sito di interesse comunitario)
sia come zona di protezioni speciale per i volatili.
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Il fisico Massimo Coraddu, intervenuto
durante l'assemblea pubblica No Radar Asinara, per spiegare
gli effetti delle microonde |
Ucci ucci sento odor di soldatucci
Ma
la vita dei pennuti cos'è in confronto agli interessi
della Nato? E sì, perché le rassicurazioni della
guardia costiera, che sottolinea come i radar siano a solo uso
civile, vengono messe in discussione, o meglio sbugiardate,
niente poco di meno che da una delle massime autorità
Nato, l'ammiraglio Samuel J. Locklear III, comandante per il
Sud Europa e per l'Africa, il quale ha affermato nel corso del
vertice Nato tenutosi a La Maddalena (4-5 luglio 2011) che “i
nuovi radar sono indispensabili per la Nato”. E per fare
cosa? Salvaguardare le coste? Non rientra nelle mansioni proprie
della Nato. La rete dei radar, infatti, verrà integrata
in un sistema militare di intelligence e di sorveglianza, denominato
C4isr, ossia un sistema di controllo ramificato sul territorio,
basato sulla centralizzazione delle informazioni e finalizzato
alla pianificazione di azioni militari in tempo reale. L'idea
di creare una perfetta mappa elettronica del territorio, dove
esercitare quello che viene denominato “l'ampio spettro
del dominio totale”, rientra nel progetto denominato Forza
Nec finalizzato a costruire in maniera diffusa sul territorio
sensori capaci di canalizzare le informazioni verso i centri
decisionali in tempo reale, decidendo così l'intervento
sul campo in modo più tempestivo. Basti pensare che gli
investimenti previsti per il progetto Forza Nec girano intorno
ai 22 miliardi di euro in un arco di 25 anni, di cui attualmente
ne sono stati spesi 475 milioni, per capire l'importanza che
questo riveste nei prossimi scenari internazionali.
Il carattere militare di queste strutture, inoltre, è
definito dalla stessa legislazione (articolo 33 della legge
1 agosto 2002 n.166), con la quale si stabilisce che “le
opere di edilizia relative a fabbricati da destinarsi a comandi
e reparti delle capitanerie di porto e guardia costiera, comprese
quelle dei sistemi di controllo dei traffici marittimi, sono
equiparati alle opere destinate alla difesa militare”.
In poche parole, qui non si tratta di strutture civili ma a
tutti gli effetti di strutture militari.
Se tutto ciò non bastasse per nutrire qualche dubbio
sulla natura di questi radar, basta riflettere sull'effettiva
capacità dei radar Uts di prevenire gli incidenti navali.
In Sardegna, ad esempio, dove è operativo uno di questi
radar, in cima al faro di Guardia Vecchia nell'isola de La Maddalena,
il traghetto che svolge servizio Palau-La Maddalena è
finito fuori rotta andando in secca per ben tre volte negli
ultimi due anni. Nello stretto di Messina, dove sono operative
tre di queste installazioni, un mercantile è andato fuori
rotta sfiorando la tragedia. Le motivazioni degli incidenti
in mare, quindi, sembrano avere altra natura, come denunciano
gli stessi sindacati dei portuali, tra cui il cattivo stato
delle navi, gli equipaggiamenti ridotti all'osso, mal pagati
e poco professionali, oltre ai controlli di sicurezza insufficienti.
In risposta, dunque, alle motivazioni portate avanti dalla guardia
costiera, il sistema Uts mostra di non rappresentare una valida
alternativa al sistema Ais, già in uso, basato su trasmissioni
radio in banda Vhf con una potenza assai minore rispetto a quella
dei radar Uts.
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30 giugno 2013, assemblea pubblica del
Comitato No Radar Asinara presso il Csoa Pangea |
Ci mobilitiamo perché...
Se lo stato si attrezza per mettere in atto i propri progetti,
le comunità non stanno a guardare. Nelle tre zone interessate
si sono costituiti, infatti, dei comitati spontanei con l'obiettivo
di lottare contro la costruzione dei radar attraverso il coinvolgimento
delle comunità locali poiché, come si legge nel
volantino del comitato No Radar Asinara, “solo attraverso
la partecipazione diretta e di tutti è possibile ridisegnare
una nuova prospettiva per il territorio”. Oltre al rifiuto
di questa ennesima servitù militare (ricordiamo che l'isola
dell'Asinara è stata per anni ceduta all'uso del carcere
di massima sicurezza) e i suoi danni, c'è la volontà
di riappropriarsi del proprio territorio a partire dalla sua
naturale vocazione e potenzialità. Il comitato No Radar
Asinara, ad esempio, rivendica la necessità di:
- investire in progetti di ricerca sul patrimonio archeologico,
paesaggistico e faunistico dell'isola;
- costruire un modello di turismo a impatto zero dal punto di
vista ambientale che valorizzi la cultura fuori dai cliché
folkloristici;
- organizzare percorsi di agricoltura sociale tesi al rilancio
del comparto agricolo e alla realizzazione di percorsi di inclusione
sociale;
- creare occupazione per il personale del comparto industriale
in dismissione nell'ambito del recupero e della tutela del territorio
attraverso la formazione professionale;
- includere il comparto della piccola marineria di Porto Torres
nel potenziamento del sistema di collegamento tra l'isola e
la terra ferma.
La lotta contro il radar, quindi, diventa lotta per la riappropriazione
del proprio territorio e rilancio dell'Asinara come esempio
di sviluppo alternativo per tutto il territorio circostante
che oggi più che mai vede i frutti della politica industriale:
macerie, inquinamento e disoccupazione.
Lottare contro i piani dello stato per iniziare a ridisegnare
una nuova idea di territorio.
Laura Gargiulo
L'esperienza del comitato No Radar di Olbia
raccontata da chi combatte contro l'installazione
né qui né altrove
La
lotta No Radar a Olbia parte nel novembre del 2011 quando,
grazie ai contatti che si avevano con il movimento No
Radar Sardegna, scopriamo che Italia Nostra riceve risposta
dalla capitaneria di porto in merito alla loro istanza
sulle installazioni radar in Sardegna. Da questo, la certezza
che ci sia da parte loro la volontà di installare
i radar a Olbia, Golfo Aranci e Siniscola. Immediatamente
ci attiviamo, in pochi, ma molto incazzati! Come prima
cosa organizziamo un'assemblea informativa a Olbia sull'installazione
del radar con la presenza del fisico Massimo Coraddu;
all'assemblea assiste anche il presidente della commissione
scientifica del comune di Olbia che, come prima cosa,
ci chiede di inglobarci nei gruppi ambientalisti già
presenti sul territorio.
Qui la nostra prima risposta ferma e chiara, che ha fatto
in modo di tenerci uniti nel combattere fino ad oggi:
l'indipendenza del comitato da qualsiasi gruppo già
presente e un'identità apolitica e apartitica (come
gli altri comitati No Radar sardi), lontano dalla delega
istituzionale come speranza della risoluzione dei problemi.
La nostra convinzione, infatti, è che solo la mobilitazione
popolare possa veramente fermare queste installazioni.
Con questo spirito muoviamo i primi passi organizzando
una passeggiata informativa, informative scolastiche,
volantini, sit in e altro. Nel 2012 riusciamo a scuotere
anche Siniscola, che si organizza con un comitato proprio
ottenendo un buon interesse cittadino e il no del consiglio
comunale tutto all'installazione del radar, e in contemporanea
il quasi no (quasi perché tranne a parole non c'è
niente di ufficiale) della commissione ambiente di Olbia
all'installazione del radar all'Isola della Bocca. L'ennesima
svolta ad aprile, quando ci avvertono che la guardia costiera
ha convocato comitati ambientalisti e non solo, comunicando
loro che causa crisi economica i siti per le installazioni
da undici passano a tre: Asinara, Olbia, Carloforte.
Ripartiamo all'attacco, facciamo nuovi volantini, organizziamo
presidi sulla spiaggia di fronte all'Isola della Bocca
(zona scelta per l'installazione), volantinaggio porta
a porta nella zona residenziale più vicina al sito
di installazione e assemblee cittadine. Intanto il comune
viene chiamato dalla capitaneria per discutere sul radar
(qui la certezza di un'imminente volontà di installazione);
ci chiedono aiuto per il confronto e, anche se non riusciamo
a farci invitare, accettiamo. Quello che sappiamo di questa
riunione è che le nostre domande mettono in difficoltà
la guardia costiera convincendo i presenti a dire no all'installazione.
Questo non basta: la priorità è informare
e creare un blocco popolare che vigili e sia pronto a
contrastare questa installazione. Cresciamo di numero.
A metà agosto facciamo un'altra assemblea informativa
con l'ingegnere aeronautico Luigi Fenu; da qui decidiamo
di puntare di più sulle scuole proponendo informative
negli istituti e naturalmente condividendo azioni con
il comitato No Radar dell'Asinara. Da poco, c'è
stata una proposta della capitaneria (pubblicata sul giornale
locale La Nuova Sardegna) che tende una mano al comune
proponendo (se proprio insistiamo), di abbandonare la
proposta di sito all'Isola della Bocca cercandone insieme
(con il comune) un altro.
La nostra risposta è: No Radar né qui né
altrove.
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