Continua la deportazione degli uomini-ombra
Mi era da poco arrivata una
disperata lettera da un uomo ombra, Carmine Aquino, dal carcere
di Torino. Carmine si è appena laureato e ha usufruito
di un breve permesso di necessità da uomo libero.
Caro Carmelo,
vogliono spedirmi in Sardegna. Cose da folli. Ti prego da
fratello di darmi una mano per far conoscere la mia storia.
Fai sapere che a causa delle mie condizioni cliniche sono al
CDT (Centro Diagnostico Terapeutico) di questo carcere dal dicembre
2001. Che, dall'anno 2004 al 2010, il Tribunale di Sorveglianza
di Torino per motivi di salute mi ha concesso tre periodi di
detenzione domiciliare, per complessivi 28 mesi e sono rientrato
in carcere ad ogni scadenza, di cui l'ultima in data 10 giugno
2010. Che ho una moglie e due figlie che risiedono a Torino.
Che fra l'altro sono anche affetto da depressione cronica che
mi ha portato a tentare il suicidio due volte.
Carmelo aiutami, mi stanno portando a morire.
Carmine
Ora, mi arriva una seconda lettera di Carmine.
Caro Carmelo,
mi trovo dall'undici gennaio in Sardegna, lontano dai miei
familiari, che in disagiate condizioni economiche non potranno
venire al colloquio. E sono in un carcere non dotato di CDT,
quindi non adatto alle mie problematiche condizioni cliniche.
Polo universitario inesistente (ho pagato la tassa a Torino,
704 euro). Sappi che prima di partire ero in condizioni cliniche
discrete, ora sono sprofondato in una brutta ricaduta depressione,
insonnia, innapetenza e tanta voglia di non vivere. Caro Carmelo,
sono stanco e confuso. Molto confuso. Ti prego di aiutarmi ad
essere un po' lucido per uscire da questa trappola mortale.
Dammi un po' di lucidità, sto assumendo molti psicofarmaci
e antidepressivi e sono molto giù.
Ti abbraccio forte forte.
Carmine
La storia della deportazione degli uomini ombra si ripete, quello
che è accaduto a me a Marcello Dell'Anna e a Santo Barreca
(questi ultimi trasferiti da più di un anno in Sardegna)
sta accadendo anche a Carmine.
Anche Marcello ed io abbiamo usufruito di permessi di necessità
per andarci a laureare da uomini liberi.
Sembra quasi che i burocrati del Ministero di inGiustizia si
accaniscano con gli uomini ombra che studiano e rientrano, sapendo
di non poter più uscire, con le loro gambe in carcere.
I ministri vanno e vengono, ma certi funzionari ministeriali
sono lì da sempre e penso che se il carcere è
diventato uno dei luoghi più illegali di qualsiasi altro
luogo la colpa è anche forse soprattutto la loro.
Spesso mi domando come fa il carcere a rieducare se sei sbattuto
come uno straccio da un carcere all'altro, lontano da casa,
chiuso in una cella come un cane, privato degli affetti e di
umanità? Eppure la legge indica che nel disporre i trasferimenti
deve essere favorito il criterio di destinare i detenuti in
carceri prossimi alla residenza della famiglia.
La legge stabilisce anche che “la detenzione deve avvenire
nella maggioranza dei casi in una località il più
possibile vicino all'ambiente familiare”.
E mi domando: come mai questi funzionari, che oltretutto vengono
anche pagati profumatamente, sono sopra la legge? Poi penso
anche che la legge degli uomini ombra sia dalla nostra parte,
la legge di Dio pure ed altrettanto la legge del cuore e dell'amore.
Per questo chiedo alle persone di buona volontà: perché
nessuno fa nulla per fermare gli uomini dal cuore nero del Ministero
di inGiustizia che gestiscono le sorti dei prigionieri e delle
loro famiglie in modo così crudele e disumano?
Possibile che questi uomini non riescano a cogliere la differenza
tra un ordine giusto e uno che non lo è?
Carmelo Musumeci
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Roma, 25 dicembre 2013 - La “marcia di Natale”
promossa dai Radicali e da numerose associazioni politiche,
del volontariato, ecc. per denunciare la situazione nelle carceri
e della giustizia in Italia e per richiedere indulto e amnistia.
E contro l'ergastolo |
Pena di morte o ergastolo?
(le risposte di otto ergastolani)
Per coinvolgere
più prigionieri e per avere una testimonianza dal
basso ho scritto a diversi ergastolani sparsi nei vari carceri
chiedendo a loro: “Preferisci la pena di morte o l'ergastolo?”
ed ecco alcune loro risposte:
- Io credo che molto dipenda dallo stato d'animo in cui
una persona si trova, ci sono dei momenti che si desidera
solo morire, a volte vivere per sperare di uscire, anche
se vecchio e acciaccato, gli ultimi anni fuori di questi
luoghi.
(Mario da Sulmona, venticinque anni di carcere fatti)
- Bella domanda! Posso parlare per me: quando ho avuto
l'ergastolo preferivo la pena di morte, anzi l'ho desiderata,
ma pensando a tanti ergastolani con figli, per loro penso
che non sia giusto. A ogni modo una morte bianca l'abbiamo
lo stesso.
(Antonio da Parma, ventidue anni di carcere fatti)
- Io sinceramente preferirei la pena di morte: è
rapida e non soffri e soprattutto non devi subire giornalmente
mille abusi e soprusi. L'ergastolo in un certo qual modo
equivale alla pena di morte perché lo stato ti sopprime
piano, piano; il che è molto più annientante
sotto il profilo psicofisico e morale, rispetto alla pena
di morte vera e propria.
(Pasquale da Catanzaro, trentaquattro anni di carcere fatti)
- Una domanda difficile cui non sono sicuro di poter
rispondere esprimendo il mio vero pensiero, poiché
se in alcuni giorni la voglia di vivere sembra superare
ogni ostacolo, in altri invece quando penso che per tutta
la vita dovrei sottostare ai voleri altrui, preferirei la
morte.
(Salvatore da Volterra, ventotto anni di carcere fatti)
- La domanda sinceramente è molto violenta e poco
risolutiva, poiché so per certo che una vita trascorsa
qui sarebbe come morire con un'agonia interminabile, ma
con una flebile speranza che alimenta la voglia di andare
avanti. La morte l'ho pensata tante volte e con la più
sincera verità propenderei per la speranza di vivere,
affinché la stessa vita mi desse modo di riscattare
il mio diritto all'acquisizione di uno spazio di liberta.
(Giovanni da Opera Milano, ventinove anni di carcere fatti)
- Domanda da un miliardo di euro. Se non avessi i miei
figli e la mia compagna e in tutti i casi una buona ragione
per soffrire preferirei la pena di morte perché l'ergastolo
è l'idea di essere condannato a morte rimanendo vivi.
(Alfio da San Gimignano, ventiquattro anni di carcere fatti)
- Pena di morte, però una cosa sbrigativa, non
come in America che ti ammazzano dopo tanti anni. In tutti
i casi, in modo diverso sono entrambi spegnimento di vita.
(Vincenzo da Novara, ventotto anni di carcere fatti)
- L'ergastolo lascia sempre una speranza, ma volendo
guardare in faccia la realtà, allo stato attuale,
a come vengono applicate le leggi, per tutto ciò
che provoca l'isolamento e la lontananza del carcere, forse
sarebbe meglio la pena di morte, sicuramente meno dolorosa.
(Francesco da Spoleto, ventinove anni di carcere fatti)
Queste sono alcune delle testimonianze dal “Paese
dei morti viventi”. Penso che in Italia siamo riusciti
a sconfiggere la pena di morte ufficiale, ma non siamo riusciti
a sconfiggere la cultura della pena di morte. E forse molti
sono contrari alla pena capitale solo perché è
più crudele tenerci in vita.
Carmelo Musumeci
Carcere di Padova dicembre 2013 |
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