Pensando al neorealismo
di Bruno Bigoni
Il problema che mi propongo di
esaminare è se esiste in Italia un cinema politico.
Un cinema che affronta problematiche sociali e culturali può
ancora essere considerato un cinema d'intervento politico? Se
guardiamo indietro, il nostro cinema ha sempre avuto la vocazione
a raccontare i costumi e i comportamenti degli Italiani. Partendo
dal neorealismo, sviluppatosi a cavallo della guerra e fino
agli anni 60, con le commedie di costume, il cinema italiano
ha lasciato una traccia nel solco della storia della cultura
italiana in generale e nella storia del cinema proprio per la
sua capacità di raccontare la realtà.
Oggi sono cambiate le prospettive storiche, le condizioni sociali
e culturali, diversi gli accenti e diversi mezzi espressivi,
per non parlare dell'avvento della rivoluzione digitale, ma
il nostro proposito in questo scritto è quello di interrogarsi
e di considerare gli atteggiamenti che hanno oggi gli artisti
di fronte ai problemi morali ed estetici che si formano nelle
loro coscienze, di esaminare le speranze che hanno diffuso nelle
proprie opere e di guardare e mettere in evidenza i mezzi espressivi
che essi ritengono di adoperare per esprimere tutto questo.
Il modo è quello di andare al cinema e non lasciare che
il film sia solo puro intrattenimento, ma anche pensiero, riflessione
e domande.
Gli autori contemporanei, il cinema che vediamo nelle nostre
sale, esprimono un atteggiamento morale di protesta, di critica,
di desiderio di trasformazione sociale? E il cinema può
ancora aspirare a tale trasformazione?
Difficile dare una risposta. Il cinema contemporaneo è
condizionato da un'industria malata e ben poco lungimirante,
totalmente indifferente alle trasformazioni sociali. Per cui,
pensando al neorealismo e alla carica che quel cinema seppe
imprimere allo sviluppo e alla crescita della nostra società
del dopo guerra, ci chiediamo se gli atteggiamenti che gli artisti
del neorealismo ebbero di fronte alla realtà, di fronte
agli uomini e alle istituzioni, siano ancora validi (riconoscibili)
e in che misura, (anche in tempi mutati), in una realtà
diversa, in una diversa alienazione umana, in una diversa oppressione
dei valori della ragione. I cineasti e gli artisti contemporanei
sanno dare risposte esaustive con film che parlino di noi e
che ci pongano sempre in una condizione di disagio, mai appagati,
mai riconciliati?
A tali domande, la mia risposta è sì. Almeno in
una parte dei casi. Esiste sì un cinema forte, di denuncia,
di ricerca che va visto e sostenuto. La vera domanda è
un'altra: esiste ancora un pubblico per questo cinema?
Bruno Bigoni
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