comunità
Una storia d'amore e di anarchia
di Isabelle Felici
Un'esperienza comunitaria durata pochi anni, in una zona sperduta del Brasile, oltre un secolo fa. Eppure della colonia Cecilia si è molto parlato e discusso. Una ricercatrice italo-francese ne riassume qui storia e storiografia.
Sono appena stati pubblicati I ritratti in piedi di Massimo Ortalli, che questa rivista ha ospitato periodicamente nel corso di un decennio. Per la varietà degli argomenti affrontati, i cui echi, nel dipanarsi dei ritratti, sono ancor più percepibili ora che i testi sono stati raccolti in un unico volume, l'opera conduce a una riflessione globale sulla storia e sulla letteratura. Il dialogo tra i due approcci è spesso felicissimo e lo è ancor di più quando i “confini” delle due discipline tendono a scomparire, dando come esito un reciproco arricchimento. Ma succede anche che i tracciati si confondano, che le fonti originarie si perdano nei meandri della memoria, a volte a causa di ostacoli linguistici o sotto la pressione di interessi editoriali o forse anche, nel peggiore dei casi, per la mancanza di un'implicazione scientifica o perché alla storia si preferisce la sua versione edulcorata. Per questo non è inutile dare al dialogo anche la forma di un confronto, come spesso fa Massimo Ortalli, citando ampi stralci non soltanto dell'opera narrativa che ha deciso di mettere al centro della sua attenzione e di far conoscere, ma anche i testi di storia o le fonti originali che le fanno eco.
Due di questi ritratti rinviano all'esperienza comunitaria della colonia Cecilia, svoltasi in Brasile dal 1890 al 1894 e che costituisce un esempio particolarmente pregnante del modo in cui può nascere e svilupparsi un'altra storia. Per completare gli elementi narrati nei Ritratti in piedi, seguiamo, sotto forma di cronologia storiografica, i percorsi incrociati della colonia Cecilia tra storia, memoria e letteratura. Le connessioni sono tanto più stringenti in quanto si tratta sia di una esperienza comunitaria anarchica sia di emigrazione, in questo caso dall'Italia al Brasile, e in quanto la risonanza dell'esperimento nel “mondo” anarchico è stata tale da suscitare la pubblicazione di testi e di opere in numerose lingue, senza che si stabilisca sempre un legame tra loro.
Per cominciare, è interessante osservare che Giovanni Rossi ha voluto essere lo storico della colonia in prima persona. Ma, mentre, sin dalla fine del diciannovesimo secolo, si cita molto spesso il resoconto che egli redasse nel maggio 1893, nel momento in cui lascia l'esperimento ancora in corso, e benché questo sia stato tradotto in numerose lingue (soprattutto la secondo parte intitolata Un episodio d'amore alla colonia Cecilia, dedicato alla “famiglia poliandrica”, alla quale la colonia Cecilia deve ancor oggi gran parte della sua fama), è molto meno facile trovare il primo resoconto, pubblicato nel 1891. La leggenda dell'“imperatore che non temeva gli anarchici” ha trovato terreno favorevole in questo primo vuoto storiografico. Rossi approfitta di un viaggio in Italia, effettuato tra l'ottobre 1890 e il luglio 1891, qualche mese dopo l'inizio dell'esperimento, avviato nell'aprile 1890, per pubblicare un primo resoconto sulla colonia brasiliana che rientra nel quadro di un giro di propaganda effettuato con successo per convincere altri anarchici e altri migranti a unirsi alla Cecilia. Il testo viene pubblicato al di fuori dei circuiti anarchici, senza dubbio perché l'iniziativa di Rossi viene puramente e semplicemente condannata da Errico Malatesta dall'esilio londinese, e soprattutto perché non tratta di anarchismo, bensì di emigrazione. Infatti il testo fu pubblicato sulla rivista del geografo Arcangelo Ghislieri, “La geografia per tutti”, ma anche come terzo capitolo del romanzo utopico Un comune socialista, che allora era alla quinta edizione. Rossi fornisce una grande mole di particolari sul viaggio dei pionieri e sui primi giorni di vita della Cecilia. Con la meticolosità che lo caratterizza, fa proprio il punto di vista di un testimone – ispettore dell'emigrazione o giornalista, oppure scrittore (era il tempo del successo clamoroso dei racconti di De Amicis sull'emigrazione) – in viaggio con i migranti, al fine di descrivere le condizioni in cui si trovano: qualità dell'accoglienza, smentita di certe voci, qualità del cibo, dimensioni degli alloggi in cui vengono ospitati i migranti, pratiche da espletare per ottenere terre da coltivare e ammontare delle mensilità da pagare allo Stato brasiliano in cambio delle terre.
Pier Carlo Masini mette in relazione la partenza dei pionieri in direzione della Cecilia con la grande ondata di emigrazione; stessa connessione viene operata dallo storico Robert Paris, autore del capitolo su “L'Italia fuori d'Italia”, nella prestigiosa Storia d'Italia pubblicata da Einaudi, e soprattutto di un lungo paragrafo sugli italiani in Brasile e sulla Cecilia. Dal punto di vista politico, i progetti di Rossi sono molto edulcorati. Il termine “anarchico” non viene citato nel resoconto e il termine “socialista” appare una sola volta pronunciato da un medico frequentato da Rossi a Palmeira (il borgo più vicino al luogo in cui sorgeva la Cecilia), Franco Grillo, repubblicano e, come Arcangelo Ghisleri, esponente della società italiana di geografia.
Una seconda vita alla Colonia
Anche la storiografia della Cecilia comincia molto presto, con l'opera scritta da Alfred Sanftleben, che raccoglie e traduce in tedesco, nel 1897, tutti i testi, pubblicati o inediti, relativi alla Cecilia: i resoconti del 1891 e del 1893, un manoscritto di Rossi, numerosi articoli di giornali, anarchici o meno, presi da periodici di numerosi paesi, le lettere che lui stesso ha scambiato con Rossi, alcune lettere di Rossi alla propria famiglia ecc. I ricercatori, dunque, non devono far altro che trovare gli originali di questi testi, a eccezione, sembra, delle lettere di Rossi a Sanftleben (l'Istituto di storia sociale di Amsterdam conserva soltanto una lettera originale, che peraltro Sanftleben non aveva pubblicato nella sua raccolta), che bisogna accontentarsi di ritradurre dal tedesco (il che a volte presenta risvolti buffi, per esempio quando Sanftleben si trova a dover affrontare espressioni figurate quali “ficcarsi in un ginepraio”). La lettura delle lettere, anche se “tradite” dalla traduzione, è indispensabile perché vi si trovano particolari sulle vicissitudini della Cecilia ricordate nei resoconti, sulle liti, sulle partenze. Nelle lettere Rossi è spesso meno discreto su certi argomenti spinosi o polemici, perché non sentiva più il bisogno di risparmiare nessuno. Questa lettura conferma anche la sincerità degli altri resoconti forniti da Rossi.
Senza rinviare qui ai giornali che, su entrambe le rive dell'Atlantico, parlano della Cecilia a intervalli regolari e in modo costante, passiamo alla prima comparsa dell'imperatore in questo evento fondante per la memoria collettiva anarchica. Qualche tempo prima della sua morte e quarant'anni dopo la fine dell'esperimento, Alessandro Cerchiai, colonna della stampa anarchica in lingua italiana in Brasile, è andato a visitare ciò che restava della Cecilia, a incontrare alcuni membri della colonia scomparsa e i loro discendenti. Cerchiai fa un resoconto della sua visita in una lettera datata 22 ottobre 1934, dove per la prima volta si parla del ruolo che avrebbe svolto l'imperatore nella costituzione della Cecilia. Alla morte di Cerchiai, la lettera viene pubblicata sulla rivista “I quaderni della libertà”, che usciva irregolarmente a São Paulo. Cerchiai conosceva, indirettamente, il romanzo utopico di Rossi che indica con il titolo onnicomprensivo di Il comune in riva al mare (Un comune socialista + Poggio al mare, la città immaginaria fondata da Rossi nel suo romanzo). Una copia del libro capitò tra le “auguste mani dell'imperatore”; a seguito di questa lettura, continua Cerchiai, il monarca “forse per dilettarsi delle illusioni dorate dell'anarchico, gli scrisse, invitandolo a venire a realizzare il suo sogno nella provincia del Paraná”. Cerchiai – o i suoi informatori – deduce cosa comportasse questo accordo tra l'anarchico e l'imperatore dal punto di vista economico; infatti, a suo avviso, il governo repubblicano avrebbe preteso il pagamento delle terre che erano state date. Per Cerchiai la ragione principale del fallimento sta tutta qui.
Dopo la Republica Velha, instaurata a seguito del colpo di Stato del 15 novembre 1889, poco tempo dopo l'abolizione della schiavitù decretata da Pedro II (1888) e nel contesto della costituzione dell'Estado Novo a opera di Getúlio Vargas, non è sorprendente che, non potendo criticare il regime in vigore, si pronuncino lodi smodate del regime precedente. Osserviamo che in questa lettera di Cerchiai compare anche l'immagine di un Rossi musicista (pianista), che però risulta essere una del tutto improbabile, secondo la figlia di Rossi, Ebe, interrogata da Luisa Berti e Rosellina Gosi nel 1974.
Lo scenario è delineato, ed è a partire da questo schema che la leggenda prende sempre più corpo. Nel 1942, viene pubblicato il romanzo di un autore brasiliano, Afonso Schmidt, Colônia Cecília, uma aventura anarquista na América (della cui traduzione italiana, pubblicata a Siena nel 1958, ci informa Massimo Ortalli nei suoi Ritratti in piedi). In appendice Schmidt indica le fonti che gli sono servite per raccontare la vicenda narrata, insistendo sul fatto che molta parte del romanzo era di fantasia. Il suo progetto era di tradurre in portoghese Un episodio d'amore, l'unico testo di Rossi che aveva avuto a disposizione senza tagli. Ma, alla fine, si è fatto prendere la mano e si è “trovato davanti un'opera tutta sua”. Poche erano state le informazioni trovate sulla Cecilia, ma non perché non le avesse cercate. Non era riuscito a procurarsi l'opera di Sanftleben e conosceva il romanzo di Rossi soltanto con il titolo errato dato da Cerchiai. Alcuni notabili degli Stati del Sud del Brasile da lui contattati, alcuni dei quali avevano conosciuto Rossi quando insegnava nelle scuole di agronomia o quando era direttore di una rivista di agricoltura, poterono fornirgli soltanto informazioni che si riferivano a un periodo successivo all'esperimento della Cecilia e non avevano notizie recenti di Rossi che, pure, in quel momento era ancora vivo. Finalmente Schmidt incontra un certo comendador Francisco Pettinati che gli parla dei rapporti che Cardias (lo pseudonimo con il quale Schmidt designa Rossi nel suo romanzo) avrebbe avuto a Milano con il musicista brasiliano Carlos Gomes, “allievo del suo parente, il professor Rossi”.
Una ricerca in rete porta a un sito elaborato da un discendente di un certo Antonio Maria Pettinato (nato a Rivello, Potenza, nel 1898, artigiano in ferro battuto, divenuto Francisco Pettinati dopo il suo arrivo in Brasile nel 1922), che aiuta a farsi un'opinione su questo informatore di Afonso Schmidt. Infatti si apprende che Pettinati, la cui madre si chiamava Rossi, “amava molto leggere: leggeva molti giornali e riviste. (...) Aveva molti amici e gli piaceva raccontare aneddoti veri [sic] ai suoi clienti. Tra costoro vi erano medici, avvocati e persino militari. Tutti si sedevano su panche di legno per ascoltare le sue storie”. Di qui a immaginare che Pettinati abbellisca gli aneddoti che racconta a Schmidt c'è solo un passo.
A questi aneddoti Schmidt aggiunge elementi romanzeschi per tenere insieme i pezzi sparsi delle informazioni raccolte e così “poco tempo dopo, negli ultimi mesi della monarchia, fu fondata la colonia Cecilia a Palmeira, provincia del Paraná”. Schmidt non nota la data errata, il che è tanto più sbalorditivo da parte sua in quanto conosceva da altre fonti la data esatta della partenza dei pionieri della Cecilia, il 20 febbraio 1890. Certo, nemmeno i romanzi più grandi sono esenti da simili errori e non c'è motivo di avercela con Schmidt. Il suo desiderio era di conoscere meglio e di far conoscere un episodio della storia del Brasile e dell'anarchismo in Brasile, ed egli ha perfettamente raggiunto il suo obiettivo, regalando alla Cecilia una seconda vita.
Agli storici restava il compito di portare a termine tale incombenza; nel Vecchio Continente, ci si interessa alla Cecilia alla fine della secondo guerra mondiale: Milena Perina scrive una tesi di laurea all'Università di Firenze, di cui abbiamo notizia grazie a un articolo di Gigi Damiani uscito su “Umanità Nova” nel 1948. Ma è soltanto un ventennio più tardi, dopo il 1968, che inizia il periodo d'oro della storia della Cecilia, sia in Francia che in Italia e in Brasile.
Sull'onda del '68
Nel 1969, esce il primo volume dell'opera di Pier Carlo Masini
sulla storia degli anarchici italiani. A Rossi e alla comunità
brasiliana sono dedicati due paragrafi che nella seconda edizione
(1974) saranno ampliati grazie a nuove letture.
Infatti in Italia viene pubblicato il lavoro di Luisa Berti
(1971) sui due esperimenti condotti da Rossi, Cittadella e,
in misura minore, Cecilia. Poiché questa ricerca si basa
su fonti di prima mano, non si parla dell'imperatore. Sfortunatamente,
nello steso periodo e sull'altra riva dell'Atlantico, viene
pubblicata un'opera di Newton Stadler de Sousa, O anarquismo
da colônia Cecília, che diventa imprescindibile
per la storiografia della Cecilia (e anche come esempio in negativo
di ciò che dovrebbe essere un lavoro scientifico). Quest'opera
è importante soltanto perché è stata utilizzata,
principalmente da Masini, come fonte primaria, per numerose
opere scritte su questa scia. Pur denigrando totalmente il libro
di Afonso Schmidt, che tuttavia non si era mai fatto passare
per uno storico, Stadler de Sousa ne riproduce, peraltro senza
citarlo, tutti gli “errori” della memoria e invenzioni
letterarie, tra cui l'intervento dell'imperatore nell'attribuzione
di terre ai coloni. Con il senno di poi, la cosa più
buffa è constatare come se la prenda con Schmidt soprattutto
a proposito della data del 20 febbraio 1890, oggi documentata
dal registro di ingresso n. 40 all'Hospedaria dos imigrantes,
consultabile presso gli archivi nazionali a Rio de Janeiro.
Altre opere serie e ben documentate sono state pubblicate in
seguito. La biografia di Giovanni Rossi si chiarisce grazie
alla voce pubblicata sul dizionario biografico del movimento
operaio italiano di Franco Andreucci e Tommaso Detti. Esce anche
il lavoro di Rosellina Gosi (1977) che giudica l'“ipotesi”
di Stadler de Sousa, ripresa da Masini, suggestiva benché
non fondata su fatti concreti. Pur avendo consultato tutti i
documenti disponibili (ivi compreso il primo resoconto “migratorio”
del 1891), Gosi non nota la contraddizione a livello di date,
cosa che avrebbe certamente reso il suo giudizio più
categorico.
Nello stesso momento, la leggenda riprende vigore grazie al
film di Jean-Louis Comolli uscito nel 1976, che, anche in questo
caso, si basa su una ricerca così ben documentata che
la troupe del film nota perfettamente tutte le contraddizioni,
per esempio sulle date, a proposito delle quali spiega di aver
“'barato': di aver messo insieme i tempi, condensato il
concatenarsi degli eventi, spostato i sincronismi, costituito
una temporalità storica di fantasia, che costituisce
l'enfatizzazione, l'accentuazione, la condensazione della temporalità
storica di riferimento”. A Rossi viene rimproverato di
non aver parlato mai dell'imperatore; e a ragion veduta! Ancora
una volta, piuttosto che dar ragione alle fonti dirette, si
segue la versione romanzata – senza pensare un solo istante
che è romanzata – che così si contribuisce
ad alimentare. Una delle scene magistrali del film è
quella iniziale: ci dicono che Rossi è musicista? Dunque
l'incontro si svolge nel palco dell'imperatore alla Scala di
Milano, dove il nero degli smoking dei due personaggi spicca
sullo sfondo rosso delle poltrone. Per il resto il film descrive
molto bene le difficoltà incontrate dai coloni della
Cecilia sia dal punto di vista materiale che relazionale. La
lettura che si dà dell'esperimento condotto da Rossi
è interessante perché ci spiega il successo ottenuto
dalla Cecilia negli anni settanta del ventesimo secolo: “A
torto o a ragione,” ci dice Comolli, “vi individuavo
un certo rapporto con una problematica che stavo vivendo o che
avevo vissuto, vale a dire la problematica dell'intellettuale
impegnato, militante o simpatizzante, che si poneva interrogativi
sul suo rapporto con le masse, sul modo in cui le idee penetrano
nella realtà: diciamo che erano gli interrogativi che
i maoisti potevano porsi in quegli anni. Naturalmente, non trovavo
quelle problematiche nella storia di Rossi, ma vi trovavo una
situazione che poteva rinviare a quella che vivevo e poteva
pure spiegarla, che dunque poteva anche suscitare un dibattito”.
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Maria Carta in una scena tratta dal film “La Cecilia” |
Tra memoria, letteratura e storia
La fortuna della Cecilia vive un nuovo slancio nel 1979 con
la pubblicazione dei ricordi di Zelia Gattai, ampiamente rimpinguati,
per quanto riguarda l'arrivo alla Cecilia della famiglia di
suo nonno Francesco, dalla lettura del romanzo di Schmidt, che
peraltro sarebbe stato ripubblicato l'anno seguente. Se si mette
a confronto ciò che sappiamo del percorso di Francesco
Gattai alla Cecilia con quello che ne scrive sua nipote (vedi
in proposito la “Rivista storica dell'anarchismo di Pisa”,
2003), i prestiti, presentati come ricordi, si delineano chiaramente.
Comunque sia, grazie a questa firma prestigiosa, la Cecilia
“si istituzionalizza” in Brasile: diventa il soggetto
di un serial televisivo (prodotto dal canale Bandeirantes) e
di un'opera teatrale (Renata Pallottini, 1987), finanziata dal
governo regionale del Paraná (basata su documenti di
prima mano, dunque senza alcun nesso con la leggenda). È
giusto citare qui anche una tesi di dottorato elaborata da Helena
Mueller (1989), che va a completare la bibliografia già
cospicua sulla Cecilia e che si arricchisce di testimonianze
di discendenti. Questo lavoro è una riflessione su utopia
e anarchismo, esemplificata dal percorso di Rossi, nel quale
si dà sostegno al giudizio incerto di Rosellina Gosi.
Stavo portando avanti la mia ricerca sulla stampa anarchica
in lingua italiana in Brasile, quando, in seguito a una visita
all'Archivio Pinelli di Milano e a una simpatica conversazione
con Rossella Di Leo, mi sono ritrovata a partecipare al colloquio
organizzato dalla Biblioteca Franco Serantini di Pisa, nel 1993,
sulla figura di Giovanni Rossi, di cui “A Rivista”
ha pubblicato un resoconto (il testo dell'intervento è
stato pubblicato nel 1996 dalla “Rivista storica dell'anarchismo”.
Vedi anche l'opera pubblicata nel 2001 dall'Atelier de Création
Libertaire di Lione). Mi sia concesso ricordare, oltre alle
dimostrazioni di simpatia nei confronti del mio lavoro (l'ultima
in ordine di tempo è quella di Luigi Balsamini nel suo
libro sulle attività della Biblioteca Franco Serantini),
i termini quali “demolizione” e “bulldozer”
pronunciati da alcuni partecipanti al colloquio, oltre al silenzio
corrucciato di Pier Carlo Masini, che aveva basato tutta la
sua presentazione sul fatto di aver ritrovato il programma della
serata alla quale l'imperatore Pedro II aveva partecipato alla
Scala (l'imperatore c'era senz'altro, ma non Rossi). Impressione
o realtà che fosse, ho avuto la sensazione, molto mio
malgrado, di aver spezzato qualche sogno.
Sarebbe necessario segnalare ancora molte opere successive,
tra memoria, letteratura e storia. Una delle più interessanti
è il documentario di Adriano Zecca (Un'utopia di nome
Cecilia, 2008), che ci fa visitare il sito in cui sorgeva
la Cecilia e incontrare alcuni discendenti degli appartenenti
alla colonia. Il documentario ci porta anche in un ristorante,
l'Anarco, in cui sono esposti come reliquie alcuni documenti,
articoli di giornali dell'epoca ecc. relativi alla colonia,
e in un vigneto in cui si produce il vino della Cecilia.
La Cecilia continua a proporre dialoghi tra storia e letteratura:
un altro scrittore brasiliano, Miguel Sanches Neto, ha pubblicato
nel 2005 Um amor anarquista, che ha come sfondo la Cecilia
e la cui storia si ispira a Episodio d'amore. In questi
nuovi dialoghi storico-letterari intervengono anche, ironia
della sorte in quanto i membri della colonia hanno sofferto
la fame più che mai, la gastronomia e l'enologia, ma
anche il turismo rurale e il marketing...
Isabelle Felici
traduzione di Luisa Cortese
Bibliografia
Giovanni
Rossi, «Al Paraná. Appunti di viaggio e
di colonizzazione» (ou «Note di viaggio
e di colonizzazione»), La Geografia per tutti,
Rivista quindicinale per la diffusione delle cognizioni
geografiche (geografia fisica, storica, coloniale, commerciale,
militare, cartografia, insegnamento), Bergamo, maggio-novembre
1891. E Un comune socialista (terzo capitolo),
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sperimentale, Un episodio d'amore nella colonia Cecilia,
Livorno, Biblioteca del Sempre Avanti, n.7, Tip.
S. Belforte, 1893, nuova pubbblicazione nel 1993 dalla
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Alfred Sanftleben, Utopie und Experiment. Studien
und Berichten von Dr Giovanni Rossi («Cardias»)
nebst Artikeln von: Sestilio Rossi, Filippo Turati,
Ettore Guindani, Luigi Molinari, Leonida Bissolati,
C. Timmermann, Johann Most, Peter Kropotkin, A. Cappellaro,
François Coppée, Georges Montorgueil,
Rouxel, Jean Grave, Errico Malatesta. Gesammelt und
übersetz von Alfred Sanftleben («Slovak»),
Zürich, 1897, nuova pubblicazione a Berlino da
Karin Kramer Verlag nel 1979.
Colônia Cecília, uma aventura anarquista
na América, São Paulo, Anchieta Universidade,
1942, nuova pubblicazione nel 1980 da Brasiliense, São
Paulo, con il titolo Colônia Cecília,
romance de uma experiência anarquista.
Milena Perina, Esperimenti cooperativistici di un
ignorato riformatore italiano del secolo XIX: Giovanni
Rossi, Tesi di laurea, Facoltà di Economia
e Commercio della Università di Firenze, Relatore
Armando Sapori, [1948?].
Newton Stadler de Sousa, O anarquismo da colônia
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Luisa Betri, Cittadella e Cecilia: due esperimenti
di colonia agricola socialista, Milano, Edizioni
del Gallo, 1971.
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Rossi no Arquivo Ermembergo Pellizzetti», Arquivo
para a História do Brasil Meridional, Universidade
Federal do Paraná, 1971.
Robert Paris, Storia d'Italia «L'Italia
fuori d'Italia», vol.IV, t.1, Torino, Einaudi,
1975.
Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici italiani
vol.1 Da Bakunin a Malatesta, Milano, Rizzoli, 1969
e 1974.
Jean-Louis Comolli, La Cecilia, 1976, 113
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Rosellina Gosi, Il socialismo utopistico. Giovanni
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Giovanni Rossi e a utopia anarquista : colônia
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«La Cecilia : quels enseignements pour le XXIe
siècle ?», Vivre l'anarchie : expériences
communautaires et réalisations alternatives anti-autoritaires
(XIXe et XXe
siècles), Gaetano Manfredonia (dir.), Lyon,
Atelier de création libertaire, 2010, pp.
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