spazio anticlericale
Contro
il clericalismo
con contributi di Roberto Ambrosoli, Daniele
Barbieri, Marco Giusfredi, Marvi Maggio, Massimo
Ortalli, Francesca Palazzi Arduini, Sergio Staino,
Federico Tulli
In
un mondo politico (e non solo) come quello italiano, caratterizzato
da un pensiero unico e genuflesso di fronte alla chiesa cattolica,
soprattutto ora sotto la sfavillante immagine mediatica di papa
Bergoglio, rivendichiamo la sostanziale continuità della
nostra scelta anticlericale che ci caratterizza fin dalle origini
del movimento anarchico, un secolo e mezzo fa.
Come ben chiarisce Massimo Ortalli nel suo scritto introduttivo,
l'evolversi dei tempi e la nostra intensa esperienza hanno modificato
approccio e toni alla questione clericale, senza però
intaccare la convinzione che in questo Paese condannato dalla
storia ad avere al proprio centro (non solo geografico) il Vaticano,
la battaglia contro le prevaricazioni e i condizionamenti della
chiesa resti uno dei compiti essenziali di chiunque voglia procedere
davvero sulla strada delle libertà individuali e sociali.
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anticlericalismo
Le ragioni attuali di un impegno di sempre
di Massimo Ortalli
La storica presenza vaticana in Italia ha pesantemente condizionato e, in forme diverse, continua a condizionare la storia italiana. La società è cambiata e sta cambiando, la Chiesa
cerca di adeguarsi, cambiando... per non cambiare. E il clericalismo è sempre ben presente, esattamente come le ragioni di fondo del nostro impegno quasi solitario in quest'epoca di bergoglismo generalizzato. Contro i privilegi e i condizionamenti vaticani, pur nel rispetto libertario delle idee e delle credenze individuali. Perché l'anticlericalismo non ha nulla a che fare con la fede, ma sicuramente ha a che fare con il potere, le prevaricazioni, l'oppressione.
Fra le tante domande che dobbiamo porci di fronte ai cambiamenti
sociali e culturali in questi tempi, non può mancare
quella su uno dei fondamentali della nostra storia e della nostra
tradizione: ha ancora senso, oggi, essere anticlericali? E se
la risposta è, come deve essere, sempre quella, come
possiamo esprimere e comunicare il nostro anticlericalismo,
in modo da renderlo credibile ed attuale e non d'antan,
come sono soliti giudicarlo non solo i sepolcri imbiancati di
sempre, ma anche i cosiddetti atei devoti, alfieri di quel materialismo
spiritualista così trendy al giorno d'oggi?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo cercare di capire di
cosa si sta parlando esattamente, perché la presenza
clericale nella società odierna è ben diversa
da quella del più lontano e del più recente passato.
E per far ciò, occorre prima riconsiderare, velocemente,
come è nato e si è sviluppato storicamente quell'anticlericalismo
che ha tanto influenzato il sentire, individuale e collettivo,
di ampi strati della società. Dopo, forse, sarà
possibile affrontare il tema con maggiore consapevolezza e soprattutto
senso dell'attualità.
Come si sa il nostro paese ha patito, più di qualunque
altro, la presenza millenaria della Chiesa, subendo nei secoli
l'influenza costante, spesso egemone ed asfissiante, del potere
clericale. Una Chiesa intenzionata a conservare, con ogni mezzo,
potere temporale e presa spirituale sulla società civile
e politica ha sempre condizionato ogni aspetto della vita quotidiana
fornendo un codice comportamentale a senso unico spesso in contrapposizione
insanabile con ogni forma di laicismo. Esercitando questo dominio
sulle coscienze, sulle condotte, sulla legislazione, sulla morale,
su ogni aspetto della vita individuale e sociale, ha fatto sì
che, inevitabilmente, si venisse ad innescare una reazione a
tanta invadenza tale da generare un sentimento di ripulsa che
si è espresso storicamente in un radicale anticlericalismo,
soprattutto in quelle regioni del centro Italia direttamente
soggette allo Stato Vaticano.
Ha apparentemente mutato pelle
È un dato di fatto, anche, che le lotte risorgimentali
e la successiva legislazione del neonato Stato italiano hanno
mostrato di arginare, in una lotta fra poteri, la presa clericale
sulla società e sul popolo, dapprima abbattendo una volta
per tutte il potere temporale - oggi geograficamente ridotto
a pochi chilometri quadrati nel territorio romano - e poi limitando
molte della garanzie e dei privilegi che avevano caratterizzato
lo Stato vaticano.
Questi, naturalmente, non solo non si è arreso senza
combattere e senza garantirsi comunque un ampio spazio di manovra,
ma ha anche rilanciato. Forte del consenso che godeva presso
le classi subalterne soprattutto nelle campagne, e del prestigio
che, nonostante tutto, gli riconosceva la stessa classe dirigente
liberale e laica della seconda metà dell'Ottocento, ha
apparentemente mutato pelle, aprendosi gradualmente, pur tra
mille contraddizioni e ripensamenti, a una realtà che
avrebbe potuto sfuggirgli. E così facendo, ha saputo
perpetuarsi e, soprattutto, riguadagnare terreno e ridefinirsi
un ruolo all'interno delle istituzioni italiane. Basti pensare
alla profonda influenza e conseguente ingerenza della Chiesa
nell'Italia del secondo dopoguerra, quando il partito che ha
governato il Paese per quasi cinquant'anni si richiamava espressamente
a una matrice cristiana e al magistero vaticano, e condizionava
con le sue certezze religiose tutta la politica italiana. Oggi,
almeno all'apparenza, le cose non stanno più così.
Basti notare, infatti, come fra i tanti partiti e partitini
che affollano Parlamento e istituzioni, non ce ne sia nemmeno
uno – se si eccettua la caricaturale Democrazia Cristiana
di tale Rotondi – che si richiami direttamente alla Chiesa.
Apparentemente, comunque, perché all'interno di tutte
le rappresentanze politiche attuali, permangono significative
componenti pronte ad adeguarsi passivamente ai dettati della
Chiesa stessa.
“Amor ritiene uniti gli affetti naturali”
Resta comunque il fatto che le profonde trasformazioni della
società, che si manifestano in forme fino a poco tempo
fa impensabili, sono lo specchio di una nuova realtà.
Ad esempio, è evidente la diffusione, soprattutto fra
le giovani generazioni, di un laicismo superficiale, non necessariamente
meditato e coerente, ma comunque ben presente: un laicismo allo
“stato brado” che privilegia le opportunità
economiche o comportamentali, senza preoccuparsi di darsi delle
risposte “ideologiche”. Testimonianze dirette della
perdita di autorità del magistero della Chiesa nella
sfera famigliare, sono le tante convivenze al di fuori del matrimonio,
che quasi sempre non hanno presupposti ideologici ma piuttosto
economici o di carattere pratico perché frequenti anche
fra i credenti. Mi pare evidente che se ci limitassimo ai pur
bellissimi versi del Canto dei Malfattori, “amor ritiene
uniti gli affetti naturali e non domanda riti né lacci
coniugali”, non saremmo in grado di aggiornare il nostro
bagaglio critico ed analitico.
Le trasformazioni, poi, non riguardano solamente la società
civile, ma la Chiesa stessa, all'interno della quale si è
prodotta una innegabile evoluzione di carattere “sociale”:
basti pensare ai tanti uomini di chiesa animati da un genuino
spirito postconciliare, ai preti di strada, ai preti di periferia,
ai preti che combattono la mafia, quando un tempo la mafia era
uno dei più preziosi alleati del clero, ai preti operai,
ai preti guerriglieri, tutti, a mio parere, testimoni coraggiosi
e in buona fede di una aderenza al messaggio evangelico difforme
da quella che si esprimeva in passato. Certo, non volendo passare
da ingenui, possiamo pensare che siano un valido strumento per
la riaffermazione del ruolo della Chiesa come insostituibile
portatrice di valori universali, ma anche se esiste il legittimo
sospetto di strumentalizzazioni; è innegabile che questi
sacerdoti contribuiscono a dare della Chiesa, e dei suoi rappresentanti,
una immagine completamente diversa da quella del pretone grasso
e gaudente, abbarbicato alle sottane del Papa e del potere,
tanto cara ai vignettisti dell'Asino, del Corvo
e del Don Pirlone... E anche di questo non si può
non tener conto nella nostra necessaria critica alla influenza
della Chiesa e del clericalismo nella società.
Né si può ignorare l'atteggiamento della Chiesa
rispetto a uno dei temi più drammatici di questi tempi,
vale a dire l'esodo di intere popolazioni in fuga dalla guerra
e dalla fame. Tutte le posizioni prese al riguardo, infatti,
si ispirano con evidenza all'inclusione, all'accoglienza, alla
solidarietà, insomma, al più coerente messaggio
cristiano. Tralasciando le inevitabili, ma poche dimostrazioni
di insensibilità di una parte del clero rispetto alla
sempre più evidente tragicità della situazione,
la Chiesa ufficiale, soprattutto nelle parole del suo massimo
rappresentante, si propone come guida morale e materiale per
affrontare e tentare di risolvere – o perlomeno di attenuare
– le drammatiche criticità di questo inarrestabile
esodo. Ma non solo su questo tema il Papa, non a caso auto-nominatosi
Francesco, cerca di ribaltare di 360 gradi l'immagine del papato
e della Chiesa in quanto istituzione. Il contrasto con la potente
Curia vaticana, che sotterraneamente è ben più
duro di come ci viene raccontato, rappresenta un altro tentativo
di ridare credibilità e lustro allo Stato d'Oltretevere,
così come i costanti richiami alle virtù del cristianesimo
primitivo, povero e generoso, attento ai valori spirituali e
distante dalle tentazioni materiali, si propongono di riavvicinare
il clero a fedeli sempre meno numerosi e motivati, sempre più
secolarizzati e incontrollabili.
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Una nota vignetta, disegnata da Giuseppe Scalarini (Mantova
1873-Milano 1948), riprodotta sulla copertina di “A”
117 (marzo 1984) e successivamente da noi ripubblicata per la
sua efficacia e attualità. Tra i maggiori caricaturisti
e disegnatori satirici italiani, Scalarini apparteneva a quella
schiera di socialisti antimilitaristi, anticapitalisti e anticlericali,
che spesso ben si accordava con gli anarchici. Collaborò
dal 1911 con il quotidiano socialista “Avanti!”. Scalarini
fu poi confinato dal fascismo nelle isole di Lampedusa e di
Ustica |
Strada rigida e chiusa
Tutto bene, quindi? Certamente no, perché le contraddizioni
e, soprattutto, le evidenze di un progetto che vorrebbe che
tutto cambiasse perché nulla cambi, sono quanto mai chiare.
Così come la volontà, nell'attuale crisi di ideali,
di riguadagnare tante delle posizioni perdute a causa di una
secolarizzazione della società apparentemente inarrestabile.
Probabilmente nemmeno il gesuita Bergoglio può sperare
di ripristinare l'influenza che la Chiesa ha lungamente esercitato
nei paesi a maggioranza cattolica, ma è evidente che
il suo magistero, raccogliendo molti degli stimoli di chi l'ha
preceduto, va in quella direzione, mascherando abilmente le
solite chiusure con apparenti aperture.
Da notare, al riguardo, come la politica della Chiesa sul tema
della famiglia e dei diritti civili non si muova di un millimetro
ma continui per la sua strada rigida e chiusa, come se la società
non si fosse trasformata. Credo che le spiegazioni possano essere
due: o i preti se lo possono permettere perché sanno
che la presa su un mondo tradizionalmente conservatore, anche
se secolarizzato, resta comunque forte, oppure non possono fare
diversamente, costretti come sono a proclamare le proprie certezze
anche a scapito di una probabile perdita di credibilità.
In ogni caso la Chiesa dimostra la sua potenza, sia che riesca
a mantenere intatta la presa sul popolo dei fedeli, sia che
pensi di essere talmente solida nei suoi principi da poter rinunciare
a una parte di questa. Fatte queste considerazioni, pare evidente
che l'ipoteca clericale sulla società sia tuttora una
concreta realtà, per cui per poterla meglio contrastare,
si ripresenta l'urgenza di una analisi attenta alle nuove forme
con le quali questa ipoteca, e con essa tutte le manifestazioni
del suo potere, si esprime.
Dunque, poiché il “compito” dell'anarchico
è quello di combattere, comunque, il potere ovunque si
manifesti, dobbiamo continuare a combattere anche il potere
clericale in tutte le sue forme - demistificandolo e facendone
emergere le contraddizioni e le ipocrisie - soprattutto quando
limita la libertà individuale e collettiva, pretendendo
di uniformare ai suoi principi quelli dell'intera società.
E nel libertario rispetto delle convinzioni individuali (parafrasando
Francesca Palazzi Arduini, l'anticlericalismo non ha nulla a
che fare con il tema della fede, ma con quello della critica
politica), continuare ad esprimere il nostro sano materialismo,
convinti, come sempre siamo stati, che la risoluzione dei problemi
quotidiani ed epocali deve provenire dalla volontà e
dell'impegno di ognuno, senza affidarsi supinamente alla volontà
e agli insondabili capricci dell'Eterno.
Massimo Ortalli
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