Toscana
Guerra al prete
di Giorgio Sacchetti
Nella Toscana del primo Novecento, la presenza anticlericale è un fenomeno diffuso. Coinvolge massoni, repubblicani, socialisti, sindacalisti rivoluzionari, anarchici e altri filoni organizzativi e di pensiero. Le numerose manifestazioni di protesta contro la fucilazione a Barcellona, nel 1909, del pedagogista anarchico Francisco Ferrer Y Guardia.
L'Italia “cittadina” contro il clerico-moderatismo
La contrapposizione, antica e mai sopita, fra un'Italia “cittadina” (politicamente rappresentata dai demo-radicali e dagli ambienti massonici) e un'Italia “contadina” (moderata, poi clerico-moderata) trova nello snodo giolittiano uno dei suoi momenti di tensione più alta. Il movimento cattolico - dopo che la Curia romana ha debellato il modernismo, e con esso le istanze sociali del primo movimento democratico cristiano - ha pagato intanto un duro prezzo sul piano della scristianizzazione operaia. La risposta a questo vasto contraccolpo inferto dalla proletarizzazione moderna si materializza, appunto, nelle prime alleanze locali fra clericali e liberali, poi nella loro stabilizzazione sul piano nazionale.
Al progetto di Giolitti, volto ad “allargare le basi dello Stato” dialogando con tutte le correnti transigenti dei vari movimenti, si oppongono strati sociali e politici eterogenei. Ad esempio, contro il clerico-moderatismo si schierano in modo risoluto i radicali che certo rimangono ancorati alla tradizione anticlericale di stampo risorgimentale. Espressione dei ceti professionali urbani emergenti, sebbene prossimi ad una crisi irreversibile che li vedrà confluire in massima parte verso i lidi nazionalisti e quindi interventisti, essi si mettono alla testa di un effimero fronte di natura interclassista che ben configura l'Italia “cittadina” del primo Novecento. D'altro canto è anche da considerare il fatto che il movimento operaio, nonostante le fiammate sindacaliste, si trovava in parte, per tramite di alcune istituzioni camerali territoriali, ancora sotto la tutela radicale o riformistica. Esempi non isolati ci vengono da alcune camere del lavoro toscane, come quella di Arezzo, la cui direzione stabiliva fin dalla fondazione, avvenuta nel 1901, un rapporto preferenziale con gli ambienti democratici radicali e quindi con la locale loggia massonica Cairoli, nella organizzazione di comitati per le feste laiche e non solo.
Agli albori del secolo - nell'imminenza del primo congresso internazionale del Libero Pensiero (Roma, 20-22 settembre 1904) - è già operante un comitato a livello nazionale, funzionante tramite una commissione esecutiva che riunisce le più disparate correnti politiche. Ne fa parte Luigi Fabbri che esprime, a motivo di tale promiscuità, il suo disagio all'amico Arcangelo Ghisleri: “[...] Io sono parecchio scettico di fronte ad agitazioni semplicemente anticlericali che vogliono abbracciar tutti. Questo perché tra i sedicenti anticlericali c'è gente la cui compagnia in qualsiasi agitazione è intollerabile per chiunque abbia un senso di dignità personale, per chi vede la questione un po' più in là d'una spanna, per i veri anticlericali in una parola. Le pare che sia possibile lavorare proficuamente noi, chiamiamoci così, sovversivi (anarchici, repubblicani e socialisti) insieme ai bacati rappresentanti di qualche sconosciuto e massonico circolo Re e Patria?”
La Federazione internazionale del Libero Pensiero, le Associazioni “Giordano Bruno” convogliano, insieme al diffusissimo podrecchiano “L'Asino” ed alla stampa anarchica - ad esempio “Il Pensiero” - molte delle istanze di opposizione all'influenza delle gerarchie ecclesiastiche nella vita civile e sociale italiana. Ma, nonostante si siano manifestati da più parti seri dubbi sull'efficacia di una battaglia anticlericale unitaria, l'episodio Ferrer sarà occasione e pretesto per un'eccezionale saldatura fra ceti borghesi e associazionismo di impronta socialista e anarchica, in funzione antigiolittiana. Due anticlericalismi dunque si fondono e, quasi, si confondono in uno. Da un lato vi sono gli anticlericali “storici”, i promotori delle battaglie laiche di sempre, custodi dei significati profondi delle ricorrenze bruniane e del XX Settembre, inauguratori di lapidi e magari presentatori di mozioni consiliari nei municipi al fine di emanare “disposizioni per ridurre lo scampanio inutile e fastidioso delle Chiese”. Dall'altro ci sono gli énragés della guerra al prete, giovanotti, nuove figure sociali di sovversivi di paese o del suburbio che per la prima volta hanno sperimentato un collegamento interregionale intorno alla parola d'ordine dell'azione diretta contro le processioni del Corpus Domini.
Da Roma erano partite nel 1906 “direttive” riecheggiate ampiamente nella provincia italiana. Un manifestino, stampato in migliaia di esemplari presso la tipografia Tiberina della capitale, viene diffuso in molte parti del paese. Firmato “I Ribelli”, il suo contenuto è incendiario ed esplicito nell'istigare all'assalto dei cortei religiosi, contro - si dice - il ritorno dei “Torqueimada”. “LAVORATORI! Uno dei più potenti ostacoli che inceppano la emancipazione della classe operaia è il prete. Esso è sempre contro di voi. Nelle contese fra capitale e lavoro - che ognor più si acutizzano col rinnovarsi delle coscienze lavoratrici - l'opera di questo rettile velenoso si snuda e mostra la sua cruda, ma ineluttabile realtà. È lui che si schiera dalla parte dei padroni in ogni occasione; è lui che - invece di occuparsi soltanto di cose chiesastiche - organizza il crumiraggio, perpetrando così il più alto tradimento verso i lavoratori che fanno valere i loro sacrosanti diritti. È questo predicatore di umiltà passiva, di rassegnazione inconscia, che tiene nell'oscuro popoli che sudano da mane a sera fecondando le messi e producendo quanto fabbisogna al consorzio umano, che li rende ligi all'ingiustizia che da secoli e secoli soggioga. L'ingannatore dalla veste nera, nera come l'anima sua, tutti gli anni, per conculcare nel popolo vieppiù il feticismo e l'adorazione dei pezzi di legno adattati ad effigi diverse, organizza le processioni nelle quali mette in mostra e santi e madonne che, in tempi migliori, resteranno a trofeo di furfanterie che furono.
Così anche quest'anno la pagliacciata degna del medio evo si ripeterà in onta alla scienza che trionfa ed al pensiero libero che si avanza. Questo è un insulto che non va oltre tollerato! Noi, propugnatori della vera libertà, assetati di uguaglianza, noi ribelli ad ogni forma di sfruttamento e dominio e dogma, facciamo appello ai lavoratori tutti, onde possano una buona volta porre fine a queste coreografie, non degne di noi.
I lavoratori si trovino nei luoghi ove - con beneplacito delle regie autorità - si fanno le processioni, sieno là compatti e numerosi per opporre la loro processione di pensatori liberi, senza cristi ne' madonne, che si pone in marcia diretta verso l'avvenire, - E quando questa venga impedita oppongano con ogni mezzo che non continui quella che rappresenta il risorgimento dei Torquemada -. Proviamoci, o compagni! sarà la più bella manifestazione del proletariato, sarà la dimostrazione schietta della vostra fede redenta dal pregiudizio religioso, sarà il migliore esempio per dimostrare i diritti del corpo e della mente di chi lavora.
Non mancate! W. IL PROLETARIATO. I RIBELLI”.
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Cartolina commemorativa per Giordano Bruno e Ferrer |
Combattere le religioni
Il movimento serve anche a cementare i mai interrotti rapporti
tra anarchici e socialisti, in particolare negli ambienti operai.
È un'unità d'azione che si formalizza nella costituzione
di comitati nei centri maggiori, che appare evidente dalla frequenza
delle sottoscrizioni finalizzate all'attività anticlericale
che si riscontrano dallo spoglio di certa stampa. La questione
antireligiosa assume un'ampiezza tale nel campo sovversivo che,
ad esempio, al Congresso Anarchico Italiano (Roma, 1907) il
primo ordine del giorno ad essere votato è quello su
“Gli anarchici e la religione” (presentatore Ignazio
Scaturro). In esso si afferma la necessità “di
combattere senza tregua le religioni che nel campo del pensiero
rappresentano l'autorità come il governo e il capitalismo
nel campo politico ed economico; di sviluppare nei giovani l'irreligione
con l'amore della libertà, della natura, della verità,
del lavoro e della bellezza, insieme alla gioia dell'espansione
integrale della personalità dell'individuo, coordinata
con tutte le altre, nella solidarietà sociale”.
Queste enunciazioni, di indole certo generale, sono comunque
integrate nella stessa sede da un altro ordine del giorno approvato
all'unanimità proposto da Luigi Fabbri ed altri. Si tratta
di indicazioni pratiche quali: l'intensificazione della propaganda
sulla stampa; la promozione di scuole moderne, razionaliste
scientifiche, sull'esempio di quelle istituite da Ferrer in
Spagna e da Luigi Molinari in Lombardia; raccomandare maggiore
coerenza antireligiosa dei militanti nella vita privata; e,
nella vita pubblica, “a partecipare in linea generale
a tutte le manifestazioni d'Indole anticlericale conservando
però separata la propria fisionomia antiautoritaria e
rivoluzionaria, in contrapposto a tutte le ideologie e le tergiversazioni
dei politicanti e dei legalitari, rimettendosi per le modalità
di adesione ai singoli gruppi locali”.
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“L'Azione Democratica” (1909) commemora Ferrer |
La coerenza della vita privata
La questione della coerenza nella vita privata e del conflitto
fra militanza e tradizione religiosa familiare saranno molto
insistiti sulla stampa. Grande importanza viene attribuita,
anche da parte degli anticlericali, al rito della benedizione
pasquale delle case. Ecco due perle tratte da “Il Libertario”
e da “L'Appennino”, settimanale radicale massonico
di Arezzo.
“San Giovanni Valdarno, 6 aprile - Io sfido chiunque a
trovare messeri più sfacciati dei preti di questo paese
i quali abusando delle cretinerie delle donne entrano nelle
case per innaffiarle d'acqua sporca senza chiedere autorizzazione
ai padri, ai fratelli, agli sposi di queste donne. Facciamo
sapere a questi maleducati impostori che se ciò capita
per caso in casa di noi, il prete si avrà l'azione che
si merita”. Nel foglio aretino leggiamo proprio in prima
pagina: “È già cominciato il giro dei negromanti
per la città e la campagna in cerca di uova, per cui
si dà in compenso un'abbondante annaffiatura di acqua
benedetta e, quel che più conta, si penetra nel domicilio
della gente a curiosare ed investigare i fatti altrui [...]
persone che, mentre al caffè si mangiano vivo un prete
in un boccone, viceversa hanno tollerato che penetrasse nel
loro domicilio e che spruzzecchiasse anche il talamo nuziale!
[...]”.
La remissione delle decisioni in sede locale, come prassi anarchica,
vanifica però la proclamata incompatibilità con
la Massoneria, principio solennemente sancito al congresso nazionale.
Nel vasto movimento contro il clericalismo le posizioni antimassoniche
si rivelano dunque minoritarie o, quantomeno, superate nell'attività
contingente dei comitati cittadini. Uno dei pochi esempi in
tal senso è costituito dal gruppo redazionale della rivista
fiorentina “La Blouse” e dal suo direttore Lorenzo
Cenni. Nel medesimo capoluogo toscano invece, proprio a partire
dal 1907 in occasione delle ricorrenze laiche e non solo, si
stabiliscono fruttuose collaborazioni fra il gruppo “Né
dio né padrone”, la sezione cittadina dell'Associazione
del Libero Pensiero, il Circolo anticlericale femminile. Manifestazioni
pubbliche hanno luogo in ogni parte della regione e con un largo
seguito di masse: a Firenze, Viareggio, Figline Valdarno, Scandicci,
Pietrasanta, Pistoia, Livorno, Pescia....
Nel mondo socialista, mentre i riformisti si apprestano a riconquistare
la direzione del partito e l'”Avanti!” appoggia
con vigore la proposta di legge di Leonida Bissolati per l'abolizione
dell'insegnamento religioso nelle scuole, si cerca anche di
arginare le manifestazioni più estremistiche della base
con la quale sembra prospettarsi un evidente scollamento. Il
quotidiano apre un vivace dibattito sulla possibile ammissione
dei cattolici nel PSI specie dopo la condanna papale del modernismo
e del movimento di Romolo Murri. La turatiana “Critica
Sociale”, dal canto suo, insiste richiamando i compagni
alla moderazione e, soprattutto, a non volere apparire “anticlericali
a quel modo che conviene ai preti”.
“[...] Si danno parecchie forme, di anticlericalismo,
perfettamente clericali, le quali non accettiamo. Sgraziatamente
sono le più facili e le più in voga [...] Ma da
troppi altri nostri amici dissentiamo radicalissimamente, in
questa come in altre materie, su quello che è per noi
l'essenziale: sui metodi di lotta [...]”.
Tutte queste divaricazioni, o talvolta persino le sfumature,
si attenueranno di molto nel corso della straordinaria mobilitazione
pro-Ferrer. Essa, mantenendo picchi alti a tutto il 1910, sfumerà
in maniera quasi subitanea per il sopravvenire di altre circostanze
concomitanti sul piano nazionale: dalla guerra italo-turca alla
crisi per consunzione del Partito Radicale, dalla svolta rivoluzionaria
nel PSI (non ultima la dichiarata incompatibilità fra
appartenenza a questo partito e affiliazione alla Massoneria)
alla rottura definitiva dei socialisti con l'esperienza democratica
e progressista dei blocchi popolari, fino all'affacciarsi prepotente
della questione sindacale. Così l'anticlericalismo, già
a partire dal 1911, non sarà più tema primario
nei punti all'ordine del giorno nei consessi delle organizzazioni
del movimento operaio.
Piccola guerra al prete
Tuttavia in molte regioni dell'Italia centrale e nelle zone dove più si è avvertito nel nuovo secolo l'impatto dell'industrializzazione nel contesto contadino, sentitamente in Toscana, un certo atteggiamento di ostilità popolare verso le istituzioni religiose ha costituito una sotterranea eredità che si è estesa ben oltre il periodo fascista. Nel secondo dopoguerra sarà il Partito nuovo di Togliatti, nonostante gli sforzi normalizzatori e di rielaborazione in questo senso, a recepire nel suo seno e alla base buona parte delle antiche istanze sovversive, ivi compresa l'onda lunga dell'anticlericalismo. Di certo, questo fenomeno, sedimentato proprio a far data dall'epilogo della mobilitazione pro-Ferrer, assumerà poi in Italia i connotati prevalenti delle manifestazioni estemporanee, autonome, soggettive, spontanee e localistiche. Insomma si tratterà di una sorta di piccola guerra al prete che continuerà nonostante non vi siano più le direttive per condurla. Dunque non si potrà più adombrare l'ipotesi classica di gruppi manovrati dalla massoneria, oppure dai vertici delle organizzazioni di sinistra. Ed anche nel biennio rosso, mentre lo scontro di classe è in atto, continuerà a manifestarsi il fenomeno. Ne potrebbero essere testimoni quelle fonti in genere poco frequentate dagli studiosi di storia politica e sociale: i “Liber Chronicus” dei parroci. Il sacerdote Francesco Brami, proposto di Laterina, piccolo centro del Valdarno aretino, in data 14 giugno 1920 così annota sul suo diario: “[...] I disturbatori consueti dell'ordine (i socialisti) erano andati via dal paese, e si dice si recassero con la loro fanfara a Badia Agnano, di dove per avere attentato di profanare la Chiesa, furono fatti partire a gambe levate, dal popolo indignato e armato di forche, bastoni e fucili. Vennero però a sfogare la loro rabbia in Laterina la sera circa le 21 (9 pom.) affrontando senza ragione il sagrestano della Compagnia Pietro Castellucci, che ferirono in più luoghi, alla testa, alle spalle, all'addome, alle gambe, come pure percossero il suo figliuolo Niccolino, e la figliuola Delfina. Ne avvenne un disgustoso parapiglia, per cui i socialisti si nascosero nelle case, riserbandosi di riuscire alla mezzanotte mentre tutti dormivano o quasi, a sfogarsi in piazza, e dichiarando che tutta la loro rabbia era stata per il successo insperato della processione di quel giorno, come pure dell'altra di pochi giorni innanzi, quella del Corpus Domini, bestemmiando da veri demoni, uomini e donne; e vomitando le più abiette ingiurie contro del sottoscritto come causa di tutte queste ‘cose da medioevo'! Il sottoscritto però, contentissimo del successo della grandiosa dimostrazione religiosa devotissima, mentre ne ringraziava il Signore, pregava per quei ciechi, non avendosi a male di essere strapazzato da quelle lingue che così villanamente ed empiamente vilipendevano il SS. Nome di Dio, di Gesù. e di Maria: Pater, ignosce illis; non enim sciunt quid faciunt”.
La Toscana pro-Ferrer
Il culmine della mobilitazione si raggiunge allorché
si diffonde nel mondo la notizia della fucilazione in Spagna
di Francisco Ferrer y Guardia avvenuta il 13 ottobre 1909. La
Chiesa e Alfonso XIII sono subito individuati quali maggiori
responsabili.
Con l'uccisione di Ferrer, anarchico e massone assai conosciuto,
apostolo laico e sostenitore di una pedagogia libertaria, si
conclude in modo tragico l'esperienza della “Escuela Moderna”
che molti seguaci aveva raccolto anche nel movimento operaio
italiano. I principi cardine della Scuola Moderna, che avevano
allarmato le autorità religiose e militari, possono riassumersi
in: le scienze esatte come base del sapere, il laicismo, l'antimilitarismo,
il gioco come strumento didattico, l'abolizione dei premi e
dei castighi, l'eliminazione del testo scolastico e l'istituzione
della biblioteca scolastica, l'igiene della scuola, classi miste,
abolizione degli esami. A Ferrer anche Giovanni Pascoli aveva
dedicato una vibrante epigrafe.
“Dopo l'immane delitto dei preti. Il significato della
protesta mondiale... Proclamiamo lo sciopero generale”:
titola a caratteri cubitali “Il Libertario” in quei
giorni. Le manifestazioni di protesta dilagano ovunque e ve
ne sono in ogni città della Toscana, in qualche caso
organizzate da comitati ad hoc appena costituiti (come a San
Giovanni Valdarno e a Firenze) per domandare la liberazione
del pedagogo catalano. La tensione politica e sociale si accresce
enormemente fino a destare le preoccupazioni di Giolitti, il
cui governo sarebbe stato dimissionario di lì a poche
settimane, subentrando una compagine ministeriale capeggiata
da Sidney Sonnino. Un'ondata vastissima di dimostrazioni nelle
piazze d'Italia è preludio ad un imminente scontro sociale.
La parola d'ordine dello sciopero generale di protesta, sebbene
osteggiata in vari modi dalla CGdL, ha un notevole successo
nella regione. Un esempio eclatante ci viene da quanto si verifica
nella zona dell'Empolese dove la notizia della fucilazione fa
esplodere un tale risentimento che ne nasce uno sciopero generale
di imponente riuscita, che non solo immobilizza Empoli, ma anche
Castelfiorentino, Certaldo, Fucecchio, San Romano, Montecalvoli,
Le Capanne, S. Croce, Ponte a Egola e Montelupo.
La stessa cosa succede a Carrara dove, al comizio indetto dalla
Camera del lavoro in piazza Alberica, parlano dal medesimo palco
un monarchico in rappresentanza dei liberali, il deputato repubblicano
Eugenio Chiesa e l'anarchico Domenico Zavattero. A Massa, fra
gli altri, prende la parola nel comizio anche il giovane repubblicano
Pietro Nenni. Questa ‘promiscuità' politica ed
una certa tensione unitaria si riscontrano ovunque nelle manifestazioni
che si tengono, fra le altre località, a Pontremoli,
Lucca, Viareggio, Grosseto, Prato, Pistoia... Anche i piccoli
centri sono coinvolti in pieno da quest'ondata di protesta popolare:
da San Casciano Val di Pesa a Pontassieve, a Castiglion Fiorentino
in provincia di Arezzo, dalla Val di Chiana senese alla Maremma,
dall'Isola d'Elba all'Amiata.
A Livorno e a Pisa, dove la tradizione sovversiva e razionalista
è ben radicata, si assiste ad imponenti mobilitazioni
di piazza con veri e propri tentativi incendiari portati contro
chiese ed edifici ecclesiastici. Ad Arezzo la sera del 13 ottobre,
quando ormai certe sono le notizie dell'imminente fucilazione,
le associazioni democratiche aretine danno alle stampe un comune
manifesto di protesta:
“Cittadini! La Spagna militare e retriva, la vecchia Spagna
cattolica in cui domina ancora l'anima fosca della Inquisizione,
sta per compiere un delitto che offende la coscienza di tutti
i popoli civili. Francesco Ferrer, il grande umanitario, il
pedagogista insigne, il filosofo razionalista, che nella Spagna
tenne vivo l'amore per tutte le libertà, che con la Scuola
Moderna da lui fondata fece opera santa di educatore e di apostolo,
oggi stesso sarà fucilato in quell'orribile Castello
di Montjuich dove si compiono ancora le orge di sangue del Santo
Ufficio dei papi [...]”.
Il manifesto continua con una tirata antimonarchica, peraltro
censurata dal prefetto, e conclude inneggiando al Libero Pensiero.
Sedici sono le associazioni e circoli che lo sottoscrivono,
fra cui; loggia Cairoli, ‘Giordano Bruno', radicali, repubblicani,
socialisti, anarchici, Camera del Lavoro, sindacato ferrovieri,
ecc... La Camera del lavoro aretina, con il suo segretario Decio
Bacchi, proclama lo sciopero per il pomeriggio del 16, organizza
al Campo di Marte una manifestazione: per il diritto alla vita,
per la libertà di pensiero. I negozi e i pubblici esercizi
vengono chiusi ed all'esterno si affigge il cartello “Per
lutto mondiale”. Al comizio affluisce - ammettono le stesse
fonti clericali - una folla numerosissima e vi parlano, oltre
al segretario della Camera del lavoro, il senatore Giovanni
Severi, Alberto La Pegna radicale e un rappresentante socialista
che trovano anche modo “di inveire contro i preti d'Arezzo”.
Al Politeama il pubblico, nell'intermezzo di una rappresentazione
teatrale, fa suonare all'orchestra la Marsigliese applaudendo
con gridi di: “W Ferrer, abbasso i gesuiti!”. Altre
manifestazioni si tengono a Foiano della Chiana, Cortona e Montevarchi.
“A Firenze – si legge nelle memorie di Angelo Cantini
- una colonna di centinaia di cittadini e di operai, formatisi
nel centro della città nel pomeriggio del 14 ottobre,
quasi di corsa, emettendo assordanti grida di morte al re fellone
Alfonso XIII, prese la direzione del Lungarno del Tempio, dove
allora trovavasi il consolato spagnolo. Partecipai anch'io,
con entusiasmo indescrivibile, a questa manifestazione. Giunti
che fummo sul posto vedemmo che un nugolo di guardie di P.S.
e di carabinieri in lucerna presidiavano lo stabile del consolato.
Malgrado ciò la zona si prestava bene ai nostri intenti,
poiché era estremamente facile trovare pietre e sassi
da scagliare sul nostro bersaglio. Non mancarono le cariche,
ma la fiumana del popolo era tale che la forza era impotente
a trattenerci.
La lotta si prolungò tanto che le guardie ed i carabinieri
dovettero chiamare a rinforzo i cavalleggeri, che ci caricarono
a più riprese. Durante una di queste cariche di cavalleria
mi presi una piattonata di sciabola sulla schiena, grazie alla
mia prontezza nell'abbassare la testa perché altrimenti
non so come sarebbe andata a finire. verso le 18 era già
buio e i fanali a gas della zona rimasero spenti perché
gli accenditori non poterono eseguire il loro servizio. La folla,
sempre più numerosa, studiò un tranello per poter
resistere alle cariche della cavalleria. Tutto l'argine dell'Arno
in quel tratto, dal ponte di ferro fino alla zona di Varlungo,
era cintato da rete metallica ed il tranello consisté
nello strapparne diversi metri e distenderla, a onde, per tutta
la larghezza della strada. Quando tutto fu a posto, come ubbidendo
a un preciso comando, partì dalla moltitudine dei dimostranti
una fitta e ben diretta sassaiola contro le forze che ci fronteggiavano,
provocando come noi pensavamo una ennesima carica della cavalleria.
Quando questa giunse al trabocchetto della rete avvenne quello
che speravamo: una catasta di cavalli e cavalleggeri, da cui
partivano urla, nitriti e bestemmie, poiché certamente
qualcuno di quei cavalleggeri ne uscì malconcio. In quella
confusione il Consolato rimase sguarnito e la folla poté
assaltarlo e segnarlo a dovere. A ricordo del martire spagnolo
Francisco Ferrer il popolo fiorentino cambiò la denominazione
di via dell'Arcivescovado, l'attuale via Roma, in quella di
via Francisco Ferrer. Purtroppo tale denominazione, voluta dal
popolo, ebbe vita corta e fu cambiata in via Roma”.
Nel giro di poco tempo, senza difficoltà eccessive e
spesso con la benevola tolleranza delle autorità locali
laiche e progressiste, sono installate lapidi in memoria del
martirio. La maggior parte di esse sarà però distrutta
o rimossa con l'avvento del fascismo. È il caso della
lapide a Ferrer inaugurata a Ponte a Poppi (Arezzo) nel novembre
1909 e distrutta dai fascisti nell'aprile del 1921. A Bibbiena
invece, in Casentino, nel febbraio 1910, senza permesso, uno
sparuto gruppo di anarchici, socialisti e “liberi pensatori”
appone ed inaugura un marmo con il testo: “Francesco Ferrer
- libero pensatore e maestro - assassinato a Barcellona il 13
ottobre 1909 - dice col suo martirio - ai popoli civili - dove
il prete impera è barbarie - Bibbiena ai suoi liberi
figli - ricorda”.
Per questa lapide abusiva protesta il console spagnolo a Firenze
informando l'ambasciata di Roma. Il prefetto di Arezzo interviene
in capo a una settimana per la rimozione. “Bibbiena insegna!”
ammoniscono i clericali. Sono anche intitolate in molte città
e paesi della Toscana, fatto di grande novità per l'epoca,
strade e piazze a Ferrer e a Giordano Bruno. Intransigenza e
moderazione convivono dunque nel movimento anticlericale. Ma
di una ulteriore virulenza dei settori più estremi testimonia
l'inasprirsi del linguaggio nella propaganda, tendente a sottolineare
la necessità della pratica dell'azione diretta contro
le processioni religiose intese come manifestazioni pubbliche
clericali. Vede la luce in questo periodo una serie notevole
di opuscoli di intonazione battagliera e dai titoli espliciti
(tipo: Abbattiamo il Vaticano, di Pasquale Binazzi).
Si rilancia la campagna già iniziata un lustro avanti
contro le processioni del Corpus Domini definite, peraltro in
modo poco rispettoso, del “porcus domini”. Dodici
anticlericali sono processati e condannati per aver partecipato,
il 2 giugno 1910 a San Giovanni Valdarno, ad una di queste manifestazioni,
ossia per aver messo in atto il tentativo di abbattere il baldacchino
ed impossessarsi dell'ostensorio. La Corte di appello di Firenze
confermerà le condanne inferte dal Tribunale di Arezzo
rilevando nei fatti gravi offese al culto cattolico, per aver
“turbata la processione del Corpus Domini, usando anche
violenze, minacce e contumelie e offeso il decoro e la reputazione
del delegato di P.S. e dei Carabinieri”.
Le condanne ammontano complessivamente a 51 mesi e 11 giorni
di reclusione, 3.715 lire di multa più le spese processuali.
Di seguito alcuni stralci dalla sentenza: “Sulle 20 del
2 giugno in S. Giovanni Valdarno a celebrazione dell'ottava
del Corpus Domini si faceva l'usuale processione col trasporto
del Santissimo. La processione percorreva il tratto fra piazza
Masaccio e Cavour, quando una raccolta di individui si diede
ad emettere grida e fischi e ingiuriare: buffoni, vagabondi,
sfruttatori, inquisitori, mascalzoni, ecc.. La dimostrazione
ingrossò e si ravvivò, partirono anche dei sassi
e avvennero tafferugli e colluttazioni e si cercò di
strappare lucernari ai procedenti, sì che la processione
dove' essere interrotta e fu obbligata a rifugiarsi nella chiesa
e senza poter compiere le funzioni predisposte all'Oratorio
della Madonna delle Grazie e dare la consueta benedizione [...]
il delegato testimoniò in modo speciale che vide Bartoli
e Pintucci che si erano avventati contro il gruppo che attorniava
il baldacchino e che il Bucci aveva tentato di strappare il
lucernario ad un portatore, onde una colluttazione e il lucernario
andò spezzato [...] I perturbatori continuarono ancora
all'uscire di chiesa dopo la funzione a fischiare. Eravi una
qualche protesta per essersi fatta la processione nel giorno
della morte di Garibaldi. Un testimone avrebbe anzi deposto
che la dimostrazione principiò quando la processione
fu a girare attorno al monumento di Garibaldi, e dopo essersi
accorti che i preti da una finestra facevano atti osceni loro
rivolti [...] Avevano quindi i fedeli e i cattolici diritto
a che l'esercizio della loro funzione venisse rispettato in
omaggio alla loro libertà ed al loro sentimento religioso...”
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Flavio Costantini, La fucilazione di Ferrer, serigrafia |
Sotto la tonaca, un revolver
In Valdarno - dove interviene anche il direttore de “L'Asino” Guido Podrecca - continuerà a lungo la sfida fra “teppa” (così venivano definiti gli anticlericali) e gli avversari, detti “colli torti”. Un mese dopo l'assalto del giugno, a margine di manifestazioni concomitanti di opposta tendenza si verificano ancora tafferugli con spari, denunce e arresti. A Montevarchi un corteo di protesta promosso dalla diocesi aretina si conclude al grido ripetuto di: “Viva il Papa Re! Viva Pio X e abbasso il governo anticlericale!”.
Il foglio cattolico di Cortona “L'Etruria” molto esplicitamente scrive: “Contro la teppa bisogna difendersi; alla violenza è lecito rispondere con la violenza [...]”. Ed è certo che vivaci forme di autodifesa sono messe in atto dai clericali. A Bibbiena ad esempio i socialisti parlano di “processione armata” allorché vengono dissuasi da qualsiasi contestazione dalla presenza di un frate che mostra “di sotto la tonaca un elegante revolver a sei colpi”. Alla Traiana nel Valdarno il sacerdote don Fausto Brizzi, mentre si trova in compagnia dell'arciprete, viene a diverbio con i socialisti Eugenio Casini e Angiolo Sarocchi, verso i quali spara un colpo di rivoltella a scopo intimidatorio. Il relativo processo, che si tiene alla pretura di San Giovanni, si conclude con l'assoluzione del sacerdote dalla imputazione di sparo di arma da fuoco in luogo abitato e con la condanna degli anticlericali per lesioni a 60 lire di multa più le spese processuali. Una relativa manifestazione di protesta inscenata davanti alla stessa pretura viene dispersa dai carabinieri. Alla periferia del paese alcuni anticlericali si vedono costretti “prima di rincasare di condursi all'ospedale a disinfettare qualche ammaccatura”.
Per tutto il 1910, sull'onda della commozione popolare per Ferrer, si registrano pubbliche iniziative in ogni città della Toscana. Pisa in particolar modo si rivela come un centro molto attivo da questo punto di vista. Qui viene lanciato il “manifesto anticlericale” curato dal Comitato di Porta a Piagge, composto in gran parte da anarchici fra cui Virgilio Mazzoni, Egidio Facciaddio. Rizieri Sbrana e altri. Un gruppo giovanile lavora intorno al progetto di un giornale, da intitolarsi “Il Povero” ma che uscirà due anni più tardi con la testata “Il Prete”, per “fare - appunto - propaganda contro il prete”. Intanto il periodico “Satana”, portavoce della locale Associazione Razionalista, viene incriminato. Di non poco peso è da considerare certo la presenza a Pisa del siciliano Paolo Schicchi, attivo pubblicista e conferenziere, collaboratore de “L'Avvenire Anarchico”. Lo Schicchi, il 26 giugno 1910 a Pisa, parla ad un “comizio antireligioso” presenziato da oltre duemila persone e rappresentanti di vari circoli e associazioni con bandiere; la manifestazione, promossa dal Comitato di Porta a Piagge, si conclude con tafferugli fra carabinieri e manifestanti.
Un imponente corteo anticlericale sfila a Pontedera il 3 luglio successivo. Nel nome di Ferrer, per commemorare Garibaldi, per dare una dimostrazione di forza e rispondere ai clericali cinquemila persone per sessanta associazioni economiche e politiche, presenti con i loro vessilli, assistono ancora ad un incendiario comizio di Schicchi. A Santa Croce sull'Arno si arriva addirittura a proclamare uno sciopero specifico “contro la carnevalata del pellegrinaggio”. L'iniziativa, che ha una buona riuscita, è promossa congiuntamente da: Municipio, Società cooperative e di ricreazione, Gruppo femminile antireligioso, Assistenza Pubblica, Lega fra pellettieri, Giovani Socialisti, Sezione Socialista, Gruppo giovanile anarchico “F. Ferrer”, Gruppo anarchico “Argante Salucci”.
A partire dal 1911 si verificano le prime rotture del fronte anticlericale in Toscana con le dimissioni alla spicciolata dai vari comitati anticlericali cittadini di anarchici, sindacalisti e socialisti rivoluzionari. Come ultimo atto di una stagione turbolenta e ‘unitaria' si registra un convegno regionale a Empoli nel giugno 1912. L'iniziativa, organizzata da un inconsistente Segretariato Anticlericale Toscano da poco costituito, si rivela fallimentare.
Giorgio Sacchetti
Riferimenti bibliografici:
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P. C. Masini, Storia degli anarchici nell'epoca degli attentati, Milano, Rizzoli, 1981.
G. Sacchetti, Sovversivi in Toscana (1900-1919), Todi, Altre Edizioni, 1983.
A. A. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano, Bompiani, 1992.
G. Sacchetti, Presenze anarchiche nell'Aretino dal XIX al XX secolo, Pescara, Samizdat, 1999.
F. Bertolucci (a cura di), Galilei e Bruno nell'immaginario dei movimenti popolari fra Otto e Novecento, Pisa, BFS, 2001.
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